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Autore: gwapple    11/07/2012    7 recensioni
Il sole soccombe alla carica delle tenebre, e quando perfino il tempo, che mai niente e nessuno è riuscito ad arrestare, si ferma, significa che qualcosa è in atto, sulla Terra o oltre essa.
Quattro cavalieri cavalcano in silenzio i loro sinistri destrieri: le ombre, dapprima ripudiate e scacciate dalla Terra, stanno prendendo possesso dei luoghi giudicati pieni di Luce.
Questa volta non sono gli angeli e i demoni a contendersi un pezzo di cielo o un lembo di terra... ma un'apocalisse è in atto, e solo una persona può fermarla: Dio. Ma Dio è sulla terra, e c'è qualcuno che lo sta cercando.
Tra angeli caduti, la sfortuna di due fratelli, una demone molto sexy, un cerbero addestrato, un Lucifero metallaro e un viaggio straordinario attraverso tre grandi regni, nasce questa storia.
Una storia di lacrime e sangue, dove il protagonista non è il solito bravo ragazzo ma un donnaiolo incallito ed è spalleggiato da un angelo con la fissa per le giacche di jeans.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Timeless'
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Timeless 7
Buonasera fan, qui è Lady Holmes che vi parla! Mentre la mia collega scrive una scena del capitolo 8, io vi avverto di tre cosette. Prima: questo capitolo è molto lungo, non so se la cosa vi possa dispiacere o compiacere. Seconda: sembra inutile dirlo, del resto se siete arrivati fino a qui conoscerete benissimo il nostro protagonista. Ma in ogni caso mi sembra giusto avvertirvi: specialmente questo capitolo è ricco di parolacce. Turpiloquio e Jay vanno molto d'accordo, e questo lo sapevate v.v La terza è una domanda: bene, sappiate che a primo impatto io e la mia collega abbiamo scelto la sezione fantasy per questa storia, ma poi ci siamo accorte che, porco Caspian, esiste anche la "soprannaturale/Angeli e demoni" e beh, sembra più indicata. Ora, ci sembrava necessario chiedere il vostro parere a riguardo: insomma la spostiamo o no? A noi non cambia niente, ma non vorremmo lasciarvi brutte sorprese, come dire, che non trovate più la storia nella sezione fantasy, ecco >> Noi vi abbiamo avvertito, a voi la risposta :D  E adesso basta rompervi le palle, ecco il capitolo! Buona lettura! :)

