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Autore: Aoimoku_kitsune    11/07/2012    6 recensioni
Un palazzo viene dato alle fiamme, tutto quello che ne rimane è cenere. Prima pensavo che questo valesse per ogni cosa, famiglie, amici, sentimenti. Ora so che a volte, se l’amore è vero amore niente può separare due persone dallo stare insieme.
***
Itachi Uchiha era morto per salvare la persona da lui amata il giorno dei morti, di un anno fa.
Il Corvo era resuscitato il giorno dei morti di quell’anno, per portare a termine la sua vendetta.
Quando le ali nere del volatile si aprirono e spiccarono il volo, la vendetta del Corvo ebbe inizio.
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Wiiiiiii.... eccomi e scusate pei il ritardo. Mi ero proprio dimenticata che dovevo ancora postare l'ultimo capitolo, già l'ultimo e l'ho finito di fretta e furia e l'ho controllato e postato subito (00.44) Sono stanchissima e ho sonno, perciò non mi dlingo più del dovuto. Vi dico solo, grazie per avermi seguti fino all'ultimo cpaitolo di questa bellissima storia (me lo dico da sola, ma che ci posso fare. E' una ItaNaru).
l'unica pecca che no piace, sono i combattimenit, infatti sono molto veloci e sbrigativi, giusto per far capire il senso. waaaaa... basta, sto crollando.
Buana lettura e ancora grazie.
Bacio.


Morte

Sbalordito, il diavolo rimase, quando comprese
quanto osceno fosse il bene e vide la
virtù nello splendore delle
sue forme sinuose.

-E’ apparso all’improvviso davanti a noi. Era lui. Itachi Uchiha.
Kabuto parlava con la gola secca di terrore e sorpresa, fissando Nagato e poi Tobi.
-… ci ha incastrato con il suo sharingan in un’illusione e quando si è concentrato su Orochimaru…
-Sei scappato.
Continuò Nagato, fissandolo dall’alto in basso, irritato per tale codardia da parte di uno dei suoi uomini.
Kabuto distolse lo sguardo, serrando i denti e stringendo le palpebre sotto gli spessi occhiali.
-Hai controllato la fossa?
Domandò atono il capo, voltandosi verso il suo braccio destro che annuì, sospirando.
-E’ vuota.
Kabuto alzò di scatto il volto, aprendo sempre di più le palpebre e arretrò.
-E’ davvero un fantasma.
Sussurrò sconvolto.
-… e ora vorrà me.
Concluse in un sussurro.
Quando le sue stesse parole si fecero largo nella sua testa, cercò di sfuggire da quella camera vuota ma Tobi lo fermò con un pugno in pieno stomaco, facendolo vacillare e piegare a terra dal dolore.
Kabuto tossì, prendendo fiato lentamente, cercando di estraniare il dolore.
-Tienilo d’occhio.
Tuonò il capo, voltandosi e la cappa nera svolazzò nell’azione, riposandosi a terra poco dopo, e Nagato scomparì oltre la porta.

Sasuke si sedette sulla panchina del parco, all’ombra di un salice e sospirò impercettibilmente, pensoso, mentre le dita chiare e affusolate vagavano nel pelo rossiccio e marrone di Kyuubi che, tranquillo, dormiva sulle sue cosce.
Quando un’ombra gli coprì la visuale, non alzò lo sguardo, sperando che così l’intruso lo lasciasse in pace, ma vane furono le sue speranze e si ritrovò a sbuffare spazientito.
-Sasuke! Cosa ci fai quei tutto solo?! Non ti alleni?
Chiese Kakashi, sedendosi accanto all’allievo che, in silenzio e assorto, contemplava il pelo del felino.
L’uomo sospirò divertito, appoggiando la schiena allo schienale di ferro e sospirò, guardando il cielo estivo.
-Come non detto.
Borbottò con una nota offesa nella voce.
Sasuke si mosse impercettibilmente e diede voce a uno dei suoi tanti pensieri.
-Quando qualcuno muore, può ritornare a camminare su questa terra?
Kakashi fissò il ragazzo a lungo, un soffio di vento li accarezzo a entrambi, e poi rispose al ragazzo, fissando il cielo terso e azzurro.
-Me lo sono chiesto anch’io.
Il silenzio li avvolse, e le risate dei bambini di sottofondo gli fecero compagnia.
-Ti riferisci a qualcuno in particolare?!
Chiese curioso l’uomo, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, e tenendosi la testa tra le mani, guardando di sottecchi il ragazzo che s’irrigidì, per poi respirare profondamente.
-Lascia stare… mi prenderesti per pazzo.
Rispose, alzando per pochi secondi lo sguardo davanti a se, quando un bambino cadde al suolo per poi rialzarsi e cominciare a correre.

