Nata per errore
Capitolo Secondo
Ringrazio
Shirin ed Athenachan per aver commentato, spero che seguirete la mia
storia sino alla fine sperando
che vi piaccia.
Kag87
Il ticchettìo dell'orologio, pareva intimarle di sollevarsi da
quella
temporanea apatia.
Se
così poteva essere chiamata.
Non si mosse.
Solamente
il fischio del bollitore in cucina la riportò finalmente alla realtà. Discostò di poco le
iridi corvine verso la porta. Emulò una specie di
sospiro, poggiando gli avambracci sul materasso.
Un brivido le percorse la schiena, l'aria fredda che si
insinuava tra le imposte le sfiorò la
pelle d'alabastro in un tocco.
Non diede molto conto agli spifferi, era abituata ormai a quella
casa cigolante e malmessa.
Si diede una
piccola spinta in avanti, saggiando con la pianta il
parquet della stanza.
Percorse
stancamente il lungo e stretto corridoio che portava alla cucina.
Cucina
poi, quelle quattro mura non erano
degne d'esser chiamate casa.
Una casa doveva
essere accogliente, la sua, era solamente vuota.
Come lei infondo.
Subentrò nel
cucinotto, dove il piccolo bollitore posto sopra il fornello ringhiava
fumando impazzito.
Spense la fiammella
azzurrina, bassa, spegnendo così quel rumore insopportabile.
Non aveva fame.
Si limitò a versare
l'infuso in una tazza. Rimase così, in piedi ad osservare il fumo grigiastro
che condensava sul tettuccio della cappa.
Scostò una seggiola
da sotto il tavolinetto, afferrando il telecomando.
Lo zapping non
riuscì a distrarla dalla sua tremenda 'nausea della vita',
le immagini azzurrine
proiettate attraverso lo schemo,
fungevano solamente da pannelli dinanzi agli occhi.
Null'altro.
Le immagini scorrevano ma lei, non si rendeva nemmeno conto di ciò che
contenessero.
La spallina fina
della sottoveste le scivolò lungo la spalla sinistra, lasciandole scoperto un lembdo di carne.
Tremò appena,
sollevando quasi morbosa il pezzetto di stoffa.
Odiava mettersi a nudo, seppur fosse sola in casa.
L'immagine
di sua madre, delle sue notti, di quei gemiti estinti nel buio.
Tante volte aveva
nascosto la testa sotto il cuscino per nascondere quei suoni orribili.
La sola idea del
sesso la disgustava. Sin da piccola, l'immagine di quel particolare
atto gl'era sempre rimasta in mente così. Un
atto spregevole, non d'amore.
Lei stessa era nata
da quell'insulsa unione di due corpi fredda,
irriverente, al solo scopo del piacere.
Portò le gambe
sopra la seggiola, nascondendo la pelle visibile da queste sotto la veste.
Sospirò, da quanto
tempo non piangeva. Non l'aveva mai fatto, dalla vita aveva
imparato due cose importanti:
Non lasciare mai
che un uomo entrasse nella sua vita e non mostrare mai le proprie emozioni.
Era sempre stata
chiusa, riservata e solitaria.
Le
superiori che aveva
frequentato solamente sino al secondo, erano state un vero incubo.
Ragazzi, quella era
la parola malvagia.
Le
si avvicinavano, rozzi,
senza pudore, volevano solamente una cosa.
Aveva avuto poche
amicizie in vita sua, forse per il fatto che a ventitrè anni non aveva mai avuto
un ragazzo. Mai ricevuto un bacio, una
carezza. Niente.
Quando le poche
conoscenze che s'era fatta le chiedevano 'Kagome, è vero che sei ancora vergine?', lei non rispondeva.
Rimaneva isolata
dal resto del mondo, in quella casa, a fissare il vuoto, senza porsi troppe
domande.
Nessun uomo,
nessuno sarebbe entrato nel suo letto.
Lei odiava il genere maschile, tutto, aveva paura.
Le labbra rosse si
schiusero in una linea retta, inespressiva. L'unica amica che le era rimasta era Sango.
Non si
frequentavano molto da quando lei aveva cominciato a
lavorare.
Sango era un'affermata giornalista, non v'era
rivista di moda che non contenesse un suo articolo.