Capitolo 7




Rimase qualche secondo fermo in quella posizione, poi corse giù dal letto e si diresse in bagno, vomitando anche l'anima con la testa che gli girava, le mani tremanti e gli occhi lucidi.
Era scombussolato ed esausto, e il cuore non voleva saperne di rallentare i battiti. Si aggrappò letteralmente al bordo del lavandino, prendendo grandi boccate di ossigeno, e si sciacquò la bocca per diversi minuti.
Quando finalmente alzò gli occhi sullo specchio, il ragazzo che gli ricambiò l'occhiata era pallido, coi capelli stravolti e una sorda paura in fondo alle pupille. Si passò le dita ancora bagnate sulle palpebre, per rianimarsi, e alla fine non seppe più distinguere le lacrime dalle gocce d'acqua.
Okay, è tutto finito, tutto finito. Continuava a ripetersi.
Si sentiva uno straccio, e non voleva, non voleva assolutamente pensare a tutto quel sangue intorno al corpo di suo fratello.
Si liberò dei vestiti in fretta e furia, e si infilò sotto il getto caldo della doccia, lasciando ricadere la schiena contro un lato del box, mentre l'acqua bollente gli scorreva sulle scapole e tra i capelli.
Chiuse gli occhi e ispirò, battendo un pugno sul muro dietro di sé, e poi un altro, e  un altro ancora, ringhiando tutto il dolore e la disperazione.
O stava diventando completamente pazzo o suo fratello era morto. Di nuovo.
E nessuna delle due ipotesi era accettabile.
Cosa ricordava del giorno prima? Forse era svenuto, anzi sicuramente era svenuto... e probabilmente Bill l'aveva riportato a casa.
Ed Archie era morto.
Nonostante avesse già previsto la sua morte, non era stato in grado di salvarlo. Aveva fallito.
Aveva ucciso Archie, non era stato in grado di prendersi cura di lui.
Con un fortissimo senso di nausea si asciugò e si rivestì con gli stessi abiti del giorno prima -chi cazzo se ne fregava della moda!- e corse fuori lasciando praticamente la porta aperta e la radio accesa, che continuava a trasmettere i discorsi delle due speakers di radio Hourglass.
Nell'emergere così di fretta nel corridoio si ritrovò a travolgere letteralmente la signora Mao. Jay si allungò in tempo per evitarle una caduta, poi la sommerse di scuse e scappò via, col cuore in tumulto.
L'anziana vicina non replicò, e nemmeno Guirao quando raggiunse il portone d'ingresso. Forse avevano scorto la sua espressione sconcertata e gli occhi lucidi, e avevano preferito tenere le proprie considerazioni per sé.
Jay attraversò le strade senza curarsi dei clacson e delle macchine che frenavano di colpo, e si ritrovò addirittura a fermarne una con entrambe le mani, graffiandosi anche. Si premurò di insultare il guidatore -stava troppo male per essere gentile- e quasi ebbe un sussulto quando raggiunse la saracinesca.
La alzò con un movimento secco del piede e si infilò dentro, ruggendo.
«BILL!»
Qualcosa si mosse in un punto imprecisato sotto la macchina rossa posta a pochi metri dall'ingresso e da un carrellino venne fuori la figura macchiata di Bill, circondata da un ventaglio di chiavi inglesi insozzate di olio.
«Ma ti hanno insegnato l'educazione? Che si urla così?!» lo redarguì l'uomo, sistemandosi il cappellino e rimettendosi in piedi mentre Jay, col fiato corto, lo raggiungeva e gli afferrava i lembi della giacca imbottita.
«Dov'è Archie?»
«Archie?»
«Perché mi hai riportato indietro?!» Jay non si accorse nemmeno della lacrima che gli era sfuggita dalla palpebra destra, e prima che l'uomo potesse fargli domande indiscrete se la asciugò con la manica della giacca.
«Ragazzo, che ti succede?» Bill aveva abbandonato il tono burbero, sostituito da uno apprensivo. «Stai...»
«Dove diamine è Archie?!» urlò, fuori di sé, e quando l'uomo non rispose, limitandosi a battere le palpebre e a richiamarlo, Jay batté i palmi sul tavolo, con una bestemmia. In quel frangente si accorse del giornale ripiegato. Lo afferrò immediatamente, scorrendo le notizie e il necrologio: non trovò il nome del fratello da nessuna parte. Perplesso alzò gli occhi e lesse la data.
«Perché diavolo leggi il giornale di ieri?»
«Di ieri?» Bill alzò un sopracciglio, adesso seriamente preoccupato, avanzando qualche passo titubante verso di lui. «Quello l'ho comprato stamattina.»
Jay rilassò i muscoli, guardandolo come se non riuscisse realmente a vederlo. Deglutì, sentendo il nervosismo crescere dentro di lui come una pianta rampicante irta di spine.
«No, Bill...» sussurrò, scuotendo la testa e stringendo la mascella. «No, cazzo! Questo è del 26 Marzo!»
«Appunto.»
«Fanculo!»
«Jay...?»
«IERI era il 26 Marzo!» continuò Jay, con un tono piuttosto isterico.
«Sei esaurito, per caso?»
«CAZZO!» Jay buttò all'aria il giornale, portandosi le mani tra i capelli e girando su se stesso, quasi non volesse credere alle sue orecchie. Poi iniziò a ridere.
Bill era sconvolto. «Ragazzo, sul serio, forse hai bisogno di dormire...»
«Bill, sto diventando pazzo!» spiegò Jay con gli occhi lucidi ed una risata priva di allegria. Lasciò ricadere le mani lungo i fianchi, umettandosi le labbra e continuando a scuotere la testa. «Se tutto questo è un fottutissimo scherzo giuro che vi prendo tutti a calci in culo!»
«Di che diavolo stai parlando?»
«Ieri era giovedì!» Jay allargò le braccia, nevrotico «L'altro ieri era giovedì, e oggi è giovedì pure! Ogni giorno è sempre lo stesso fottuto giorno!»
Bill abbandonò il cappello sul tavolo e si passò un polso sulla fronte imperlata di sudore, studiando il giovane. Poi sospirò. «Dio santo, Jay, mi stai facendo perdere vent'anni di vita. Io credo che tu sia un po' confuso.»
«No, non sono confuso! Io sto diventando pazzo, Bill, PAZZO!»
L'uomo lo guardò scettico.
«Sei indisposto per caso?» indagò, pulendosi le mani su uno straccio. «Ragazzo, dovresti dormire di più... non hai una bella cera!»
Esausto Jay si tirò i capelli corti via dalla fronte. Indisposto? Si sentiva una donna incinta, altroché!
Va bene, possibilmente la prima volta aveva sognato tutto quell'ambaradan. E poteva anche passare: un sogno strano capita a tutti, no?
Ma sognare due volte la stessa cosa no. E c'era qualcosa di assolutamente strano in tutto quello, nei giorni che si ripetevano, nelle azioni che si svolgevano uguali sotto i suoi occhi: possibilmente aveva urgente bisogno di caffeina.
O di una bella vacanza.
O magari tutte e due le cose insieme.
«Jay..»
Riscosso dalla voce di Bill Jay scrollò più e più volte la testa e si diresse deciso verso la sua piccolina, sotto lo sguardo preoccupato dell'uomo.
«Vado a prendere Archie.» dichiarò, infilandosi il casco.
«Ma... e Gwen?»
Giusto, Gwen. Beh...
«E chi se ne fotte!» ribatté con forza. Mise in moto e partì sgommando.