-Sasu-chan… non correre. Se cadi, ti fai male. Poi chi lo sente a quel brontolone di tuo fratello.
Urlò disperato Naruto, rincorrendo il piccolo Sasuke che, ridendo come un pazzo, scansava persone e giochi, per scappare dal suo amichetto biondo.
Distratto, non si accorse del piccolo masso e del dislivello del terreno e inciampò, cadendo come una pera cotta al suolo, strusciando il ginocchio sul terreno, ferendosi.
A gattoni, il bambino rimase fermo, mentre Naruto lo raggiunse e s’inginocchiò accanto a lui, preoccupato.
-Te l’ho avevo detto io… uffi! Adesso Chi-chan mi farà una ramanzina e… Saa-chan?!
Le piccole spalle del moro tremarono in singhiozzi mal trattenuti, cercando di non far intravedere le lacrime che gli rigavano le guance, Sasuke si era girato dall’altra parte, mordendosi le piccole labbra e stringendo gli occhi per il dolore che sentiva alla gamba.
Naruto sorrise, scuotendo la testa e si voltò, mettendosi accucciato.
-Dai… su. Sali. Andiamo da Chi-chan che saprà sicuramente cosa fare.
Sasuke guardò la piccola schiena che Naruto gli offriva e si strofinò gli occhi sulla manica, cancellando le lacrime e si arrampicò su Naruto, stringendosi forte quando lui si alzò con fatica.

La risata di Kakashi lo riportò al presente e si voltò a guardarlo.
-Allora ci dovranno richiudere a entrambi.
Ridacchiò l’uomo, chiudendo gli occhi e appoggiandosi di nuovo con la schiena alla panchina.
-Lo hai visto anche tu?!
Mormorò Sasuke, sconvolto e sorpreso.
Kakashi lo guardò di sbieco.
-Io… ho visto una persona. Una persona che somigliava molto a tuo fratello.
Chiarì, guardando le emozioni che passavano attraverso quegli occhi sempre indifferenti al mondo.
-Itachi non è tornato per me.
Sussurrò Sasuke, abbassando lo sguardo sul gatto, digrignando i denti.

Un altro giorno era passato e la sua ora stava per finire. Ormai la sua vendetta era al culmine e mancava così poco per la pace eterna, che già pregustava la luce candida e calda.
Itachi guardava, con gli occhi iniettati di sangue, il villaggio che per anni aveva servito.
Per cui aveva sacrificato la vita diverse volte, ritornando poi a casa sempre sano e salvo.
In quella casa dove il sorriso di Naruto lo accoglieva, dopo lunghe notti solitarie e fredde. Dopo le battaglie e il sangue.
Ora era lì, e aspettava, impaziente, che le sue prede venissero per lui.
Stolti e stupidi, i membri dell’Akatsuki sarebbero caduti tra le sue braccia come falene chiamate dalla luce della lampadina.
E così, quando l’ultimo raggio di morente del solo, scomparve dietro alle montagne, portando l’oscurità dietro di se, Itachi ghignò, scomparendo e dissolvendosi in tanti corvi neri, che liberi, volarono sul villaggio, coprendolo come una coperta.

Nagato guardò compiaciuto la squadra davanti a se, che indolenti, aspettavano solo un ordine dal capo.
-Oggi, è l’ultimo giorno della festa dei morti.
Iniziò l’uomo, sedendosi sulla poltrona di pietra davanti agli altri.
Accanto, Konan si appoggiò, abbracciando e incrociando sullo schienale le braccia, per appoggiarci la testa.
Dall’altra parte, Tobi teneva fermo un mal concio Kabuto, che cercava, anche se sempre più debole, di poter scappare.
Ma vani erano i suoi sforzi, cos’ come era vano per Nagato preparare l’arrivo di Itachi.
La morte, si presenta sempre quando meno te lo aspetti.
-… all’appello mancano 4 membri. Deidara, Kisame, Orochimaru e Sasori.
Quando disse i loro nomi, la presa intorno ai braccioli di pietra divenne così forte che sentì l’arenaria sbriciolarsi sotto le sue dita.
-Sono morti, uccisi da una sola persona.
Un borbottio nacque dalle poche persone che ne erano rimaste.
Un uomo, robusto e alto con capelli arancioni e la pelle chiara fece un passo avanti.
-Com’è possibile?
Domandò, rauco.
-Asura, quello che dice Nagato è la pura verità, e questa notte, noi avremo vedetta.
Disse Tobi, buttando al suolo, davanti a loro, Kabuto che atterrò sulle ginocchia con un lamento ferito.
-Lui sarà la nostra esca.

