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Autore: Aura    08/07/2012    1 recensioni
Proseguì, incontrando il ritratto che tra tutti l'aveva sempre messa a disagio: Fred, con una fossetta accennata sulla guancia, un piccolo particolare che forse sfuggiva a chi non l'aveva conosciuto appieno; era come l'inizio di un sorriso, di una risata. La turbava perché, per quanto così rappresentato fosse felice, in realtà qualunque persona che sta per sfoderare un sorriso non può essere definita in pace: in pace è chi è già arrivato al culmine del sorriso, o chi è tornato esteriormente serio conservandolo negli occhi e nel cuore, non chi sta per esprimerlo.
Questa storia ha partecipato al contest Not My Character, bitch! indetto da Avalonne sul forum di EFP classificandosi terza e vincendo il premio "miglior coerenza narrativa"
Genere: Avventura, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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4 bdn


L'atmosfera del Natale era sublime, l'aveva sempre amata, eppure quell'anno non riusciva a coglierla. Avrebbe voluto addobbare lo studio, sia per lei che per Fred, che ormai passava più tempo lì che altrove, ma non poteva uscire e di usare la bacchetta per una cosa tanto futile non se ne parlava nemmeno. E la cosa frustrante era che non poteva chiedere a nessuno, nessuno doveva sapere che lei era lì.
Per questo una mattina, quando al suo risveglio trovò lo studio addobbato a festa, rimase senza fiato dalla sorpresa, quasi commossa che Fred avesse indovinato il suo desiderio.
- Continua pure a dormire,
bavosa, - la prese in giro, - potevo essere chiunque e tu ancora che russavi.
Hermione gli lanciò addosso il suo cuscino,
- Non chiamarmi così. - lo rimproverò, non riuscendo a distogliere lo sguardo dagli addobbi. - Come hai fatto?
- Dimentichi che ho una sorella, per quanto tu sia l
a strega più capace della tua età rimani sempre una ragazza. Ora devo scappare, sono già in ritardo, - disse, guardando soddisfatto il suo lavoro, - ci si vede.
Hermione lo guardò uscire, poi tornò ad ammirare gli addobbi.
Camminò scalza, trovando di tanto in tanto sotto ai piedi degli aghi di pino che Fred aveva fatto cadere, e si avvicinò alla finestra sperando di vedere anche al di fuori qualche simbolo del Natale, segno quell'anno anche della speranza mai morta delle persone. Avrebbe voluto dirlo, alla gente, che erano gli ultimi mesi di sforzi, gli ultimi momenti di paura, ma ovviamente non poteva farlo. Scorse Fred, ormai in fondo alla strada, camminare svelto e si trovò a sorridere guardandolo. Era abbastanza lontano, eppure riconosceva la sua tipica andatura dinoccolata. Istintivamente si avvicinò maggiormente al vetro, cercando di vedere meglio: Fred aveva raggiunto una sagoma femminile che evidentemente lo stava aspettando, lo aveva preso a braccetto e si erano incamminati insieme.
Scomparvero dalla sua vista, Hermione notò che il suo riflesso sul vetro era crucciato.
Scosse la testa, come per scacciare quei pensieri, e iniziò la sua routine quotidiana: si sarebbe lavata, vestita, e avrebbe continuato a spulciare i libri che ormai formavano una catasta alta quasi quanto l'albero di Natale che Fred aveva portato.