L'aereoporto della città non era molto distante dal centro e se poi quella distanza era colmata in moto il tempo che si impiegava era davvero poco. Eppure a Jay sembrò di occupare secoli.
Parcheggiò precipitosamente, si tolse il casco, e corse verso l'entrata dell'aereoporto, guardandosi in giro: si affrettò verso il tabellone degli arrivi e lo consultò velocemente, rilassandosi appena quando scoprì che l'aereo di suo fratello non era ancora arrivato.
Bene, aveva tempo per riflettere.
Dunque, il 26 Marzo sembrava divertirsi a ritornare in salse diverse. O era lui che cambiava gli eventi? Possibile, anche perché a quel che pareva era l'unico che ricordava qualcosa.
Solo un evento sembrava inevitabile: la morte di suo fratello. Jay deglutì, scacciando furiosamente l'immagine del corpo immobile di Archie riverso sulla strada e circondato dal sangue.
No, non era decisamente il tempo per pensarci. Poteva impedirlo, doveva assolutamente fare in modo che non succedesse nulla del genere.
Forse il fatto di aver preso la moto al posto dell'Alfa Romeo avrebbe cambiato qualcosa... ma cosa di preciso Jay non avrebbe saputo e potuto stabilirlo: aveva la mente piena di pensieri vorticosi che lo confondevano e lo stordivano.
Delle hostess gli passarono accanto, ridacchiando e indicandolo tra loro. Non le degnò di un'occhiata, dirigendosi verso il bar.
Aveva bisogno di cibo. E di una buona dose di caffeina.
Un hot dog, una tripla porzione di patatine fritte con maionese e due tazze di caffè più tardi Jay A. Denver si ritrovò sotto quel cartellone, di nuovo, mentre una voce metallica annunciava che il volo AS987T proveniente da Londra era appena atterrato.
Immaginò suo fratello scendere dall'aereo salutando cortesemente le hostess, salendo sulla navetta che lo avrebbe portato di fronte all'entrata dell'aereoporto per poi scendere anche da quella, dirigersi verso il nastro delle valigie e attendere insieme a tanti altri che queste venissero caricate: se lo prefigurò in mente nell'atto di prendere la propria valigia e...
«JAY!»
Il suddetto si voltò di scatto e sorrise nel vedere Archie, con gli stessi identici vestiti che gli aveva visto addosso per due giorni, correre e salutarlo. Gli corse incontro e lo abbracciò di slancio.
«Jay, non soffocarmi!» Archie lo prese a pugni sulla schiena e il maggiore allentò la presa, accorgendosi del colorito bluastro che la pelle del fratello aveva assunto. Ops.
«Scusa» ridacchiò un po' in imbarazzo. «Archibald.» aggiunse maligno, scompigliandogli la zazzera scura.
Il fratello lo guardò male.
«Idiota.»
«Secchione.»
«Demente.»
«Vecchietto.»
Archie replicò a quest'ultimo insulto con una smorfia e Jay rise, scompigliandogli ancora i capelli, per poi prendere le valigie.
«Ho portato la moto.» fece allegramente. «Quindi fratello, oggi niente pranzo da mamma, ti porto nel migliore ristorante italiano della città. Chiama anche Gwen, se ti va, anche se suppongo che sarebbe meglio che tu non lo facessi...»
Archie lo guardò sconvolto.
«Non erano questi i piani per la giornata» osservò.
In effetti quelli non erano mai stati i piani per la giornata, ma Jay si limitò a sorridere.
«Ti fidi di me?»
«No.»
«Ragazzo cattivo!»
«Jay» cantilenò Archie, ed era sempre sinonimo di guai «Che significa che non andiamo da mamma e che non prendiamo Gwen?»
«Che non andiamo da mamma e non prendiamo Gwen» rispose candidamente Jay, acciuffando una delle valige di Archie e incamminandosi a passo spedito verso l'uscita, col fratellino che lo tallonava a breve distanza. «E perché no? E' una tradizione di famiglia il pranzo da mamma. E poi sono appena tornato, e Gwen...»
«Una domanda per volta, fratellino» Jay si fece da parte, reggendo la porta per farlo passare, ma Archie non sembrava volerne sapere di uscire senza una spiegazione; così rimase al suo fianco, con le braccia conserte.
«Si può sapere che sta succedendo?»
Jay portò finalmente gli occhi su di lui, con una smorfia ironica. «Niente, cambio di programma, tutto qui. Mamma e Gwen le potrai vedere domani, oggi sei mio.» gli fece l'occhiolino e, notando che il fratello non sembrava intenzionato a superarlo, affiorò all'aria aperta, senza curarsi di tenere la porta. Archie fu costretto ad un balzo, frenandola con le mani, per impedire alla porta a vetri di spaccargli il naso.
Borbottando qualcosa di imprecisato e massaggiandosi le nocche, con una veloce corsetta lo raggiunse di nuovo, mentre la valigia gli ballonzolava contro il fianco.
«Jay, che diavolo... mi vuoi spiegare?! Gwen è la mia ragazza, e mamma l'ho sentita ieri al telefono. Sembrava tutto a posto, non capisco perché...»
Jay cercò di mettere tra sé e il minore più distanza possibile, ma mentre si dirigevano al posteggio, sotto il sole battente, realizzò che non poteva fuggire per sempre. L'incolumità di Archie era l'unica cosa che avrebbe preservato quel giorno, anche a discapito di Susan e Gwen: meglio avere con sé un fratello scostante e depresso che uno morto.
