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Autore: IamShe    09/07/2012    9 recensioni
Cosa succederà nel momento in cui Ran si ritroverà da sola, dopo la morte di Shinichi, ad affrontare la più grande paura della sua vita, e a salvare quella delle persone a lei care?
Cercherà di reagire o subirà impotente, aspettando che il destino si compi?
*
"Perché Shinichi non mi aveva detto niente quel giorno? Aveva inventato la scusa del caso semplice, di un cliente che lo aveva chiamato. Aveva detto che sarebbe tornato la sera, che avrei dovuto cucinargli il suo piatto preferito, che non avrebbe tardato.
Invece aveva deciso di andare ad uccidersi, senza preoccuparsi di nulla e di nessuno. Non vidi più il suo sorriso, e non ascoltai più la sua voce da quel giorno. Ritrovammo solo un corpo senza vita, senza più ricordi e senza più speranza."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Nuovo personaggio, Ran Mori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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E se io vivessi d’odio?
2. Nel segno di Shinichi

 
 
Rimango pietrificata ad osservare il foglio che tengo tra le mani. Tutto mi sembra così irreale, così strano, così inaccettabile. Stento a crederci, cercando nella mia mente un’altra possibile soluzione. Il vuoto totale si impadronisce del mio cervello, del mio corpo. Se solo potessi tornare indietro nel tempo e rimediare agli errori che ho compiuto, che ho causato, che ho inferto a Shinichi; se solo potessi farlo, tutto forse sarebbe stato più semplice.
Dopo sette anni di luce accecante, mi ritrovo a combattere col buio più profondo della mia vita.
“Ok,” afferma Heiji, sospirando appena. “Adesso che facciamo?”
Io lo guardo sconvolta, incapace a ragionare. Se solo Shinichi fosse ancora qui, ad aiutarci, a sostenerci, lui sì che saprebbe cosa fare. Lui non si faceva mai abbattere, era pronto ad affrontare ogni piccolo problema con la grinta di un leone, con la furbizia di una volpe. Io, in confronto, mi sentivo solo un piccolo agnello indifeso, un cucciolo da proteggere e coccolare. Ed anche se a volte mi dimostravo forte, sicura e determinata, pronta ad affrontare qualsiasi pericolo o ostacolo, dovevo tutto a Shinichi, che mi faceva capire che tutto era possibile, che tutto passava. Ma lui non passa, la sua morte non passa, le mie debolezze non passano.
“Dici che... vuole colpire ancora?” mi chiede ancora Heiji, cercando la mia approvazione. Annuisco distrattamente, portando il mio pensiero a Conan, che di questa storia ne è totalmente estraneo*. E se Kemerl volesse vendicarsi di tutto e di tutti? Come farei, adesso, senza Shinichi, a proteggere il mio, il nostro bambino? Come potrei mai riuscirci io?
Approfitto dell’assenza di Conan per trasportare Heiji fuori dall’ufficio, in modo che nessuno possa sentirci. Lo strattono per un po’, finché non mi fermo in un angolo dedicato ai fumatori in divisa che, per via dell’ora, è vuoto.
“Kemerl odiava me quanto odiava Shinichi. E sapeva della mia gravidanza, ricordi?” gli dico, cercando di portare la mente a sette anni fa, e captarne il più piccolo dei particolari, il più misero degli indizi.
“Sì...e mi ricordo anche la sua ultima frase...” mi suggerisce Heiji, guardandomi con aria tutt’altro che serena.
“Kudo, non è finita qui. Ti giuro che non è finita qui” recito alla perfezione quelle parole, imitandone anche la voce. Socchiudo le palpebre, lasciandomi andare ad uno sbuffo, mentre nella mia mente scorrono violente le immagini di quel giorno. I suoi occhi, la sua espressione, le sue labbra. Tutto adesso mi percuote, mi ansima, mi terrorizza. Non potevo davvero credere in quel momento che lui si sarebbe rifatto vivo, che sarebbe tornato, e che sarebbe riuscito nel suo obiettivo, quello di uccidere Shinichi. Si scatenano dentro di me una serie interminabile di emozioni, che prima d’ora, non avrei mai creduto di poter provare. Sento l’odio, la vendetta, la rabbia, la frustrazione e l’incoscienza, impadronirsi e logorarmi l’anima, scuotendola e rivitalizzandola, donandomi quel coraggio che prima mi mancava, ma che adesso esplode in me, come magma che risale in superficie.