Invece lei...
Si manteneva a
stento con quel lavoretto part-time al supermercato, dove andava si e no tre volte alla settimana.
La paga era poca,
però per una persona sola era più che sufficiente.
L'amica, le aveva
sempre detto che si sarebbe meritata di più, una vita
più gratificante, qualcosa di meglio.
Non le importava,
non aveva chiesto lei di nascere e come viveva la sua esistenza bastarda non
doveva interessare
a nessuno.Non era
egoista, solamente realista.
Godere di una vita
non desiderata? Perchè?
Cominciava a
sentire il peso di quella sua routine...
Una vista
mozzafiato, il brillìo quasi innaturale della città
s'affacciava sul panorama alto.
Le case parevano
quasi minuzie al confronto di tanto trionfo.
Magnifico, era
spettacolare respirare l'aria di Roma.
Seppur qualche volta nei polmoni si rimescolava
l'odore acre dello smog cittadino.
Se ne stava
incollato sul parapetto della zona panoramica, luogo assai frequentato a quell'ora di notte.
Dall'alto si
scorgeva piazza di Spagna, con le gradinate e l'immensa piazza,
il foro, il colosseo, le terme di Caracalla.
Tutto si perdeva a
vista d'occhio tra i lumi notturni, creando un fatiscente spettacolo agli occhi.
Si sporse appena,
nuovamente, facendo irritare l'amico che come un segugio gli stava alle
calcagna.
"...aspetta...scend...ma
guard...oddio cadi...".
Miroku era fatto così, si
preoccupava sempre di tutto, un fifone dalla nascita.Ad
ogni mossa azzardata dell'altro, eccolo
allungare la mano ed il passo, pronto ad un eventuale
soccorso.
Era strano, in
tutti i sensi.
Simpatico, nulla da
ridire su questo. Il suo bizzarro modo d'abbinare i colori era ciò che
preoccupava l'intera Roma.
Girare con Miroku, equivaleva ad un cazzotto nell'occhio.
Lui era
antiestetico. Mescolava il blu col rosso, il marrone col nero. Inventava stili
'originali'
che per sua sfortuna non capiva nessuno.
Era in realtà, un
fissato della nuova tendenza. Dove c'era lui c'era moda, almeno dalla sua
visuale.
Era stato
soprannominato 'Er Burino' proprio per quel suo
piccolo particolare.
Non v'era nulla da
dire sul suo aspetto, alto, non troppo ben piazzato, nella media, piuttosto gracilino
seppur con tutti i pezzi al posto giusto.
Un bel visetto,
sempre sorridente e mai intristito. Era il 'tiramisù'
della compagnia, il clown, più semplicemente.
Tutto quel che
faceva Miroku era una risata. Non c'era verso
d'affrontare un discorso serio in sua presenza.
Aveva il brutto
vizio di andar dietro ad ogni 'pupa' che mostrasse
'cenno di starci', cosa che non succedeva quasi mai.
L'unica cosa che
gli veniva concessa era un bel cinquino
sulla guancia, perennemente rossa.
Quel suo 'essere pervertito' non veniva minimamente
nascosto, si poteva riconoscere da un miglio.
Malizioso nei
gesti, così nello sguardo.
A prima vista,
quelle maree azzurre che si ritrovava al posto delle
iridi, parevano tutto tranne che appartenere ad un deviato mentale.
In un primo
momento, ci si poteva pure cascare. Tempo dieci minuti però e l'ego di Miroku fuoriusciva impertinente.
" A 'Pinna
smettila" continuò imperterrito il moro in piena crisi di panico.
Er Pinna, o Pinnarolo
qualsivoglia era il soprannome che avevano affibiato
a colui che si sdindolava
dal parapetto.
Forse per la sua
ossessione per i motori,o a girare con questi
altamente modificati gl'era costato tale nomignolo.
"A pupo te voi
calmà?" profuse l'altro, interrompendo, per amor
dell'amico o semplicemente per interrompere
la lagna di questo, il suo protrarsi verso il
precipizio sottostante.
"Ma calmate
te, o sai che me da fastidio no...e te continui continui...me voi ammazzà?"
rispose l'altro inarcando appena
un sopracciglio.