Era da tempo che ormai ci pensava, inizialmente aveva subito scacciato il pensiero, ben sapendo quanto fosse difficile, ma mano a mano che le ricerche proseguivano, con altrettanti buchi nell'acqua, quella sembrava essere ancora l'ultima fiaccola di speranza:
non poteva far fuggire Fred o fargli evitare lo scontro; rischiava di cambiare il risultato dell'intera battaglia.
Tutto doveva andare come si era svolto in origine; eppure Hermione era tornata indietro nel tempo per salvare Fred: doveva trovare un modo per proteggerlo e fargli affrontare Rookwood come aveva fatto, doveva indurre una morte apparente da cui però si sarebbe svegliato. L'unica soluzione possibile era lì.
Alzò gli occhi dalla pergamena su cui si appuntava le varie intuizioni, scoprendo che era diventato buio: andò ad accendere la luce e si sedette sul divano, guardando distrattamente in direzione della porta.
Era tardi, e Fred non era ancora arrivato.
Il suo stomaco gorgogliò, allungò la mano e prese dal tavolino un sacchetto di carta, contenente dei pezzi di ciambellone di zucca di Molly che Fred le aveva sottratto con chissà quale scusa, e cominciò a mangiare, quasi indolente.
Chi era quella ragazza, e perché lui non l'aveva nominata? Certo, non era obbligato a raccontarle tutto, ma era anche vero che passavano così tanto tempo insieme...
Si scoprì quasi gelosa a pensare che lui stava tardando perché era con lei, e si pentì del suo egoismo: era lì per salvargli la vita, lui non era di sua proprietà e poteva fare quello che voleva, con chi voleva.
Nonostante quei pensieri maturi quando sentì scattare la maniglia si finse assorta nella lettura, evitando di andare a nascondersi già sapendo che era lui.
- Oh, - lo accolse, distratta, - sei già qui?
Lo sguardo di Fred la fece sentire immediatamente in colpa: tante volte in passato l'aveva fatta arrossire o abbassare gli occhi con quello sguardo, sicuro di sé e divertito, e quella volta non fu da meno.
- Passata una buona giornata? - le chiese lui, ignorando il suo rossore. Hermione tossicchiò e annuì,
- Molto proficua, in effetti. Sto cambiando direzione nelle ricerche, forse è la volta buona.

Fred appoggiò la busta con il cibo per lei sul tavolo, avvisandola,
- Io ho già mangiato, questo è tutto per te.
Si alzò, svogliata per mantenere una calma che in realtà inspiegabilmente non aveva, avvicinandosi al tavolo.
- Immaginavo, vista l'ora. - Commentò. Non voleva dare a vedere che se ne era accorta, ma le parole le erano uscite di bocca prima che potesse fermarle.
-
Oh, sei già qui? - la scimmiottò Fred, ridendo, senza dar peso all'occhiataccia che lei gli stava rivolgendo.

Decise di ignorare il suo impasse,
- Anche io, a dirti la verità, stavo già cenando, mi era rimasto dal pranzo un po' di ciambellone.
Si azzardò a guardarlo, con la coda dell'occhio, e ancora il suo sguardo sicuro e tranquillo la costrinse a girarsi. Si stava decisamente innervosendo, non capiva perché e non ne aveva l'intenzione.
Tentò di mordersi la lingua, ma la domanda uscì melliflua nonostante il suo impegno:

