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Autore: Nimel17    08/07/2012    4 recensioni
La fiaba di Raperonzolo è molto conosciuta, ma qualcosa mancava...Rumpelstiltskin. La vera protagonista è comunque Rapunzel.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ne poteva più. Posò il carboncino sul foglio e si alzò dalla sedia, con gli occhi lucidi. Si guardò allo specchio e odiò quello che vide: non perché fosse brutta, ma ogni giorno vedeva sempre la solita se stessa, con le solite cose che si riflettevano alle sue spalle. I soliti occhi verdi la guardarono, delusi e sconfortati. Provò a sorridere, tirandosi le labbra con le dita. In fondo, poteva fare tantissime cose. Disegnare, leggere, suonare l’arpa, cantare, danzare, scrivere, improvvisarsi attrice. Ma non poteva fare l’unica cose cui tenesse: uscire, vedere il mondo. Si risedette e prese a spazzolarsi i lunghi capelli biondi, desiderando per un momento essere qualcun altro. Essere fuori. S’immaginò la conversazione tra lei e sua madre:
“Madre, ti prego, lasciami uscire dalla torre! Solo una volta, solo un giorno!”
“No, Rapunzel, non sei ancora pronta. Tesoro, tu non sai quanto sia terribile il mondo là fuori. Qui sei protetta.”
Sospirò. Quante volte aveva affrontato l’argomento? Quante volte le era stato negato il permesso di uscire? Solo pochi minuti….ma neanche quello poteva. Era un uccello in gabbia che desiderava uscire e volare fuori. Si affacciò alla finestra. Il cielo era azzurro, il sole splendeva, il verde della foresta si estendeva infinita, ma quel giorno lei non notò nulla di tutto questo. Vide solamente il volto sorridente di sua madre, la sua voce che le diceva È proibito, Rapunzel, è proibito, è proibito..
Si tappò le orecchie per non sentire più quelle voci e si accucciò sotto il davanzale, stringendosi le ginocchia al petto e nascondendo il viso tra le pieghe della gonna. Perché sua madre non condivideva con lei il suo esilio eterno? Certo, doveva lavorare, era un’importante tessitrice e con il suo lavoro sfamava entrambe, ma desiderava disperatamente un’altra persona, una creatura qualsiasi con cui parlare. Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu un fiume di capelli che si riavvolgeva a spirale lungo la stanza come un serpente che fingeva di dormire per poi acchiappare la preda. I suoi capelli, che la madre amava tanto spazzolare mentre lei cantava la loro canzone. Rimase così, ferma, con gli occhi che le divennero vacui, osservando senza vedere veramente la stanza che si oscurava, assumendo una tinta grigia-blu, gli oggetti diventarono masse informi che incombevano minacciose su di lei, il vento fuori fischiava e non si sentiva altro che il suono delle civette e dei gufi. Un alone della luna entrò dalla finestra, illuminando un dipinto che Rapunzel aveva fatto su una parete della torre. Un mare di stelle, che salivano nel cielo in una scia fino alla luna bianca, con sotto delle case, un bosco e infine la sua torre. Oh, perché sua madre non era con lei? Si alzò e guardò fuori. La foresta era diventata nera, gli alberi esibivano i loro rami al vento in una sorta di danza d’omaggio, la sola cosa visibile era la collina che sottostava alla luna. Si mise a cantare senza accorgersene.
Sola in queste mura imprigionata vivo io
E per ore io sto qui a guardare
Io mi chiedo sempre che emozione mai sarà
Stare un giorno là fuori,
che darei non so
solo un giorno fuori, so che basterà
Una civetta bianca le volò davanti. Gli occhi di Rapunzel si spalancarono. Se un uccello poteva volare, poteva uscire anche lei dalla sua gabbia. Certo, i suoi capelli non avrebbero retto il suo tuffo nel vuoto, si sarebbe schiantata sul terreno erboso, ma persino questo era meglio della sua vita. Vita? Chi voleva prendere in giro? Solo così poteva scappare a madre Gothel. Emise un profondo sospiro, poi salì risoluta sul davanzale, stando china per stare nel piccolo spazio della finestra.
“Fossi in te non lo farei, dearie.”
Rapunzel si spaventò moltissimo. Non aveva mai udito altra voce se non quella di sua madre. Cercò di voltarsi, ma perse l’equilibrio e in un attimo si ritrovò fuori, avvicinandosi sempre di più al suolo, col vento che le schiaffeggiava il viso, la bocca aperta senza riuscire ad urlare. 
  
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