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Autore: Pandaroo    06/07/2012    1 recensioni
Ispirata alla canzone "Walking on Air" di Kerli Koiv una storia soprannaturale e allo stesso tempo romantica. Per soli sognatori convinti!
Sirdan è un giovane elfo dell'inverno. Siamo a Faysnow, dove il gelo è sovrano. Una leggenda dice che sul monte più alto abitassero Maranwè e Merenwen, gemelle regine dei ghiacci e delle nevi. Tarì prova a far cambiare idea al suo innamorato, ma invano. Dopo aver chiesto consiglio a Fingolfin il giovane si incammina con la preoccupazione di Eril e il ghigno beffardo di Beren. Lui ci sarebbe arrivato. Lassù. Dove volano gli uccelli. Tra le nuvole più bianche. Nell'aria.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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STRANO MONDO

Sirdan si svegliò tardi rispetto al suo solito. Si era beato a lungo di quel sogno meraviglioso prima che esso svanisse con l’intorpidimento dei sensi. Il sonno ancora lo pervadeva, gli occhi impastati e gli arti impigriti. Fosse stato per lui, non si sarebbe destato, continuando a volare verso quella nuvola, verso quelle due curiose figure in ombra. Sfortunatamente era nato Nevico e di conseguenza aveva nel cuore già a quell’ora una gran voglia di fare che lo costrinse a levarsi le coperte ad abbandonare il cuscino per dedicarsi alla sua solita routine quotidiana. Dopo essersi lavato con l’acqua del pozzo sotto casa e vestito e dopo aver colto i cereali dall’orto per la colazione, si diresse in cucina, dove Eril era già affaccendata da un pezzo.
<<  Buongiorno mamma!  >> disse Sirdan baciandola sulla guancia.
<<  Buongiorno! Hai dormito bene? Facevi un sacco di rumore stanotte, e parlavi pure! Mi hai svegliato prestissimo …  >> disse Eril suscitando imbarazzo e curiosità nel figlio.
<<  Che cosa avrei detto di preciso? Qualcosa di scandaloso?  >> disse il giovane elfo ridendo tra una cucchiaiata di cereali e l’altra.
<<  Voglio ben sperare di no!  >> - rispose la madre unendosi alle risate - <<  Dicevi qualcosa tipo “Aspettatemi!” o anche “Chi siete?” o, la migliore di tutte per me, “Come mi sento bene in questa tormenta”!  >>.
Sirdan era deciso a non raccontare il suo strano e, in un qualche modo, inquietante sogno.
<<  Non so, devo aver sognato. Non ricordo nulla comunque …  >> fece con indifferenza.
<<  Cos’hai intenzione di fare oggi?  >> disse Eril speranzosa di poter passare una giornata col figlio.
<<  Credo che andrò a provare qualche incantesimo nella foresta, torno presto, tranquilla! Così potrò aiutarti nelle faccende domestiche.  >>. La madre fece una faccia un po’ triste. A Sirdan non piaceva per niente darle dispiaceri, ma la magia era anche una delle cose più importanti della sua vita. Fatto sta che vedere Eril così gli fece cambiare idea.
<<  D’accordo mamma. Sto con te fino a dopo pranzo. Poi vado ok?  >>. Il broncio della madre si trasformò in breve in un sorriso, sancito da un abbraccio con la sua ragione di vita.
 