- E tu? Passato una buona giornata?
Fred sollevò le spalle,
- Ottima direi, grazie.
Lo guardò, scoprendosi ancora osservata,
- Ti diverto? - lo sfidò. Più lei si innervosiva più lui era tranquillo, divertito, appunto.
- Un po', sei abbastanza buffa stasera. - le rispose, evitando il pezzo di dolce che Hermione gli aveva scagliato addosso dopo la sua risposta, - Ho visto Ginny, oggi: è tornata a casa per le vacanze, le manchi molto.
- Ginny? - gli chiese, mentre a poco a poco gli eventi che l'avevano fatta innervosire assumevano nuove tinte, rendendola un po' stupida.
- Esatto.
Lo sguardo di Hermione si raddolcì,
- Manca molto anche a me. Quando è arrivata?
- Ieri sera, è tutto il giorno che la porto in giro in cerca di un regalo per Harry: dice che si sente che per Natale magari si farà vivo.
- Questa volta si sbaglia, spero che non ne rimanga delusa.
- No, - la tranquillizzò, - ho cercato di limitare di danni e dissuaderla.
- Fred! Tu sai che Harry non si farà vivo perché sai come stanno le cose, e se questo cambiasse il corso del futuro? - lo rimproverò.
- Glielo avrei detto in ogni caso: chi vuole che la propria sorella si faccia delle illusioni imbastite da sensazioni?
Aveva ragione, ma ormai Hermione era diventata paranoica su quell'argomento,
- Spero che tu abbia ragione. - Commentò, con forzata accondiscendenza. Poi si sentì in dovere di rassicurarlo, - Harry comunque la pensa sempre, per lui è stato più duro di quanto volesse far credere partire senza di lei; ma voleva proteggerla.
- Ha portato te. - Sottolineò Fred.
- Credi davvero che qualcuno possa portarmi o impedire di andare da qualche parte? - Lui sorrise, sapendo che era vero, - E inoltre, noi siamo un trio: non avrebbero mai funzionato senza di me. Così come per ognuno di loro due, dovevamo farlo assieme.
- Ora però sei qui da sola.
Hermione andò verso la finestra, scrutando il cielo: da un lato non era da sola, a Godric's Hollow era con Harry, e Ron li avrebbe presto raggiunti.
- Odiavo con tutta me stessa Harry quando lo ripeteva, così convinto che fosse vero, - disse, poi, - e ora sono io a dirlo, ma so di avere ragione: è una cosa mia, dipende da me.
Fred le andò accanto,
- Questo conferma la mia ipotesi, - disse. Hermione lo guardò, interrogativa, nascondendo l'agitazione che le stava nascendo dentro: di che ipotesi parlava? Una cosa non detta, non accennata, senza ancora un nome e una sembianza, impalpabile e labile, che non era reale; non sapeva cos'era ma ne era al tempo stesso spaventata. Lui le strizzò l'occhio: - sei sempre stata tu la matta del trio.
L'inquietudine era già volata via, come se non fosse mai esistita, mentre Hermione rideva a quell'uscita,
- Sai, - confermò, - credo di averci fatto caso anche io, in un episodio o due.
Tornò a guardare fuori,
- Domani è la vigilia di Natale, - osservò, - non stare a preoccuparti per me: io indagherò sulla mia nuova pista e sarò occupatissima a scriverti un nuovo elenco di libri che mi servono, stai a casa con la tua famiglia.

Delle semplici parole sincere, che cercavano anche di mettere a posto la sua coscienza dopo la pazzia che l'aveva colta quella sera.

Non si pentiva di averglielo chiesto, desiderava realmente che lui passasse le feste con la sua famiglia, ed era più che pronta ad accettare la malinconica solitudine che l'aveva colta.
Simile a quella del suo viaggio ad Hogwarts, quando seduta sul treno accanto a Ginny continuava a fissare la porta dello scompartimento, aspettandosi di veder entrare da un momento all'altro Ron ed Harry.
Però, in un certo senso, aveva bisogno di rimanere da sola: così come in passato era stata tentata di accantonare la tristezza in un piccolo angolo remoto della sua testa, ora sapeva che stava facendo qualcosa di molto simile.
Stava ignorando deliberatamente una sensazione, senza darle la possibilità di esistere nella sua testa, correndo il rischio di ingigantirla senza nessun motivo.
Forse era sciocca a sprecare del tempo che avrebbe potuto sfruttare studiando con quei pensieri, eppure era pur sempre la vigilia, e poteva essere un momento opportuno per una pausa.
La gelosia che l'aveva colta la sera prima non era nata dal nulla, lo sapeva. Faceva sempre finta di niente, eppure quella domanda continuava a torturarla: perché Fred, proprio Fred?
Era sempre stato importante per lei, su questo non c'era alcun dubbio. Come risposta era soddisfacente, eppure ne conseguiva un altro quesito: perché, più passava il tempo, e più era disposta a sacrificarsi per lui?
La sua importanza stava aumentando, e se doveva essere del tutto onesta con sé stessa Hermione doveva ammettere che non era perché era l'unica persona che avesse accanto: aveva passato molto tempo sola con Harry, l'anno prima, e quello non aveva cambiato le cose.
Aveva più a che vedere con l'effetto che aveva sempre avuto su di lei, la sua capacità a farle abbassare lo sguardo, confusa senza un motivo reale, il modo in cui riusciva a farle scaturire una risata.
La mancanza che sentiva di lui quando non c'era, il sorriso che le compariva istantaneo quando sentiva i suoi passi sulle scale.
Ma soprattutto, e solo perché rafforzato da tutti i motivi precedenti, il batticuore che la coglieva sempre impreparata.
Impreparata come in quel momento, in cui capì di non essere pronta ad accettare tutto quello.