“Sarà stato lui ad appiccare l’incendio, ad uccidere Shinichi” medita Heiji, portando lo sguardo nel vuoto. Vedo i suoi occhi divenire lucidi e rossi, le sue mani stringersi in pugni violenti, fino a colorare le nocche di bianco.
“Bastardo” lo sento mormorare, mentre cerca invano di non piangere, di trattenersi. La morte del migliore amico è stata per lui il colpo più grosso da ammortizzare, la ragione per cui i suoi occhi sembrano spenti e furtivi, il suo viso pallido e magro. Nemmeno l’amore di Kazuha è servito a qualcosa, neanche il viso angelico della figlia Sophie.
“Heiji...” lo chiamo, in modo da fargli alzare il capo, ed osservarlo. “Mi vendicherò, e salverò tutti noi. Lo giuro.”
Mio cognato mi guarda perplesso e stupito. Mi poggia una mano su un braccio, come a voler interrompere qualsiasi movimento che possa fare.
“Come? Cosa?” mi chiede incredulo, alla ricerca di una mia smentita.
“Hai sentito benissimo. Non possiamo stare qui con le mani in mano! Siamo tutti in pericolo, lo capisci?” gli urlo contro, e sento le mie vene ingrossarsi, a causa del sangue che, velocemente e violentemente, circola dentro.
“Certo che lo so. Ma come credi di poter vendicarlo? Come credi di salvarti, eh?” mi ribatte lui, nel tentativo di sviarmi da questo folle ed incredibile proposito.
“Sarà sicuramente nascosto da qualche parte, qui in città. Ha ucciso Shinichi pochi giorni dopo la sua liberazione, ciò sta a dimostrare che ha fretta, che non ha tempo” medito, tirando fuori in un soffio un ragionamento logico tanto diretto, che sembra portarmi da qualche parte, verso qualcosa. Heiji mi guarda dubbioso, si strofina il mento con le mani, incomincia a fare il detective. Penso di odiarlo quando fa così, tant’è che scosto lo sguardo verso il basso, immergendolo nelle luci abbaglianti della metropoli di Tokyo. Come potrò mai dimenticare Shinichi se continuo a vederlo ovunque? Lo vedo nelle auto, sui giornali, nel caffè, nel letto, in Heiji, in Conan, negli uffici, negli sguardi di persone sconosciute, incerte. Penso di essere ossessionata dalla sua immagine, dalla sua risata, dai suoi occhi, dalla sua bocca, dalle sue mani. Penso di non poter mai riuscire a dimenticarle. Le sue mani mi hanno esplorata, mi hanno posseduta. I suoi occhi mi hanno stregata, e ipnotizzandomi mi portavano nel più calmo degli oceani, nel più bello dei mari. Il suo sorriso risplende ancora in me, come il suo viso, del quale non riesco a dimenticare un solo particolare. Sento ancora il suo tocco delicato sulla mia pelle, i nostri corpi combaciare, le nostre labbra strofinarsi a tal punto da farsi male. Mi immergo nel suo ricordo, abbandono il mondo, il tempo e lo spazio. Credo di poterlo sentire più vicino a me, anche se per poco, anche se per un istante.
“Ran?” sento la voce di Heiji riemergere da quell’oscurità, la inseguo e torno in me, alla luce, o meglio, all’ombra. Dipende dai punti di vista, certo. Ma per me il mondo è solo un ammasso di rocce e corpi messi insieme, senza alcuna luce, senza alcuna salvezza.
“Sì?” mi affretto a rispondere, consapevole di perdermi fin troppo nei miei pensieri.
“Dicevo...” mi ripete, anche se sento queste parole per la prima volta. “Secondo me non ha fretta. Sennò già avremmo fatto tutti una brutta fine. Non so, penso che il suo obiettivo primario era Shinichi, ma poi ci è voluto andare più cauto, più preparato.”
“Siamo comunque tutti in pericolo. Bisogna agire” gli ricordo, sottolineando la gravità della situazione. Perché non riesce a capire che il futuro di mio figlio dipende da quel pazzo maniaco? Non gli permetterò di torcergli un solo capello, lo proteggerò ad ogni costo, anche della mia stessa vita. Chissà, forse Shinichi sarebbe orgogliosa di me.