E Archie si era quasi calmato, senonché, quando scorse il mezzo di trasporto che li avrebbe riportati in città, assunse un'espressione tra il sorpreso e l'offeso.
«Che c'è?» domandò Jay sospettoso, senza voler realmente conoscere la risposta. Archie dapprima gli lanciò uno sguardo significativo, poi sospirò e allargò le braccia «Ma dico, ti sei bevuto il cervello?»
Jay lo ignorò e saltò sul sellino, spolverando il manubrio e ponendosi la valigia tra le scarpe.
«No, sono più un tipo da birra.»
Archie tramontò gli occhi al cielo, poi avanzò fino a raggiungere la moto -o meglio, fino a poter guardare il fratello in faccia, sebbene il maggiore cercasse di evitare in ogni maniera possibile il suo sguardo-.
«E' per questo che non possiamo prendere Gwen e andare da mamma? Per il tuo assurdo gusto di metterti al centro dell'attenzione e guidare questa cavolo di moto?»
«Eih, non insultare la mia piccolina, è sensibile!»
«Oh, per favore!» Archie iniziava seriamente a perdere la pazienza «Andiamo, non posso credere che Bill non avesse una macchina da prestarti!»
«Senti,» Jay lo incatenò con gli occhi -doveva inventare una scusa, o suo fratello avrebbe pernottato in aereoporto- «mamma mi ha telefonato questa mattina e si è scusata mille volte, ma credeva che saresti tornato domani. Di conseguenza ha spostato anche il pranzo. E Bill non era all'officina, oggi. Non... non l'ho visto, già. La saracinesca era...» si schiarì la gola, chiedendosi se risultasse abbastanza credibile «era, sì, era chiusa. E avevo posteggiato la moto fuori quindi ho potuto usare solo questa. Se Gwen vuole venire con noi dovrà prendere un taxi.»
«E se prendessimo noi un taxi?» propose Archie, speranzoso.
«E lasciare qui la mia piccola? Non se ne parla!» convinto di aver avuto la meglio Jay diede un colpetto sul sellino «Monta, su, e non rompere le palle.»
 «Che dolce.»
«Proprio come una torta al pistacchio eh?» il sorriso di Jay però si smorzò subito dopo, quando ricordò che all'incontro nel Caffè d'Europe era seguita, qualche ora dopo, la morte di suo fratello. Aspettò che l'altro lo seguisse, con la valigia dietro la schiena, poi gli passò il casco e infilò il proprio -solo perché Archie aveva iniziato a snocciolargli i pericoli a cui un motociclista disattento e senza casco andava incontro, con conseguenze disastrose tra cui un cranio perforato e qualche vertebra del corpo che cambiava residenza- e infine mise in moto, lasciando dietro di sé solo un nugolo di polvere.
Quel giorno non avrebbe commesso lo stesso errore: non si diresse al Caffè d'Europe, ma ad un altro bar aperto da poco ma molto frequentato -la pasticceria Carlisle, un locale che Bill gli aveva consigliato tempo addietro- dove si premurò di ordinare dolci differenti a quelli che aveva mangiato i due giorni precedenti, gioendo mentalmente quando il cameriere annunciò ad Archie che la torta al pistacchio era finita.
«Ah.»
Archie sbirciò il menù, un po' deluso.
«Però posso consigliarle un'ottima bavarese al cioccolato.» si affrettò ad aggiungere il cameriere. «Anche se la signora che si occupa della cucina oggi non c'è posso assicurarle che la ragazza che la sostituisce è bravissima.»
«Oh» il ragazzo gettò un'ultimo sguardo al menù, poi annuì chiudendolo. «Vada per la bavarese al cioccolato, allora.»
Il cameriere annuì, scrisse l'ordinazione e si allontanò verso la cucina: Jay fece appena in tempo a vedere una ragazza sottile china sul tavolo da lavoro, prima che le porte si richiudessero e la sua attenzione fosse richiamata da Archie.
«Allora, mi hai portato qui perché la ragazza che sta alla cassa è carina...» e accennò con la testa alla biondina che stava messaggiando svogliatamente alla cassa masticando una gomma americana. «O per qualche altro motivo che la mia povera mente non comprende?»
«Solo perché volevo dichiararti il mio amore lontano da occhi indiscreti» Jay si passò la lingua sulle labbra in un gesto malizioso «E perché i bagni sono liberi» e ammiccò
Archie gli mollò un pugno sulla spalla, scuotendo arrendevolmente la testa.
«Fai così con tutte quelle che si dichiarano?» indagò Jay, massaggiandosi il punto offeso col broncio.
«Solo con quelle che mi fanno proposte indecenti» ribatté Archie, storcendo il naso in una smorfia a metà tra il rassegnato e il divertito. Jay ridacchiò mentre il cameriere portava le sue ordinazioni, pensando che quell'espressione sul volto di suo fratello fosse una delle cose più tenere che avesse visto da sei mesi a quella parte.
E mentre lo osservava mangiare la bavarese, sporcandosi per chissà quale strano motivo il naso di cioccolato, si promise che in qualche modo lo avrebbe protetto. Non importava in quale, ma lo avrebbe fatto.
E con questa determinazione prese a mangiare, continuando a stuzzicare il fratellino e a prenderlo in giro per le macchie sul naso.