Aveva messo via l'orologio, per non essere costretta a cadenzare con precisione il tempo che passava lì, nella sua auto-imposta prigionia; eppure quella sera, forse per mettersi il cuore in pace prima di andare a dormire, lo cercò dentro alla sua borsa.
Mezzanotte meno un quarto.
Spostò una sedia accanto alla finestra, prese la coperta dal divano che già aveva allestito a letto e vi si avvolse, augurando mentalmente buon Natale ai suoi cari.
Si tirò su all'improvviso, sentendo al piano di sotto la porta del negozio che si apriva, e spaventata da chi potesse essere rimase pietrificata mentre i passi veloci sulle scale si facevano sempre più vicini.
La maniglia scattò,
- Eccomi, ce l'ho fatta. - Esordì Fred, entrando.
Hermione si rialzò da dietro il divano, dove si era accucciata, tenendo ancora stretta a sé la coperta che la avvolgeva.

- Tu? - disse spiazzata. - Ma non dovevi passare la vigilia a casa?
Fred si tolse il cappotto pieno di neve,
- L'ho fatto, ma non abbiamo parlato della mezzanotte, e credo che ti meriti anche tu un momento di festa.
L'angolo della bocca di Hermione si alzò, incerto, per poi contagiare tutto il viso in un sorriso.
- Non avresti dovuto. Grazie.
- Credevi davvero che non mi sarei fatto vivo, oggi? - Scosse la testa, come se la considerasse un'eventualità terribilmente stupida. Le porse un sacchetto, - Abbiamo poco tempo, diamoci da fare: ieri mi sono dimenticato il dettaglio principale.
Hermione lo aprì, trovandolo pieno di candeline con cui addobbare l'albero e lo studio.
Si mise subito al lavoro, lei le posizionava e Fred con la bacchetta le accendeva, di tanto in tanto accendendo quella che lei aveva ancora in mano.
- Se mi bruci... - gli diceva lei, come monito, senza finire la minaccia. Fred sghignazzava, e le metteva fretta dicendole che la mezzanotte si avvicinava, e per mezzanotte dovevano aver finito.
La sollevò infine con un Levicorpus, in modo che lei potesse mettere la candela a forma di stella sulla cima dell'albero, e la fece atterrare di fianco a lui.
- Ottimo lavoro, tempismo perfetto: manca ancora un minuto abbondante.
Hermione si guardò intorno, sorridendo dal calore che aveva assunto la stanza: era una vera vigilia, senza alcun dubbio.
Si bloccò, vagamente stupita, quando notò il ramo di vischio appeso sopra di loro, chiedendosi se anche Fred se ne fosse accorto. Lo guardò, cercando di capirlo, ma incontrò il suo sguardo, che poi si sollevò curioso sopra di loro.
Non vide la sua espressione quando si abbassò nuovamente a guardarla, perché in quella frazione di secondo chiuse istintivamente gli occhi, mentre sentiva le labbra di lui appoggiarsi delicatamente alle sue.
Dalla strada salirono voci che si scambiavano gli auguri, campanelle che suonavano, segno che era la mezzanotte, era Natale.
Fred continuava ad accarezzarle le labbra, e per il cuore di Hermione, che le suggeriva quanto in realtà avesse desiderato quel momento, era il miglior regalo di Natale.
Poi, colta improvvisamente dalla realtà, si staccò da lui,
- Aspetta, - gli chiese, ancora con gli occhi chiusi. Li aprì lentamente, - non va bene, sono la ragazza di tuo fratello. - gli ricordò.
Fred la guardò, dubbioso,
- Ma...
Hermione lo bloccò,
- Lo so, ma in questo momento, per lui, sono ancora la sua ragazza: non è giusto.
Che poi di quegli ultimi mesi quel singolo gesto era solo il più eclatante, in fatto di rispetto verso Ron neanche il fatto di essersi imbarcata senza dirgli nulla in quel viaggio temporale era il massimo.
Fred sorrise, e le posò un semplice bacio sulla fronte.
- Buon Natale, Hermione.
Mentre lo guardava, ancora così vicino a lei, capì come sarebbe solo stato tutto più difficile, dai mesi che li aspettavano al momento della battaglia.
Ricambiò il sorriso, imbarazzata dal bacio che c'era appena stato tra di loro,
- Buon Natale, Fred.
Non capì bene da dove lo tirò fuori, ma le stava porgendo un pacchetto.