Silenziosi e abili, i membri dell’Akatsuki si dirigevano verso il villaggio, pronti per l’attacco.
Dopo ore di corse, arrivarono a vedere i cancelli grandi di Konohakagure, che si stagliavano maestosi nella notte, illuminate dalle fiaccole delle sentinelle.
Tobi si voltò verso il capo e poi verso il bosco e di botto, una pioggia di kunai li avvolsero, colpendo i più lenti.
Nagato e Tobi si guardarono intorno, così come i sopravvissuti e poco dopo, davanti a loro dei corvi si riunirono in una figura.
Itachi Uchiha guardava con i suoi occhi rossi e un ghigno poco rassicurante le persone davanti a lui.

-Itachi?
Urlò Sasuke, spalancando la porta della villa diroccata, entrandoci.
Il silenzio lo accolse e con il fiatone cominciò a guardarsi intorno, alla ricerca del fratello.
Quello era l’unico posto, dopo il cimitero, dove avrebbe potuto trovare Itachi, ma di lui non c’era neanche l’ombra.
Non posso essermi immaginato tutto.
Con passo lento e strascicato attraverso il corridoio, affacciandosi al salone vuoto e poi continuò la sua corsa verso la camera matrimoniale.
Un senso di angoscia lo pervase, guardando il letto al centro della stanza e scosse il capo, infastidito dai suoi pensieri e poi si guardò intorno.
L’armadio attirò la sua attenzione.
Oltre gli abiti spostati verso i lati, vi era uno scomparto nascosto e dei ganci… vuoti.
Dove doveva esserci la katana di Itachi, rimaneva solo il vuoto e il fondo di stoffa scura della parete.
Il respiro gli si mozzò in gola, e si voltò di scatto guardando fuori dalla finestra, cercando il chakra del fratello, trovandolo poco distante.
Impossibile…


-Esci fuori bastardo. Ucciderò tutti i tuoi tirapiedi. Voglio che tu veda.
Urlò Itachi, afferrando i capelli di Konan e recidendogli la trachea con la lama della katana che si macchiò di rosso.
Il fiotto di sangue rimase per pochi secondi nell’aria per poi appoggiarsi con un fastidioso rumore al suolo, e macchiò il viso sorridente di Itachi.
Nagato digrignò i denti, fissando con rammarico e tristezza il corpo senza vita della donna che con un ultimo gorgoglio cadde al suolo con un tonfo che gli perforò le orecchie.
Dopo Konoha caddero altri ninja, con una semplicità che gli accaparrò la pelle e poi vide comparire tra gli alberi un’altra persona.
Sasuke, ansimante, guardava con occhi larghi i corpi dei ninja al suolo e il corpo macchiato del sangue di altri, di Itachi.
-Aniki… cosa?
Mormorò sconcertato.
Itachi si voltò verso di lui, scagliando un corpo lontano, e poi prese ad avvicinarsi.
-Questa è la mia vendetta, non t’intromettere.
Sibilò Itachi, assottigliando lo sguardo.
Sasuke lo fissò con gli occhi larghi e il viso più pallido del solito e poi si morse il labbro inferiore, abbassando il capo e annuendo.
Itachi sospirò pesantemente, avvicinandosi al fratello e gli posò una mano sulla spalla.
-Vai a casa, Sasuke.
Sussurrò quasi dolce e con lentezza, in modo tale che Sasuke capisse.
Il più giovane alzò lo sguardo, pronto a rispondere ma poi con un movimento fluido e veloce, deviò il kunai diretto a Itachi.
-Ti copro le spalle.
Borbottò burbero, fissando di sbieco Itachi il quale sospirò, annuendo.
-Ti ricordi la caccia al gatto? Con Naruto?
Sasuke ghignò, annuendo.
-… non sono più un bambino. Non sbaglierò.
Rispose il giovane a un Itachi fiero.
La battaglia ricominciò, furiosa e rumorosa.
La terra si macchiò di rosso e la notte si riempì di urla lancinanti e tonfi, armi da taglio nel corpo di qualcuno e lama contro lama.