*

«Jay, la vuoi finire?»
«Non è mica colpa mia se è così grosso!»
Archie gli lanciò uno sguardo esasperato.
«Mi stai facendo male» lo informò piatto. Suo fratello gli rivolse una smorfia concentrata.
«Ma che diamine... perché non entra?»
Il minore dei Denver alzò gli occhi al cielo.
«Forse perché è un'altalena per neonati, genio?»
Jay capitolò con un sospiro, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi, mentre Archie si districava non senza difficoltà da quel minuscolo sellino.
«Sì ma il tuo sedere resta troppo grosso! Hai mai pensato di fare una dieta, baby?»
«Fottiti.»
«Dai, ti aiuto o con quel tuo sederone resterai incollato lì» ghignò infine il nostro protagonista, afferrando il fratello da sotto le ascelle e caricandoselo sulle spalle.
«Jay, mi hai aiutato, okay, ma ora che stai facendo?»
Il tono terrorizzato di Archie lo fece ridere.
Dopo colazione erano andati in quel parco, lo stesso in cui giocavano a pallone da piccoli, tanto amato dai loro genitori - Susan aveva spesso ripetuto come Josh Denver, lo spaccone, il casanova, l'avesse baciata proprio lì- per fare un giro: prima Jay aveva insistito per infilarlo in quella stupida altalena e in quel momento stava correndo con lui in spalla, ridendo e facendo casino come solo un enorme bambino di venticinque anni sa fare.
«Mettimi giù!» urlò Archie, tempestandogli la schiena di pugni.
Qualche vecchietta li guardava male, altre sospiravano nel ricordo della giovinezza ormai perduta: alcune mamme portavano via i loro pargoli borbottando e tappando loro gli occhi, ma per il resto tutti gli altri se ne stavano beatamente fregando.
Jay comunque lo rimise per terra, sempre ridendo.
«E dai, Archie, sciogliti un po'!» sghignazzò, dandogli uno spintone: alla fine, contagiato dall'ilarità del fratello e divertito dagli sguardi omicidi che una vecchietta gli stava lanciando, Archie iniziò a ridere.
«Ma bene, bene, ci divertiamo al parco e ci dimentichiamo della fidanzata!»
Mani sui fianchi, sguardo serio, bocca piegata in un broncio. Gwen li stava guardando come nemmeno loro madre aveva fatto in tutti quegli anni passati a combinarne di tutti i colori -identificabile come l'infanzia- tanto che persino Jay smise di ridere.
Archie le lanciò uno sguardo preoccupato.
«Tesoro...» tentò, ma lei non lo fece continuare perché incominciò a saltellare come una bambina.
«Oh amore, andare in taxi è stato così eccitante! Non l'avevo mai preso! Il tassista era un messicano credo, era così barboso e arrabbiato... e non conosceva l'indirizzo, così ha chiesto a un suo collega di spiegarglielo! Imprecava sempre, ma almeno l'aria condizionata funzionava! Allora mi sono detta: mangerò qualcosa al cioccolato, perché sai come fa bene il cioccolato all'anima? Mia nonna lo diceva sempre e... JAY!»
E Jay, talmente concentrato nel capire se Gwen respirasse tra una parola e l'altra, si ritrovò stritolato da un abbraccio della suddetta sotto lo sguardo divertito di Archie.
«Oh ma come sono felice di vederti!!» strillò tutta contenta la ragazza, mordendosi il labbro.
Impacciato e imbarazzato, non essendo abituato a tanto entusiasmo, Jay rivolse uno sguardo supplichevole verso il fratellino che sghignazzò e alzò le spalle.
Traditore.
«Perché non vieni mai a trovarmi con Archie?» s'imbronciò improvvisamente Gwen, staccandosi da lui. «Io mi diverto quando vieni! Sei così simpatico e... oh ciao anche a te, tesoro!»
Come ricordandosi della sua presenza solo in quel momento Gwen interruppe il suo soliloquio per gettare le braccia al collo di Archie e incollarsi alle sue labbra.
Non che a Jay fosse dispiaciuto che quell'insensato fiume di suoni senza capo né coda si fosse arrestato così bruscamente: conosceva abbastanza Gwen per poter tranquillamente accordare che la ragazza tendesse spesso a saltare da un argomento all'altro come se niente fosse, o rivolgersi improvvisamente ad un'altra persona, seppellendo nei recessi più reconditi nel proprio cervello e della propria attenzione quella con cui stava parlando in precedenza.