Inuyasha, vero nome del Pinna,
utilizzato pressochè mai per indicare il giovane era
uno dei romanacci più coatti dell'intera Roma.
Estremo sino al
midollo, un vivi alla giornata come capita.
Sembre infighettato e
con la cicca pronta in mano.
Il
classico Romano de Roma, grezzo,
strafottente e altezzoso. La sua vita? Una cosa da raccontare.
Non stava mai fermo nello stesso posto, usava cambiare sempre
'aria', senza dimora fissa.
L'unica cosa che lo
distingueva da una persona normale era la sua natura.
Un tempo, in
passato, v'erano state dicerie su unioni proibite.
Nel mondo, come
secoli prima, coesistevano Umani e Demoni. Seppur vi fossero stati astii e lotte,
nessuna delle due razze aveva mai preso il
sopravvento l'una sull'altra.
Col tempo le due
razze avevano tentato di coesistere, a volte v'era l'eccezione che un demone ed
un umano s'unissero.
Da qui, erano nati
i mezzi demoni. Proprio come Inuyasha.
Lui non dava troppo
peso al suo essere per metà, ormai gli hanyou erano
molteplici in natura ed ormai era stata accettata questa nuova razza.
Una caratteristica
comune ai meticci era quella d'avere qualcosa che accomunasse
entrambe le razze dalla quale erano nati,
nel caso di Inuyasha
erano le orecchie.
Non corrispondevano
nè a quelle umane, nè a
quelle demoniache con una conformazione appuntita verso l'alto, simile a quella elfica delle
leggende.
Erano 'animali'.
Era come se le orecchie d'uno shiba
fossero state trapiantare sul capo del mezzo demone.
Bianche, non troppo
piccole e di aspetto gradevole.
A differenza degli
altri hanyou con problemi 'mentali' dovuti al rifiuto
della loro natura e alla difficoltà nell'accettare tale situazione,
lui disponeva d'un arma non indifferente.
Una vanità, forse
eccessiva.
Sapeva di essere bello, non carino, non figo.
Bello.
Altra
caratteristica, forse positiva del suo stato era
l'avere un colorito particolare negli occhi e nei capelli.
Estrasse una
sigaretta dalla tasca posteriore dei jeans, sedendosi
stravaccato su una panca poco distante.
"Che stanchezza..." profuse
ironico, sottolineando il fatto di aver vagabondato tutto il giorno.
La penombra
s'infittiva maggiormente nel punto nel quale l'hanyou
s'era appostato, ovviamente sotto
lo sguardo vigile di Miroku
che osservava contrariato la scena, odiava il fumo, dunque se ne stava a debita
distanza.
Tra la bruma
cenerina provocata dal fumo solamente un lieve pallore si
distingueva.L'oro.
La
solennità strafottente di quello sguardo, disegnato come un dipinto
impressionistico negli occhi.
Un'espressività
quasi innaturale rendeva quel volto, attraversato dai tratti spigolosi ma
delicati,
vivo.
Poggiò il gomito al
limitare dello schienale della panca, distendendolo sopra di essa.
Rigettò appena il capo indietro,
sbuffando una boccata di fumo.
"Pinna...hai
già pensato a quell'affare?" mormorò Miroku intromettendosi nel silenzio del posto.
L'amico sollevò
appena l'indice, intimandogli di fare silenzio. Era il suo momento di relax.
Er Buri, diminutivo dell'aggettivo originale, fece come indicatogli dall'amico.
Le orecchie dell'hanyou si mossero appena sul capo.Passi...
Una figura alta,
slanciata, apparve quasi come uno spettro tra le fronde dei faggi che
circondavano la zona.
Il cigolìo d'un girello per bambini
in lontananza, compagnava l'austero passo di quella
che si figurò come una donna.
Il
volto ovale recinto dai bei capelli scuri, appena mossi dietro la nuca da una
leggera permanente.
Occhi sottili, d'un profondo pece s'insinuavano felini nella zona.
Quasi come un'alta
signora camminava tra i due demoni suoi accompagnatori, pareva uno di quei
mafiosi siciliani
con la scorta al seguito.