Itachi vide come Sasuke si fermò all’improvviso, fissando con occhi larghi e vuoti verso Nagato e come sparì davanti a loro.
Si mosse, agile e veloce, uccidendo più ninja che poteva in minor tempo, preoccupato per il fratello minore.
 -Oh, voi tipi di fogna, siete così fedeli da farmi arrossire fino al midollo…
La carneficina che si stagliava davanti a Nagato, lo fece vacillare e indietreggiò automaticamente, spaventato.
-… Non smettete di morire per me!
Terminò con un ghigno Itachi, troncando di netto la testa dal collo di un suo sottoposto.
Nagato trattenne un conato, alla vista di tutto quel sangue e la puzza ferrosa e di morte che si percepiva nell’aria.
Itachi sembrava il dio della morte in persona.
Così tranquillo e sereno, come se non stesse brutalmente uccidendo le persone davanti a lui.
Un kunai gli trapassò la gola e Itachi tremò appena per poi voltarsi verso il ninja che lo guardava con un ghigno di vittoria stampato in volto.
-Niente da fare.
Ridacchiò divertito, avanzando verso l’uomo.
-Impaurito?
Domandò sghignazzando fermandosi davanti al ninja che indietreggiò appena e poi si ricompose, scuotendo il capo.
-No?
Cercava di auto convincersi da solo e il sorriso macabro di Itachi crebbe ancora.
-Dovresti.
In un lampo, si spostò verso il ninja nemico, afferrandolo per i capelli e con furia accompagnò la sua testa contro l’albero della foresta, spappolandogli il cranio sulla corteccia che si dipinse di rosso. Con disgusto lanciò il corpo lontano, voltandosi verso l’ultimo uomo rimasto.
Verso la chiave della sua pace.
Con passo calmo si diresse verso l’uomo, schiacciando sotto i suoi stivali corpo mutilati e armi.
-Ehi Nagato, quanti angeli danzano sulla punta di uno spillo?
Nagato sbatté le palpebre, sbigottito da quel tono conciliante.
-Un indovinello… Non lo so.
Ammise, dopo averci pensato poco o più, sempre all’erta.
Itachi si sentì avvolgere dal suo stesso potere, gli parve quasi che l’aria ne fosse satura.
-Dipende dalla melodia.
Giorno dopo giorno, a ogni oscuro squallido risveglio, era cresciuto il dolore per il suo mate morto e per gli anni dell’infanzia ormai svanita. Quell’orribile senso di vuoto, l’oscuro alone dell’isolamento e dell’umiliazione si era allargato sempre di più, dopo che i suoi occhi rosso sangue si erano posati sulla spada che tratteneva tra le dita il capo dell’Akatsuki.
-Bella spada…
Mormorò con voce rauca.
Le dita di Nagato si contrassero sull’elsa e fissò per pochi secondi l’arma.

-Pagamento anticipato e…
Nagato sorrise sbiecamente, chinando il capo da un lato.
-… Mi piace la tua spada.
L’uomo, riluttante, allungò l’arma al ragazzo che la prese tra le dita, contento.
-Basta che portiate a termine la missione, o non mi fermerò dall’uccidervi tutti quanti.
Lo sharingan sotto il cappuccio brillò minaccioso e Nagato ridacchiò, annuendo col capo.
-Non ti preoccupare. L’ultima alba che vedrà il moccioso, saremo noi.

