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Autore: Elpis    10/07/2012    5 recensioni
Nella saga di Twilight si intrecciano molteplici vite e storie d’amore. Ma mentre alcune coppie vengono descritte fin nel più minuto dettaglio, altre vengono lasciate in ombra e dei loro destini si sa poco o nulla. Riuscirà Nessie a stare con il suo Jake una volta cresciuta e scoperta la verità sulla loro storia d’amore? E Leah Clearwater troverà un compagno o continuerà a rimpiangere per sempre l’amore perduto di Sam? Ma pensiamo anche ai Volturi: qual è la verità sulla strana apatia che colpisce Marcus? Che tipo di legame può aver spinto Victoria a creare addirittura un esercito per vendicare la morte dell’amato?
Questi ed altri ancora sono i personaggi su cui la mia ff vuole fare un po’ di luce.
Primo Capitolo: “Touched by you skin” Jacob/Renesmee
Secondo Capitolo: “Touched by the sadness” Marcus/Dydime
Terzo Capitolo: "Touched by the moon” Leah/ Nuovo Personaggio
Quarto Capitolo: “Touched by the future” Alice/Jasper
Quinto Capitolo: “Touched by your the stars” Emily/Sam
Sesto Capitolo: “Touched by your sprint” Victoria/James
Settimo Capitolo: “Touched by your silence” Seth/Angela.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Touched by your sprint
                                                                                                 Victoria/James  

 

 

 

 

 

 

 

 

Tese al massimo i muscoli possenti delle cosce, pronta a spiccare il balzo.
Stava per saltare sul tetto del palazzo di fronte, ma l'istinto le consigliò di deviare all'ultimo. Sgusciò in una palazzina laterale, lasciandosi scivolare lungo la parete con la grazia di un gatto. Il vicolo era sudicio, l'odore di rifiuti e urina giunse amplificato ai suoi sensi ipersviluppati. Socchiuse gli occhi con una smorfia di raccapriccio, isolando tutto quello che la circondava e recuperando la concentrazione. Quando li riaprì sapeva esattamente dove andare.
Appoggiò i palmi delle mani al muro bianco e lo risalì senza sforzo apparente. Corse per mezz'ora, l'aria notturna che le solleticava i ricci rossastri e li gonfiava come un manto intorno alla sua figura sottile.
Avrebbe potuto proseguire per ore, ma il suo sesto senso le disse che non ce ne era bisogno.
Per quella notte lui non l'avrebbe trovata.
Victoria si sporse dal bordo del cornicione, osservando Los Angeles dal tetto del grattacielo. La città era un turbine di macchine che sfrecciavano a velocità elevata e di insegne che brillavano intermittenti, simili a tante lucciole. Si sedette, lasciando penzolare una gamba dal bordo.
Non si era mai fermata troppo a lungo in uno stesso luogo: era una nomade, perennemente in fuga, senza legami o radici ingombranti. Quella condizione non le pesava: non aveva niente per cui valesse la pena di trattenersi e scappare per lei era facile come respirare. Alcuni vampiri che aveva incontrato le avevano detto che si trattava del suo “potere”, ma Victoria non aveva prestato loro più di tanta attenzione. Da che aveva memoria, era sempre fuggita dagli uomini. Adesso che era una vampira era semplicemente diventato più facile.
Reclinò la testa all'indietro, osservando il cielo. Un normale essere umano probabilmente lo avrebbe trovato scialbo con quelle nuvole grigie che impedivano di vedere le stelle.
Lo sguardo di Victoria le perforò, smarrendosi in quel blu ipnotico. Non aveva mai avuto bisogno di un posto fisso dove stare, ma se avesse dovuto sceglierne uno, sarebbe stato L.A.

 

 

 

When you try your best,
but you don't succeed...

