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Autore: aloneinthedark92    09/07/2012    3 recensioni
Salve a tutti, son nuovo e mi presento con questa raccolta di fanfiction contro la violenza sulle donne, ispirate probabilmente a fatti realmente accaduti.
Dal testo:
- Ah-ah! Ecco, prova a spiegarmi questo!
Poi mostrò in faccia il messaggio ricevuto dalla ragazza alla pizzeria
-Ti amo, non vedo l’ora che sia domani. Dal tuo Willy- Lesse la ragazza, inorridendo poco dopo. Aveva capito la gravità della situazione, e si era cacciata in un mare di guai.
-Duncan- Provò Courtney- C’è un grosso malinteso, posso spiegarti tutto!-
-Spiegarmi tutto, eh!?- Le urlò in faccia lui- Tu mi tradisci e vorresti che io accetti le tue spiegazioni! Chi è questo Willy, eh? Non importa, perché non lo rivedrai mai più!-
-Duncan, ti prego, ascoltami! Non è come sembra! Io..-
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Mentre Noah precipitava giù dall’areo, tanti pensieri gli si affollavano nella mente, dalle preghiere a tutti i santi del Paradiso che gli si aprisse quel maledetto paracadute, fino ad arrivare agli insulti verso Chris e il suo scadente reality da quattro soldi a cui aveva anche deciso di parteciparvi. Uno tra tutti attraversò ed occupò la mente dell’indiano, rendendolo triste:

- Mi dispiace, Emy, non ce l’ho fatta a vincere..-

Poi finalmente il paracadute si aprì e Noah si ritrovò a fluttuare nel cielo inglese che si andava schiarendosi grazie all’alba.

* Flashback *

Mancavano poche settimane all’inizio della terza stagione di “A tutto reality”, lo show condotto da quel sadico conduttore chiamato Chris Mclean, e alla quale lui ovviamente ne doveva far parte, essendo stato nel pulmann tratto in salvo dall’uomo. Fuori era una bella giornata, il Sole splendeva alto nel cielo dove non v’era nemmeno una nuvola. Così Noah decise che, dopo aver fatto le valigie, sarebbe andato fuori al parco a leggere il suo amato libro sulla natura. Non perse tempo: si fiondò in camera sua dove prese i bagagli, li aprì mettendoli sopra al letto ed iniziò a riporvi all’interno, con molta cura, le cose essenziali che si sarebbe portato con se durante il viaggio: due magliette di riserva nel caso quella che aveva fosse stata bruciata, fatta a pezzi o divorata dalla fame insaziabile di Owen, due paia di mutande e calzini, costume da bagno, crema solare, pantaloni e jeans e quattro libri, nel caso in cui durante le pause tra una puntata e l’altra non si annoiasse e gli venisse voglia di leggere e quindi di non ascoltare le assurde chiacchiere dei compagni. Dopodichè, sempre con cura, chiuse il bagaglio, già pronto per il reality, e lo mise sotto il letto. Poi prese il suo libro e si avviò verso la porta d’entrata, dove venne preceduto da una figura femminile che seppe riconoscere subito.

- Emy - Disse il ragazzo, sbuffando- I nostri non ti avevano messo in punizione?-

Tutti i giorni era sempre la stessa storia: lei faceva sempre qualcosa di sbagliato e i genitori la mettevano in punizione, ma lei, fregandosene, puntualmente trasgrediva al castigo uscendo di casa di nascosto. E se lui la scopriva, era costretto a coprirla mentendo ai tutori.
La ragazza si voltò, ed ora Noah poteva vederla chiaramente: era alta, magra, capelli lunghi e biondi cenere che le arrivavano fino alla vita, occhi azzurri e naso a patata. Indossava una tuta da ginnastica blu acquamarina e dei pantaloncini corti. Vedutasi scoperta, la ragazza tirò fuori un sorriso a trentadue denti e disse:

-Fratellino, che coincidenza trovarti qui! – Esclamò, fingendosi sorpresa- Non.. non dovresti essere a  leggere qualche libro sulla scienza?-

-Poche chiacchiere, signorinella- Rispose l’indiano, con fare autoritario- I nostri genitori ti hanno messo in punizione, e tu non dovresti uscire di nascosto. Non so se stavolta vorrò coprirti-

- Ma so che tu lo farai- Disse di rimando Emy- Perché vuoi taaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaanto bene alla tua cara sorellina-

Dopodichè sfoderò la sua arma segreta, temutissima dall’indiano: in pochissimi secondi assunse uno sguardo da cucciolo bastonato, alla quale Noah non riusciva quasi mai a resistere.
-Stavolta non attacca, ho preso la mia decisione!- Esclamò il fratello, irremovibile

Emy però sembrò non voler mollare, ed avvicinatasi al ragazzo esclamò ancora:

 -Ti preeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeego!-

-No, il caso è chiuso! Me ne vado!- Disse fermissimo Noah. Dopo quest’altro rifiuto, la sorella mutò ancora espressione, mettendo il broncio.

-E va bene, mi arrendo, stavolta hai vinto tu!- Dichiarò alla fine, facendo affiorare un sorriso trionfale sul volto di Noah- Vorrà dire che me ne starò in camera mia per tutto il giorno, a pensare a quello che ho fatto mentre gli altri si divertono e si godono il Sole..-

Detto questo, Emy si girò e mosse qualche passo verso camera sua. Noah nel frattempo, si vedeva combattuto: una parte di se voleva che si godesse la sua prima vittoria contro la sorella, l’altra invece diceva che non fosse giusto quello che aveva fatto, e che questo fosse lo stesso trattamento che i suoi gli riservavano quand’era piccolo. La mente dell’indiano fece un salto indietro nel tempo, tornando alla sua infelice infanzia, dove sua madre lo costringeva a stare tutto il giorno chino sui libri a studiare invece che andare fuori a giocare con i suoi amici. Noah tornò al presente, e si disse che non avrebbe permesso che sua sorella facesse la sua stessa fine.

-Emy, aspetta!- Esclamò

-C’è qualcosa che vuoi dirmi, fratellino caro?- Disse lei, girandosi e fingendosi sorpresa

-Senti- Incominciò allora l’indiano, sospirando- Dimentica tutto quello che ti ho detto prima. Se vuoi esci pure e divertiti, io.. Coprirò ancora una volta ai nostri genitori questa tua fuga-

Dopo aver detto quest’ultima frase, ad un tratto Noah sentì due braccia che gli cinsero il collo ed un peso che, dopo averlo colpito, lo buttò a terra.

-Grazie, fratellino, grazie!- Esclamò quella, al settimo cielo- Lo sapevo che in fondo in fondo non eri una cattiva persona!-

-Si.. Si,si, va bene, ora però alzati ti prego! Mi stai soffocando!- Rispose il ragazzo, cominciando a diventare rosso in volto