Tuttavia, si ritrovò a distogliere lo sguardo disgustato quando i due piccioncini non sembrarono intenzionati a staccarsi subito. Ma quanto poteva durare la loro riserva d'aria?!
Aspettò pazientemente che terminassero quei suoni appiccicosi, ma quando ciò non avvenne, irritato, si decise ad intervenire. «Allora, possiamo andare?»
Archie e Gwen finalmente si separarono, il primo rosso di vergogna, la seconda leggermente divertita.
«Dove?» chiese il primo, distratto. Jay alzò un sopracciglio «Non so, tu che vuoi fare a orario di pranzo? Giocare a bowling?»
«Allora scegliamo un ristorante, magari italiano come avevi proposto» risolse Archie, ignorando la frecciatina. Poi guardando Gwen: «Che ne pensi se..»
«Oh no, niente ristoranti!» si inserì Jay con urgenza, e quando ebbe ottenuto tutti gli occhi addosso continuò, schiarendosi la gola. «Meglio qualcosa di più... non so...»
«Ma eri stato tu a suggerire il ristorante italiano, stamattina.» insistette Archie.
«Beh, ho cambiato idea.»
Archie batté le palpebre e Jay rise nervosamente.
«Voglio dire... sono così cupi e deprimenti, i ristoranti...»
E nei ristoranti avrebbero propinato gli stessi cibi che avevano mangiato il giorno prima, e quello prima ancora... e  entrambe le volte Archie era morto. No, doveva cambiare gli eventi, se voleva anche solo sperare di salvarlo.
Archie e Gwen si scambiarono un'occhiata interrogativa, mentre Jay si guardava freneticamente intorno, alla ricerca di un disperato aiuto e di una risposta plausibile. Poi il suo sguardo venne catturato da un'insegna al neon che lampeggiava su un camioncino, e sospirò di sollievo. Salvezza!
«Che ne dite di un hot dog?» propose poi, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio. Già Archie si stava preparando a replicare con una secca ramanzina, su quanto fosse poco carino mangiare dei panini proprio il giorno in cui lui tornava, e peggio ancora costringere Gwen -la povera e delicata Gwen, citando le sue probabili parole- a macchiarsi le mani con la maionese, quando la suddetta se ne uscì con un risolino allegro e complice.
«Oh, ma io AMO gli hot dog!»
Jay e Archie spalancarono gli occhi, l'uno trionfante, l'altro avvilito.
«Stai scherzando?» volle informarsi il minore.
 Gwen di tutta risposta gli strinse la mano, inclinando appena la testa. «Cos'è, sei convinto che io sia una femminuccia da quattro soldi? Non ho bisogno di caviale e champagne! E mi piacciono gli hot dog, anzi ne vado matta!»
Jay non riusciva a credere alle proprie orecchie.
 Sentiva di adorare Gwen. Forse aveva sbagliato a trattarla così male in passato...
«Hai visto?» rivolse un sorrisetto di sfida ad Archie, che rispose facendo il muso. «Perfino la tua ragazza è d'accordo con me, e siamo due contro uno! Per amor della giustizia abbiamo vinto noi, tu che dici? Accetterai di abbassarti al livello dei comuni plebei?»
Il bruno tramontò gli occhi al cielo, poi superò entrambi con un sospiro da genitore stanco. «E vada per gli hot-dog...»
Jay esultò mentalmente, mentre Gwen emetteva un gridolino eccitato. Un attimo dopo gli si era aggrappata al braccio, euforica come una bambina di fronte ad un gelato.
«Sai che papà mi portava sempre a mangiare hot dog la domenica, quand'ero piccola? Ci facevamo lunghe camminate nel parco, al tramonto, col vento tra gli alberi e, dio, era così rilassante! E quei panini erano squisiti, così caldi e morbidi! Si chiamava Frank il tipo che li faceva, credo, oppure Jim, o Jack, o Francis, o...» Jay aveva smesso di ascoltarla già dal "sai", concentrandosi a seguire i movimenti del fratello con un gran sorriso. Era orgoglioso di se stesso: ci stava riuscendo. Questa volta stava sul serio cambiando gli eventi.
