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Autore: Mary Grifondoro    08/07/2012    3 recensioni
"Beh, in fondo chi poteva biasimarlo? Avrebbe voluto vedere qualcun altro a dover affrontare per la sesta volta l'arrivo di un neonato!"
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Pensieri e momenti prima dopo e durante la nascita di Ginny, visti con l'occhio di Bill. Spero sia gradito, io adoro la famiglia Weasley!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Weasley, Famiglia Weasley, Ginny Weasley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'E alla fine arriva Ginny!'
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Non so come mi è uscita questa cosa super sdolcinata, ma non sono riuscirà a pensare ad altro, tenendo anche conto che avevo già scritto quasi del tutto l’ultimo capitolo. E poi il mio Bill è proprio in estasi davanti alla sua sorellina! *.* Grazie mille a chi l’ha messa tra le seguite/preferite, chi ha recensito e chi solo passa a leggere. Vi ricordo che è alfin partite la serie, ero indecisa col titolo “Una per tutti, tutti per Ginny” ma sono soddisfatta anche di “Alla fine arriva Ginny!”. A presto per l’ultimo capitolo di questa breve storiella.

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Finalmente il 1° settembre era giunto, trovando la signora Weasley affranta ed agitata per la partenza imminente del primogenito, che era invece tutto un fremito d’impazienza, non vedendo l’ora di raggiungere la scuola dei sogni di cui tanto aveva sentito parlare.
Bill si guardava nervosamente allo specchio, stirandosi la maglia con le mani, cercando di aggiustarsi i capelli, controllando nuovamente il baule. Il rito si ripeteva oramai all’infinito, Charlie aveva già abbandonato da tempo la stanza, ampiamente rintronato dal continuo peregrinare del fratello da un’anta dell’armadio alla porta, dove rispondeva agli urli assordanti della mamma con altrettanta veemenza.

Mentre il ragazzo cercava di fare mente locale delle cose richieste nella pergamena della scuola, non si accorse della porta della sua stanza che si apriva per lasciare entrare il padre, che con sguardo compiaciuto e al contempo sgomento osservava il maggiore sei suoi figli che si incamminava verso la sua vita adulta.

“Bill” la voce seppur calma di Arthur Weasley fece trasalire il giovane, profondamente immerso nelle sue elucubrazioni “c’è qualcuno che non riusciva ad aspettare che tu scendessi a salutare”.

In braccio al padre, una bambina piccolina, infiammata da una folta chioma rossa, si sbracciava animatamente, nel tentativo di protendersi verso il fratello, il quale diede subito soddisfazione ai suoi sforzi prendendosela in braccio.

“’illiam” trillò felice la bimba, che aveva finalmente raggiunto l’ambito posto “Ehi principessa, sempre impaziente? Secondo me ti stiamo viziando troppo!” Bill rise del buffo broncio della sorellina mentre il papà, sorridendo, li lasciava da soli, cosciente che loro due, più di altri, avevano bisogno di salutarsi in privato.

Bill la strinse subito a se, facendole il solletico, fino a che i gorgheggi divertiti della bambina non risuonarono in tutta la stanza. Si sedette sul letto, poggiandosi Ginny sulle ginocchia, un po’ per poterla guardare in faccia mentre cercava di dirle qualcosa, un po’ per farla comunque trotterellare, la piccola era nota per non poter mai stare ferma.

“Ehi, proviamo a fare cinque minuti i seri, ok?” ed improvvisamente i profondi occhi scuri della sua sorellina si incatenarono ai suoi, come il giorno che era nata, creando quella lunga e intensa connessione, foriera di mille emozioni e di mille parole non dette, indecifrabile per qualsiasi altro componente della famiglia.

“Lo sai che alle undici sarò a Londra con papà per prendere il treno per scuola?” la famiglia Weasley non disponeva infatti ancora di un mezzo per trasportare tutti i suoi componenti fino a King’s Cross e, non essendo possibile smaterializzarsi direttamente sul binario che accoglieva l’Espresso della scuola, non era certo consigliabile apparire in mezzo ad una stazione babbana con tutti i bambini al seguito, soprattutto con i gemelli. Pertanto, solo il papà avrebbe accompagnato Bill al binario, mentre la mamma restava a sorvegliare il resto della truppa.

