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Autore: jharad17    09/07/2012    13 recensioni
Harry ha sette anni, ed è letteramente trattato come un cane dai Dursley. Sarà salvato dal mondo magico? Starà mai abbastanza bene da avere la nomea di Ragazzo Che è Sopravvissuto?
Warnings all'interno, Sevitus. Traduzione di Jillien.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Dursley, Harry Potter, Severus Piton
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry
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cap 9
Whelp capitolo IX


Di jharad17
Traduzione a cura di Jillien




“Va tutto bene?” Chiese Severus al ragazzo. Harry era così silenzioso e la sua espressione così vacua che Severus non ne era sicuro. “Vuoi chiamarmi Padre?”

“Io... Io non ho mai...” Rinunciando, Harry scrollò lievemente le spalle, poi gli lanciò uno sguardo terrorizzato. “Mi dispiace, signore!”

Preoccupato, Severus si chinò in avanti ma non accennò a toccare il ragazzo. Si stava ancora rimproverando per aver usato un tono così brusco quando aveva visto il bambino dimenarsi sotto il letto, esponendo le ferite recentemente guarite a chissà quali germi e sporcizia.

“Scrollare le spalle spalle, signore. Scrollare le spalle non è permesso.”

“Una delle regole della tua vecchia casa?”

Il ragazzo sembrava infelice, e si rifiutava di incontrare il suo sguardo. “Sì, signore.”

Severus sospirò. “Non ti colpirò per aver scrollato le spalle, ma preferirei che non lo facessi. E' segno di una mente debole. Dovresti essere in grado di fare pensieri appropriati e di dar loro voce, non di ripiegare su un modo di comunicare così primitivo.”

“Sì, signore.”

Sopprimendo un altro sospiro, Severus evitò di correggere la costante risposta di due parole. Era ovvio che il ragazzo si sentisse a disagio, e sarebbe occorso del tempo per capire che in quella casa non sarebbe stato punito come lo era stato con i suoi parenti. Non che Severus gli avrebbe lasciato tenere un comportamento irrispettoso, impertinente o vandalico. Non intendeva abbassare i suoi standard, ma con questo ragazzo... Doveva stare attento.

“Hai fame?”

“Sì, signore” iniziò a dire il ragazzo, alzò lo sguardo speranzoso. “Ma...”

“Sì? Ma cosa?”

“Ma devo davvero fare pipì.”

Era riuscito a malapena a trattenersi dal ridere, dato che non c'era nulla di divertente nel modo in cui i suo parenti avevano lasciato il bambino a se stesso. Ma lo sguardo sul suo volto era così lamentoso che Severus non potè fare a meno di soridere. Un po'. “Lascia che ti mostri la toilette. Te la senti di camminare?”

“Sì, signore!” Harry si arrampicò giù dal letto più velocemente di quando c'era salito e atterrò sulle punte dei piedi.

“Attento con quella caviglia, ora. Ho bisogno di lavorarci ancora un po' prima che guarisca completamente.” Non aveva ancora deciso se affidare a Madama Chips una procedura di guarigione tanto delicata.

Meglio che il bambino non la facesse peggiorare prima che fosse sistemata, comunque.

“Sì, signore”, disse il ragazzo, e smise di saltellare.

“Seguimi”. Severus lo accompagnò fuori dalla porta, e attraverso il corridoio, fino a un bagno ornato con rifiniture blu che circondavano infissi bianchi e che comprendeva una vasca da bagno con zampe di leone. Harry si lanciò verso il water e Severus chiuse discretamente la porta, aspettando dall'altra parte.

Sentì lo scarico dopo un lungo momento, e dopo l'acqua scorrere nel lavandino. Il pomello della porta venne girato dopo poco e un ragazzo veramente sollevato uscì fuori dalla stanza. “Grazie, signore!”

“Harry, non c'è bisogno che mi ringrazi per averti fatto usare i servizi igienici. Puoi farne uso ogni volta che vorrai.”

