1.
Come accade in molte
università del mondo, anche all’università di Las Cruce=
s,
le matricole erano irrimediabilmente attratte dai ragazzi più grandi,
principalmente da quelli che si stavano per laureare. Non facevano eccezion=
e Liz
Parker, matricola in biologia, e Maria DeLuca, matricola in architettura. E=
rano
attratte, rispettivamente, da Max Evans, laureando in medicina, e da Michael
Guerin, laureando in giurisprudenza.
Le due ragazze, coinquiline nel campus, passavano le serate a guardare un f=
ilm,
ingurgitare chili di gelato e fantasticare sui due ragazzi più belli
dell’università. Domandando in qua e in là, avevano
scoperto che Max Evans era il presidente del consiglio degli studenti,
brillante, adorato dai professori per le sue doti intellettuali e dalle rag=
azze
per il suo aspetto fisico e per il suo carattere disponibile. Sotto questo
punto di vista, Michael Guerin era assolutamente l’opposto: amico di =
Max
dai tempi delle elementari, era uno dei ragazzi più schivi del campu=
s;
sul suo passato si mormoravano pettegolezzi di ogni genere, dal fatto che f=
osse
stato adottato e che suo padre lo picchiasse, fino all’abbandono della
madre, che non aveva più visto né sentito per telefono da qua=
ndo
aveva cinque anni. Maria e Liz non erano le uniche ad aver subito il loro
fascino, così non fu difficile fare amicizia con le altre ragazze e
riunire le informazioni che avevano. L’ultima notizia voleva Michael
fidanzato con Isabel, sorella di Max nonché bellona del campus, ma si
vociferava che lei lo tradisse con un cervellone dell’informatica, un
tale Alex Whitman.
Alla prima festa dell’anno, tutto il gruppo del fan club Evans –
Guerin si riunì per parteciparvi e farsi notare, ma ovviamente fu tu=
tto
inutile. Questo non scalfì affatto gli umori delle ragazze, che avev=
ano
preso tutto questo per un gioco, consce delle loro possibilità pari a
zero.
Nei giorni a seguire, successe tuttavia qualcosa di inaspettato: nei loro
ritrovi serali, Maria aveva smesso di parlare e passava il tempo ad ascolta=
re e
basta. Anche Liz se n’era accorta, ma quando le chiedeva se le fosse
accaduto qualcosa, lei rispondeva di no: “Non ti preoccupare, Liz, si
tratta solo di un periodo passeggero.”
Passarono all’incirca due mesi, e il periodo ‘no’ di Maria
sembrava non finire. Una sera, il gruppo di ragazze aveva programmato di
uscire, ma Maria esordì dicendo che non si sentiva bene e che sarebbe
rimasta a casa; rifiutò nettamente la proposta di Liz di rimanere a =
casa
e guardare tutte insieme un film, adducendo la scusa di voler andare a dorm=
ire
presto, per essere in forma il giorno seguente. Fecero come aveva chiesto, e
Maria tirò un sospiro di sollievo: “Meno male se ne sono andat=
e,
altrimenti il mio piano sarebbe saltato.” Si tolse il pigiama per
indossare il maglione e i jeans che aveva nel pomeriggio, aspettando di sen=
tire
bussare alla porta. Non attese molto. Senza aprire bocca, fece entrare Mich=
ael.
E ancora senza dire una parola, iniziarono a baciarsi con passione, con for=
za.