Il suo viso si fece serio, assumendo un'espressione crucciata:
- Non dovevi, sai che io non ho potuto prenderti niente. - disse, dispiaciuta.
Fred la sorpassò, sedendosi sul divano,
- Dai, Hermione, almeno un misero regalo dovevi averlo. - si giustificò, guardandola mentre incerta soppesava il pacchetto.
Si sedette accanto a lui, appoggiando il regalo in grembo, e iniziò a sciogliere il nodo,
in silenzio.
Era contenta che l'avesse pensata, e nonostante quel gesto la faceva sentire in debito, capiva perché lui l'aveva fatto: per lo stesso motivo per cui era andato lì prima della mezzanotte, per portarle la vigilia.
Per ricordarle che non era sola, lui si stava occupando di lei esattamente come lei aveva fatto con lui, sfidando la legge universale e tornando nel passato per salvarlo.
Iniziò ad aprire le pieghe della carta, con attenzione, ricordando come sua madre le aveva insegnato che il gusto del regalo non è solo nella sorpresa o nell'oggetto in sé, ma anche in quei piccoli gesti.
Tolse infine la carta, trovandosi davanti una scatola in cartone. Aprì la linguetta e tolse il coperchio mentre il sorriso illuminava il suo viso.
- Fred! - rise contenta, mentre estraeva delicatamente dalla scatola una palla di vetro, simile a quella che avevano preso insieme per Arthur.
La sollevò, al posto della torre del Big Ben era raffigurata una miniatura della Westminister Abbey. L'agitò, ammirando la neve che brillava all'interno della boccia, danzando.
Lo guardò, aspettandosi una spiegazione, senza riuscire a cancellare il sorriso dal volto.
Fred sollevò le spalle, come se fosse una cosa da poco conto,
- Mi ha accompagnato Ginny, ieri: io non sarei mai riuscito a raccapezzarmi tra le strade babbane, lei è più in gamba di me. Mi ha fatto un sacco di domande, ovvio, ma sono riuscito a inventarmi qualcosa.
- Cosa? - chiese, automaticamente.
Le strizzò l'occhio, scuotendo la testa,
- Mi dispiace, ma le scuse di un gemello Weasley rimangono segrete, esattamente come quella che ho usato per uscire stasera.
Hermione tornò a fissare la sfera, la neve si stava ormai depositando. Era impossibile guardarla senza pensare al pomeriggio che avevano passato insieme.
- Grazie. - sussurrò, mentre la capovolgeva nuovamente.
- Tu che lo dici a me? Ironico.
Appoggiò la sfera al tavolino davanti al divano,
- Non dire così. - disse, continuando a guardare la neve che volava all'interno del vetro.
Fred si sporse, imitandola.
- No, Hermione, - disse piano. - non è solo perché vuoi salvarmi la vita, o meglio, sì; ma la mia gratitudine non va alla vita, in sé per sé. - Si voltò a guardarla, incrociando il suo sguardo ora su di lui, - È per il vuoi che ti ringrazio. È quello.
Hermione sbatté le palpebre, commossa. Si chiese se ce l'avrebbe mai fatta. Tornò a guardare il regalo che le aveva fatto Fred, abbassando la testa e appoggiandosi alla sua spalla. Sentì le sue labbra posarsi sui suoi capelli, e poi guardarono insieme gli ultimi fiocchi che volteggiavano sopra Westminister.