 

 

C'era un volta...
Con il vento che le solleticava la pelle, Victoria si immerse nel passato, ricordando la bambina che era stata un tempo. Se avesse dovuto utilizzare una parola per descrivere la sua esistenza da essere umano non avrebbe esitato a scegliere: fallimento. Per quanto avesse provato a fare del suo meglio, non era mai servito a nulla.
La sua vita era stato quanto di più dissimile dalle favole si potesse immaginare. Sua madre era una prostituta, suo padre il magnaccia che la riempiva di botte se solo si permetteva di tornare a casa senza quella manciata di soldi che lui sperperava tutti in alcol e droga.
L'unica cosa bella che ricordava della sua infanzia era sua sorella, Anne. Il suo volto paffuto era ormai una macchia confusa che i secoli contribuivano a scolorire, ma se chiudeva gli occhi e si concentrava riusciva ancora a sentire il suono fresco della sua risata.
Lei aveva il potere di trasformare lo squallore che le circondava in un gioco affascinante. Ogni volta che il padre tornava a casa ubriaco e picchiava loro madre, Anne la trascinava in giardino e le diceva di chiudere gli occhi. Allora iniziava a raccontare.
Narrava la storia di due principesse che erano state rapite da una strega cattiva e costrette a vivere nella casa di un orco. Le principesse dovevano sopportare mille angherie ma c'era sempre il lieto fine in attesa, una speranza confortevole come una coperta calda.
Aveva una fantasia fervida, Anne, e la capacità di incantarla con le parole che usava. Quando le raccontava quelle storie, Victoria tratteneva persino il respiro per timore di rompere l'incanto. In quei momenti magici spariva tutto: i crampi per la fame, il freddo per i pochi cenci che coprivano il suo corpo ossuto, il bruciore per i lividi.
Crescendo avevano provato a realizzare i loro sogni. Avevano tentato insieme di riemergere dalla mediocrità della loro esistenza e diventare delle persone oneste. Senza un'educazione o una buona famiglia a coprir loro le spalle, era stato difficile. Londra era una città impietosa e i suoi abitanti erano più disposti a darti un calcio che a tenderti la mano per risalire. Ma non si erano date per vinte e alla fine avevano ottenuto un lavoro come sguattere.
Un sorriso triste arricciò le labbra di Victoria. Dopo tutti gli anni che erano trascorsi, ancora ricordava il senso di euforia che l'aveva pervasa in quel momento. Avrebbe dovuto immaginare che non poteva essere così facile.
Il loro padrone le picchiava. Le picchiava talmente forte che un giorno fece saltare un dente ad Anne. Fu lei a prendere la decisione di andarsene, di rinunciare alla pretesa di essere “buone” in un mondo che evidentemente aveva altri piani in mente per loro.
Iniziarono a prostituirsi, esattamente come faceva loro madre. Gli uomini che la notte venivano a cercare i suoi favori erano vecchi, grassi, privi della minima delicatezza. La usavano come un oggetto e nel ricordare i grugniti che emettevano quando entravano nel suo corpo, Victoria sfoderò istintivamente i denti. Li odiava.