La speranza rinacque negli occhi del bambino, e a Severus fece male il cuore nel vedere tanta gratitudine per una cosa così misera. “Preferisci mangiare al piano di sotto o nella tua stanza?”

“La mia – mia stanza, signore?”

“Certamente, la tua stanza. Non possiamo dividerci la mia, giusto? E' di tuo gradimento?”

“La stanza, signore?”

“Sì”, rispose Severus mentre accompagnava il ragazzo di nuovo in corridoio. “O preferiresti fare qualcosa per ridecorarla? Nei limiti, ovviamente.”

“Ridecorarla? Io... Io non.” Scosso la testa e per un momento sembrò che stesse per alzare le spalle, ma si fermò a metà strada e invece disse “Non sono sicuro di cosa intenda”.

Appena entrarono nella stanza, Severus indicò le pareti. “Molti ragazzi della tua età hanno dei poster sulle pareti, di squadre di Quidditch, o giocatori, o dei loro gruppi musicali preferiti. Io ovviamente rifuggivo tali iniziative quando ero giovane ma, nel caso tu volessi farlo, potresti. Con moderazione.”

Guardò in basso verso Harry, la cui espressione era l'emblema della confusione. “Io... um... Cos'è il Quidditch, signore?”

“Uno sport ad alta aggressività e grande pericolo, giocato, per la maggior parte, da idioti arroganti che mancano del senso di auto-conservazione.” Fece una pausa e continuò meno tagliente, “ Alcune persone sembrano apprezzare questo tipo di  cose”.

“Non credo che mi piacerà, signore” disse il ragazzo, e gli lanciò uno sguardo attraverso la frangia spessa, come se stesse giudicando la sua reazione.

Severus esitò, guardandolo. Sapeva fin troppo bene quanto la sua opinione influisse sul senso della realtà del bambino, anche dopo così poco tempo dall'inizio del loro rapporto. Poteva far rivoltare questo bambino completamente contro James e qualsiasi cosa egli avesse rappresentato, qualsiasi cosa che aveva avuto di prezioso e a cui aveva tenuto. Sarebbe stato da lui farlo, e avrebbe potuto farlo bene. Ma... Ma sapeva che Lily avrebbe disapprovato e, alla fine, non stava adottando il ragazo perchè era l'unico che l'aveva amata abbastanza da farlo?

“No?” disse alla fine. “Non penso che dovresti prendere una decisione come questa finché non avrai visto una partita. Oserei dire che sarai in grado di fare una scelta più ponderata, in quel momento.”

“Sì, signore” disse il ragazzo, e Severus fu sicuro di avergli visto un accenno di sorriso sulle labbra.

Lo studiò per un altro momento, nuovamente sorpreso dalla pazienza del bambino, e anche dalla sua resistenza. Non era ancora passato un intero giorno dal momento in cui l'aveva salvato e Severus era stupito del cambiamento nella sua condotta. “Quindi, stavamo per trovare qualcosa da mangiare. Nella tua stanza o di sotto?”

Harry si strinse le braccia alla vita e non rispose per un po'. Severus notò che il ragazzo tendeva a farlo quando si sentiva particolarmente nervoso, come se si stesse proteggendo. Pensò di sapere il perché.

“Non c'è una risposta sbagliata, Harry”, disse quietamente. “Entrambe andranno bene. Dappin può facilmente portare il cibo qui come nella sala da pranzo.”

“Mi piacerebbe rimanere qui, signore. Se posso?”

“Certo che puoi. Perchè non ti sistemi sul letto? E io informerò Dappin che mangeremo qui,” Si girò mentre il ragazzo si arrampicava sull'alto letto a baldacchino, e chiamò l'elfo domestico per dargli le direttive per la loro cena. In pochi minuti entrambi avevano dei vassoi sulle ginocchia, quello di Harry a letto e quello di Severus dove sedeva, sulla poltrona vicina.