Si svegliò che era ormai mattino, non si era accorta di essersi addormentata. Fred l'aveva allungata sul divano e l'aveva coperta, prima di andarsene.
Si stiracchiò, intorpidita e confusa, a disagio dal sottile calore della felicità che la avvolgeva come la coperta. Era il ricordo della sera prima a renderla felice, e il disagio nell'ammetterlo.
Si sentiva in colpa per quella felicità, nei confronti di Ron che non solo ne era ignaro, ma era ignaro anche di come i suoi sentimenti per lui fossero cambiati.
Aveva impiegato tanto tempo per ammetterlo perché dopo tutti quegli anni lo considerava un fallimento, senza soffermarsi a pensare che alla sua età era naturale che il suo cuore evolvesse, staccandosi dal suo primo amore.
E avrebbe fatto attenzione a quella cosa con Fred, alla quale non poteva ancora dare un nome, per riguardo nei confronti di Ron.
Poi la tristezza tornò ad avvolgerla: per quanto le sembrasse tutto reale, e destinato a durare, Fred sarebbe morto, se non avesse trovato un modo per salvarlo.
Sembrava che tutti i moniti ricevuti in passato fossero stati dettati in previsione di quella situazione, eppure Hermione non aveva scelta: doveva salvarlo, doveva evitare che morisse. Il solo pensiero del fallimento era ancora più tremendo; non aveva mai voluto salvarlo solo per Molly, George, o per il resto della famiglia, ma anche per sé stessa.
Nonostante fosse la mattina di Natale si mise di buona lena a prendere appunti su ciò che Fred doveva procurarle, ben sapendo che l'avrebbe ritenuta pazza.

Infatti, la sua espressione quando gli ebbe spiegato il nuovo piano, era tutta un programma:
- Non mi guardare così, ce la possiamo fare. - Gli promise, convinta.
- Proteggermi e al tempo stesso indurmi una morte apparente per far sì che l'andamento della battaglia non cambi? Sarebbe già complicato singolarmente, insieme...
Hermione gli prese la mano tra le sue, richiamando la sua attenzione,
- Lo so, non è una cosa da niente. Lo so, la morte apparente, in un contesto di battaglia, è molto rischiosa, ma non se io ti fossi accanto per farti l'incantesimo appena dopo l'esplosione.
- Non pensare che io accetti che qualcuno corra rischi di questo genere per me, e men che meno qualcuno con cui sto avendo questa conversazione. Se tu fossi impegnata a farmi un incantesimo del genere non potresti difenderti.
Hermione si mordicchiò le labbra: poteva essere un burlone, mettere tutto sullo scherzo e trovare sempre il lato positivo in tutto, eppure quando si metteva in mente qualcosa era incredibilmente testardo e sapeva essere anche serio.
- Potremmo evitare la protezione annullando semplicemente l'incantesimo: ricordo di aver visto il Mangiamorte che ti ha ucciso a Malfoy Manor, forse potrei compromettergli la bacchetta rendendogli impossibile quel preciso incantesimo in quel preciso momento. Potrei prendere il posto della attuale me quando Bellatrix mi crucerà, e...
- Quando cosa, scusa? - la interruppe, scrollandole le spalle.
Hermione abbassò il viso, colpevole,
- Ci sono cose che ti ho omesso, non mi piace parlarne. - Sollevò la manica sinistra, dove ancora la cicatrice Mudblood si intravvedeva sull'avambraccio.
Guardò Fred, che fissava il suo segreto. Il viso era contratto dalla rabbia, lo sguardo su quel piccolo pezzo di pelle; sentendosi a disagio cercò di coprirsi ma le dita di lui la fermarono.
- Mi hai detto la verità, ci penserà mia madre ad ucciderla? - Hermione annuì,
- Sì, stava per colpire Ginny e lei l'ha affrontata.
- Se lo avessi saputo, se avessi saputo cosa ti ha fatto, non ci avrei pensato due volte a farla fuori se me la fossi trovata davanti.
- Fred, - cercò di farlo ragionare, - un conto è lottare per difendersi, un altro è cercare vendetta: tu non sei così, lo sai.
Fred sbuffò,
- È terribile, Hermione. È peggio di quello che hai detto è capitato a me.
Lo sapeva che era terribile, lo sapeva bene: aveva lottato, per dimenticarlo e sopravvivere. Era atroce, in quel frangente di delirio la sua mente si augurava letteralmente di morire subito, e rimpiangeva di non essere già morta. Sentì il respiro farsi faticoso,
- Basta, per favore: non ne voglio parlare. - disse, chiudendo gli occhi per scacciare il ricordo dalla mente.
Fred le abbassò delicatamente la manica, con rispetto, come se il suo braccio fosse una reliquia,
- E tu vorresti riviverlo? - la rimproverò, piano.
Scosse la testa,
- No. Ma se potesse essere la soluzione...
- Non è la soluzione. Vieni, usciamo da qui.
Hermione strinse la mascella, nello sforzo di dimenticare, e afferrò la sua borsa, dove nella fialetta era rimasta la pozione di qualche settimana prima.
La ingollò senza sforzo, al pensiero di quello che aveva passato quel sapore era nullo.
Si vestì in silenzio, e lo raggiunse accanto alla porta,
- Due uscite nello stesso mese? Mi vizi. - provò a sorridere.
Lui le prese la mano, mentre scendevano le scale,
- Solo quando l'occasione lo richiede, e come se non bastasse quello di cui abbiamo parlato prima, oggi è ancora Natale.