“Lo so. Ti giuro che vendicare il mio migliore amico è la cosa più importante in questo momento, ma... devo farlo con accortezza, con astuzia. Devo farlo degno di lui, all’altezza del suo nome” mi confida, ma io lo interrompo, ed anche piuttosto bruscamente.
“Devi?” gli chiedo, come se fosse un’assurdità ciò che ha appena mormorato. Lui mi guarda strano, come se non capisse.
“Dobbiamo.”
Aggiungo subito dopo, socchiudendo le palpebre. Credo di non essermi mai sentita così forte, così determinata, così coraggiosa in tutta la mia vita. Il mio corpo è pervaso dall’adrenalina, dalla consapevolezza di rischiare, ma di farlo per una giusta ragione.
“Come scusa?” mi domanda lui, esterrefatto.
“Parteciperò anch’io” ribatto ancora, e rimarco il concetto, evidenziandolo.
“No” mi risponde duro, come se potesse decidere del mio, del nostro destino. “Non lo permetterò.”
“Non credo tu possa decidere per me Heiji.”
“Shinichi non me lo perdonerebbe mai se ti succedesse qualcosa... mai.”
Sorrido, abbassando il capo verso il pavimento. Sì, forse ha ragione, lui non glielo perdonerebbe, e non avrebbe mai permesso un mio coinvolgimento. Ma Shinichi non c’è, e non c’è nemmeno la persona che possa salvarmi, che si travesta da cavaliere e mi venga a prendere, portandomi lontano dai pericoli.
“Heiji...” comincio, cercando di essere più dolce possibile, anche se sento il sangue ribollire, e i nervi scattare.
“Shinichi non c’è... è morto, capisci? Morto! E se lui fosse qui, non permetterebbe nemmeno che il figlio potesse correre qualsiasi sorta di pericolo. Io devo proteggere Conan, devo farlo anche per Shinichi. Non puoi impedire ad una mamma di salvare il destino del proprio bambino... non puoi farlo, Heiji!” mi fiondo sul suo petto, e comincio a tirargli dei piccoli pugni sullo sterno, mentre le lacrime vanno a bagnare il mio viso e la sua camicia. Improvvisamente mi sento terribilmente debole, come se bastasse un soffio di vento ad uccidermi. La mano di mio cognato si poggia sulla mia schiena, in un tocco così lieve da essere impercettibile. Cerca di rasserenarmi, e probabilmente prega affinché io cambi idea. Ma non lo farò, almeno non questa volta, non ora.
“Ok, ok...” continua a sfiorarmi con la sua mano, nonostante cerchi di distanziarmi un po’. “Adesso calmati.” Le lacrime muoiono e il viso torna al suo naturale pallore, così decido di distaccarmi, e guardarlo fisso negli occhi.
“Heiji, costi quel che costi, vendicherò Shinichi e salverò Conan, lo giuro.”
“Anche io Ran, anche io.”
 
 
 
 
 
“Mamma?” mi si avvicina Conan, mettendosi a sedere su una delle sedie del nostro soggiorno. Mi guarda impaziente, mentre sono impegnata a rovistare in alcuni giornali, alla ricerca di un misero indizio che faccia scattare la lampadina nel mio cervello, e mi suggerisca dove si trovi Kemerl.
“Dimmi tesoro.”
“Ehm...” comincia, grattandosi la testa con l’indice. “Ci sono novità per il caso di papà?”
Lo guardo benevola, e sorrido leggermente. E’ dolcissimo quando fa così, un vero angelo.
“No purtroppo” rispondo sinceramente, incupendo leggermente.
“Ma non preoccuparti, vedrai che zio Heiji scoprirà tutto” gli riferisco, sentendomi un po’ meschina. Non posso però rivelargli che farò parte delle indagini, e che la mia, la nostra vita è appesa ad un filo, che sta per essere spezzato.
“Lo spero” mi confida schietto, un po’ malinconico. Ma per sua fortuna e sfortuna lo conosco bene, e so che c’è dell’altro dietro a quel viso meraviglioso, identico al padre. Metto da parte i giornali, e mi metto a sedere vicino a lui, passandogli una mano tra i capelli corvini.
“C’è dell’altro?”
