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Autore: gloriabarilaro    07/07/2012    1 recensioni
Elena (Ellie per le amiche) è una ragazza italiana costretta a trasferirsi a Bradford dal padre, che ci deve andare per lavoro. Lascierà tutto lì in Italia: Gli amici, la scuola, i suoi sogni... Ma la vita le sorriderà di nuovo. Ellie, infatti, oltre a trovarsi nuove amiche, incontrerà due ragazzi: Harry, il classico ragazzo romantico e dolce, e Zayn, il "Bradford bad boy".
I due, pur essendo diversi, sono amici per la pelle: ma quando Elena entrerà inaspettatamente nella loro vita, essendo innamorati persi di lei, distruggeranno la loro amicizia e inizieranno a litigare per Ellie.
Alla fine, Ellie dovrà fare una scelta: Harry o Zayn?
Uno di loro avrà la meglio sull'altro e l'amore di Elena. L'altro, invece, distrutto e ferito per l'amore non ricambiato, inizia ad addentrarsi in un' "Agonia", dove inizierà a farsi domande e a pensare a cosa avrebbe dovuto fare per guadagnarsi l'amore di Elena...
_____
Dal quattordicesimo capitolo:
Ad un tratto non sento più il fazzoletto che mi accarezza il viso. Riapro gli occhi, e me lo ritrovo ad un battito di distanza. Le nuvolette di condensa del nostro respiro si fondono in una sola, per quanto siamo vicini. Scocco un’occhiata alle sue labbra vicinissime, e poi fisso lo sguardo nei suoi occhi: Zayn, cosa aspetti a baciarmi?  
_______

[Harry]

Divento come un pezzo di legno: non so come mai, di solito non divento così nervoso quando una ragazza mi è così vicina. La bacio o no? Faccio finta di niente o le dico tutto quello che provo per lei? È così vicina, sento il suo profumo così intenso e il suo respiro sulla pelle... 
 
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Should've Kissed You:

1.How Everything Is Started


‹‹Ellie, ti vuoi alzare? Farai tardi al tuo primo giorno di scuola!›› mi rimprovera mia madre dal’altra stanza. Sapesse quanto me ne importa.
Sono ancora sdraiata sul letto, gli occhi ancora gonfi dalla sera prima: Avevo sempre sognato di uscire dall’ Italia, di andare in Inghilterra in viaggio. In viaggio, però, non per sempre.
Solo ora mi rendo conto quanto mi manca quel paese e quanto volessi tornarci, ma papà era stato irremovibile: Lui doveva andare a Bradford per lavoro, e io, mia madre e mio fratello Francesco dovevamo andare con lui.
E ora, eccomi qui: sdraiata sul un letto in una stanza che è la mia solo da due giorni, il mio letto circondato da scatoloni pieni di libri, riviste e di tutte le mie cianfrusaglie strappate alla mia camera lì in Italia. Sento le lacrime che stanno per risalire, quando mia madre appare sulla porta e sbuffa: ‹‹Dai, Elena, non fare così! Sapevi che prima o poi ce ne saremmo dovuti andare...››
‹‹Ma non credevo così lontano!›› la interrompo io, rincominciando a singhiozzare. Mi nascondo la testa sotto al cuscino e do le spalle a mia mamma come posso, ancora sdraiata sul letto.
La sento sospirare e poi sedersi sul mio letto, facendomi rotolare verso di lei: Oh, che cavolo! L’ultima cosa che mi serve è la sua compassione.
‹‹Va bene, va bene! Mi alzo!›› sbraito, saltando giù dal letto. Non le lascio il tempo di parlare o di prendermi la mano, perché mi chiudo in bagno.
Mi guardo allo specchio: dio mio, sono un mostro. Dai miei capelli castani son spariti i miei adorati riflessi rossi per quanto sono sporchi e i miei occhi grigio-verdi sono rossi tutt’intorno e gonfi dal lungo pianto che ho versato ieri parlando al telefono con Rachele, la mia migliore amica che ho lasciato lì, in Italia. Eh, no! Così non ci vado a scuola.
Mia madre, non so come, irrompe nel bagno spalancando la porta: stavolta è inviperita e mi guarda con occhi di fuoco. Oh, cavolo, l’ho combinata grossa!
‹‹Muoviti a farti la doccia e vestiti, ti voglio giù tra un quarto d’ora o peggio per te!›› mi sibila, per poi uscire dal bagno e sbattersi la porta alle spalle.
Fisso la porta bianca da dove è appena uscita, immobile come una stata, poi sospiro: oramai non posso fare più niente, oramai sono qui e non serve piangermi addosso.
Mi faccio la doccia e mi sciacquo il viso due o tre volte prima di truccarmi: niente di che, solo un filo di correttore per nascondere le mostruose occhiaie e quel rossore che ho intorno agli occhi, un po’ di ombretto rosa illuminante e un po’ di lucidalabbra.
Mi guardo allo specchio soddisfatta: ora va molto meglio.
Ritorno in camera e mi vesto: leggins grigi e lunghi, maglione bianco e morbido, scarpe da ginnastica. Voglio sparire il più possibile, non voglio che qualcuno mi noti e sparga in giro la voce che sono nuova. Voglio starmene in incognito, la solitudine è dove voglio stare.
Scendo le scale con la borsa appesa ad una spalla, mentre mi ravvivo i capelli con le dita, per poi nascondermi il viso con alcune ciocche: ecco, la mia mimetizzazione è completa.
Entro in cucina e mi appoggio allo stipite della porta, incrociando le braccia sul petto: mio fratello sta tracannando una tazza di latte e caffé con velocità. Lo guardo bene: si è fatto la sua solita cresta più alta di lui, indossa dei jeans sbiaditi e una felpa pesante. Ai piedi, un paio di sneakers che non c’entrano niente con quello che indossa.
Anche lui, finito di bere, mi guarda da capo a piedi: ‹‹Pronta sorellina?››
Faccio una smorfia arricciando il naso e sbuffo. Lui fa finta di niente, si alza, e va verso la porta: poi esce.
Io tentenno un po’, dondolandomi sui piedi, quando Francesco riappare sulla soglia della porta: ‹‹Non vieni?›› mi chiede, inarcando un soprassoglio. Io scrollo la testa e, schivandolo, esco di casa.

Appoggiata al mio armadietto, mi guardo intorno. La campanella non è ancora suonata, e l’entrata della scuola è pieno di ragazzi.
Stringo il libro ancor di più al petto e abbasso la testa. Sento le lacrime che stanno per risalire: mi manca il mio liceo, quell’aria così familiare, tutti che mi salutano con un sorriso, le mie amiche...
Sto ancora pensando, quando la campanella suona. Sospirando, mi stacco dal fresco metallo dell’armadio e mi avvio a testa bassa verso l’entrata dell’istituto, quando...
‹‹Ahi!›› mi massaggio la testa impacciata con una mano, mentre con l’altra mi stringo il libro al petto: sono andata a sbattere contro qualcosa per quanto sono distratta.
‹‹Oh, scusa.›› mi dice una voce in inglese. No, non qualcosa: Qualcuno. Alzo gli occhi e rimango di sasso.


   
 
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