A quell’affermazione gli occhi di Ginny divennero lucidi, Bill capì che aveva compreso le sue parole, era così intelligente la sua Ginny, era la più sveglia di tutti! Certo, avere tanti fratelli, e così grandi, che le davano mille stimoli in continuo, le aveva fatto sviluppare prima di chiunque altro molte facoltà.

A dieci mesi aveva già fatto i primi passi, per cercare di sfuggire ai gemelli, mentre contemporaneamente aveva iniziato a dire le prime parole, grazie a Percy che si stava già impegnando per insegnarle l’alfabeto.

Bill era molto orgoglioso che il suo nome fosse l’unico pronunciato quasi perfettamente.

Di nascosto Charlie l’aveva fatta salire sulla scopa, levitando ad una minima altezza, con Bill che faceva da guardia, scoprendo così che alla piccola volare piaceva decisamente.

Ron si premurava invece di seguirla ovunque, per evitare che cadesse per le scale o che sbattesse agli angoli, vista l’irruenza della bambina, insegnandole nel frattempo ogni cosa lui aveva appena imparato.

“No, no, non devi piangere” e con un dolce bacio sulla guancia fermò subito l’avanzare di qualsivoglia lacrima “è una cosa bella, non devi essere triste. Vado a diventare un bravo mago, abile come la mamma e il papà” ed iniziò a raccontarle tutte le cose fantastiche che avrebbe fatto, che le avrebbe mostrato, dicendo che, forse non quell’anno ma i successivi sicuro, si sarebbe comprato una scopa e con Charlie l’avrebbe fatta volare sul serio; che le avrebbe riportato alcuni dei magnifici fiori che crescevano nelle serre del castello; che avrebbe imparato ad affrontare ogni creatura così da poterla difendere sul serio, come promesso alla sorellina nelle notti in cui il vento ululava e lei si spaventava.

Gli occhi della bambina ora brillavano, non più per i lacrimoni, ma per la gioia. Ginny si incantava spesso quando il fratello maggiore le parlava, la sua calma, la sua dolcezza, avevano il potere di tranquillizzarla sempre e di farla sognare, di farla ridere e sentire protetta, di colorare un mondo bellissimo dove Ginny viveva molte avventure insieme a lui.

Bill aveva occhi solo per lei, come tutti certo, ma in modo del tutto speciale. Non l’aveva mai rimproverata, non si era mai arrabbiato con lei, non ci riusciva, ‘un cavaliere non può mai arrabbiarsi con la sua principessa’ ripeteva sempre.

E di certo anche a lui dispiaceva profondamente lasciare Ginny, gli dispiaceva non poterla vedere crescere, non poterla seguire tutti i giorni nelle sue scoperte, dover lasciare a Percy il compito di insegnarle a leggere, ai gemelli il compito di farla ridere, a Ron il compito di difenderla. Voleva poter esserci lui affianco a lei, per sempre, ma Bill non era un ragazzino sciocco e sentimentale, sapeva bene che la scuola era, come stava spiegando a lei, la strada unica per entrare a far parte da protagonista nel Mondo Magico, consapevole ed abile delle proprie potenzialità magiche.

“Tu non devi preoccuparti, tornerò a tutte le vacanze e ti manderò gufi molto spesso, la mamma ti leggerà e se vorrai rispondermi, o spedirmene tu, potrai chiederlo sempre a lei” continuò dolce, a farle capire che il distacco non sarebbe stato del tutto assoluto “E poi non voglio che mi privi dei tuoi disegni, me ne manderai spesso vero?” chiese Bill ottenendo in risposta un sorrisone sdentato dalla piccola, che adorava fare disegni coloratissimi che il fratello e Charlie collezionavano in camera, oramai tappezzata in ogni dove.

“E non devi temere, so che da oggi non saremo più bambini insieme qui dentro ma non cambierò mai nulla tra di noi” nel frattempo Bill si era alzato, e aveva iniziato a cullare la piccola “conoscerò nuovi amici, nuove persone, ma nessuno potrà mai prendere il tuo posto, non avrò mai un’altra principessa come te” la bimba oramai stava lottando con tutte le sue forze per non abbandonarsi al sonno “ti voglio bene piccola Ginny, non scordarlo mai!”.

