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Autore: Tomi Dark angel    10/07/2012    3 recensioni
Bella rinchiusa in una cella, Bella incatenata ad un muro. Cosa è cambiato? Cosa l'ha trasformata in ciò che nemmeno la natura ammetterebbe sotto le sue ali? E ora lei torna a Forks; ma non sono gli occhi di un essere umano a guardare i Cullen velati d'odio per una sofferenza da loro causata...no, quelli sono occhi di assassino. E lo capiranno presto.
Genere: Generale, Romantico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardai la piccola vampira avvicinarsi a me con passo cauto, gli occhi sbarrati e le mani tese in avanti, come a non volermi spaventare.

Più la guardavo, più sentivo qualcosa agitarsi nei recessi della mia memoria.

La conoscevo.

Lei sapeva chi ero stata.

Lasciai cadere a terra i pezzi del vampiro neonato e mi voltai. A stento mi accorsi che lentamente il pelo, le punte dorsali, la coda e le ali si stavano ritraendo, lasciando della mia trasformazione solo gli occhi serpentini, le orecchie da lupo, gli artigli e gli zoccoli da gazzella.

Guardai la vampira avvicinarsi ancora.

???: Isabella? Sei Isabella Swan?

Fremetti. Da quanti anni non venivo chiamata così? Quella voce pareva venire da molto lontano.

Bella: mi conosci?

La guardai inclinando la testa, sbattendo gli occhi. Non capivo. Perché quei vampiri mi fissavano in quel modo? Chi spaventato, chi addolorato, chi addirittura incredulo. Ma furono gli occhi del vampiro dai capelli bronzei che mi sorpresero: occhi disperati di chi sta guardando l’inferno e se ne sente consumato.

Bella: che volete da me?

???: Bella… sei tu… Bella…

Il vampiro aveva parlato, e io riconobbi quella voce. I ricordi più brutti che avevo erano ricondotti a lei, a parole aspre che mi aveva rivolto prima di spegnersi e svanire. Una voce che mi aveva lasciata al buio, cieca, a grattare il pavimento con unghie che si spezzavano.

Indietreggiai.

Bella: c… cosa vuoi da me? Stai zitto, la tua voce mi infastidisce!

Ringhiai, snudando le zanne con rabbia. Il vampiro indietreggiò, ferito, ma la piccola vampira simile a un folletto si avvicinò di un altro passo. Era vicinissima.

Allungò una mano, mi sfiorò la guancia. Non mi aveva picchiato, non aveva osato colpirmi. Era stata gentile, quasi delicata. Possibile che non tutto il mondo fosse volto a ferirmi? Possibile che fosse rimasta ancora un po’ di umanità in un mondo così malandato?

Bella: Alice.

Quel nome era affiorato come un salvagente nei miei ricordi. Quel nome era puro, sincero, e non faceva male.

Come una bambina mi abbandonai all’abbraccio accorato di Alice. Non ricambiai il gesto, non ne ebbi la forza. Le gambe mi cedettero ancor prima che riuscissi ad alzare le braccia, ma lei mi sorresse.

Alice: Bella… Bella, sei tu… ti… ti credevamo morta! Cosa ti è successo… cosa ti hanno fatto…

Non ebbi la forza di piangere, era da troppo tempo che i miei occhi parevano essersi prosciugati. Cercai di rispondere, quando all’improvviso ricordai il motivo che mi aveva spinta fin lì, il poco tempo che avevo a disposizione e la promessa che avevo fatto ai licantropi. Liberarli dei neonati una volta per tutte.

 Mi allontanai da Alice con un gesto stanco.

Bella: non posso restare, Alice. Devo sbrigare una faccenda e poi tornare a casa.

Alice: tornare a casa? Bella, questa è casa tua, non puoi averlo dimenticato!

Guardai atona alle spalle della piccola vampira. La sua famiglia… io la ricordavo. Ma più di tutti ricordavo lo sguardo affranto di… di Edward Cullen. Il vampiro mi fissava con intenso dolore, un dolore che egli stesso si era inflitto.

Un dolore che chiedeva perdono.

Il dolore di chi aveva capito i suoi errori.

Oltrepassai Alice, accostandomi ad Edward. Ricordavo i suoi occhi come visti attraverso un caleidoscopio sfuocato di lacrime.

