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Autore: Sigyn    10/07/2012    2 recensioni
Un mondo immaginario dalla geografia oscura e misteriosa pieno di eroi vanagloriosi, giovani Signori Oscuri pieni di problemi famigliari, Mary Sue inette, cameriere straniere sottopagate e tutto ciò che può capitare di voler scrivere dopo aver passato troppo tempo a lurkare su TV Tropes.
Ah, e ovviamente "They All Meet in a Inn".
Genere: Comico, Introspettivo, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Uno: La Cameriera

 
 

Gernann Rog Grothing era una donna troll, ma non per questo una selvaggia.

Al momento, infatti, era soprattutto una cameriera, pagata male e trattata peggio. Il Proprietario non poteva permettersi una flessuosa ninfa dal sorriso ammiccante e gli abiti – nell’eccezionale caso in cui avesse deciso di indossarli – leggeri e provocanti, lei non poteva permettersi di rimanere senza un qualunque tipo di stipendio: non era necessario che si piacessero, ed effettivamente dovevano sopprimere ogni giorno l’istinto di uccidersi l’un l’altro. In realtà, Gernann aveva già quasi ceduto una volta, ritrovandosi in mano un coltello piuttosto affilato e di fronte un Proprietario che ignaro le voltava la schiena. Poi aveva realizzato che non sarebbe stato molto furbo uccidere il proprio capo il primo giorno di lavoro.

Già, il lavoro: il motivo che l’aveva spinta a partire per quella città così vasta e al medesimo tempo così soffocante, così piena di umani e di caos. Lei veniva dalle montagne del Nord, con le loro cime aspre e solitarie e le loro piccole valli isolate e verdeggianti, e, se avesse potuto, ci sarebbe volentieri rimasta: quello era il posto giusto per un troll, tra le alte sorgenti d’acqua cristallina e le grandi caverne che si aprivano come ferite nella roccia.

I veri troll erano diversi dagli stereotipi delle barzellette umane. Avevano una cultura vecchia di secoli, una religione, una scrittura, organizzazioni che permettevano la cooperazione tra i vari villaggi e un Capo Comune e dei consiglieri eletti ogni anno tra i saggi delle comunità dell’intera zona.

Poi, un giorno, qualcuno si era accorto che qualcun altro comprava i voti in cambio di favori e che qualcun altro ancora appena eletto proveniva da un villaggio da cui non proprio casualmente erano venuti quasi tutti i Capi Comuni dell’ultimo decennio. Un altro, poi, aveva rifiutato di dimettersi, e, allora, un altro ancora aveva organizzato una guerra civile su piccola scala. Come gran finale, alcune masnade di elfi nomadi avevano deciso che quello era il momento perfetto per intromettersi e razziare le loro terre senza essere fermati da gente non completamente focalizzata sul conflitto in corso.

E Gernann si era ritrovata in un luogo in cui la sua cultura era barbarie, la sua scrittura erano scarabocchi e la sua religione idiozie su falsi dei. E riguardo all’organizzazione politica, guai ad insinuare che un saggio armato di anni di esperienza e buon senso potesse fare meglio di qualche signorotto dall’eredità ricca e la vita facile.

Nemmeno la sua pelle coriacea e grigiastra, dalle sfumature verde cupo, aveva mai fatto effetto sul Proprietario o su chiunque altro. Non che Gernann si aspettasse di più. In fondo, anche al Nord non era mai stata considerata una bellezza: non era mai stata abbastanza alta, o abbastanza massiccia, e i suoi lineamenti erano troppo poco severi e marcati. Almeno la sua pelle, però, aveva ricevuto qualche complimento, quando abitava ancora nel suo villaggio: dura come pietra! usava dire con orgoglio sua madre al malcapitato del giorno, che l’arzilla donna puntualmente – ed invariabilmente – definiva un così buon partito, tesoro, un troll da sposare.