Questa volta... questa volta avrebbe salvato Archie.
Ordinarono tre maxi hot dog e tre porzioni di patatine e si sedettero in uno di quei tavoli di legno coperti da una tettoia e circondati da alberi, proprio vicino al laghetto. Archie si chinò a cogliere un narciso e lo porse a Gwen che sorrise, intenerita, e gli schioccò un bacio sul naso.
Alle loro spalle, mossi da un leggero vento, petali di pesco e ciliegio cadevano lentamente, volteggiando per aria prima di posarsi sul terreno. Quel posto aveva l'impressionante capacità di rilassare Jay.
Susan tampinò sia lui che il fratello con decine di telefonate che Jay fingeva di non sentire -anzi spense direttamente il cellulare- e che invece facevano aggrottare le sopracciglia di Archie. Ma prima che il fratellino potesse rispondere Jay gli prendeva il cellulare, con la scusa di guardare l'orario. Alla fine gli spiegò con un sorriso, che il giorno dopo avrebbero fatto una sorpresa alla mamma, e Archie finalmente si tranquillizzò.
I petali continuavano a galleggiare nell'aria, cadendo con calma.
«E' bellissimo qui.» sussurrò Gwen, incantata.
Jay annuì, sistemandosi di fronte a lei.
«Era il posto preferito di mio padre... e un po' è anche il mio» ammise, immalinconito, portandosi una patatina grondante di maionese alla bocca. Probabilmente avrebbe aggiunto qualcosa di profondo, giusto per impressionare Gwen, ma qualcosa gli colpì la guancia e toccandosi la faccia scoprì che...
«Archie! E che schifo!»
Archie rise, piegato in due, la bottiglia di maionese accanto.
Gwen sbatté qualche minuto le palpebre, non capendo cosa fosse successo. Per innalzarla al celebre mondo della... maionese Archie le schioccò un rumoroso bacio sulla guancia.
La ragazza fece un saltello, portandosi una mano allo zigomo.
Jay pensò che fosse bello stare lì, con loro due, a ridere e comportarsi come un bambino. Addentò il suo hot dog, masticandolo con un sorriso mentre scostava lo sguardo per non vedere le smancerie di Gwen e Archie -la prima stava leccando la faccia di suo fratello sghignazzando su quanto fosse buono mentre il secondo rideva e si dimenava- e osservò i petali di pesco e ciliegio volteggiare dolcemente.
Improvvisamente il futuro, per una strana ragione, non sembrava così oscuro.
Deglutì il boccone e stava per prendere un sorso di coca cola quando una sagoma attirò la sua attenzione. Quasi si strozzò con la bibita e prese a tossire convulsamente mentre Archie gli dava delle pacche sulla spalla: vide il ragazzo voltarsi, squadrarlo, il suo viso assumere un'espressione confusa.  
Era il tipo coi capelli scuri e la giacca di jeans con cui si era scontrato il primo giorno, e che aveva aspettato con ansia il secondo, senza vederne traccia. Era l'unica eccezione alla sequenza di coincidenze che continuavano a ripetersi a oltranza.
Era l'unica luce in quell'oscurità priva di senso.
L'unica speranza che gli era rimasta per comprendere cosa cazzo stesse succedendo.
«Ehi!» lo chiamò Jay con la voce ancora gracchiante per il quasi soffocamento, saltando in piedi, seguito dallo sguardo allibito di Archie e Gwen.
Il ragazzo spalancò gli occhi, all'improvviso quasi spaventato; e quando Jay, col cuore a mille, si avvicinò a grandi passi verso di lui quello indietreggiò in maniera sconnessa.
«Tu, aspetta!» urlò Jay iniziando a correre, subito imitato dall'altro, che si tuffò in mezzo alla folla e agli alberi.
«Dannazione!» Il biondo accelerò la corsa: non poteva lasciarselo scappare. Quel ragazzo, come lui, sembrava cambiare comportamento ogni giorno. Sembrava sapere.
«Jay, un momento, ma cosa...» si stava intanto domandando Archie, alzandosi a sua volta insieme alla propria ragazza. Quando si rese conto che il maggiore non gli stava dando conto si ritrovò a braccarlo a breve distanza, cercando di richiamarlo indietro.




