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Autore: Kag87    27/01/2007    5 recensioni
La vita di lei? Il sogno d'averne una normale. Senza rimpianti o ricordi inutili, avrebbe abbandonato volentieri quella vita. La vita di lui? Caos. Un romano che vive alla giornata, sperpera, sogna, vive. Una vita di completa anarchia. ...E se per un particolare incidente del destino, le loro vite dovessero intrecciarsi?...
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Secondo

 

 

 

Ringrazio

Shirin ed Athenachan per aver commentato, spero che seguirete la mia storia sino alla fine sperando

che vi piaccia.

Kag87

 

 

 

Il ticchettìo dell'orologio, pareva intimarle di sollevarsi da quella

temporanea apatia.

Se così poteva essere chiamata. Non si mosse.

Solamente il fischio del bollitore in cucina la riportò finalmente alla realtà. Discostò di poco le

iridi corvine verso la porta. Emulò una specie di sospiro, poggiando gli avambracci sul materasso.

Un brivido le percorse la schiena, l'aria fredda che si insinuava tra le imposte le sfiorò la

pelle d'alabastro in un tocco.

Non diede molto conto agli spifferi, era abituata ormai a quella casa cigolante e malmessa.

Si diede una piccola spinta in avanti, saggiando con la pianta il parquet della stanza.

Percorse stancamente il lungo e stretto corridoio che portava alla cucina.

Cucina poi, quelle quattro mura non erano degne d'esser chiamate casa.

Una casa doveva essere accogliente, la sua, era solamente vuota.

Come lei infondo.

Subentrò nel cucinotto, dove il piccolo bollitore posto sopra il fornello ringhiava

fumando impazzito.

Spense la fiammella azzurrina, bassa, spegnendo così quel rumore insopportabile.

Non aveva fame.

Si limitò a versare l'infuso in una tazza. Rimase così, in piedi ad osservare il fumo grigiastro

che condensava sul tettuccio della cappa.

Scostò una seggiola da sotto il tavolinetto, afferrando il telecomando.

Lo zapping non riuscì a distrarla dalla sua tremenda 'nausea della vita', le immagini azzurrine

proiettate attraverso lo schemo, fungevano solamente da pannelli dinanzi agli occhi.

Null'altro.

Le immagini scorrevano ma lei, non si rendeva nemmeno conto di ciò che contenessero.

La spallina fina della sottoveste le scivolò lungo la spalla sinistra, lasciandole scoperto un lembdo di carne.

Tremò appena, sollevando quasi morbosa il pezzetto di stoffa.

Odiava mettersi a nudo, seppur fosse sola in casa.

L'immagine di sua madre, delle sue notti, di quei gemiti estinti nel buio.

Tante volte aveva nascosto la testa sotto il cuscino per nascondere quei suoni orribili.

La sola idea del sesso la disgustava. Sin da piccola, l'immagine di quel particolare

atto gl'era sempre rimasta in mente così. Un atto spregevole, non d'amore.

Lei stessa era nata da quell'insulsa unione di due corpi fredda, irriverente, al solo scopo del piacere.

Portò le gambe sopra la seggiola, nascondendo la pelle visibile da queste sotto la veste.

Sospirò, da quanto tempo non piangeva. Non l'aveva mai fatto, dalla vita aveva imparato due cose importanti:

Non lasciare mai che un uomo entrasse nella sua vita e non mostrare mai le proprie emozioni.

Era sempre stata chiusa, riservata e solitaria.

Le superiori che aveva frequentato solamente sino al secondo, erano state un vero incubo.

Ragazzi, quella era la parola malvagia.

Le si avvicinavano, rozzi, senza pudore, volevano solamente una cosa.

Aveva avuto poche amicizie in vita sua, forse per il fatto che a ventitrè anni non aveva mai avuto

un ragazzo. Mai ricevuto un bacio, una carezza. Niente.

Quando le poche conoscenze che s'era fatta le chiedevano 'Kagome, è vero che sei ancora vergine?', lei non rispondeva.

Rimaneva isolata dal resto del mondo, in quella casa, a fissare il vuoto, senza porsi troppe domande.

Nessun uomo, nessuno sarebbe entrato nel suo letto.

