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Autore: musicsafety    08/07/2012    11 recensioni
Ero sola. Completamente, unicamente sola. Con chi potevo parlare del mio problema?
Migliore amica? No, era in Italia.
Mamma? No, era morta.
Papà? No, lui non poteva sapere questa storia.
Fratellastro? Oh. No, era da escludere. Lui era il mio problema.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hope

Sbuffai divertita.
«Papà, ti ho detto che arriverò a Londra verso le nove...»
«Chissà come sei cresciuta...»
Chiese eccitato all'idea di vedermi.
«Non mi vedi da due anni, papà. Non sono cambiata poi così tanto...»
Mormorai buttando a caso i miei vestiti nella borsa.
E questa da dove salta fuori?
Pensai guardando una maglietta viola che non mi ricordavo d'aver mai visto prima. Feci una smorfia e la cacciai dentro alla valigia, mentre mio padre continuava a parlare dall'altra parte della cornetta.
«Hope, non sai quanto mi manchi.»
Sorrisi e, spostandomi una ciocca di capelli castani dalla fronte, mi chinai per raccogliere un paio di pantaloncini che mi erano scivolati di mano.
«Anche tu papà. Ora, per favore, lasciami andare. Devo finire di prepararmi. Ci vediamo domani, okay? Un bacio.»
Lanciai il telefono sul letto dall'altra parte della stanza e continuai a svuotare la stanza.
Quella stanza che mi aveva ospitato per mesi.
Quella stanza che aveva reso possibili innumerevoli serate con Carlotta.
Quella stanza che tanto avevo amato, ora sarebbe stata di qualcun altro.
Mi lasciai sfuggire una lacrima malinconica, prima di sentire la porta aprirsi di scatto per poi veder entrare la mia migliore amica con la testa piegata per leggere una rivista che teneva saldamente in mano.
«Bell'inglesina, ho visto che stasera al cinema fanno quel film che volevi and...»
Spezzò la frase quando vide le mie valigie, ormai chiuse, poggiate per terra.
«Oh. Sei già pronta.»
Mormorò abbassando lo sguardo.
I capelli neri ondeggiarono sul suo viso minuto, nascondendo i suoi magnifici occhi azzurri, avrei potuto scommettere, pieni di lacrime.
«Charlie, ora non metterti a piangere, per favore.»
Lei scosse la testa, cercando di convincere più sé stessa, che me.
«Ti..ti stavo dicendo, stasera al cinema fanno quel film che ti piacerebbe vedere...se vuoi andiamo.»
Disse facendo spazio ad un largo sorriso che, di riflesso, mi fece ricambiare.
Mi limitai ad annuire e a prenderla sotto braccio per uscire.


«Hope. Hope, guarda quel ragazzo che figo che è.»
Esclamò la mia amica nel bel mezzo del film, sputacchiando popcorn da tutte le parti. Io ridendo le tirai una leggera gomitata sul braccio, riprendendola.
«Ma ti pare il caso d'urlare in questo modo?»
«E dai, non fare la guasta feste, che infondo, so che anche tu sei un pantera. Roar!»
Rise cercando d'imitare il verso del mammifero. Io la fissai sbalordita.
«Carlotta!»
Mi unii alla sua risata per poi rubarle una manciata di cibo. Oh, sì. Mi sarebbe mancata. Davvero tanto.
Cercai di imprimere nella mia mente ogni singolo dettaglio di lei, il taglio dei suoi occhi, i suoi capelli mossi e corvini, la sua risata cristallina e la sua voce. Tutto.
Sorrisi involontariamente e poi tornai a guardare il film che, naturalmente, era andato avanti senza aspettarmi.


Sbuffando tirai una manata sull'aggeggio squillante al mio fianco, che non sembrava volermi dare pace.
Sbattei le palpebre confusa, prima di rendermi conto che quello sarebbe stato l'ultimo giorno a Roma. Come formulai questo pensiero, scattai giù dal letto con un balzo inciampando nel copriletto e facendo un incontro ravvicinato con la mia amata moquette.