Come trascinata in una voragine la sua mente si soffermò sui ricordi sfuocati della sua prima volta.
Era stata quella sera, all'età di quindici anni, che aveva capito.
Era successo quando uno sconosciuto si era comprato la sua verginità per un pugno di sterline. Tremava così tanto mentre quello le strappava i vestiti di dosso che si chiedeva come faceva a tenerla ferma. Aveva le palpebre serrate e non aveva mai desiderato come in quel momento che Anne le stringesse la mano e le raccontasse una fiaba per aiutarla a fuggire da quella realtà. Ma sua sorella non c'era e lei aveva provato a raccontarsela da sola una storia.
C'era una volta...
Il rumore della stoffa che si lacerava mentre l'uomo le denudava il seno e lo strizzava come se fosse un giocattolo. Aveva soffocato il gemito di dolore, stringendo le palpebre più forte.
due principesse rapite da una strega cattiva...
Le aveva sollevato la gonna, mormorando un commento rozzo di apprezzamento. Lo aveva sentito armeggiare con la patta dei pantaloni e non era riuscita a trattenere un singulto.
...costrette ad abitare nella casa di un orco.
Le aveva divaricato le gambe con forza, gravandole addosso con il suo peso. Il suo fiato a pochi centimetri dalla bocca sapeva di rancido e di birra.
Le principesse doveva sopportare mille angherie ma alla fine...
Lo aveva sentito ansimare pesantemente mentre la penetrava con prepotenza. Il bruciore in mezzo alle gambe era stato insopportabile. Talmente forte da distoglierla da ogni altro pensiero.
Mentre le lacrime le colavano sul viso, Victoria aveva intuito che il suo “c'era una volta” era morto per sempre. Non ci sarebbe stato nessun lieto fine per lei.
Tornò a guardare verso il basso, osservando la fiumana di gente che percorreva le vie nonostante l'orda tarda. Presto avrebbe avuto bisogno di nutrirsi. Un sorriso ferino le arricciò le labbra rosse come ciliegie, mentre gli occhi scandagliavano i presenti alla ricerca di una possibile preda.
Uccidere le piaceva, il fiotto di sangue caldo che le invadeva la gola era pura delizia per i suoi sensi. Le urla che risuonavano nell'aria e sfumavano poco a poco mentre la sua vittima perdeva le forze. Il modo in cui turbinava le mani, quasi cercasse di aggrapparsi a qualcosa di invisibile. E gli occhi. Quella era la parte che preferiva: osservare le iridi sgranate dal terrore degli umani, quelle iridi lucide per la voglia di combattere che non li abbandonava che alla fine, quando i loro sguardi diventavano quasi languidi per il torpore della morte.
Osservò un ragazzo tutto incappucciato svoltare l'angolo e per un attimo fu tentata di scendere dal tetto e nutrirsi. Le sue prede erano sempre uomini e lei non aveva bisogno di chiedersi il motivo.
Gli uomini le avevano strappato tutto quello che di bello e puro c'era nella sua vita.
E lei in cambio si sarebbe presa la loro.