Lei odiava il genere maschile, tutto, aveva paura.

Le labbra rosse si schiusero in una linea retta, inespressiva. L'unica amica che le era rimasta era Sango.

Non si frequentavano molto da quando lei aveva cominciato a lavorare.

Sango era un'affermata giornalista, non v'era rivista di moda che non contenesse un suo articolo.

Invece lei...

Si manteneva a stento con quel lavoretto part-time al supermercato, dove andava si e no tre volte alla settimana.

La paga era poca, però per una persona sola era più che sufficiente.

L'amica, le aveva sempre detto che si sarebbe meritata di più, una vita più gratificante, qualcosa di meglio.

Non le importava, non aveva chiesto lei di nascere e come viveva la sua esistenza bastarda non doveva interessare

a nessuno.Non era egoista, solamente realista.

Godere di una vita non desiderata? Perchè?

Cominciava a sentire il peso di quella sua routine...

 

 

 

 

Una vista mozzafiato, il brillìo quasi innaturale della città s'affacciava sul panorama alto.

Le case parevano quasi minuzie al confronto di tanto trionfo.

Magnifico, era spettacolare respirare l'aria di Roma.

Seppur qualche volta nei polmoni si rimescolava l'odore acre dello smog cittadino.

Se ne stava incollato sul parapetto della zona panoramica, luogo assai frequentato a quell'ora di notte.

Dall'alto si scorgeva piazza di Spagna, con le gradinate e l'immensa piazza, il foro, il colosseo, le terme di Caracalla.

Tutto si perdeva a vista d'occhio tra i lumi notturni, creando un fatiscente spettacolo agli occhi.

Si sporse appena, nuovamente, facendo irritare l'amico che come un segugio gli stava alle calcagna.

"...aspetta...scend...ma guard...oddio cadi...".

Miroku era fatto così, si preoccupava sempre di tutto, un fifone dalla nascita.Ad ogni mossa azzardata dell'altro, eccolo

allungare la mano ed il passo, pronto ad un eventuale soccorso.

Era strano, in tutti i sensi.

Simpatico, nulla da ridire su questo. Il suo bizzarro modo d'abbinare i colori era ciò che preoccupava l'intera Roma.

Girare con Miroku, equivaleva ad un cazzotto nell'occhio.

Lui era antiestetico. Mescolava il blu col rosso, il marrone col nero. Inventava stili 'originali'

che per sua sfortuna non capiva nessuno.

Era in realtà, un fissato della nuova tendenza. Dove c'era lui c'era moda, almeno dalla sua visuale.

Era stato soprannominato 'Er Burino' proprio per quel suo piccolo particolare.

Non v'era nulla da dire sul suo aspetto, alto, non troppo ben piazzato, nella media, piuttosto gracilino

seppur con tutti i pezzi al posto giusto.

Un bel visetto, sempre sorridente e mai intristito. Era il 'tiramisù' della compagnia, il clown, più semplicemente.

Tutto quel che faceva Miroku era una risata. Non c'era verso d'affrontare un discorso serio in sua presenza.

Aveva il brutto vizio di andar dietro ad ogni 'pupa' che mostrasse 'cenno di starci', cosa che non succedeva quasi mai.

L'unica cosa che gli veniva concessa era un bel cinquino sulla guancia, perennemente rossa.

Quel suo 'essere pervertito' non veniva minimamente nascosto, si poteva riconoscere da un miglio.

Malizioso nei gesti, così nello sguardo.

A prima vista, quelle maree azzurre che si ritrovava al posto delle iridi, parevano tutto tranne che appartenere ad un deviato mentale.

In un primo momento, ci si poteva pure cascare. Tempo dieci minuti però e l'ego di Miroku fuoriusciva impertinente.

" A 'Pinna smettila" continuò imperterrito il moro in piena crisi di panico.

Er Pinna, o Pinnarolo qualsivoglia era il soprannome che avevano affibiato a colui che si sdindolava

dal parapetto.

Forse per la sua ossessione per i motori,o a girare con questi altamente modificati gl'era costato tale nomignolo.

"A pupo te voi calmà?" profuse l'altro, interrompendo, per amor dell'amico o semplicemente per interrompere

la lagna di questo, il suo protrarsi verso il precipizio sottostante.