Era ancora mogia, non voleva esserlo, avrebbe voluto godersi quei momenti di libertà, eppure sentiva ancora la tristezza in agguato.
Fece qualche passo, assaporando il rumore della neve sotto al suo stivale,
- Dove andiamo?
- Via di qua, poco ma sicuro.
La guidò svelto, fuori da Diagon Alley, dove la sentiva più protetta.
Lì l'atmosfera del Natale era amplificata, dove i babbani erano inconsapevoli della guerra e della paura, lì tutto era più luminoso.
- È ancora più strano di quanto non sia sempre stato, - osservò lui, - immagino che dovrei essere io a guidarti, ma non so dove andare.
- Ovunque, non ha importanza, - rifletté lei: più camminava e respirava e più tutto sembrava tornare più sopportabile.
Le strade erano relativamente vuote, la gran parte delle persone era ancora in casa a smaltire i festeggiamenti del mezzogiorno o a finirli, però incontrarono diverse persone che passeggiavano senza meta, come loro.
E il rumore, la consistenza della neve: era stupendo, non capitava spesso che a Natale nevicasse.
- Possiamo fare una cosa, - disse poi, colta da un'illuminazione improvvisa, - vieni, dobbiamo camminare un po'.
Gli fece strada tra vicoli e viali, a volte sembrava trovare scorciatoie, delle altre cercare un percorso dimenticato.
Fred la seguiva, commentando l'abbigliamento delle persone che sorpassavano, o esprimendo la sua opinione per la strada che lei sceglieva di percorrere.
- Fidati, - lo rassicurò, - so come tornare indietro. - Rallentò e bevve un altro po' di pozione, - Eccoci, siamo arrivati, sei pronto?
Davanti a loro una ringhiera scura che delimitava una lastra immacolata, ai piedi della Tower of London. Hermione lo guidò sicura tra le persone, raggiungendo l'ingresso dove c'era lo stand per il noleggio dei pattini.
Fred guardò le persone sulla pista, e poi guardò lei,
- Sei sicura?

- Altroché: i miei mi hanno portato qui un Natale, quando ero piccola; è stato uno dei più belli della mia vita.