 

 Quando infine se la trovò davanti, la prima cosa che gli venne da pensare fu che aveva dei capelli bellissimi. Rossi, come se una vampata di fuoco la avvolgesse tutta.
« Allora? » gli chiese lei e la sua voce sembrava tremare di rabbia « Si può sapere che cosa vuoi da me? »
James sorrise, ignorando volutamente la domanda.
« Finalmente ti ho raggiunta... » mormorò con tono trionfante.
Le labbra della rossa si incurvarono in una smorfia di palese disprezzo.
« Solo perché l'ho voluto io » specificò come per sfidarlo a dire il contrario.
James digrignò i denti per la stizza.
Era quasi un mese che la rincorreva di città in città, arrivando ogni volta con un attimo di ritardo. Lei riusciva sempre a sfuggirgli per una manciata di secondi e lui lo trovava incredibilmente irritante.
Fin da quando aveva memoria la sua più grande passione era stata la caccia. Quando era umano le sue prede erano gli animali più feroci e scaltri, adesso che era un vampiro le sue prede erano gli uomini. Per James era tutto semplice e lineare, non c'era spazio per rimorsi o recriminazioni: la natura aveva voluto che ricoprisse quel ruolo e non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo. Tuttavia fino a quel momento non aveva mai dato la caccia a un proprio simile.
E aveva scoperto che inseguire quella vampira altera era tremendamente eccitante.
« Che cosa vorresti dire? »
La rossa spostò i capelli con un gesto deciso della mano.
« Non crederai davvero di avermi messo alle strette? Se mi trovo qui è per mia volontà: sono stanca di questo giochetto e voglio sapere perché mi stai seguendo ».
Aveva parlato con un tono secco ed autoritario. James ebbe difficoltà a nascondere il sorriso che gli era spontaneamente affiorato alle labbra. Ogni occasione di trovare una sfida era per lui il massimo della libidine e non si poteva negare che quella vampira avesse un carattere combattivo, nonché un'esasperante bravura nello sfuggirgli dalle grinfie.
« Rispondimi! » gli sibilò lei, fissandolo come se potesse incenerirlo con lo sguardo « Sono stati loro a mandarti? » (1)
James inarcò le sopracciglia.
In realtà l'inseguimento era nato per gioco. L'aveva vista uscire da una bettola affollata e si era accorto subito che lei era una delle sua specie. Avrebbe voluto fermarla – più per fare conversazione e chiederle qualche informazione sulla città che altro – ma quando era uscito a sua volta aveva trovato la strada deserta. Aveva fatto appena in tempo a intravedere una ciocca rossa che spariva dietro l'angolo. Da lì era iniziato tutto. I suoi piedi erano corsi dietro alla sconosciuta, quasi animati di propria volontà. Lei era fuggita e non era servito altro per risvegliare il suo istinto di cacciatore.
« Non so di che cosa tu stia parlando » ammise candidamente.
La vampira lo fissò, come soppesando le sue parole.
Si trovavano sul tetto di un grattacielo e il sole morente alle sue spalle, le accendeva i capelli di mille riflessi. Sembrava adirata: le labbra contratte in una smorfia tirata, le mani chiuse a pugno, tutto il corpo in tensione. Non servivano i suoi sensi sovrannaturali per capire che se solo si fosse distratto un attimo, lei probabilmente lo avrebbe colpito.
« Bene e allora si può sapere perché sei qui? » gli ringhiò contro « Che cosa vuoi? »
Le lanciò un ultimo sguardo, mentre il sole si liquefaceva all'orizzonte.
« Te. È te che voglio ».
Quelle parole gli erano fuggite con naturalezza dalle labbra ma non se ne pentì. Per tutta la sua eternità da non-morto si era basato sull'istinto e quello adesso gli suggeriva che avrebbe dovuto rendere sua quella valchiria dalla chioma di fuoco.
Lei aveva spalancato la bocca, fissandolo come se avesse perso la capacità di parola. Si riprese con un sussulto e le sue labbra si tesero in una linea sottile mentre mormorava con disprezzo:
« Mai
Fece il gesto di buttarsi giù dal tetto, ma James fu più rapido. In un istante fu al suo fianco, pronto a trattenerla. Non sarebbe riuscita a sfuggirgli di nuovo. Non da quella esigua distanza, almeno.
La rossa snudò i denti ed iniziò a dimenarsi con una ferocia che la rendeva in tutto e per tutto simile a una fiera.
« Smettila! Voglio solo parlare » le urlò mentre le immobilizzava i polsi.
Lei lo fissò e nelle sue iridi color vinaccia lesse quella che sembrava autentica paura. Dal momento esatto in cui le sue mani la avevano sfiorata, la vampira era diventata un fascio di nervi e pareva aver spento ogni traccia di razionalità.
« Ehi! Non ti sto ingannando, non uccido quelli della mia specie se non c'è un valido motivo » affermò scrollandola appena.
« Non è della morte che ho paura » sputò fuori lei con odio.
Tuttavia sembrò calmarsi almeno un po' e rimase immobile fra le sue braccia. Un sorriso di sollievo si formò sulle labbra di James.
« Di' un po': sei così aggressiva con tutti i vampiri che incontri o sono l'eccezione che conferma la regola? »
La rossa parve un po' spiazzata da quella domanda.
« No, non con tutti » rispose dopo un secondo con tono acido « Solo con quelli che si comportano come degli stalker del cazzo! »
James non riuscì proprio a trattenersi.
Rovesciò la testa all'indietro e rise.

 

 

When you get what you want,
but not what you need...