"Ma calmate te, o sai che me da fastidio no...e te continui continui...me voi ammazzà?" rispose l'altro inarcando appena

un sopracciglio.

Inuyasha, vero nome del Pinna, utilizzato pressochè mai per indicare il giovane era uno dei romanacci più coatti dell'intera Roma.

Estremo sino al midollo, un vivi alla giornata come capita.

Sembre infighettato e con la cicca pronta in mano.

Il classico Romano de Roma, grezzo, strafottente e altezzoso. La sua vita? Una cosa da raccontare.

Non stava mai fermo nello stesso posto, usava cambiare sempre 'aria', senza dimora fissa.

L'unica cosa che lo distingueva da una persona normale era la sua natura.

Un tempo, in passato, v'erano state dicerie su unioni proibite.

Nel mondo, come secoli prima, coesistevano Umani e Demoni. Seppur vi fossero stati astii e lotte,

nessuna delle due razze aveva mai preso il sopravvento l'una sull'altra.

Col tempo le due razze avevano tentato di coesistere, a volte v'era l'eccezione che un demone ed un umano s'unissero.

Da qui, erano nati i mezzi demoni. Proprio come Inuyasha.

Lui non dava troppo peso al suo essere per metà, ormai gli hanyou erano molteplici in natura ed ormai era stata accettata questa nuova razza.

Una caratteristica comune ai meticci era quella d'avere qualcosa che accomunasse entrambe le razze dalla quale erano nati,

nel caso di Inuyasha erano le orecchie.

Non corrispondevano a quelle umane, a quelle demoniache con una conformazione appuntita verso l'alto, simile a quella elfica delle

leggende.

Erano 'animali'. Era come se le orecchie d'uno shiba fossero state trapiantare sul capo del mezzo demone.

Bianche, non troppo piccole e di aspetto gradevole.

A differenza degli altri hanyou con problemi 'mentali' dovuti al rifiuto della loro natura e alla difficoltà nell'accettare tale situazione,

lui disponeva d'un arma non indifferente.

Una vanità, forse eccessiva.

Sapeva di essere bello, non carino, non figo. Bello.

Altra caratteristica, forse positiva del suo stato era l'avere un colorito particolare negli occhi e nei capelli.

Estrasse una sigaretta dalla tasca posteriore dei jeans, sedendosi stravaccato su una panca poco distante.

"Che stanchezza..." profuse ironico, sottolineando il fatto di aver vagabondato tutto il giorno.

La penombra s'infittiva maggiormente nel punto nel quale l'hanyou s'era appostato, ovviamente sotto

lo sguardo vigile di Miroku che osservava contrariato la scena, odiava il fumo, dunque se ne stava a debita distanza.

Tra la bruma cenerina provocata dal fumo solamente un lieve pallore si distingueva.L'oro.

La solennità strafottente di quello sguardo, disegnato come un dipinto impressionistico negli occhi.

Un'espressività quasi innaturale rendeva quel volto, attraversato dai tratti spigolosi ma delicati,

vivo.

Poggiò il gomito al limitare dello schienale della panca, distendendolo sopra di essa. Rigettò appena il capo indietro,

sbuffando una boccata di fumo.

"Pinna...hai già pensato a quell'affare?" mormorò Miroku intromettendosi nel silenzio del posto.

L'amico sollevò appena l'indice, intimandogli di fare silenzio. Era il suo momento di relax.

Er Buri, diminutivo dell'aggettivo originale, fece come indicatogli dall'amico.

Le orecchie dell'hanyou si mossero appena sul capo.Passi...

Una figura alta, slanciata, apparve quasi come uno spettro tra le fronde dei faggi che circondavano la zona.

Il cigolìo d'un girello per bambini in lontananza, compagnava l'austero passo di quella che si figurò come una donna.

Il volto ovale recinto dai bei capelli scuri, appena mossi dietro la nuca da una leggera permanente.

Occhi sottili, d'un profondo pece s'insinuavano felini nella zona.

Quasi come un'alta signora camminava tra i due demoni suoi accompagnatori, pareva uno di quei mafiosi siciliani

con la scorta al seguito.