Quando ebbi constatato che le mie ossa erano ancora tutte al proprio posto, mi feci una doccia veloce per poi andare a svegliare la mia vicina di stanza.
Erano mesi che ero in quella scuola, e le persone che circolavano lì dentro erano sempre le stesse. Eppure, avevo legato solo con lei.
Bussai con forza alla sua porta, sapendo che era ancora tra le braccia di Morfeo.
«Carlotta? Alza il tuo bellissimo sederino dal letto, e vieni con me. Dobbiamo fare un sacco di cose.»
Nessuna risposta.
Quella ragazza aveva un sonno veramente pesante.
Chi avrei svegliato alle sette di mattina per andare a fare jogging, da quel giorno in poi?
«Carlotta, se non ti svegli immediatamente, faccio una telefonata flash a Tommaso e poi te la sbrighi tu la faccenda.»
In un secondo netto la porta si spalancò, permettendomi di vedere la mora con gli occhi azzurri sbarrati e i capelli spettinati.
«Non oseresti...»
Ringhiò a denti stretti.
Io le passai vicino, spettinandole i capelli ed entrando nella sua camera.
«Lo sai che oserei, mia cara piccola Charlie.»
Lei rimase impietrita davanti all'uscio fissandomi con occhi stralunati. Io mi sedetti beatamente sul bordo del suo letto e sorrisi innocentemente.
«Allora? Che ci fai ancora in pigiama? Mettiti la tuta, e preparati. Andiamo a correre.»
Spostò lo sguardo verso il mio abbigliamento e fece una smorfia.
«Toglimi una curiosità. Voglio chiedertelo da tempo ormai: che bisogno hai di fare chilometri di corsa, per sudare come un lottatore di sumo e puzzare di cane bagnato, quando hai fisico da urlo?
Esclamò portando le braccia al cielo. Io scoppiai a ridere buttando la testa all'indietro.
«Prima di tutto, non ho un “fisico da urlo” e ho bisogno di farlo perché non voglio arrivare a cinquant'anni con la pelle flaccida che mi penzola dal sedere. Ora, vai in di là e cambiati. Svelta.»
Lei mi guardò e borbottando qualcosa d'incomprensibile sparì nel bagno.
Mentre aspettavo che la bella addormentata si preparasse, mi guardai nel grosso specchio posto vicino al suo letto.
Non avevo il fisico da modella che la mia migliore amica mi aveva attribuito prima. Per niente.
Forse avevo qualche chiletto di troppo, forse non ero un metro e novanta e non avevo le splendenti iridi blu che, invece, facevano parte della fisionomia di Carlotta. Io ero il suo esatto opposto.
Lei aveva dei bellissimi capelli mossi, neri come la pece, io avevo dei lunghi capelli castani, lisci come spaghetti; lei aveva due grossi occhi azzurri e io due iridi color cioccolato. Eppure, nonostante tutte le
nostre differenze fisiche, l'avevo sempre definita “la mia gemella”.
«Sappiamo entrambe che sei una gnocca, non c'è bisogno che chiedi allo specchio come la matrigna di Biancaneve.»
Mi girai sussultando alla vista della ragazza che, stranamente, era già pronta.
Strizzata nella sua abituale tuta rossa mi guardava sorridendo.
«Mi mancherà il tuo sarcasmo, sai?»
Dissi ricambiando il gesto. L'afferrai per il braccio e la trascinai fuori dallo stabilimento, cominciando il nostro “allenamento mattutino”.


«Ehi...Hope, ma tu non hai anche un fratellastro a Londra che ti aspetta?»
Disse Charlie fra un respiro e l'altro, tentando di non stramazzare al suolo.
Risi del suo tentativo di conversazione prima di risponderle.
«Se non è morto, credo di sì.»
«Chissà, magari è diventato un figo...in questo caso, potresti anche presentarmelo.»
«Ma è possibile che pensi sempre e solo a quello?!»
Le urlai continuando a correre.
«E a che cosa dovrei pensare, scusa? Ho quasi diciassette anni, sono una ragazza in preda agli ormoni. Non è colpa mia.»
«E io ne ho sedici, eppure non passo le mie giornate ad immaginare fatti porno!»
«Che ne sai? Magari in due anni è diventato un modello di Abercrombie!»
«E anche se fosse? Dai, Charlie è un membro della mia famiglia...cosa cambierebbe?»
«Non lo so. Magari...»
«No. Non voglio saperlo.»
Risposi interrompendola e accelerando il passo fino a superarla.
«Dai, Hope. Aspettami!»