La lama argentea brillava sinistra, in quel bosco accanto al villaggio, e una scritta in kanji Giapponesi spiccava sulla lama lucida.
Una frase che Itachi aveva sentito fino alla nausea nel suo addestramento.
L’aria accarezzò entrambi, e Nagato fece strisciare un piede all’indietro, nel terreno umido.
A quel punto, Itachi si mosse a una velocità incredibile, fiondandosi contro il ragazzo proprio mentre quest’ultimo all’improvviso si scagliava in avanti. Sprofondò con il pugno nel suo petto cavo, servendosi dello scatto di Nagato per far in modo che il suo attacco risultasse ancora più efficace.
-Sono stanco.
Sussurrò. I suoi occhi del colore del sangue brillarono selvaggi.
Gli strappò il cuore pulsante dal petto, ritrovandosi in mano l’organo pulsante e viscido. Provò una sensazione di disgusto, non il senso di trionfo e di pace che si era aspettato.
Nagato urlò di rabbia, un grido acuto e innaturale, poi tacque e il suo corpo cadde al suolo con un tonfo sordo, mentre dalla ferita il sangue fluiva lento.
Scagliò lontano l’organo e indietreggiò, tenendosi il capo tra le mani e gemette di dolore acuto.
Perché… ?!
I capelli neri si mossero nel vento e il corvo volò sul corpo al suolo, beccando gli occhi aperti, stracciandoli dai bulbi.
Perché tu.

Fugaku fu attraversato da un brivido freddo e una strana sensazione di disagio, quando l’aria della notte gli passò attraverso i capelli brizzolati.
Si voltò, guardandosi intorno in quello studio illuminato solo dalla candela e assottigliò lo sguardo, quando intravide un’ombra nell’angolo.
Di scatto si mise a sedere, sfoderando un kunai che teneva sempre con sé e si mise in posizione di difesa.
L’ombra si mosse, avanzando di un passo e il viso pallido del giovane e i suoi occhi neri si mostrarono all’uomo.
-Sei stato tu.
Mormorò il ragazzo, strisciando al suolo la lama della katana.
Fugaku assottigliò lo sguardo, lasciando che la mano con il kunai si posasse sul suo fianco.
-… tu hai ucciso Naruto… e Itachi.
Sibilò Sasuke, alzando la katana verso il padre.
-Sasuke, posa l’arma.
La voce dell’uomo era bassa e velata di minaccia. Gli occhi di un nero spento si accesero di rosso quando anche quelli del figlio mostrarono lo sharingan.
Ora, non poteva più tornare indietro. Sasuke sapeva troppe cose.

Itachi digrignò i denti bianchi, saltando da un tetto all’altro, diretto verso l’unica direzione che mai avrebbe voluto che quella storia prendesse.
Ancora faticava a crederci e il suo cuore striminzito gli mandava scariche di dolore.
I pugni si strinsero così forte, che le unghie ferirono la carne chiara, solcandola e lasciandoci delle mezze lune.

-Continua pure a schizzare. Ho questo bicchiere d’acqua gelata…
Mormorò Itachi, fissando attraverso lo specchio la vasca piena d’acqua, dove Naruto si stava lavando.
Il biondo alzò una gamba verso il soffitto, mostrando come le gocce d’acqua scivolavano sulla sua pelle di velluto.
-Non oseresti mai.
Affermò, con un sorriso mentre incrociava le braccia sopra al bordo chiaro della vasca e gli appoggiava il capo, fissando le spalle ampie e nude di Itachi, coperto solo da un asciugamano in vita.
-Siamo sicuri di noi stessi, umh?
-Sempre.
Il sorriso di Naruto si allargò ancora di più, mentre Itachi scuoteva il capo sconsolato e divertito, intento a pettinarsi i lunghi capelli neri.
Naruto fischiettò qualcosa, lavandosi i capelli con calma e cura e Itachi lo fissò attraverso lo specchio appannato. Seguì i movimenti del biondo come incantato, i muscoli sottili ma tonici del ragazzo guizzavano ogni volta che le mani affondavano nei capelli biondi e schiumosi di shampoo.
Si morse un labbro, posando il pettine nero sottile sul lavello e poi si voltò, attirando l’attenzione di Naruto che lo guardò con i suoi occhi azzurri.
Il biondo spalancò gli occhi e poi sorrise ammiccante, stringendo le palpebre.
-Non pensarci neppure.
Disse, guardando gli occhi neri di Itachi, perdendosi dentro a quel turbine di emozioni che non trasparivano dal viso adulto.
Le labbra sottili di Itachi si allungarono in un ghigno.
-’Tachi! Due persone non ci entrano! Sul serio!
Il moro avanzò, ridacchiando sommessamente.
Uno schizzò d’acqua e un urlo si sentirono nel corridoio della casa.
-Ok, yatsu, dopo asciughi tu… ohhhh!