In poco tempo furono distesi sul letto di Maria, avvinghiati fra loro, suda=
ti e
ansimanti. Velocemente com’era iniziato, finì; Michael raccols=
e i
suoi abiti da terra, li indossò, poi raccolse anche quelli di Maria =
e li
appoggiò sul letto, sempre in silenzio. Quella era l’unico ges=
to
carino che lui aveva avuto nei suoi confronti fin dalla prima volta che ave=
vano
fatto sesso. Perché quello non poteva essere chiamato ‘fare
l’amore’. Mai una parola, mai un gesto. Niente. Lei aveva spera=
to
invano che le cose, col tempo, si sarebbero evolute, ma non era successo, e=
lei
si era abituata ai suoi bigliettini durante l’ora di lezione. Non sap=
eva
chi fosse che li metteva nei suoi libri, ma ogni volta che apriva un libro,
puntualmente veniva fuori un bigliettino con su scritto ‘Ore 20.00 ne=
lla
tua stanza’ oppure ‘Ore 22.00 nella mia stanza”. O qualco=
sa
del genere. Mai una firma, mai un saluto. Ed era così che era
cominciato, due giorni dopo la festa: aveva trovato un foglio di carta
riciclata nel suo libro di storia dell’arte che diceva ‘Ore 18.=
00
nella tua stanza’. Non aveva la più pallida idea di chi potesse
essere il suo ammiratore segreto, si guardò un po’ in giro ma =
non
scorse nessuno di sospetto. Decise di stare al gioco, tanto a quell’o=
ra
Liz sarebbe stata a lezione. Comunque non c’era possibilità ch=
e le
succedesse niente di male, nel campus c’era sempre qualcuno, sarebbe
bastato urlare. Aspettò con trepidazione le 18.00 e non rimase delus=
a:
quando aprì la porta e si trovò davanti il misterioso ragazzo
dell’animo di ghiaccio, non seppe spiccicare parola, ma non serv&igra=
ve;,
infatti Michael entrò con impeto, la baciò con forza e passio=
ne,
esattamente com’era accaduto poco prima. Solo che quella volta qualco=
sa
in lei era cambiato: non era più vergine. E lui non se n’era
nemmeno accorto, o se lo aveva fatto, Maria non aveva scorto nessun cambiam=
ento
in lui. Era stato dopo quell’avvenimento che Maria si era chiusa in
sé, le mancava il coraggio di raccontare a Liz, sua migliore amica d=
ai
tempi dell’asilo, come si stava lasciando usare da Michael Guerin. E =
le
faceva male ascoltare le chiacchiere di quelle pettegole, ma non avrebbe po=
tuto
sottrarsi anche a quelle, altrimenti si sarebbero insospettite. Tuttavia, a=
nche
quell’incontro era passato e si decise ad andare a letto. Fu una nott=
ata
tranquilla, ormai aveva imparato a convivere con la sensazione di inappagato
che la pervadeva ogni volta che una porta – che fosse quella della sua
stanza o di quella di Michael non importava – veniva sbattuta. Non av=
eva
nemmeno mai detto il suo nome. Nemmeno lei lo aveva fatto, perlomeno non di
fronte a lui.
Il giorno seguente fu come tutti gli altri: la mattina a lezione, a pranzo =
alla
mensa, il pomeriggio a lezione, la sera a cena con il fan club in una delle
camere, a mangiare pizza e a spettegolare sui due bellocci. Come sempre. E =
come
sempre, quando Maria e Michael si incrociavano nei corridoi, non si scambia=
vano
nemmeno uno sguardo, perché lui era troppo impegnato a parlare con la
sua fidanzata e il suo miglior, se non unico, amico.
Tuttavia una sera, mentre erano impegnate a ingurgitare gelato alla cioccol=
ata,
una delle ragazze esclamò: “Oggi ho visto Michael Guerin uscire
dal nostro stabile! E stando a quello che mi hanno raccontato alcune ragazz=
e,
pare che si fosse incontrato con qualcuno che abita a questo piano!”<=
br>
“Ma non era fidanzato con Isabel?” domandò un’altr=
a.
“Tutti sanno che lei lo tradisce con quel… come si chiama…
ah, Alex Whitman! Forse anche lui si sarà deciso a farsi
un’amante. Beata lei!”
Durante la conversazione, Maria rimase impassibile, anche se si domand&ogra=
ve;
come Michael avesse potuto farsi scoprire.
Questa situazione si protrasse per diversi mesi. Durante le vacanze di Pasq=
ua,
la maggior parte degli studenti tornò a casa per festeggiare con la
propria famiglia, e nel campus rimasero poco più di una decina di
persone, tra cui il famoso Michael Guerin. Ovviamente questo fatto non fece=
che
dare alito a tutti i pettegolezzi nei suoi confronti, di cui lui non si
preoccupò minimamente.
Maria e Liz erano tornate a Roswell, ma la prima fu costretta, il sabato di
Pasqua, a tornare a Las Cruces perché aveva lasciato i panni sporchi
nella sua camera ed era corsa a prenderli. Appena arrivata, incontrò=
una
delle appartenenti al fan club che le domandò il motivo della sua
visita; mentre era impegnata a spiegarle la sua dimenticanza, passò
Michael, ma nessuno dei due si scompose.
Mentre Maria era in camera a raccogliere gli abiti sporchi, sentì
bussare alla porta. Aprì, convinta che fosse qualche altra ragazza d=
el
campus che aveva sentito del suo ritorno e volesse aggiornarla sui pettegol=
ezzi
di Evans – Guerin, ma si sbagliò: era Michael. Si ripeté=
; la
solita scena, che però fu interrotta dalla segreteria telefonica men=
tre
erano impegnati sul letto: “Maria, sono Liz, ci sei? Ti prego, se ci =
sei
rispondi! C’è stata una sparatoria al Crashdown e… non so
come dirtelo… tua madre è rimasta ferita! È stata porta=
ta
d’urgenza all’ospedale. Appena senti questo messaggio corri a c=
asa.