“Vedi... la settimana prossima la scuola va in gita a Niigata...” strabuzzo gli occhi al suono di quel nome. Tantissimi ricordi affiorano nella mia mente, addolcendola e rattristandola.**
Mi viene da ridere a pensare che nostro figlio debba andare proprio lì, in quel posto, forse proprio su quelle spiagge. Mi perdo nella bellezza di quelle immagini, così nitide e chiare nella mia mente, così indelebili, che mi sembra di averla vissuta ieri, quella notte.
“Ah, bella Niigata...” mi lascio sfuggire involontariamente, sperando che mio figlio non ci faccia troppo caso. Illusione effimera.
“Ci sei stata?” mi domanda di getto, interessandosi, e di parecchio, all’argomento.
“Ehm...sì, con tuo padre, un po’ di tempo fa...” cerco di rimanere sul vago, ma con Conan è praticamente impossibile. Quando incomincia a fare domande non si ferma più, a meno che la sua curiosità non sia stata saziata abbastanza. Sospiro leggermente, e mi preparo alla tortura che sto per subire.
“Davvero? Davvero? E com’è? Come si sta? Cosa c’è di bello?” parte come un razzo, proprio come mi aspettavo.
“Aspetta, ti faccio vedere una cosa.” Faccio per alzarmi, e vengo seguita dal mio bambino che si precipita insieme a me dinanzi ad un mobiletto posto vicino alla parete attrezzata del salone. Ci accovacciamo insieme sul pavimento, e comincio a rovistare tra le foto, permettendo a me, e a lui, di tuffarci in un passato che adesso appare più roseo che mai. Le foto con Shinichi scorrono velocemente tra le nostre mani, nonostante Conan si fermi piuttosto a lungo su alcune, e sprofondi lo sguardo nel viso del padre, inumidendosi gli occhi. Avverto il suo dolore, la sua tristezza, tutto il suo amore, ma allo stesso tempo, so che non posso niente, e non potrò mai niente per rincuorarlo. Un giorno tutto passerà, forse l’immagine di Shinichi si sbiadirà e si perderà e la sua voce sarà solo un’eco lontano. Eppure io non voglio che questo succeda, non voglio dimenticarlo, non voglio credere che davvero lui se ne sia andato. Non posso perché, nel perdere lui, perderei anche me.
“Guarda, l’ho trovata!”esclamo all’improvviso, trovandomi, quasi furtivamente, tra le mani, la foto che stavo cercando. Ritrae me, Shinichi, Heiji, Kazuha, Sonoko e Shiho a Niigata, il pomeriggio dopo quella folle nottata. Mi concentro su quei volti spensierati e felici di ragazzi in vacanza, provando un’abissale nostalgia e un profondo desiderio di felicità e serenità. Ricordo che quel giorno, dall’euforia, sarei stata capace di toccare il cielo con un dito, così vicino, così blu. E ricordo che Shinichi, altrettanto entusiasta quanto me, mi riprese, tutta sola, nel camminare sui sassolini, un po' pensierosa. E' lo scatto di una foto istantanea, fatta senza alcun preavviso e messa in posa. E' una di quelle che adoro di più, e che adesso adorna il muro del nostro corridoio, donandogli un senso di infinita libertà.
“Com’eravate giovani!” mi dice Conan, intanto, osservando la fotografia che gli ho dato, guadagnandosi una mia occhiata stizzita.
“Vorresti dire che ora sono vecchia?” mi fingo offesa, in attesa di una sua risposta.
“No,” continua, cercando di assumere un’espressione da angioletto. “Adesso sei pure più bella.”
Assottiglio gli occhi, dandogli un piccolo spintone. E’ anche adulatore come il padre, non c’è niente da fare.
“Ma ci sono anche gli zii! Uh, zia Sonoko era più magra.”
Scoppio a ridere, annuendo leggermente. “Sì, ma non dirglielo, sennò ci uccide!”
“Zio Heiji è sempre uguale, ed anche zia Kazuha... ma... chi è questa ragazza?” mi chiede, puntando il dito sul volto della nostra amica di laboratorio.
“E’ una nostra grande amica. Si chiama Shiho Miyano, la conosci no? E’ una delle scienziate più famose al mondo” gli rivelo, guardando la sua espressione accendersi.
“Sì sì! Papà me ne aveva parlato! Ma perché non la vediamo mai?” mi domanda poi, con aria indagatrice.