Strinse gli occhi, mettendo chakra nei piedi e balzò sopra al tetto del palazzo dell’Hokage, lasciandoselo in pochi secondi alle spalle.
Fin dall’inizio era stato lui.
Troppo tardi si era accorto di quello sguardo nero che fissava Naruto come se fosse un alieno. Come se fosse una minaccia.
Troppo tardi si era reso conto che aveva sempre avuto accanto l’assassino.

Sasuke è con lui… arriverai in ritardo anche questa volta?

Il corvo planò verso di lui, affiancandolo in quella corsa contro il tempo.

Porrò fine a questa storia.

Sasuke era in difficoltà.
Sapeva, fin dal principio che suo padre sarebbe stato un temibile avversario, ma non pensava così tanto.
Ma Fugaku, alle spalle, aveva anni di esperienza e di lotte vinte, Sasuke invece, era solo un’adolescente appena jonin.
Schivò con una capriola all’indietro il fendente del padre, e contrattaccò, dandosi una spinta con il piede, cercando di mettere in atto una presa di ferro.
Deviò la lama del padre verso destra, aprendosi un varco nel fianco sinistro e preciso e veloce caricò un pugno, inclinandogli una costola.
Il padre sibilò, arretrando e ringhiò il nome del figlio, guardandolo con odio e una punta di orgoglio.
-Colpo basso.
Digrignò i denti quando si mise ritto, sentendo il dolore al fianco.
Sasuke sentiva i muscoli doloranti, il braccio che teneva la spada gli formicolava per la stanchezza e la spalla sinistra, quella precedentemente ferita da un fendente, gli mandava scariche elettriche per tutto il corpo e gli macchiava la vista di un dolore bianco.
Ansimò pesantemente, gemendo e si afferrò il braccio ferito, guardando il padre mentre lo sharingan si estingueva lentamente dagli occhi, facendoli ritornare neri.
Fugaku inspirò aria, posizionandosi, pronto all’ultimo attacco e scattò.
Fu questioni di pochi secondi.
La lama del padre avrebbe dovuto trapassarlo da parte a parte, ma un corpo grande si mise in mezzo, deviando l’attacco su di se.
Quando Sasuke alzò lo sguardo, si perse negli occhi del fratello e nel suo sorriso rassicurante.
-Tutto bene, otoutoo.
Mormorò, con una punta dolce nella voce che fece vacillare Sasuke.
-S…si. Ma… tu sei ferito.
Sasuke si allarmò quando la lama lasciò il corpo di Itachi e il sangue prese a fluire velocemente fuori da lui.
Il maggiore digrignò i denti per il dolore, boccheggiando e poi si riprese lentamente, drizzandosi.
-E’ solo un graffio.
La gola di Fugaku si era seccata, nello stesso momento in cui aveva sentito parlare quella figura misteriosa.
-Itachi…?
Sussurrò.
Il moro si voltò, guardando il padre oltre la spalla e si mise davanti al fratello, fissando Fugaku con sguardo di fuoco.
-Otoo-San.
Sputò Itachi con sdegno, cercando il controllo che tutta una vita si era portato dentro.
-… Sei morto.
-E di questo ti dovrei ringraziare.
Rispose allo sguardo sbigottito e terrorizzato del padre mentre sentiva il potere confluirgli negli occhi, rendendoli rossi.
Il padre si ritrovò a correre, lontano, cercando di scappare e Itachi dovette fermare un ferito Sasuke dal seguirlo.
-Che cazzo stai facendo… non puoi lasciarlo andare. È stato lui a voler uccidere Naruto e te…
Sbraitò il più piccolo, fissando accigliato il fratello.
Itachi sorrise e appoggiò l’indice e il medio sulla fronte di Sasuke, premendo piano e il fratello minore spalancò gli occhi.
-Me ne occupo io… tu… dormi.
Ordinò alla fine e Sasuke chiuse gli occhi e Itachi accompagnò il corpo del fratello al suolo.

-Sa, dove sta andando?
Mormorò Itachi, seguendo le spalle del padre che si allontanavano da villa Uchiha.
-No

-Lui non sa … io sì.
Mandò uno sguardo al fratello svenuto al suolo, accarezzandogli il capo, e poi guardò verso l’entrata della casa e sorrise dolcemente alla madre in lacrime.
Poi il buio lo inghiottì, facendolo sparire dalla vista di Mikoto.