*°*
 
Dopo aver mangiato un lauto pasto Sirdan scappò letteralmente fuori di casa. La madre gli aveva fatto fare il bucato, zappare l’orto e annaffiare le piante, mettere in ordine la sua camera, andare a comprare spezie e una pentola nuova, infine aveva anche preparato il pranzo per entrambi. Se questo, però, era il prezzo da pagare per vedere il sorriso sul volto si sua madre, all’elfo non dispiaceva per niente regalarle un po’ del suo prezioso tempo.
Decise di andare subito nella foresta, ma quando stava per svoltare in quella direzione, si fermò un momento a osservare Snowfactory e cambiò idea. Deviò a destra e si diresse verso la fabbrica: voleva scoprire se c’era un fondo di verità nella leggenda raccontatagli il giorno precedente da Fingolfin. Quando arrivò ed entrò nel grande edificio, vide subito molti elfi armati di attrezzi che correvano di qua e di la in preda al panico. Erano molto laboriosi gli operai Nevici, pensò Sirdan, e non si accorsero nemmeno di lui, finché uno di loro non cascò letteralmente addosso a lui.
<<  Guarda dove vai!  >> disse burbero l’operaio.
<<  Mi scusi, non volevo disturbare. Perché siete così affannati?  >>
<<  Non so se te ne sei accorto, ragazzo, ma qui non c’è più neve! È inspiegabile. Abbiamo tentato di tutto, abbiamo controllato ogni pezzo del macchinario ma nulla! Ora scusa, ma devo proprio tornare al lavoro. Perciò non intralciare oltre e torna a casa. Non c’è bisogno di ficcanaso qui!  >>
<<  D’accordo, scusi ancora!  >> disse Sirdan in preda a una nuova euforia. Allora la leggenda non era poi così falsa come pensava! Tuttavia non era ancora soddisfatto. Fermò altri due elfi uno dopo l’altro per chiedere la stessa cosa che aveva domandato al primo. Entrambi gli diedero la medesima risposta.
Sirdan corse fuori e dopo un po’ riprese una velocità normale per dirigersi verso la foresta. Inizialmente sarebbe voluto andare a raccontare tutto a Fingolfin, ma poi pensò che sicuramente il mago sapesse già tutto poiché l’aveva informato sulla leggenda di Monte Alto. Intanto che camminava, la sua mente volò di nuovo verso il sogno. Ripensò a ogni particolare.
Il nulla totale che lo circondava, come se il mondo intorno a lui fosse sparito del tutto lasciando solo nebbiosi ricordi della sua vita reale.
I piedi congelati a contatto con il ghiaccio freddo che lo sosteneva su quel mare di niente, un freddo che in un certo modo lo confortava: sentiva solo la sua consistenza liscia, ma senza scivolarvi sopra, stando anzi ben piantato sulle gambe.
La tormenta di bianca neve, soffice e allo stesso tempo pungente, che lo sfiorava e allo stesso tempo lo percuoteva, senza muoverlo di un centimetro. I ghiaccioli che gli laceravano la pelle senza provocargli né ferite né dolore e l’immenso piacere che, anzi, provava nel sentire picchiettare l’acqua solida su ogni millimetro del suo corpo.
E poi, quella nuvola. La nuvola che copriva le due sagome che lo tormentavano, e risvegliavano la sua bramosia, la sua curiosità, la sua voglia di conoscere. Le due figure scure che lo deridevano, in un certo senso, indicandolo e parlando tra di loro di lui come se si fosse trattato di una bestia rara. 
L’implacabile desiderio di poterle raggiungere, bloccato dalla consapevolezza che mai sarebbe potuto accadere per la sua natura, ma anche alimentato dal suo sogno, il suo meraviglioso sogno, che gli infondeva fiducia nelle proprie magiche capacità.
E finalmente il volo. Quel volo durato così poco ma talmente intenso di felicità e pensieri gioiosi da sembrare che durasse per un tempo lunghissimo. Quel volo che Sirdan tanto agognava con tutto se stesso fin da quando era bambino. Quel volo per cui invidiava gli uccelli e per cui si odiava nella sua natura di Nevico. Quel volo che gli era stato concesso solo per quella notte.
Durante tutti questi suoi pensieri, senza rendersene nemmeno conto, era giunto nella foresta, tra gli alti alberi innevati. Vide un tronco tagliato e lo utilizzò come appoggio per i suoi strumenti.
Per prima cosa prese della neve da terra e la posò in un cumulo sopra il tronco. Poi alzò il palmo sopra di essa e facendolo ondeggiare di qua e di la pronunciò forte e chiaro “Sabulum!”. La neve si trasformò magicamente in candida e fine sabbia, che Sirdan non avrebbe mai potuto vedere dal vero, poiché apparteneva a un ambiente non suo. Poi disegnò sul cumulo di sabbia un cerchio perfetto, formando pian piano una profonda conca al suo interno. Ora aveva la forma di un vulcano, altro elemento naturale che mai gli sarebbe stato concesso di osservare. Infine, col dito ancora insabbiato, puntò verso l’alto e ripeté piano ma chiaramente la parola “Clepsdra”. La sabbia si spostò piano piano a formare un cerchio più ampio. Poi da quello ci staccarono dodici puntini che si disposero sul suo contorno. Infine sempre da quello si staccarono due forme allungate che si disposero una ad indicare il quarto puntino e l’altra, più lunga, a indicare il decimo. Erano quasi le quattro di pomeriggio. Sirdan doveva ancora provare tanti altri incantesimi e aveva così poco tempo!
Decise di ripassare semplicemente quelli provati durante l’ultimo incontro.
L’Aqua Saliens funzionò per metà, poiché con il freddo pungente l’acqua si era cristallizzata in tanti sottili zampilli, come fosse stata una meravigliosa scultura astratta.