“Perché si è trasferita in America. Vedi, essendo una scienziata, lì ha un laboratorio tutto suo, e può svolgere esperimenti molto più approfonditi rispetto a noi in Giappone. Però comunque qualche volta è tornata, insieme al marito e alla figlioletta... non ti ricordi?”
Lui mi fa cenno di no con il capo, arricciando le labbra. Mi sembra strano, eppure Conan ha una buona memoria, anzi, la definirei ottima. Forse è stato lo shock per la morte del padre a rintontirlo un po’, facendogli perdere i ricordi più flebili e meno importanti.
“No! Cosa vedo!” esclama improvvisamente una voce alle mie spalle, facendomi sussultare. Per fortuna ne riconosco il tono, ed anche la provenienza, e mi calmo all’istante, voltandomi scocciata verso il nostro interlocutore.
“Heiji! Mi hai fatto venire un colpo, potresti bussare quando entri?” gli rimprovero, portandomi una mano sul cuore.
“Scusami, lo so, me ne dimentico” mi dice subito, per poi fiondarsi tra noi e prendere la foto tra le mani di Conan, ed osservarla gioioso.
“No! Cioè, ti ricordi? Niigata! Guardate com’ero figo, un vero playboy!”
“Conan ha detto che sei sempre uguale” gli riferisco, ridacchiando leggermente.
“Davvero?” chiede gioioso al mio piccolo, facendolo sussultare. “Sì, hai ragione, non sono proprio cambiato.”
“Hai messo solo qualche chiletto” s’intromette nella discussione la moglie, nonché mia migliore amica, Kazuha. Arriva dalla porta d’ingresso, dal quale entrano con estrema facilità, essendo in possesso delle chiavi della villa, che io gli ho concesso dal momento in cui è morto Shinichi. In braccio ha la figlia Sophie, una dolcissima e tenera bimba di sei anni, che assomiglia in modo indescrivibile ad Heiji, sia per carnagione che per atteggiamenti.
“Io? Ma ti sei vista tu?” incominciano come sempre a battibeccare, discutendo su ogni piccola cosa.
“Certo, ed ero favolosa. C’era anche Shiho, e Sonoko dopo la sbornia” afferma ridente.
“Shinichi invece non è proprio cambiato col tempo” si sofferma su mio marito, attraversata da una vena di sottile malinconia. M’incupisco anch’io d’un tratto, e permetto ad Heiji di risollevare l’atmosfera, forse anche un po’ troppo.
“Ma come mai è uscita fuori questa foto?” mi chiede incuriosito mio cognato.
“Conan mi stava dicendo che con la scuola la settimana prossima andrà a Niigata, ed io gli ho detto che eravamo già andati” gli riferisco, portando lo sguardo sul mio bambino.
“Sì, me l’aveva detto Sophie, bene... allora, divertitevi” dice loro Heiji, per poi soffermarsi improvvisamente su mio figlio.
“Ehi ometto... cerca di stare attento alla mia bambina. E non avvicinarti alle spiagge! Siamo intesi?” lo monitora, mentre nella mia mente si fa chiaro il messaggio che gli ha voluto mandare, e il mio viso sì imporpora di rosso, di rosso fuoco.
“Alle spiagge? E perché?” domanda ingenuamente Conan, incuriosendosi.
“Si dice che su quelle spiagge succedano delle cose strane... sai il mare, la Luna, le stelle...”
“Heiji!” lo blocco improvvisamente, divenendo paonazza.
“Non ti capisco zio.”
“Tua madre sì però...”
“Non credergli tesoro, zio dice un sacco di stupidaggini!”
“Dai Heiji smettila” lo intima Kazuha, mettendosi a ridere.
“Ah, le spiagge di Niigata...”
“Io continuo a non capire.”
Mi avvicino a mio cognato, gli tiro un orecchio e lo porto vicino alle mie labbra. Gli urlo nei timpani, in modo che gli rimanga impresso ciò che gli sto dicendo.
“Heiji smettila o ti schiarisco!”
“Ok, ok... stavo solo scherzando” cerca di scusarsi, senza smettere di ridere.
“Per quanto tempo restate lì?” domanda poi alla figlia e a Conan, mettendosi a sedere insieme a Kazuha sul divano di casa.
“Una settimana” risponde prontamente mio figlio, sovrastando la voce dell’amichetta.