Sasuke strinse le labbra, deglutendo e poi aprì stancamente le palpebre, fissando il vuoto della stanza davanti a se.
Piccoli singhiozzi, trattenuti a fatica, lo fecero voltare e trovò la madre intenta a lavargli la spalla ferita e disinfettarla.
Sasuke la guardò a lungo e poi le immagini della battaglia gli ritornarono vivide in mente.
Si alzò di scatto, digrignando i denti per il dolore e Mikoto si voltò di scatto, abbracciando il figlio.
-Itachi… Itachi era…
Singhiozzò, disperata.
Sasuke appoggiò una mano sulla spalla della madre, confortandola e poi l’allontanò delicatamente, fissandolo con gli stessi occhi neri.
-Okaa-San… devo andare.
Mormorò il figlio e la donna tremò, singhiozzando e poi annuì consapevole a quello sguardo orgoglioso e sicuro.
-… ti aspetto.
Sussurrò la madre, staccandosi dal figlio che si alzò a fatica, barcollando leggermente, appoggiandosi poi al muro.
Sasuke si voltò verso la madre e le sorrise come faceva da piccolo, quando ancora era un bambino spensierato.
-Tornerò per te.


Qui è, dove iniziò. E questo è l’inizio della fine.


Un fulmine squarciò la quiete della notte, illuminando il capo distrutto e i due corpi al centro, ombrati dalle macerie di quella villa maledetta dal sangue.
-Perché padre?
-Era una vergogna avere un figlio diverso, traviato. Era colpa di quel mostro, dovevo trovare il modo di farti allontanate, ma per tutti gli sforzi che potevo fare, sembrava che lui ti avesse incantato per bere… Così una notte incontrai Pain, e decisi…

In una notte calma e calda, Nagato fissava con i suoi occhi attenti la figura davanti a lui, leggermente sorpreso. A fianco, Tobi e Konan studiavano le mosse di quell’uomo arrivato all’improvviso.
Sottofondo alle loro parole, era il rumore del vento che accarezzava le foglie, e piegava i rami.
-Ho una missione da affidarvi.
Sussurrò burbero l’uomo incappucciato, fissando con lo sharingan le persone davanti a lui.
Nagato si fece attento, facendo un passo in avanti interessato.
-Quale?
Domandò senza tono.
Il ghigno dell’uomo crebbe e alzò il viso, mostrandosi.
-Dovrete uccidere Naruto Uzumaki…