Maria ci sei? Forse sei già per la strada.”
Nel sentire queste parole, Maria si era alzata di scatto ed era rimasta
lì, accanto al letto, seminuda, ad ascoltare il resto del messaggio,
senza dire una parola. Improvvisamente cominciò a raccogliere gli ab=
iti
da terra e si infilò prima i jeans, poi il maglione di lana, i calzi=
ni,
le scarpe e infine la sciarpa e il giaccone. Era di fronte alla porta, quan=
do
si ricordò di Michael, ancora disteso, seminudo, sul suo letto.
Tornò indietro, raccolse i suoi abiti e li appoggiò accanto a
lui, dicendogli: “Scusami, devo andare. Lì sopra ci sono le ch=
iavi
della stanza; verrò a riprenderle quando ricominceranno le lezioni s=
enza
farmi vedere. Ciao.” E uscì come una furia. Michael era rimasto
sdraiato sul letto e non aveva aperto bocca. Nonostante avesse appena saputo
che sua madre era in fin di vita, quella ragazza aveva trovato la forza per=
raccogliere
i suoi abiti. Lui lo faceva sempre, ma era diverso. Si alzò, si
vestì e si avvicinò alla segreteria, dove lampeggiava una luce
rossa con accanto la scritta ‘1’: “Maria, sono Liz, ci se=
i?
Ti prego, se ci sei rispondi! C’è stata una sparatoria al
Crashdown e… non so come dirtelo… tua madre è rimasta
ferita! È stata portata d’urgenza all’ospedale. Appena s=
enti
questo messaggio corri a casa. Maria ci sei? Forse sei già per la
strada.”
Crashdown… Michael conosceva quel nome.
Durante il viaggio di ritorno, Maria corse come una pazza. Arrivò
all’ospedale di Roswell, dove ad attenderla c’erano Liz, i suoi
genitori, e alcune ragazze del fan club che erano venute a passare le vacan=
ze a
casa sua.
“Liz, che è successo?”
“Vedi… eravamo al Crashdown e stavamo bevendo un caffè.
È arrivata tua madre, di ritorno dal suo viaggio a Albuquerque e si
è seduta con noi al tavolo, per fare conoscenza con le nostre compag=
ne
di università. È entrato un uomo che si è seduto al
bancone e ha ordinato, poi si è girato ed è venuto verso di m=
e,
cominciando a fare apprezzamenti volgari nei miei confronti, così tua
madre gli ha ordinato di fermarsi e lui, in tutta risposta, le ha gridato di
stare zitta, ma lei non lo ha fatto e lui le ha sparato. Mi dispiace
così tanto, Maria.”
Con lo sguardo basso, trattenendo a stento le lacrime, la ragazza chiese:
“Come sta adesso?”
A prendere la parola fu il signor Parker, padre di Liz: “La pallottola
è molto in profondità, si è fermata a pochi centimetri
dall’aorta. Operare è molto rischioso, ma in questo momento
è in coma.”
A quelle parole, senza versare una lacrima, Maria si aggrappò a Liz,=
che
la fece sedere su una di quelle sedie blu, di plastica, che caratterizzano =
le
corsie d’ospedale.
Il medico era venuto un paio di volte da Maria per dirle di andare a casa, =
che
le condizioni della signora DeLuca erano stazionarie e che se ci fossero st=
ate
novità, le avrebbero telefonato immediatamente, ma la giovane non vo=
lle
sentire ragioni.
Ormai era mattino presto, e Maria stava di nuovo discutendo col medico che =
voleva
mandarla a casa. Gli altri erano seduti e dormivano sulle ginocchia del loro
vicino oppure con la testa appoggiata al muro. Maria era l’unica in
piedi, oltre al medico. Appena questi ebbe terminato di parlare, arresosi
all’idea di convincere quella ragazza ad allontanarsi dalla madre, se=
ne
andò. Maria rimase lì, in piedi, con la testa appoggiata al m=
uro,
gli occhi chiusi e le mani dietro la schiena. La sua testa era vuota.
“Ehi.” Al suono di quella voce, Maria aprì gli occhi e li
mosse di lato, per rendersi conto che non era un sogno. Ma non si mosse:
“Che ci fai qui?” rispose, richiudendo gli occhi.
“Volevo sapere come sta tua madre. Ho sentito il messaggio. E poi vol=
evo
ridarti queste” le mostrò le chiavi dell’appartamento del
campus “e dirti che gli abiti sporchi che hai lasciato in camera sono
nella mia macchina.”