-Oh, si, ehm, scusa- Borbottò lei, imbarazzata. Lo aiutò ad alzarsi, e una volta che anche Noah fu in piedi, i loro sguardi si incrociarono, per poi  scoppiare in una risata. Quando si furono calmati la ragazza salutò il fratello e uscì, richiudendosi la porta d’entrata alle spalle e lasciando solo il fratello, che sospirò. Erano praticamente otto anni che succedeva questo, e vinceva sempre lei grazie a quel trucco. Mentre afferrava il suo libro, caduto per terra a pochi metri da lui dopo l’impatto, l’indiano si ritrovò a pensare a come lui ed Emy si fossero conosciuti. Lo ricordava perfettamente come se fosse ieri: dopo che lui era nato, sua madre non poteva più aver figli, ma il coniuge ne desiderava tanto un altro. Fecero appello anche alla scienza, ma non funzionò. Così decisero che al mio compleanno mi avrebbero regalato un orfano. Ovviamente quel giorno arrivò, e quando compìì sette anni mi portarono all’orfanotrofio di Toronto, dove vi era una vasta scelta. Ma a me non piacque nessuno di quei bambini. Decimo così per tornare a casa, quando una bambina di nove anni con dei bellissimi occhi azzurri attirò la mia attenzione: era triste e sola, che giocava con due barbie, una per ogni mano, ed ignorata dagli altri. La mia decisione ricadde proprio su di lei, e così, dopo aver pagato la direttrice, venne a casa con noi. Emy, questo era il suo vero nome, ci mise un po’ ad ambientarsi e prendere confidenza con me e i miei genitori, ma alla fine ci riuscì. Crescendo divenne un po’ più selvaggia e ribelle: non ascoltava più i genitori e se ne fregava delle loro regole, uscendo di nascosto come aveva appena fatto. Spesso però prendeva schiaffi da papà, ma a lei sembrava non gliene importasse granchè. Dopo questo breve salto nei ricordi, Noah ritornò alla realtà con un sussulto, e guardò l’orologio: erano già le cinque di sera, troppo tardi per andare fuori, i suoi genitori sarebbero tornati di lì a poco. Così si mise seduto comodo sul divano ed aprì il libro, immergendosi nella lettura.

Non sapeva quante ore erano passate da quando avesse iniziato a leggere, ma fuori iniziava a fare buio, il sole che, tramontando, colorava il cielo di rosa, azzurro, arancione e blu scuro, mentre in cielo appariva la prima stella. A destare dalla lettura il ragazzo fu il citofono, un suono lungo e prolungato come se fosse stato premuto con veemenza da qualcuno.

-Oh,oh!- Esclamò Noah, annusando nell’aria un forte pericolo. Senza indugiare oltre, corse alla porta d’ingresso dove premette il pulsante per l’apertura della porta. Ma non fece in tempo a scostarla che fece irruzione il padre, un uomo basso e magro, stempiato e con pochi capelli a causa delle calvizie. I suoi occhi color pece in quel momento erano pieni di furia, ed emanavano anche delle saette. Con uno sguardo più attento notò anche Emy, attaccata al padre grazie all’orecchio, tenuto saldamente dall’uomo tra l’indice ed il pollice della mano destra. La ragazza era disperata, ed i suoi occhi erano pieni di lacrime, ma non perché era dispiaciuta della fuga o intimorita dal padre, ma dal dolore della salda stretta sul suo orecchio. Tuttavia, quando i loro sguardi tornarono ad incrociarsi, quello di Emy fu come se volesse mandargli un messaggio d’aiuto, che Noah percepì immediatamente. Ma che cosa poteva fare lui contro suo padre? Se si fosse ribellato per aiutarla sarebbe finito nei guai anche lui.

-Quante volte ti dovrò dire ancora che non devi uscire di nascosto quando sei in punizione, eh?- Urlò il padre, fuori di se dalla rabbia e con gli occhi che sembravano iniettati di sangue, scuotendo l’orecchio della povera ragazza

-Lasciami, così mi fai male!- Urlò quella, tentando invano di lottare per liberarsi

-Non la passerai liscia questa volta, mia cara!- Continuò quello, ignorando la supplica della figlia- Io e te faremo un bel discorsetto in cucina, e vedrai che dopo quello ti passerà la voglia di disubbidirci, garantito!-

Dopodichè si diresse in cucina con a seguito la madre. Un tonfo di una porta che si chiudeva, dopodichè solo urla soffocate. Rimasto solo in salotto, Noah tremava come una foglia. Non aveva mai avuto così paura in tutta la sua vita: sapeva che quel “discorsetto” a cui il padre alludeva non prometteva nulla di buono, e temeva per la sorte della povera Emy, che sarebbe sicuramente stata schiaffeggiata con violenza dal padre, il quale secondo lui l’unico modo per far capire le cose perfino ai muli era dargli sberle. Se solo lui non fosse stato così codardo! Ma era inutile piangere sul latte versato, era in parte anche colpa sua quello che stava succedendo alla poveretta, non doveva permetterle di uscire. Così l’indiano si mise a fare l’unica cosa che poteva in quella circostanza: acchiappò il suo libro e si sedette sul divano, immergendosi nella lettura e cercando di ignorare, senza però riuscirci, le urla e i tonfi secchi che provenivano dalla cucina.