Conan resterà una settimana fuori da Tokyo? Strabuzzo gli occhi, e mando un’occhiata ad Heiji, che sembra avere la mia stessa idea. Mi dispiace separarmi dal mio bambino, ma, soprattutto in un momento come questo, è la soluzione più efficace e sicura.
“Bambini, andiamo a preparare una bella cena?” li incinta la mia amica, alzandosi dal salotto. Ormai sono giorni che Kazuha e Heiji cenano da noi, forse per farci compagnia, per esserci più vicini. E di questo gliene sono infinitamente grata. Non so proprio come ringraziarli, come far capire loro che ciò che fanno è tanto, è troppo. Sorrido, rendendomi conto che io e Shinichi non avremmo potuto avere amici più veri e fidati.
Prende la mano della figlia, e si volta verso Conan, in modo da afferrare anche la sua. Mio figlio però si avvicina a me, e si aggrappa ai miei pantaloni.
“Mamma io voglio rimanere qui a parlare del caso di papà, non voglio cucinare” si lamenta, come sempre ormai quando c’è in ballo il padre. Ma non posso tenerlo vicino a me, e m’invento la prima scusa che mi passa per la testa, in modo da convincerlo ad andare via.
“Veramente ci terrei che fossi proprio tu a prepararmi qualcosa, come faceva papà prima, ricordi?” cerco di persuaderlo facendo riferimento a Shinichi, la maggior parte delle volte funziona. Ed infatti vedo il suo volto illuminarsi, e annuire.
“Ok, allora ti preparerò una cena buonissima!” esclama, e si lancia in cucina, accompagnato da Kazuha e Sophie.
“Vuole fare tutto quello che faceva Shinichi eh?” mi chiede Heiji, poggiando su un tavolo i documenti relativi al caso. Incomincia ad ordinare fogli ed altri articoli di giornale, e me ne dà qualcuno in mano, in modo che io possa leggerli.
“Sì, è il suo mito, un idolo da seguire” gli rivelo, sprofondando gli occhi nella scartoffie, e scrutandone velocemente i contenuti.
“Lo era per me, figurati per un bambino di sette anni” asserisce il mio amico, un po’ intimidito. Io lo guardo sorridente e addolcita, dandogli una carezza sulla spalla.
Immergo nuovamente lo sguardo nei documenti, rileggendo velocemente i contenuti. Trattano dei tre criminali scomparsi, delle loro caratteristiche, delle loro abitudini, ma anche di dati biografici e descrittivi. Su Kemerl hanno pochissimo materiale, mentre sugli altri due riportano tantissime informazioni che, soprattutto a detective come Heiji, possono risultare di vitale importanza.
“Ash Toisuke era solito travestirsi, indossare delle maschere... mentre Juzo Nichi soffriva di cuore, aveva anche avuto una serie di principio d’infarto” ripeto ad alta voce, in modo da far sentire anche a mio cognato.
“E se lo facessimo anche noi?” gli domando, attirando la sua attenzione.
“Cosa?”
“Travestirci! Potremmo infiltrarci tra gli scagnozzi di Kemerl, e colpirlo dall’interno!” affermo entusiasta, come se avessi avuto il piano migliore al mondo.
“Non so... e poi come facciamo ad infiltrarci se non sappiamo nemmeno dov’è?” mi chiede lui perplesso, aggrottando un sopracciglio.
“Lo troviamo! Sono sicura che non è lontano da Tokyo. Ha voluto colpire prima Shinichi, ma per farlo si sarà stanziato qui... da qualche parte. Dimmi, la polizia dov’è solita controllare in questi casi?”
“Beh... a casa sua, nei luoghi che frequentava, dai suoi vicini, oppure dai suoi parenti. Se non si sono fatti progressi si estende il campo all’intera città e poi... si va a ragionamento.”
“Ovvero?”
“Si cerca di capire dove possa nascondersi, quale luogo sia più adatto ai suoi scopi. Un criminale potrebbe avere solo il bisogno di scappare oppure uccidere qualcuno, oppure crearsi una nuova identità” mi rivela Heiji, facendomi sprofondare in una serie di complicati e ingarbugliati ragionamenti. Come vorrei Shinichi fosse qui vicino a me, ad aiutarmi, a sorridere in quel modo così unico che mi faceva capire che lui sapeva già tutto.
“Se solo ci fosse Shinichi...”