Avvolta nell'abito
rosso, corto sopra le gambe. La scollatura del seno pareva sin troppo sfacciata
per una del suo 'rango'.
A'Matrona. Come veniva soprannominata, si fermò
a poca distanza dai due già presenti.
Miroku si scostò appena, quasi intimorito dalla
sua figura. Pareva un fantasma tanto era sottile il
suo passo.
Le labbra rosse,
contorniate da un rossetto cangiante s'incresparono in un mesto sorriso.Spento.
"Pinna..."
proferì atona,il timbro di lei pareva quasi mielato
nel rivolgersi al mezzo demone,
forse perchè da anni era il suo obiettivo
principale, seppur, nonostante i suoi sforzi non fosse mai
riuscita ad ottenere il cuore selvaggio del bel
meticcio.
In realtà, nessuna
sin ora era riuscita a far innamorare di sè Inuyasha, pareva quasi una sfida tra le donne
che abitavano nei dintorni.
Lui non si volse, emise solamente un colpo di tosse in tutta risposta.
Più lui la ignorava, più lei si sentiva attratta.
Classico.
Avvicinò qualche
passo alla figura di lui, nel mentre anche gli altri
due 'scagnozzi' venivano alla luce.
Er Buri s'avvicinò ai
due. Pareva quasi geloso della donna, non permetteva a nessuno d'avvicinare il
suo migliore amico.
Aveva forse troppa
stima di Inuyasha, infondo
erano amici sin da bambini e quella donna era un potenziale ostacolo, da
eliminare.
Seppur fosse
attratto dalla sua bellezza maligna, vedeva bene di stare
alla larga da lei.
Era risaputo che Kikyou, 'a Matrona aveva interesse
solamente per una persona. Anche i muri ne erano
a conoscenza.
Eppure er Pinna rimaneva
distante a questo...
"Stasera hai
da fare?" sibilò lei, quasi fosse una vipera.
Lui annuì appena.
"Ho da fare con Miroku..."
solamente questo, la sua risposta parve piuttosto
seccata.
Non sopportava le
ruffiane. Lei era una di queste, bella senza dubbio ma, seccante.
Lei distorse le
labbra in una smorfia, come osava risponderle a quel modo? Non si scompose più
di tanto.
"Capisco"
rispose secca.
La risposta
dell'amico e la reazione di Kikyou resero il moretto
trionfante, sghignazzò sottò i baffi
di gusto.
Se lo meritava la strega.
Emise un colpo di
tosse, solo quando ricevette un'occhiata fulminante da
parte della donna.
Ventidue anni di immaturità quella.
Rimase silenzioso,
godendo però sotto sotto, della situazione.
Il campanellò suonò.
Strano, non
aspettava nessuno. Si alzò lentamente dalla seggiola, trascinandosi a
malavoglia verso la porta.
La aprì, rimanendo
piuttosto seccata del non trovare nessuno al di là di
questa.
Un soffio appena
emisero le labbra piene, fece per richiudere la porta, quando qualcosa attrasse
la sua attenzione.
Si abbassò per
raccogliere l'oggetto della sua apparente curiosità.
Osservò vaga ciò
che tratteneva tra le mani.
Inespressiva.
Una busta bianca,
nessun mittente, nessun affranco. Niente.
La aprì,
estraendone un biglietto.
Rimase sconcertata.
Richiuse la porta dietro di sè, non mostrando troppo
interesse o sorpresa per
l'oggetto ricevuto.
Poggiò la busta ed
il suo contenuto sul tavolinetto della cucina, mentre
tornava seduta. Rimase ad osservarli incerta.
Sul biglietto v'era
scritto 'Roma'.
Andata
e ritorno.
Chi aveva interesse
a regalarle una vacanza così costosa?
Le iridi spente,
non s'accesero minimamente. Morse il labbro inferiore, alzandosi nuovamente.
Prese il biglietto tra le mani decisa a strapparlo.
"..." qualcosa però la fermò.
Un bigliettino, era
fuoriuscito per metà dalla lettera.
Lo estrasse.
Su
scritto vera solamente
'Ti aspetto, Sango'.
Qualcosa di
somigliante ad un sorriso le percorse le labbra. Un
regalo di Sango?
Avrebbe dovuto
accettare forse...
Non era sicura...