Invece l’Incantesimo Nutriente riuscì molto bene, facendo rotolare fuori dalla superficie del ceppo un buono e sano panino imburrato. Peccato che quello stesse rotolando in discesa verso il cuore della foresta. Sirdan si accinse a rincorrerlo, poiché non voleva sprecare del buon cibo. Correndo e ansimando riprese per un pelo il lauto pasto prima che questo cadesse dal ciglio di un burrone.
“Che rischio!” – pensò Sirdan – “Da quassù sarebbe proprio un bel salto!”. Lo stesso salto che avrebbe fatto se solo si fosse trattato del suo bel sogno, in cui era libero di spiccare il volo. Quanto lo desiderava.
Sirdan decise che per quella giornata era bastato il tempo degli esercizi. Era ora di dedicarsi a ciò che gli veniva meglio fare: pensare, riflettere e, soprattutto sognare.
Si sedette calmo, come se nulla fosse, sul ciglio del burrone, per osservare meglio ciò che nascondeva agli occhi di chi era lontano.
Nascondeva una bianca e vasta valle, dove qua e la spuntava un sempreverde e un basso cespuglio infreddolito. Non vi erano impronte, nessuno si azzardava mai a mettervi piede, ma sicuramente l’elfo non poteva scorgere nulla di piccolo e poco appariscente come una serie di orme bianche che si confondono sullo sfondo. Sicuramente qualche specie animale lo stava comunque osservando, nascosta in qualche dove sotto di lui, curiosando sospetta e fiutando il bene o il male in lui.
Appena sopra la valle si ergevano diverse colline, come tanti grandi cumuli di neve, i cui promontori ospitavano altrettanti boschetti. Quel genere di posto dove qualunque cattivo ragazzo vi porterebbe la propria fidanzata per allontanarsi da occhi indiscreti: romantico e allo stesso tempo molto appartato. Se qualcuno avesse tuttavia nascosto qualcosa tra quegli alberi, e qualcuno fosse andato a ficcanasare, allora il nascondiglio di quello sarebbe stato scoperto.
Più in alto ancora vi erano sei montagne, una più bella dell’altra: i Nevici le avevano chiamate, da destra a sinistra, con i nomi di Aase, Eli, Hege, Iselin, Oda e Unni. Le sei figlie di Monte Alto, in altre parole quelle rocce che si staccarono dal monte più alto e vecchio di tutti. Narrava la leggenda che Monte Alto, troppo stanco per il troppo peso che tutti i giorni doveva sopportare, avesse generato con grande sforzo le altre sette piccole montagne.
“HOOO”, e nacque alla sua prossima sinistra Hege, la montagna che brilla, poiché era quella che rifletteva meglio e in modo più estasiante la luce del sole nascente.
“IIIIIII”, e sulla destra fu generata Iselin, la montagna che sussurra, perché in molti avevano sentito parole a caso provenire dalla cima di quella.
“EEEEE”, e alla sinistra di Hege si erse Eli, la montagna semovente, giacché i Nevici avevano notato che la sua posizione era cambiata nel corso dei secoli, forse perché Eli odiava il suo creatore e voleva allontanarsene.
“OOOOO”, e aldilà di Iselin nacque Oda, la montagna che risponde, che ripeteva con il suo eco, ogni parola le fosse detta.
“AAAA”, e all’estrema sinistra vi fu Aase, la montagna che cresce, che, sempre secondo leggenda, voleva raggiungere senza troppa speranza l’altezza maestosa del padre.
Infine con un ultimo grido, “UUUU”, Monte Alto procreò Unni, la montagna del mistero, poiché nessuno mai aveva nemmeno pensato di esplorarla, perciò non si poteva capire se nascondesse meraviglie o orrori.
In mezzo alle sei sorelle si ergeva, appunto, Monte Alto, la più vecchia pietra nella storia Nevica, il simbolo della natura di quegli elfi, il luogo ove tutta la vita di Faysnow aveva inizio.
“… si narra che, in un giorno di un freddissimo inverno di secoli fa, Monte Alto fosse in preda ad una tormenta… ”.Le parole di Fingolfin gli ritornavano alla mente.
La concentrazione di Sirdan si spostò sulle bianche nuvole, che solitamente portavano bufere e tempeste sulla cima del Monte. Intemperie che chiaramente i Nevici non potevano né prevedere né osservare.
“ …Era davvero insolito un tempo del genere, poiché qui a valle il sole era sempre alto e il calore della stella si espandeva ovunque. Sulla cima, in particolare, la neve e il ghiaccio impedivano di vedere un evento eccezionale, al di fuori dell’immaginazione di ogni elfo… ”.
Quelle nuvole che nascondevano chissà che cosa nella loro ombra. Quelle nuvole che in realtà non avevano ombre, come i migliori esseri umani.
“ …Dietro una nuvola due sagome scure si muovevano e lo indicavano… ”.
Il suo sogno, in cui le nuvole erano padrone del suo più grande desiderio, delle due figure che avrebbero coronato il suo sogno se solo avesse potuto incontrarle. Almeno così sperava, in fondo Fingolfin aveva detto che era solo una leggenda.
Ripensando però a quel pomeriggio a Snowfactory Sirdan, per la prima volta, mise in dubbio la veridicità degli insegnamenti del suo maestro. Il giovane elfo era davvero convinto che Maranwè e Merenwen, le streghe gemelle dai grandissimi poteri, si nascondessero ancora, chissà dove, sulla cima di Monte Alto.
Mentre pensava a queste cose un calore su diffuse dalla sua spalla e poi a seguire in tutto il suo corpo. Una sensazione bellissima e inspiegabile.
Sirdan trovò la spiegazione di ciò che gli stava magicamente accadendo voltando leggermente la testa dietro di sé.
 
   
 
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