Harry aveva del brodo, altro latte, un po' di patate bollite e un po' di purea di mela, mentre Severus aveva un bicchiere di vino rosso, il manzo usato per il brodo, carote candite, patate con prezzemolo, una fetta di pane fresco con burro e delle fette di pera come dolce. Anche se il bambino si lanciò sul cibo – avrebbero dovuto lavorare sulle maniere a tavola – Severus lo vide occhieggiare il suo più sostanzioso piatto con qualcosa simile all'invidia.

Dopo un'occhiata del genere, Severus si pulì la bocca con un tovagliolo. “Domani proveremo a darti anche qualcosa di simile, va bene? Forse un po' di pane o frutta fresca? Non vorrei che stessi male, mangiando troppo e troppo presto, capisci.”

“Sì, signore”, mormorò il ragazzo, e s'interessò di nuovo al suo vassoio. Severus sentì una fitta di qualcosa che, se l'avesse provata un altro, avrebbe definito invidia. Ma non sarebbe servito a nulla far sentir male il bambino, dopo tutto il lavoro che aveva fatto per aiutarlo.

“Domani”, disse osservando il bambino ancora un momento, “qualcuno verrà per eseguire la cerimonia di adozione. Sarà interessato a incontrarti e forse vorrà parlarti. Io sarò qui” aggiunse velocemente quando il bambino alzò la testa con la paura negli occhi, “tutto il tempo”.

“Sì, signore”.

“La cerimonia non sarà lunga”, continuò Severus, “ma ad un certo punto dovremo versare un po' di sangue. Solo una puntura di spillo, nemmeno abbastanza da far male.” Il ragazzo sembrava ancora dubbioso. “Vuoi che te lo mostri? Potrei provarlo sul mio braccio, per te” si offrì.

Harry si morse il labbro e sembrò pensieroso, cercando di nuovo di indovinare la risposta giusta. Invece di aspettare che decidesse, Severus fece apparire uno spillo e mostrò a Harry il suo braccio destro. Con l'ago punse la pelle vicino al polso e ne fuoriuscì una goccia di sangue. “Vedi? Questo è tutto”. Un momento dopo fece scomparire il sangue e la piccola ferita.

Il ragazzo sembrò enormemente confortato. “E dopo...” Inghiottì. “Dopo sarò tuo figlio?”.

“Sì, Harry. Dopo sarai mio.”

Harry non dormì bene quella notte. Si muoveva e rigirava nel grande letto, e gli risultò difficile stare comodo nonostante le soffici lenzuola pulite. Era buio nella stanza e lui non amava molto il buio. Non il buio completo, almeno. Si strinse le ginocchia al petto e rimase quanto più possibile in mezzo al letto, rannicchiato in una piccola palla.

Al mattino la luce rossastra dell'alba avanzò lentamente dai piedi del letto, e Harry si alzò strofinandosi gli occhi, felice di non dover più provare a dormire. Doveva andare di nuovo in bagno e scivolò lungo il corridoio verso il bagno come se qualcuno potesse saltare fuori in qualsiasi momento. Nessuno lo fece, ma si affrettò a finire e scappò di nuovo nella sua camera, il più velocemente possibile.

Padron Piton – no, Padre – aveva detto che gli era permesso andare ovunque volesse, ma avrebbe potuto cambiare idea. Zio Vernon lo faceva spesso, e inoltre la maggior parte delle volte non lo diceva ad Harry finché non rompeva una nuova regola.

Non sicuro di cosa dovesse fare, Harry andò alla finestra per guardare fuori. La casa si trovava su uno stretto viale ciottolato, ed era addossata alla casa più vicina, anche se questa si trovava alla fine della strada. Di fronte c'era una corta recinzione in ferro battuto con un cancello nel mezzo.