In realtà era abbastanza impacciata, ma qualcosa le diceva che lui era uno di quei talenti naturali che dopo un secondo sul ghiacciano sembrano già pattinatori professionisti. Nonostante fosse negata però si era divertita, e quella le sembrava il giorno giusto per ripetere l'esperimento.
Fred, una volta indossati i pattini, entrò nella pista; dubbioso ma tutto sommato più sciolto di lei che gli arrancava dietro. Stava osservando le altre persone, mentre Hermione si arpionava al bordo e procedeva con piccole scivolate di riscaldamento, per riprendere confidenza.
Dopo qualche minuto le sfilò accanto,
- Non credo che tu lo stia facendo in maniera corretta, - la prese in giro, - nessun altro fa così, nemmeno quei vecchietti.
I pattini erano più incerti ed era più pericolante di quanto si ricordasse, iniziava ad avere dei dubbi sulla sua grande idea,
- Piantala, ti prego. Com'è che tu sei già a tuo agio?
Lui provava e sperimentava nuove andature,
- Stile, talento. - si vantò. - Ora vieni, hai zoppicato abbastanza.
Hermione non riuscì ad impedirsi di urlare mentre Fred le prendeva la mano e la staccava dal bordo,
- Fermati, fermati ti prego: non ce la posso fare! - lo implorò. Lui rideva,
- Ti tengo, fidati, - guidandola nel mezzo della pista. La teneva per le spalle, pattinando per entrambi mentre la spingeva, - forza, - la incoraggiò, - muovi un po' quei piedi.
- Tu sei pazzo, - dichiarò, mentre avanzava malamente sotto il suo consiglio.
Non aveva più paura di cadere, sentiva la presa salda di lui, eppure non si sentiva per niente sicura.
Era concentrata nello sforzo di stare in equilibrio e di muovere un piede dopo l'altro, ma iniziò ad ammettere che guidata da lui sentiva di essere un po' meno impacciata.
- Sei tu che sei voluta venire, - le ricordò, lasciando la presa sulle sue spalle e portandosi velocemente al suo fianco, prendendole la mano, - ora aumentiamo la difficoltà.
Regolò l'andatura a quella di lei, aiutandola quando c'erano e curve e scegliendo il percorso meno trafficato, visto che era abbastanza ovvio che lei non sapesse frenare.
Di tanto in tanto la lasciava, divertendosi a lanciarla contro il bordo per vederla andarci a sbattere sgraziata, poi incurante delle sue proteste la tirava nuovamente in mezzo alla pista.
- Sto diventando bravina, vero? - gli chiese, quasi con il fiatone.
Fred rise, iniziando a girarle intorno,
- Vedi allora di non venirmi a sbattere addosso.
Raccolse la sfida, seppur persa in partenza, lamentandosi,
- Se cadi mi metto a ridere, e se cado io mi rialzo e ti butto giù: puoi scommetterci. - Lo minacciò.
Si stava divertendo, nonostante tutto, e sapeva che anche per Fred era lo stesso.
Era liberatorio ridere e pattinare in mezzo ad altre persone, ed essere per un momento esattamente come loro: senza nessuna sentenza di morte in agguato e senza il peso di stare sfidando le leggi della natura e del destino per salvare una persona.
Inciampò nei suoi piedi, ma fu trattenuta nella caduta dalle sue mani, stabili e ferme sulle sue braccia.
- Hai visto? - si dissero, quasi all'unisono, ognuno per sostenere una teoria diversa.
Erano in piedi, in mezzo alla pista, mentre la gente li sfrecciava intorno.
- Fred... - riuscì a bisbigliare Hermione, quando capì cosa stava succedendo.
- Non vale, è ancora Natale. - La zittì, prima di baciarla.

Era strano, come lui fosse totalmente a suo agio nel contatto fisico: le faceva piacere e allo stesso tempo la metteva in imbarazzo, perché a lei, anche semplicemente camminare per la strada tenendolo per mano, le metteva una strana agitazione.
Stavano rientrando, mano nella mano con le dita intrecciate camminavano verso la Charing Cross Road, dove si trovava il Paiolo Magico.
Era un contatto intimo, la faceva sentire protetta e la destabilizzava. Fred le camminava accanto, ricordandole di tanto in tanto certe sue figuracce sulla pista, e ancora la realtà, quel passato diventato ormai più reale del presente, era lontana.
Ma era pronta per tornarci, fedele più che mai al suo obiettivo.

















Nda: ecco il capitolo con un paio di giorni di ritardo, sono stata un po' presa con dei preparativi per il matrimonio di una mia amica, e non sono proprio riuscita ad aggiornare venerdì!
Ecco la seconda Boule de Neige, che ve ne pare del capitolo?  Spero che vi sia piaciuto e che  continuiate a leggere questa storia,
e se vi va fatemi sapere che ne pensate :-)
Alla prossima!
Ps settimana prossima sono in ferie e conto di fare un paio di giorni in montagna, per cui non so ancora il giorno preciso dell'aggiornamento, ma male che vada sarà domenica!

   
 
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