Lui tremava, indeciso se indietreggiare e sottrarre la mano che gli avevo stretto tra le mie, attenta a non ferirla con gli artigli animaleschi. Lo guardai negli occhi e solo allora capii.

Capii perché avevo sofferto tanto.

Capii che il vero scopo della mia missione era il perdono.

Capii che una volta fatto ciò, non mi sarebbe più importato di sopravvivere a una prigionia forzata.

Bella: ti perdono, Edward.

Mi allungai sulle zampe da gazzella per baciargli la fronte, scostandogli i capelli con dolcezza. Lui chiuse gli occhi, e forse avrebbe pianto se non fosse stato a corto di lacrime quanto e più di me.

???: adesso basta!!!

La voce esplose nel mio cervello con la forza di un uragano. Uggiolai ferita e mi ritrassi, cadendo in ginocchio e artigliandomi le tempie. Il collare si strinse, piantando i chiodi nella mia carne, soffocandomi, straziando quel poco di umanità che voleva affiorare in me.

Edward: Bella!

Delle mani mi strinsero le braccia, qualcuno mi chiamò come da molto lontano.

???: non osare opporti a me! Fai il tuo dovere, ammazza quei vampiri!

Sbarrai gli occhi, fissai Edward allucinata. Ucciderli? Uccidere quella parte di me che ancora mi rendeva diversa da un animale ammaestrato?

Il corpo non la pensava così.

Quasi senza accorgermene sollevai un braccio, gli artigli affilati lucenti alla luce della luna. Edward guardò prima loro, poi me. La sua famiglia si immobilizzò, come in attesa di dover reagire per calmare la situazione.

Non voglio!

Ti prego!

???: UCCIDILO!!!!!!!!!!

Il collare si strinse ancora, facendomi annaspare e tremare. Una piccola lacrima, una sola, sgorgò dall’angolo del mio occhio felino. Una lacrima bruciante di impotenza, una lacrima appartenente a occhi che guardavano un braccio artigliato incombere sulla preda inerme.

Guardando Edward negli occhi, seppi che non avrebbe reagito.

Bella: TI PREGO!!! TI PREGO, NO!!!!!!!!

Mi contorsi per arrestare il braccio, ma anni di allenamento a uccidere erano serviti troppo allo scopo degli scienziati. Io ero un miracolo della scienza, non dovevo ricordarlo. Una svolta.

Bella: ti prego… Edward, ti prego, vai via…

Chinai il capo, singhiozzando. Lui mi asciugò le lacrime con un solo, fluido gesto. Mi guardò con quell’amore incondizionato che solo nell’eterno può trovare riscontro, un amore che sapeva di perdono, felicità, serena rassegnazione alla morte.

Non riuscii a fermarmi.

Il braccio calò.

Uno scintillio di artigli d’acciaio.

Un paio di palpebre che calavano su occhi dorati.

Infine, Un richiamo.

???: ISABELLA, FERMATI!!!!!!!!!!!!!!

Il mio braccio si bloccò a un soffio di distanza dalla nuca di Edward. Tutti si voltarono mentre il mio cuore sobbalzava speranzoso.

Una sagoma emerse dalla selva, scostando i cespugli al suo passaggio e un ragazzo alto e bellissimo incespicò mentre si accostava a noi.

Shou alzò il viso, mi guardò coi suoi inesorabili occhi chiari. In mano aveva qualcosa, un telecomando che conoscevo bene… e dal lato destro del suo corpo pioveva sangue da un moncherino spezzato dove un tempo aveva dimorato una mano sana, la stessa mano che nei momenti bui si era tesa a rischiararmi la strada.

 

 Angolo dell’autrice:

Ok, sono in ritardo di nuovo, ma abbiate pietà, è un periodo un po’ difficile per la povera Tomi! Ringrazio sentitamente chi ha recensito e sì, grazie a voi e ai vostri commenti la storia continuerà, spero nel migliore dei modi. Fatemi sapere cosa ne pensate, così mi sbrigherò a postare, il prossimo capitolo è già quasi completo!

Un Grazie speciale a chi ha recensito, un abbraccio forte per il coraggio che mi date, spingendomi ad andare avanti in questa nuova avventura!

Tomi Dark Angel

  
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