Un ora dopo finalmente i rumori molesti cessarono. Un preoccupato Noah alzò lo sguardo dal libro e tese l’orecchio, cercando di captare anche solo uno scricchiolio proveniente dal luogo in cui si era scatenato l’inferno, senza ottenere nulla. Quel silenzio lo inquietava, e temeva per la sorte della sorella adottiva: quel toro inferocito che era loro padre poteva benissimo averla uccisa, o peggio. Non udendo altro che un cicaleggio proveniente da fuori, il ragazzo si alzò e si avvicinò, facendo il minimo rumore, alla cucina. In corridoio, però, incontrò Emy in lacrime e col viso nascosto tra le mani che fuggiva in camera sua, richiusa pesantemente alle sue spalle. Chiedendosi cosa fosse successo, il ragazzo raggiunse a sua volta la camera della sorella, e spinse la maniglia verso il basso, dischiudendo la porta. Gemiti di pianto furono la prima cosa che raggiunsero le orecchie di Noah, e questo lo allarmò: sua sorella non aveva mai pianto per degli schiaffi ricevuti dal padre, doveva esserle successo qualcosa. Così varcò la soglia ed entrò nella camera da letto, accurandosi di richiudere piano piano la porta alle sue spalle. Una volta sicuro che ne il padre ne la madre li spiassero, proferì parola

-Emy?- La ragazza sussultò, ma fu sicuro che lo avesse riconosciuto anche se non rispondeva. Così ritentò un'altra volta

-Emy? Sono io..-

-Vattene- Rispose singhiozzando quella, ma mettendoci tutta la grinta che poteva. L’indiano però non si arrese prima di combattere, e rimase fermo dov’era

-Emy- Disse- Voglio sapere che cosa ti ha fatto per ridurti così. La ragazza che conosco io non è mai scoppiata in lacrime e non si è mai arresa di fronte agli schiaffi di un uomo-

-Stavolta è diverso- Rispose quella tra un singhiozzo e l’altro- L’Emy che conoscevi è morta stasera stessa-

Noah non potè credere a quello che aveva sentito: Davvero Emy si era arresa? Come aveva fatto quell’uomo che ancora definiva padre a far cedere in un colpo solo la grinta e l’autostima di sua figlia? Doveva esserci qualcosa che non andava, e lui sarebbe andato fino in fondo a questa faccenda. Così marciò verso il letto, ignorando le parole della sorella che lo pregava di non avvicinarsi, fece il giro del letto e finalmente potè vedere in faccia la sorella. Ma quello che vide lo lasciò sotto shock: il viso, una volta bellissimo, ora era sfregiato da buchi di media dimensioni e ustioni, lasciati probabilmente dall’acido; anche l’occhio sinistro aveva subito un triste trattamento, ora quasi deturpato dall’acido.

-No.. Dimmi che non è vero..- Disse l’indiano, tremando ed arretrando verso la finestra

-Purtroppo si- Disse Emy, triste- Papà ha saputo della mia relazione con Dave, ma lui è contrario, vuole che mi sposi solo con un indiano. Io ho tentato di oppormi, ma lui ha continuato a darmi schiaffi e tenermi segregata in casa, ma a me non mi importava e continuavo a vederlo. Oggi purtroppo è riuscito a cogliermi in flagrante con lui e mi ha punita versandomi dell’acido sulla pelle. Sono.. Sono un mostro!- Finita la spiegazione, la ragazza scoppiò in lacrime. Noah non riuscì a sopportare un minuto di più la vista della sorella in lacrime, così, raccogliendo tutta la grinta che potè, le si avvicinò e la prese per mano. Lei lo guardò sorpresa.