 

  

Se c'era una cosa che Victoria detestava era che le si mettessero le mani addosso. Se poi a farlo era uno sconosciuto, il suo disprezzo aumentava esponenzialmente.
Nessun uomo poteva toccarla senza il suo permesso.
Adesso che era una vampira, che era potente e autonoma, non lo avrebbe più consentito. Se lo era promesso quando si era risvegliata dopo la trasformazione e fin a quel momento non aveva mai disatteso il suo giuramento. Umani o vampiri che fossero, i maschi erano come giocattoli nelle sue mani: li usava quando le facevano comodo e poi li gettava in disparte o li uccideva se necessario.
Ma quel vampiro aveva qualcosa di completamente fuori dai canoni. Il modo in cui aveva ammesso di volerla, l'aveva spiazzata. Sapeva di essere bella – anche per gli standard elevati della sua specie – e non era certo il primo che si interessava a lei. Ma di solito i suoi corteggiatori si avvicinavano con cautela o cercavano di comprarla con gioielli e vane promesse.
Lui, non sembrava intenzionato a fare niente del genere.
Aveva una luce negli occhi che non le piaceva per niente: la fissava come se fosse già una sua proprietà e quello Victoria non avrebbe proprio potuto tollerarlo. Quando la mano di lui si posò sul suo polso, per un attimo la sua mente andò in tilt, i suoi sensi quasi impazzirono per tutte le informazioni che avevano registrato in un istante. L'odore ferino della sua pelle, un misto di cuoio e muschio; la consistenza ruvida e calda della sua mano, la sua voce – così roca e bassa – ad appena pochi centimetri dalle sue orecchie.
E poi la sua risata.
Era stata quella a destabilizzarla del tutto. Il volto di quello sconosciuto non era particolarmente interessante. Piuttosto scialbo, con i lineamenti regolari che non davano nell'occhio. Ma quando rideva... oh, quando rideva sembrava di avere di fronte qualcun altro. Il suo intero viso si trasfigurava e gli occhi brillavano come onice, con quella sfumatura scarlatta che le ricordava che era un predatore, come lei, un assassino, come lei, che era spietato, forse persino più di lei.
« Il mio nome è James, comunque » aggiunse senza accennare a liberarle i polsi. « E sarei molto curioso di sapere dove sei diretta, Victoria».
Spalancò gli occhi, perplessa.
« Come sai il mio nome? »
Le labbra di James si incurvarono di nuovo in quel sorrisetto divertito.
« Ti inseguo da quasi un mese e pensi che non abbia imparato niente su di te? Mi sottovaluti, dolcezza » mormorò serafico.
Victoria avvertì uno strano calore al viso e se non fosse che era una vampira centenaria avrebbe giurato di essere arrossita.
« Perché non ti decidi a lasciarmi, dolcezza, prima che ti stacchi quelle mani a morsi? » gli fece il verso snudando i canini.
« Promettimi che non fuggirai e ti libero all'istante » ribatté ilare.
Victoria valutò attentamente la situazione. Il suo istinto, mai del tutto sopito, le stava già suggerendo quale fosse il percorso migliore per togliersi quello scocciatore di torno. Peccato che ci fosse un altro tipo di istinto che le suggeriva invece di restare, di fermarsi e scoprire che cosa voleva da lei quel vampiro così strano...
« Riprenderei a seguirti, se tu lo facessi » soffiò, come leggendole nella mente i suoi propositi di fuga.
Victoria sollevò orgogliosamente il capo.
« Non riusciresti mai a prendermi » lo sfidò fissandolo dritto negli occhi.
« Forse » ammise lui, anche se nelle sue iridi brillava tutto meno che arrendevolezza « Immagino che dipenda da chi si stancherà prima: se tu di fuggire o io di rincorrerti... »
Un brivido sottile le percorse la spina dorsale. Qualcosa nel suo sguardo le suggeriva che lui non si sarebbe stancato di darle la caccia, neanche se vi avesse impiegato l'eternità.
« Perché vuoi sapere dove sto andando? » domandò sulla difensiva.