Risi e continuai il mio percorso con la mia migliore amica che arrancava al mio fianco.


«Ed ecco un'altra cosa che voglio sapere: perché fai delle corse inimmaginabili se poi ti strafoghi di panini e schifezze al McDonald's?»
Mugugnò la mora mordendo una patatina fritta.
«Te l'ho già detto. Non lo faccio per dimagrire, non m'interessa la linea. Lo faccio solo perché mi va e voglio mantenermi in allenamento. Lo sai che a me, il fisico, è l'ultima cosa che importa.»
«Mi sembra d'averlo capito.»
Rispose sorseggiando un po' di Coca-cola. Immediatamente afferrai i suoi polsi e la squadrai.
«Niente Coca-cola. Sappiamo entrambe che effetto ti fa.»
Gli strappai dalle mani il bicchiere di carta e gliene rubai un sorso.
«Dai, mamma!»
Mugugnò facendo la solita faccia da cucciolo bastonato e implorandomi con gli occhi.
«Non mi guardare con quel muso. Non attacca con me.»
Quella ragazza era così speciale per me. E non riuscivo a credere che non l'avrei più rivista. Sarei tornata in Inghilterra e, questa volta, ci sarei rimasta.
«Se t'azzardi ad andare al Mc con qualcun altro mentre sei a casa tua...ti gambizzo. Lo giuro, vengo apposta.»
Per poco, non mi strozzai con la bibita che avevo fregato poco prima alla riccia.
Oh, sì. Lei era la mia gemella e non l'avrei cambiata per niente al mondo. Mai.
Finii di sistemare le cose in camera ma, appena poggiai la mano sulla zip della valigia per chiuderla, la ragazza di poco prima piombò al mio fianco con un libro in mano.
«Moore, non azzardarti a chiudere quel trolley senza averci prima messo questo dentro.»
Urlò lanciandomi letteralmente un libro sulla faccia.
Io e lei una delle tante cose che avevano in comune, era proprio la passione per la lettura.
Guardai la copertina e sorrisi spontaneamente.
«Fallen? Tu mi stai regalando la tua inestimabile copia di Fallen?»
Era sempre stato uno dei nostri libri preferiti. Sempre. E quel gesto, quel regalo, che può sembrare una cosa da nulla per tante persone, in cuor mio sapevo valere una fortuna. Lei teneva ai suoi libri, forse più di quanto teneva a me.
Charlie annuì decisa prima di stringermi inaspettatamente in un abbraccio. Cacciando via una lacrima dal viso, ricambiai la stretta con foga.
«Non chiamarmi per cognome. Sai che odio quando lo fai.»
Sussurrai per poi lasciarle un delicato bacio su una guancia. La sentii sorridere.
«Ti voglio bene...Moore.»
Ridacchiò staccandosi da me.
«Te ne voglio anche io, Carlotta.»


Le nuvole, da quell'elevata altitudine sembrano dei soffici batuffoli di cotone e, con il libro appena regalatomi in mano, mi sembrava di essere su un altro pianeta. Quando mi perdevo fra le parole di un buon testo, la mia mente si offuscava e niente poteva più riportarmi alla realtà.
Ma, in quel momento, la voce metallica dell'aereo annunciò l'imminente atterraggio, e fui costretta a legarmi la cintura di sicurezza sulla vita.
Londra, sono tornata.






SPAZIO AUTRICE.
I'm back, girrrrrls.
Okay, non interessa a nessuno.
Prima di tutto, voglio dirvi che mi hanno costretta a pubblicare questo capitolo. Non faccio nomi.
E, scusatemi se è...particolare, ma volevo dedicare qualcosa a qualcuno di speciale. Vero, Charlie? *O*
E scusate anche se la scrittura è differente in certe parti del Capitolo, ma l'editor non me la faceva cambiare '-'
Grazie se avete letto, e mi raccomando: RECENSITE.
Vi voglio taaanto bene, un bacio.
 

  
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