-Emy, ascolta- Disse il fratello, serio- Tu non sei un mostro. Se in questa casa c’è un mostro, quello è nostro padre, che ti ha fatto questo. Ed ecco cosa faremo: io vincerò quel dannato reality così con il milione di dollari pagheremo l’intervento di chirurgia plastica e ritornerai bella più di prima. Nel frattempo tu ti trasferirai dalla nonna, che vive pochi isolati da qui, e continuerai a frequentare questo Dave. E se papà avrà da ridire, digli che te l’ho detto io. Affronterò io tutte le responsabilità di questa scelta-

Le lacrime affiorarono di nuovo sul volto di Emy, ma stavolta erano di felicità.

-D-dici sul serio, Noah?- Esclamò, felice

-Mai stato più serio di così, sorellina- Disse di rimando lui.

-Grazie, ti voglio un mondo di bene fratellino!- Poi si buttò su di lui, stritolandolo in un abbraccio pieno di affetto.

I giorni che precedettero la partenza di Noah furono agitati: il padre, infatti, non era d’accordo con la decisione presa dal figlio, ed urlò, pestò i piedi e si prese a male parole con esso, rischiando l’infarto. Grazie alla parola data ed il ricordo del viso della sorella, però, il ragazzo non si smosse dalla sua posizione e vinse lo scontro finale. Così Emy si trasferì a casa della nonna, mentre il fratello iniziò il suo percorso all’interno del reality, sopportando i soprusi e i tormenti di Chris soltanto per sua sorella.

                                         THE END

Angolo Neo-Autore:

Sono tornato, ciao a tutti! Scusate per il ritardo, se c’era qualcuno che aspettava il secondo capitolo della mia raccolta contro la violenza sulle donne, ma tra feste, uscite con gli amici e giornate piene di impegni proprio non ce l’ho fatta a postare. Parlando di questo secondo capitolo, ho voluto parlare delle atroci sofferenze che le donne arabe devono soffrire, tipo essere schiaffeggiate(Ve lo giuro, a casa di mio zio qui a Piacenza c’era un marocchino che continuava a picchiare sua moglie, e la polizia non poteva fare nulla! Che cosa orribile..), oppure sfregiate dall’acido(Storia accaduta realmente, c’era una ragazza araba a cui è successo, ma non ricordo chi sia) oppure uccise come la povera Hina. Beh, anche se orribile da dire, mi sono proprio ispirato a questi casi, senza però arrivare alla morte stavolta, per la mia raccolta, solo che penso che in alcuni punti abbia fatto confusione! Un'altra cosa, non so se anche in India fanno queste cose come alle ragazze arabe, ma non avevo nessuno di “A tutto reality” che corrispondesse ai requisiti, così ho ripiegato su Noah, che abita in una regione vicina. La parte di Emy invece volevo solo specificare che lei è stata adottata, ma essendo i genitori degli indiani che sono ligi alle regole(Solo nella mia fic) ho fatto valere anche per lei le regole islamiche, del tipo non ti puoi sposare con un occidentale, ma solo con uno della tua stessa religione(?). Scusate per la confusione che ho fatto in questo secondo capitolo.
Che altro dire? Il terzo capitolo arriverà presto, ho trovato i personaggi durante la notte.
Se volete lasciatemi una recensione, anche negativa, così mi aiuta a crescere! Per chi fosse riuscito ad arrivare a leggere fino a qui questo mio incasinatissimo secondo capitolo, lo ringrazio, lo saluto, e se vorrà restare in attesa del terzo capitolo lo aspetto.
Fino ad allora, saluti e baci da
 
Aloneinthedark92  

   

  
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