Anche se non sembrava un prato, una piccola aiuola con dei fiori dall'aria malaticcia era stata sistemata piuttosto bene. Forse poteva guadagnarsi il suo mantenimento in quel modo. Padron Piton aveva detto che non doveva, ma lui sapeva che, in realtà, avrebbe dovuto. Era inutile se non lavorava. Questo era quello che loro avevano sempre detto.

Seduto leggermente sul bordo del davanzale, Harry si toccò con attenzione la gola ma la catena era sparita, proprio come tutte le altre volte che aveva controllato. Probabilmente Padron Piton gli aveva guarito il collo, come aveva fatto con il resto. Harry sapeva che avrebbe dovuto ripagarlo anche di quello. Le medicine non erano per i piccoli, inutili cagnetti che avrebbero dovuto essere affogati alla nascita, diceva sempre Zia Marge. Avrebbe dovuto essere grato di aver ricevuto anche solo "qualcosa".

Voltandosi verso la stanza decise di fare il letto, e poi si sarebbe potuto vestire. Ma non sapeva dov'erano i suoi vestiti, non li aveva visti da quando si era svegliato. Forse erano stati lavati? Forse avrebbe potuto chiedere a Dappin: lei probabilmente lo sapeva.

Ci volle un po' di tempo per rifare il letto, dato che era quasi più alto di lui, ma alla fine riuscì a mettere i cuscini in ordine e a sistemare e lisciare le trapunte. Stava per raggiungere un altro di quei panni quando la porta si aprì e Padron Piton apparve.

“Bene, sei in piedi. Hai fame?”

“Sì, signore, um, voglio dire, sì Padre.”

Il padre di Harry sorrise davvero, e l'oscurità nei suoi occhi si ammorbidì. Era vestito ancora una volta con abiti da giorno, ma nulla che Harry avesse mai visto. Indossava qualcosa di simile a una vestaglia, solo che era più lunga e pesante, di colore verde scuro con rifiniture nere ai bordi.

“Allora vieni di sotto, e Dappin ci preparerà la colazione.” Aspettò in corridoio che Harry lo seguisse e, quando raggiunse la porta, aggiunse “Avrai bisogno di vestiti per la cerimonia di oggi. Anche di vestiti in generale, ma per oggi in modo particolare.”

“Sì, Padre ma, um...”

“Cosa c'è?” chiese Padre quando mentre raggiungevano le scale.

“I vestiti sono costosi e io non...”

“Lascia che sia io a preoccuparmi dei vestiti, Harry.” Disse secco, e Harry si costrinse ad annuire.

“Sì, signore.” Harry incurvò le spalle. Aveva già fatto arrabbiare suo Padre e non avevano nemmeno fatto la cerimonia, ancora.

Il silenzio continuò per un lungo momento, prima che suo Padre parlasse di nuovo. “Lascia che ti aiuti a scendere le scale. Non dovresti camminare con quella caviglia.”

Harry guardò l'alto, dinocciolato uomo che sarebbe diventato suo padre. Era fermo con le braccia aperte, come se si aspettasse che Harry andasse da lui. Ma Harry non era davvero sicuro di cosa dovesse fare. Si morse il labbro e rimase fermo, indeciso e ancora preoccupato di ciò che suo padre avrebbe fatto ora che era arrabbiato. L'uomo fece un passo verso di lui ed Harry, senza pensarci, indietreggiò.

“Harry. Non ti farò del male. Voglio solo portarti al piano di sotto.” Questa volta la sua voce era calma, per nulla brusca e forse un po' triste. Sentendosi stupido e imbarazzato, Harry girò il volto.

“Preferiresti mangiare nella tua stanza?”

Harry annuì. “Sì, signore. Per favore.”

“Molto bene. Torna dentro e io informerò Dappin.”

“Sì, signore”, disse Harry di nuovo, e tornò alla stanza da solo.


***

NdT: Sono tornata, più leggera di un numero spropositato d'esami e con la mia Beta sempre al seguito!


  
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