Gernann non rimpiangeva spesso la sua terra, comunque: era una donna troppo pratica per concederselo. Andava avanti con la consapevolezza di dover fare un buon lavoro e di non dover uccidere il capo, e con la certezza che quello era molto più di quanto tanti altri immigrati avevano. E allora serviva i clienti, ribatteva alle battute del Proprietario con sguardi duri e frecciate sprezzanti ma abbastanza sottili perché lui non perdesse il controllo e la licenziasse e passava le sue giornate di lavoro sola e taciturna, concentrata su ciò che faceva ed estranea e indifferente alle eccentricità della clientela abituale del Paletto D’Argento. Aveva imparato subito che era meglio non fare troppe domande, senza alcun bisogno che l’esperienza né tanto meno il Proprietario glielo insegnassero.

Quella ragazza, però, non pareva essere della stessa opinione.

- Ed è vero che la tua pelle è fatta di marmo? E che i tuoi capelli sono licheni? E che mangi carne umana cruda? – continuò, infatti, i grandi blu brillanti sotto le lunghe ciglia bionde.

Gernann si toccò istintivamente i capelli – corti, lisci e scuri: non esattamente facili da confondere con erbe montane, insomma – e le lanciò una lunga occhiata d’avvertimento.

Era bassa perfino per la media umana, minuta, con un viso ovale e allegro, incorniciato da ricciuti capelli dorati, in cui spiccavano una piccola bocca dalle labbra rosse e carnose e un naso un po’ troppo lungo. Aveva una pelle molto chiara e tempestata di lentiggini, ma il suo pallore non si avvicinava nemmeno lontanamente a quello di certi elfi o ninfe. Umana, decisamente. E molto carina, per quanto Gernann sapeva sugli standard di quella razza.

Carina quanto sciocca, pensò la troll mentre la giovane la fissava incantata, facendole decine di domande con quella sua vocina acuta ed eccitata. Gernann poteva quasi già sentire le urla del Proprietario che le ordinava di smettere di perdere tempo e tornare a servire gli altri clienti.
Quel pensiero fu abbastanza per farle venire il mal di testa.


- Sì, mangio carne umana. Specialmente ragazzine -. Una donna troll sottopagata, vagamente asociale, bombardata di domande impertinenti e con il mal di testa non è generalmente l’essere più cordiale di tutta la Regione Occidentale ... o di una Regione qualsiasi. L’umana spalancò ancora di più gli occhi, ammutolendo improvvisamente.

Gernann si chiese se l’alzare gli occhi al cielo e l’invocare la benedizione di una o due divinità troll sarebbe stato un indizio sufficiente per farle capire che stava scherzando. Alla fine preferì non rischiare e represse quell’impulso.

- Ora, per favore, potresti dirmi cosa prendi? – domandò invece, sforzandosi di usare un tono gentile e un’espressione distaccata. Non dovette riuscirle molto bene, perché la ragazza sembrò improvvisamente a disagio.

- Oh – disse, sorridendo nervosamente e rigirandosi tra le dita una ciocca di capelli biondi. – Oh? – le fece eco Gernann, impaziente, inarcando un sopracciglio.

- Ehm ... – riprese l’altra, arrossendo. Fu in quel preciso istante che la troll capì che il resto della frase – se mai l’umana fosse riuscita a completarla – non le sarebbe piaciuto.

- In realtà, non bevo, sono venuta qui solo per farti qualche domanda ... non ho mai visto un vero troll ed ero curiosa, e ... – mugugnò la cliente, fissando insistentemente il tavolo davanti a lei. Gernann non ascoltò nemmeno la sua lunga lista borbottata di giustificazioni e scuse: era troppo occupata a tentare di distrarsi dall’improvviso desiderio di scoprire se il collo della ragazza era così fragile come sembrava.

Fu solo quando le urla del Proprietario arrivarono davvero e il suo mal di testa si intensificò ancora di più, però, che la cameriera comprese quanto le mancassero veramente le montagne del Nord.

 

 

 

 

  
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