“Aspetta un momento” mi dice Heiji, fiondandosi verso il televisore ed accendendolo. In pochi secondi lo schermo dà vita ai suoi colori, che prendono forme ben definite, e si cristallizzano in programmi digitali. Mio cognato afferra il telecomando e comincia a fare zapping, soffermandosi poi sul tg nazionale.
“Cosa vai cercando?” gli chiedo, avvicinandomi a lui.
 -Passiamo all’ultimissima. Pare che uno dei tre criminali ricercati, Ash Toisuke, in seguito allo scoppio all’incendio del carcere di Tottori sia tornato volontariamente dalle forze armate, dopo essere scappato insieme ai due complici Toichi Kemerl e Juzo Nichi - afferma con sicurezza la signorina in sovraimpressione, leggendo le notizie stampatole dalla direzione. Rivolgo il mio sguardo ad Heiji, e lo vedo annuire ancor prima che io riesca a parlare.
“Avevo sentito la notizia in centrale, ma non ci avevo fatto troppo caso” mi dice Heiji, cercando di scusarsi per la disattenzione che aveva mostrato.
“Non preoccuparti. Abbiamo un grosso jolly in mano adesso, lo sfruttiamo?”
“Perché no. Andiamo a fare due chiacchiere con questo Ash Toisuke.”
 
 
 
 
Arriviamo alla centrale dopo aver cenato insieme a Kazuha e ai bambini, ed aver fatto fatiche incredibili per metterli a letto. Conan, soprattutto, era restio a lasciarci andare e mettersi a dormire, così ho dovuto rimanere per un po’ vicino a lui, fin quando non è caduto sfinito sul suo lettone, tra le mie braccia e un orsacchiotto che gli ha regalato il padre.
Dopo avergli dato un bacio sulla guancia, l’ho lasciato dormire nella sua stanza, sotto le cure amorevoli di Kazuha, a cui ho chiesto gentilmente di badare al mio bambino. Speriamo almeno che tutti questi sacrifici portino a qualcosa, speriamo di intraprendere una buona strada, e di ottenere più indizi possibili riguardo a quel lurido di Kemerl.
Io ed Heiji ci fiondiamo all’interno del dipartimento, accelerando il passo lungo il tragitto. Dopo aver salutato una serie di colleghi, mio cognato viene portato nella stanza dove si trova Toisuke, e dove sta avendo luogo un interrogatorio.
“Voglio entrare anch’io” sussurro all’orecchio del mio amico, cercando di non farmi sentire dagli altri poliziotti. In centrale hanno tutti un’aria cupa e imbronciata, e noto la maggior parte di loro mi fissa in modo strano e scettico. Lascio perdere i loro pregiudizi e mi volto verso il mio amico che, a pochi passi da me, si sta intrattenendo con alcune persone.
Heiji mi annuisce, e dopo aver discusso un po’ con i suoi colleghi, ottiene l’autorizzazione per far entrare anche me.
Apro la porta della stanza, seguendo i passi di mio cognato, e mi ritrovo di fronte a due poliziotti e ad un uomo seduto dinanzi ad un tavolo, ammanettato e visibilmente sciupato.
“Piacere di conoscerti, mi chiamo Heiji Hattori e sono...”
“So come ti chiami e so chi sei, sorvoliamo le presentazioni” ribatte deciso il pregiudicato, facendo arricciare il naso di Heiji.
“Che onore. E come mai?”
“Sei l’amico di Kudo, giusto? Ti ho riconosciuto subito.”
“Sembri conoscere anche Shinichi” replica Heiji, mentre io vado a poggiarmi ad uno dei muri della stanza, su consiglio di uno dei poliziotti.
“Certo, l’ho incontrato anche.”
Sbarro gli occhi, e con me sono certa l’abbia fatto anche Heiji. Come e quando ha incontrato Shinichi? Era nella prigione di Tottori, non avrebbe dovuto avere a che fare con mio marito.
Aspetto che sia il mio amico a rispondere, e a cercare di cavarne più informazioni possibili.
Eppure, quest’uomo sembra sapere fin troppo sulla vicenda.
“Quando lo avresti incontrato?” domanda incerto mio cognato, inarcando un sopracciglio.
“Poco prima che morisse. Ero insieme a Kemerl e a Nichi.”
“Cosa?!” sbottiamo insieme io ed Heiji, facendo spaventare i due agenti nella stanza.