To be continued ~




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Era così concentrato a non togliergli gli occhi di dosso che non si accorse di essere uscito fuori dal parco e di star attraversando di filato la strada, e nemmeno di essere seguito dal fratello e Gwen. Si rese conto di tutte queste cose assieme quando un clacson e una luce improvvisa lo investirono, la voce terrorizzata del fratello urlava il suo nome, e qualcosa lo urtava violentemente su un fianco.
Venne sbalzato a qualche metro, e sbatté con violenza sull'asfalto, rotolando un paio di volte prima di fermarsi. L'impatto gli strappò un gemito.
«Jay!»








~ Angolo Autrici { ovvero quelle folli di Lady Holmes e Miss Watson } ~

Vegonunmed a tutti, lettori! :D
*Miss Watson arriva trafelata*
Scusate, è stato lungo e faticoso e fa caldo!ç_ç
E il mio mouse del Caspian non funziona come dovrebbe! T_T ah sì, e l'anticipazione è molto bastarda, come noi. C'è stata una vera e propria svolta, eh?? Non ve l'aspettavate! v.v
*si asciuga la fronte con un fazzolettino*
Per quanti ci staranno odiando penso che il vostro mouse si sia suicidato, Lady Holmes
E' possibile, miss Watson, è possibile, anzi probabilissimo >> Ma anche lei ci colpa, eh, lei mi fa compagnia e non mi ha ancora consegnata alla giustizia v.v
Dovrebbero consegnare me per prima, Lady Holmes xD E poi sa che noia?
*Miss Watson passa del the freddo alla collega*
Ordunque, che aggiungere?
*Lady Holmes lo beve in un sorso, poi sospira di sollievo come Jay dopo una bottiglia di birra*
Che aggiungere? Che un po' ci piace vedervi soffrire, e quindi abbiamo stroncato il capitolo proprio sul più bello *-*
La mia collega si è espressa benissimo xD Ma si beh, ormai pensare Jay che non impreca è reato: considerando sotto chi è nato, poveraccio xD
Comunque spero che questo capitolo vi sia piaciuto - noi ci mettiamo tanto ammmore nel scriverlo- e ci piacerebbe sentire la vostra opinione a proposito del miserioso ragazzo!
Chi è? Che importanza ha nella storia?
Ma sopratutto: riuscirà Jay a prenderlo - e non pensate male monellacci!- prima che al nostro Archie succeda qualcosa di brutto?
Ammesso che c'entri qualcosa, eh XD
Ma noi vi facciamo illudere, con queste domande u.ù tipo con la signora Mao e il signor Guirao.. magari non servono a nulla -o magari il signor Guirao estrarrà il fucile e farà fuori Jay >.>-, ma intanto voi vi fate filmini mentali e noi sghignazziamo contente xD
E poi... beh volevamo ringraziare tutti coloro che leggono, chi ha inserito la storia tra seguite, preferite e compagnia bella, e soprattutto coloro che hanno recensito, solo che ci scocciamo ad andare a prendere i nomi, quindi accontentatevi. Tanto sapete che parliamo di VOI! *____* E' l'orario, sono le undici, praticamente, e noi siamo stanche! T_T
Regaliamo a tutti torte e ammore!
Siete fantastici!^^
Ringraziamo chi ci segue su facebook e sopporta i nostri scleri quotidiani e i nostri collage!XD
Alla prossima, gente! :D
E ricordate: la musica è la voce dell'anima! :3

 

***

1. Gwen che mangia l'hot dog:

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2. Bill e Susan:

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3. Un Jay coi capelli più lunghetti *-* -come si ridurrà probabilmente, insomma-:

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R.u.b.r.i.c.a: GIF A RANDOM [oggi dedicate solo a Jay ^^]

1. Jay, nell'officina di Bill, quando realizza che lo stesso giorno si sta ripetendo:

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2. Sempre il nostro eroe, che crede di essere diventato pazzo:

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3. Sempre lui, nell'atto di... imprecare [??]:

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