Bill scese le scale con calma e attenzione, per non svegliare la bimba che placidamente gli si era addormentata in braccio, e restituirla al padre prima di avvicinarsi alla baraonda che lo attendeva vicino alla soglia della Tana.

Molly stava cercando di mettere in fila tutti i suoi figli, in modo che si preparassero a salutare il fratello, ma ovviamente solo Percy era in piedi fermo dove la madre gli aveva detto. I gemelli stavano cantando a squarciagola nelle orecchie di un povero Charlie, del tutto frastornato, mentre Ron del tutto distaccato dal contesto era assorto nella contemplazione, e successiva fagocitazione compulsiva, di un paio biscotti rubati dalla credenza.

“Ehi teppistelli, ascoltatemi bene” la voce calma ma chiara di Bill attirò subito l’attenzione di tutti, in fondo anche i gemelli avevano iniziato a capire che i fratelli maggiori – tranne ovviamente Percy – erano da ascoltare ogni tanto, fosse solo perché erano innegabilmente più grossi.

“Cercate di fare i bravi, state tutti diventando grandi e la mamma non può ammattirsi appresso a voi” Percy annuiva convinto al discorso “Ecco, Percy, confido su di te per portare ordine in casa, però ogni tanto devi giocare anche tu e fare il bambino” il piccolo stava già scattando per protestare “almeno un pomeriggio a settimana, non dico tanto!” e diede un’adulta stretta di mano al bambino, che oramai di considerava troppo grande per buffetti e abbracci, eccetto quelli della mamma.

“Ron, mi raccomando non ti far spaventare da tutto e cerca di non stare sempre a mangiare ok?” e scompigliando i capelli dell’ultimo maschio di casa lo salutò abbracciandolo e lanciandolo in aria.

“Voi due” i gemelli già lo guardavano con un sorriso a trentadue denti di dichiarato intento malefico “bah....dico solo, non distruggete casa, la vorrei ritrovare al mio ritorno”

“Certo, Bill, con noi... ” disse Fred “...puoi stare più che tranquillo!” proseguì George, e scoppiando a ridere insieme saltarono tra le braccia aperte del fratello.

“Charlie” il saluto con il suo gemello era già coperto di quell’aria di ufficialità degna di un’investitura solenne “innanzitutto...abbi coraggio, due anni e sarai a scuola con me!” entrambi scoppiarono a ridere e si abbracciarono “ora il maggiore di casa sei tu, quindi vedi di mettere un po’ la testa a posto” impossibile, pensò, solo guardandolo “e ricorda che in qualsiasi discussione tra voi cinque e Ginny ora l’ultima parola è la tua e se qualcuno la fa piangere” disse con tono quasi serio “Si, si, lo so Bill, lo devo sotterrare in mezzo agli gnomi del giardino in attesa che tu torni per dargli il colpo di grazia!” continuò Charlie ridendo.

“RAGAZZI!!” urlò sdegnata Molly, ma non riuscì ad arrabbiarsi più di tanto, sapeva l’attaccamento di Bill per la piccola di casa e la reciprocità della cosa, che a volte quasi la ingelosiva.

Strattonò il più grande dei suoi figli in un abbraccio spacca-ossa e quasi con le lacrime agli occhi iniziò a fargli, per la centesima volte, tutte le raccomandazioni del caso.

“Si, mamma, non ti preoccupare, davvero, e poi quest’anno la scuola inizia nella pace, da oltre un anno dopo ringraziare il grande Harry Potter no?” disse facendo l’occhiolino alla madre che lo guardava commossa.

Arthur si avvicinò alla moglie per cederle la piccola, che oramai dormiva profondamente, Bill vedendosela passare davanti non resistette a lasciarle un ultimo bacio sul capo “Ci vediamo presto piccola mia e anche tu, non cercarti nessun’altro cavaliere oltre me, neanche se dovessi incontrare il famoso Bambino Che È Sopravvissuto” sussurrò sul capo di Ginny, seguendo poi il padre fuori casa.

  
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