« Per venire con te, ovviamente » le rispose scrollando le spalle.
Victoria, per la seconda volta nell'arco di cinque minuti, si ritrovò a corto di parole.
Si dimenò talmente forte fra le sue braccia da riuscire a liberare i polsi con uno scatto deciso. La rabbia era un fiume di lava che la divorava internamente, soffocando persino il suo proposito originario di darsi alla fuga.
« E così tu vorresti venire con me » esalò con tono fintamente dolce, i visi a pochi centimetri l'uno dall'altro « Credi davvero che desideri un altro padrone? Qualcuno che mi dica cosa fare o come comportarmi? O mi reputi così sciocca da non aver intuito che questo è il tuo vero fine? »
Aveva impiegato dei secoli per divenire libera. L'assenza di vincoli e costrizioni era quello che aveva sempre bramato. Se quel vampiro borioso credeva che avrebbe rinunciato a tutto quello solo per il suono squillante della sua risata, be', non aveva idea di quanto fosse in torto.
Fissò il suo collo, la carotide che pulsava in modo vistoso. Lo avrebbe colpito lì e staccato la testa di netto, non importava che fosse grosso il doppio, la rabbia le avrebbe dato la forza necessaria a...
I suoi pensieri si interruppero di botto, mentre la mano di James le sfiorava il volto.
Era una carezza, una semplice carezza sulla guancia, eppure le parve che tutto il suo essere vibrasse in risposta a quel contatto.
In tutti quei secoli aveva conosciuto migliaia di uomini eppure nessuno l'aveva mai toccata così, con quella semplicità e dolcezza che avevano il sapore di qualcosa di perduto e le ricordavano la sua infanzia.
« Non ho la minima intenzione di soggiogarti, se è quello che pensi » le sussurrò piano, con lo stesso tono che si usava per ammansire una fiera selvatica. « Non sarebbe più divertente se tu non avessi questo caratterino » aggiunse di nuovo giocoso.
« Ma... allora... che cosa...? »
Le sembrava che le sinapsi avessero smesso di connettere. Riusciva solo a fissare il volto di quel vampiro, mentre il pollice di James disegnava cerchi concentrici sulla sua pelle.
« Non è evidente? Ti sto chiedendo di diventare il tuo compagno, Victoria ».
Compagno. Ripeté quella parola sottovoce, come per saggiarne il sapore.
« Non è quello che voglio » rispose scartando bruscamente e tirando la testa all'indietro.
Una ciocca dei suoi capelli rimase fra le mani di James che se la rigirò fra le dita come se fosse qualcosa di particolarmente interessante.
« Ma forse è quello di cui hai bisogno ».
Victoria rimase in silenzio, mentre gli ultimi raggi di sole sparivano all'orizzonte.
Le sembrava di essere sul bordo di una voragine che la risucchiava verso il basso. Non aveva mai rischiato tanto nella sua vita e si chiese se valesse la pena di farlo per quel vampiro mai visto prima.
La parola compagno però le risuonava ancora nelle orecchie, come un accordo struggente.

 

 

And I will try to fix you

 

 

 

 

Note:

  1. Secondo la mia fonte – ovvero Wikipedia – Victoria si era salvata a malapena da una decapitazione ad opera dei Volturi (che poi sarebbero quelli che hanno ucciso la sorella Anne, anch'essa vampiro) per cui quando vede James e si accorge che è un segugio, teme che lo abbiano inviato loro.

  2. La canzone è ovviamente “Fix you” dei Coldplay.





Ciao a tutti!
dopo un ritardo davvero mostruoso eccomi ad aggiornare di nuovo questa raccolta! Questo paring mi ha sempre incuriosito molto e spero di essere riuscita a renderlo almeno decentemente.
La ff è nata per il contest " Asong and a prompt! It's your choise" di khika liz, in cui si è classificata terza.
Come sempre, i miei ringraziamenti vanno a chi legge e recensisce questa raccolta!
un bacio a tutti
Ely

 


 

  
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