- Tu non ci dovevi essere, ma sfortunatamente arrivasti prima. Volevo che ritrovassi il corpo di quella feccia e che te ne facessi una ragione, per poi riportarti sulla giusta via...
Fugaku parlava senza pensare. Senza guardare negli occhi Itachi che, parola dopo parola, sentiva un calore nascere dal corpo, coinvolgendo gli occhi e scombussolargli le membra stanche e infreddolite, ormai abbracciate dal respiro soave della morte.
-Io lo amavo e tu me lo hai portato via…
Gli occhi s’iniettarono di sangue piangendo lacrime rosse, e solo allora il vecchio alzò lo sguardo, incontrando lo sguardo vuoto e privo di sentimenti di Itachi, che lentamente alzava l’arma verso di lui.
La luna, alta e piena nel cielo, illuminava sinistramente la figura del moro, facendo brillare di argento le ciocche nere che volavano con il vento, danzando liberamente.
-Itachi... Sono tuo padre.
Fugaku spalancò gli occhi neri, e cercò di urlare, invano.
-Io non ho più un padre.
Sussurrò Itachi, con gli occhi quasi vitrei mentre affondava la punta della katana sul torace dell’uomo, sempre più in profondità, fino al cuore.
Le urla del genitore furono una dolce melodia che portò la pace nel suo animo distrutto.
Sospirò, stanco, mentre cadeva in ginocchio, prendendosi il fianco in una mano, e stringendolo dolorosamente.
Ora, era tutto finito.
Per sempre.
Sarebbe morto, e mai più rinato. Si sarebbe congiunto con la sua metà, finalmente.
Con uno scatto, riprese l’arma, mentre il corpo di Fugaku sbatteva contro il terriccio, e si alzò a fatica, facendo perno sulla lama sporca di sangue.
Deglutì e si morse un labbro, e dopo il gracchio del corvo, si diresse verso il cimitero.
Era stata così amara la sua vendetta. Ancora non ci credeva che fosse per colpa del padre se Naruto era morto. Colpa di quel clan di cui andava fiero. Di quegli ideali che aveva sempre sostenuto.
E invece…
Sospirò, stanco e depresso, e instabile uscì dalla villa in rovina.
La pioggia lo colse, così come la prima volta che si era ritrovato a camminare nel mondo dei vivi e Itachi non riuscì a fermare il sorriso che gli si stava andando a creare, mentre chiudeva gli occhi, godendosi le lacrime che il cielo stava versando per lui.
A fatica raggiunse il cimitero, arrancando verso l’albero di Maesil e stanco, si ritrovò in ginocchio davanti alla lapide di Naruto.
La accarezzò, come avrebbe fatto con il giovane e gattonò ancora, girandosi e posando la schiena contro la superficie fredda, guardando verso il cielo nero.
Il corvo gracchiò, posandosi sul ramo dell’albero e Itachi aprì lentamente le palpebre, sorridendo malinconicamente quando lo vide.
Prima fu solo un piccolo mulinello d’aria che staccò i petali bianchi dei fiori e poi, lentamente si formò, all’interno di quel turbine, una figura angelica.
Una veste bianca, immacolata, avvolgeva il corpo di Naruto, che sorridendo, guardava con quegli occhi che Itachi aveva cercato nei suoi sogni, il ragazzo.
Il moro alzò a fatica il braccio destro verso la figura del ragazzo, sentendosi un calore nel petto che non percepiva da qualche tempo e allungò la mano verso Naruto, il quale si mosse, incamminandosi a piedi scalzi verso di lui, con un tenero sorriso.
Itachi.
Quanto gli era mancata quella voce.
Credette di scoppiare a piangere, ma non ci riuscì e nascose il dolore che aveva provato, dietro ad un sorriso.
-Naruto…
Sussurrò rauco, pregandolo.
Naruto non si fece attendere oltre e con lentezza e dolcezza, racchiuse tra le sue mani il viso di Itachi e lo alzò verso di se, avvicinandolo.
Le labbra si sfiorarono e Itachi si sentì leggero e libero.
Non era più il vendicatore.
Non era più un Uchiha.
Semplicemente era lui.
-Sono a casa.
Mormorò quando la vita lo stava abbandonando e si stava lasciando andare nel bacio della morte.
Bentornato, koi.

Sasuke inciampò, impregnandosi le ginocchia nel fango, ma non si arrese e si alzò, cominciando a correre per le lapidi di marmo, arrivando verso la tomba del fratello.
Respirò a fondo, regolando i battiti e i respiri e si appoggiò all’albero, coprendosi dalla pioggia e strinse le palpebre, singhiozzando.
Era arrivato tardi.
Itachi non c’era più.
Si lasciò cadere con la schiena appoggiata al tronco e fissò il vuoto davanti a se, mentre le lacrime si mischiavano con la pioggia di quella sera.
Poi alzò il viso, sentendo un gracchio noto, e fissò perso il corvo che volò verso di lui, fermandosi accanto alle gambe stese, e solo allora Sasuke notò un oggetto brillare nel becco del volatile.
Allungò una mano, e strinse la mano a pugno quando l’animale rilasciò l’oggetto, volando via, scomparendo nella notte.
Freddo tra le sue dita, Sasuke ammirò l’anello di Naruto, e la pietra azzurra brillò per pochi secondi, abbagliandolo.

-Qualunque cosa tu voglia fare d’ora in poi.
Io ti amerò per sempre

Chiuse gli occhi, sentendo un calore spandersi dalla fronte e sorrise, svenendo.
In pace.
Finalmente.
-Io…

§
Se le persone che amiamo ci vengono portate via, non dobbiamo mai smettere di amarle.
Le case bruciano, le persone muoiono, ma il vero amore è per sempre.

Dedicata a Itachi e Naruto.
§
Sasuke Uchiha.

Sasuke sospirò, depositando la penna sulla scrivania e rilesse le ultima parole su quel diario sgualcito, sorridendo mite e socchiuse gli occhi.
Vi ricorderò per sempre.

Owari
   
 
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