“Hai incontrato Shinichi mentre eri con Kemerl?” cerca di chiarire, e vedo l’uomo annuire e ripetere convinto ciò che aveva appena affermato.
“Sì. Ci trovavamo vicino al magazzino dove è scoppiato in aria. Non chiedetemi cosa è successo, ho preferito andarmene.”
Continuo a sentire, e continuo a credere che tutto sia così irreale, così strano. Come faceva Shinichi a sapere dove erano questi criminali? E perché li ha seguiti all’interno di quel magazzino? Un uomo di cui conosco a malapena il nome è stato uno degli ultimi a vedere mio marito ancora in vita, e non mi va giù. Non mi va per niente giù.
“Te ne sei andato? E gli altri due, non hanno fatto obiezioni? E Shinichi?” continua a chiedere Heiji, alzandosi dalla sedia e poggiando i palmi sul tavolo.
“Sono fuggito. Non so cosa avevano intenzione di fare, ma non mi piaceva per niente.”
“Perché?”
“Quel Kemerl, era strano, sembrava pazzo. Quando è apparso Kudo non ci ha visto più, chiedeva di lasciarli soli... perché avevano un conto in sospeso, o una cosa del genere. Nichi li ha seguiti, ma io mi sono dileguato.”
“E poi?!” lo scuote con violenza Heiji, guadagnandosi una sua occhiata maligna.
“E poi niente. So solo che entrambi, Kemerl e Nichi, volevano vendicarsi di Kudo, e con lo scoppio del magazzino ci sono riusciti.”
“Ok, basta” decide di interrompere l’interrogatorio Heiji, mentre io avrei ancora mille e più domande da porre a quell’uomo. Vedo mio cognato uscire dalla sala, e fare segno a me di seguirlo. In pochi passi ci ritroviamo nei corridoi della centrale, e per alcuni minuti restiamo in silenzio, camminando l’uno affianco all’altro.
“Chi è questo Nichi adesso? Perché voleva vendicarsi?” ragiona ad alta voce il mio amico, strofinandosi il mento pensieroso.
Mi soffermo per un po’ a guardarlo, rendendomi conto che assomiglia davvero al mio Shinichi.
Immergo lo sguardo nel vuoto, e sospiro, afflitta.
Perché Shinichi non mi aveva detto niente quel giorno? Aveva inventato la scusa del caso semplice, di un cliente che lo aveva chiamato. Aveva detto che sarebbe tornato la sera, che avrei dovuto cucinargli il suo piatto preferito, che non avrebbe tardato.
Invece aveva deciso di andare ad uccidersi, senza preoccuparsi di nulla e di nessuno.
Non vidi più il suo sorriso, e non ascoltai più la sua voce da quel giorno. Ritrovammo solo un corpo senza vita, senza più ricordi, senza più speranza.
Perché non sei tornato a casa? Perché amore mio?

 
 
 
 

 
*Conan è estraneo alla vicenda poiché è nato dopo tutti gli eventi.
**A Niigata, Shinichi e Ran fecero pace definitivamente e concepirono il piccolo Conan, proprio su una delle spiagge che rimembra Heiji.

 



Ma buonasera! Sono tornata!
Scusatemi se vi ho fatto aspettare un po’ ma questi giorni sono stati un vero inferno per me.
Ho iniziato con la tosse, ma poi mi sono ritrovata con l’influenza in piena estate, e con anche un po’ di bronchite!
Per fortuna adesso è quasi tutto passato, ma ancora non posso godermi come si deve le giornate afose ç______ç
Ok, la finisco di lamentarmi.
Allora! Nuovo capitolozzo, stiamo incominciando a scoprire qualcosa in più, ma nella trama vera e propria dobbiamo ancora entrarci! ;)
Va beh, come sempre, fatemi sapere come vi pare.
Volevo ringraziare coloro che hanno recensito lo scorso capitolo: LunaRebirth_, mangakagirl, Kaori_, aoko_90, AliHolmes, Delia23 e ShellingFord!
Arigatou!
E ringrazio anche AliHolmes, ChibiRoby, ciachan, Kaori_, LunaRebirth_ e ShellingFord per averla inserita tra le seguite, e ShellingFord per averla anche tra le preferite!
Grazie grazie mille!!!
Un bacione, alla prossima!
Tonia
   
 
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