Avvolta nell'abito rosso, corto sopra le gambe. La scollatura del seno pareva sin troppo sfacciata per una del suo 'rango'.

A'Matrona. Come veniva soprannominata, si fermò a poca distanza dai due già presenti.

Miroku si scostò appena, quasi intimorito dalla sua figura. Pareva un fantasma tanto era sottile il suo passo.

Le labbra rosse, contorniate da un rossetto cangiante s'incresparono in un mesto sorriso.Spento.

"Pinna..." proferì atona,il timbro di lei pareva quasi mielato nel rivolgersi al mezzo demone,

forse perchè da anni era il suo obiettivo principale, seppur, nonostante i suoi sforzi non fosse mai

riuscita ad ottenere il cuore selvaggio del bel meticcio.

In realtà, nessuna sin ora era riuscita a far innamorare di Inuyasha, pareva quasi una sfida tra le donne

che abitavano nei dintorni.

Lui non si volse, emise solamente un colpo di tosse in tutta risposta.

Più lui la ignorava, più lei si sentiva attratta.

Classico.

Avvicinò qualche passo alla figura di lui, nel mentre anche gli altri due 'scagnozzi' venivano alla luce.

Er Buri s'avvicinò ai due. Pareva quasi geloso della donna, non permetteva a nessuno d'avvicinare il suo migliore amico.

Aveva forse troppa stima di Inuyasha, infondo erano amici sin da bambini e quella donna era un potenziale ostacolo, da eliminare.

Seppur fosse attratto dalla sua bellezza maligna, vedeva bene di stare alla larga da lei.

Era risaputo che Kikyou, 'a Matrona aveva interesse solamente per una persona. Anche i muri ne erano

a conoscenza.

Eppure er Pinna rimaneva distante a questo...

"Stasera hai da fare?" sibilò lei, quasi fosse una vipera.

Lui annuì appena. "Ho da fare con Miroku..." solamente questo, la sua risposta parve piuttosto seccata.

Non sopportava le ruffiane. Lei era una di queste, bella senza dubbio ma, seccante.

Lei distorse le labbra in una smorfia, come osava risponderle a quel modo? Non si scompose più di tanto.

"Capisco" rispose secca.

La risposta dell'amico e la reazione di Kikyou resero il moretto trionfante, sghignazzò sottò i baffi

di gusto.

Se lo meritava la strega.

Emise un colpo di tosse, solo quando ricevette un'occhiata fulminante da parte della donna.

Ventidue anni di immaturità quella.

Rimase silenzioso, godendo però sotto sotto, della situazione.

 

 

 

 

Il campanellò suonò.

Strano, non aspettava nessuno. Si alzò lentamente dalla seggiola, trascinandosi a malavoglia verso la porta.

La aprì, rimanendo piuttosto seccata del non trovare nessuno al di là di questa.

Un soffio appena emisero le labbra piene, fece per richiudere la porta, quando qualcosa attrasse la sua attenzione.

Si abbassò per raccogliere l'oggetto della sua apparente curiosità.

Osservò vaga ciò che tratteneva tra le mani.

Inespressiva.

Una busta bianca, nessun mittente, nessun affranco. Niente.

La aprì, estraendone un biglietto.

Rimase sconcertata. Richiuse la porta dietro di , non mostrando troppo interesse o sorpresa per

l'oggetto ricevuto.

Poggiò la busta ed il suo contenuto sul tavolinetto della cucina, mentre tornava seduta. Rimase ad osservarli incerta.

Sul biglietto v'era scritto 'Roma'.

Andata e ritorno.

Chi aveva interesse a regalarle una vacanza così costosa?

Le iridi spente, non s'accesero minimamente. Morse il labbro inferiore, alzandosi nuovamente.

Prese il biglietto tra le mani decisa a strapparlo.

"..." qualcosa però la fermò.

Un bigliettino, era fuoriuscito per metà dalla lettera.

Lo estrasse.

Su scritto vera solamente 'Ti aspetto, Sango'.

Qualcosa di somigliante ad un sorriso le percorse le labbra. Un regalo di Sango?

Avrebbe dovuto accettare forse...

Non era sicura...

 

 

  
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