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Autore: Ranessa    27/01/2007    6 recensioni
Poiché un tempo vi erano cinque Black. Oggi due sono morti, e tre portano un altro nome. Ma un tempo vi erano cinque Black.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black | Coppie: Sirius Black/Bellatrix Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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[ Andromeda – Non c'è casa per te qui ]


Non c'è casa per te qui
Non c'è casa per te qui ragazza,
vai via
Non c'è casa per te qui
Non c'è casa per te qui
Vai via
Non c'è casa per te qui
Non c'è casa per te qui ragazza
Vai via
Non c'è casa per te qui
Non c'è casa per te qui ragazza
Vai via
Non c'è casa per te qui

«There's no home for you here» (Non c'è casa per te qui), The White Stripes


Non mi è mai piaciuto il verde.
Soprattutto quello troppo scuro che sono costretta ad indossare ogni giorno a scuola.
D'altro canto a mia madre non sono mai particolarmente interessanti i miei gusti, che si trattasse di libri, amiche, gioielli, ragazzi o abiti da sera. Non che il vestito sia brutto, intendiamoci, solo è verde, e sarebbe decisamente più bello se fosse di un altro colore.
Il bordeaux ad esempio.
Io adoro il bordeaux.
Tutto nella mia stanza è di quel colore, dalle tende, alle lenzuola, al tappeto. Il mio diario segreto e i miei orecchini preferiti...
«Andromeda!»
Eccola.
«Andromeda!»
«Sì, mamma, eccomi».
La porta della mia stanza si apre violentemente, ma senza emettere un solo, piccolo suono. Mia madre, che adesso entra a grandi passi e si dirige verso di me ancora seduta davanti allo specchio, indossa invece un abito blu scuro, di velluto.
«Andromeda, è mai possibile che tu non riesca mai a far quello che ti si dice? Sei in ritardo e cosa diavolo è quell'affare che hai trai capelli?»
«E' il fermaglio che mi ha regalato Sirius per il mio compleanno, mamma».
«Già, ed è bordeaux, non penserai certo di indossarlo con un vestito verde, vero? Toglitelo immediatamente».
Me lo ordina con il suo solito tono duro, perentorio, ma in realtà non mi lascia il tempo di farlo, viene lei dietro le mie spalle e me lo strappa, facendomi quasi male, prende la spazzola e mi raccoglie i capelli velocemente.
È brava in queste cose, mia madre, ma li avrei preferiti sciolti, anche se una donna che si rispetti non porterebbe mai i capelli sciolti.
«E ora andiamo, su, alzati».
Rassegnata, la precedo sul pianerottolo e verso le scale.
Lei richiude sbrigativa la porta della mia stanza.
«E quante volte ti ho detto che dovresti stare alla larga da quello sfaticato di tuo cugino?»

+ + + + + + + + + +

Quello sfaticato di mio cugino non è ancora arrivato. Appena scese le scale noto subito la sua assenza, ma vedo invece le mie sorelle: Narcissa, in un lucente vestito bianco, che come al solito sembra divertirsi, intrattenendo amabilmente gli ospiti così come nostra madre le ha insegnato e Bellatrix. Vestita immancabilmente di nero, anche se il suo colore preferito è il viola, e con quell'aria sperduta che non la abbandona mai in queste occasioni. Lei che non ama le feste come Narcissa ma neppure le disprezza come me, lei che si fa sempre scivolare tutto addosso con una sconcertante indifferenza.
Nostra madre mi tiene strettamente a braccetto, scortandomi raggiante verso parenti che ha intenzione di farmi salutare, senza che io ricordi il loro volto né il nome. Quando ancora le nostre labbra saranno sufficientemente distanti me lo sussurrerà a denti stretti insieme al grado di parentela e a qualunque altra informazione ritenga necessaria. Solitamente a me toccano i parenti meno importanti, quelli più lontani, o meno ricchi, o meno degni in generale.
Sospiro, ancor più rassegnata.
La festa e il divertimento hanno avuto inizio.

«Io non ce la faccio più. Non ci riesco, eppure io ci provo davvero, Cissa, devi credermi, ma...»
Quel che non mi sarei mai aspettata è la sua risata genuina. Credevo che sarebbe stata incredula. Speravo che si sarebbe infuriata, che avrebbe tentato di dissuadermi. Che mi avrebbe costretta a testare la mia sicurezza e determinazione. Ma non questo.
Mia sorella ride sul suo letto. Lacrime cristalline scendono a rigarle le guance.
«Cosa ci trovi di così divertente?» domando con rabbia, stringendo ferocemente i pugni sino a far sbiancare le nocche. «Credi che non abbia il coraggio di farlo davvero?»
«No... no» replica lei, passando una mano tra i suoi capelli fini, sfuggiti ai preziosi fermagli. Asciuga rapidamente le lacrime. «Non è per questo, Andromeda. Non ridevo per questo...»
«Allora per cosa? Credi di essere migliore di me, Narcissa?» le grido in faccia con odio, furibonda, intenzionata a tirar fuori il marcio. A farle assaporare il veleno.
«Questo non è affatto vero!» ribatte mia sorella in tono ferito, alzandosi finalmente da quel suo dannato letto.
«Hai sempre pensato di essere migliore di chiunque, Cissa, ma sei solo una reginetta impaurita e codarda! Io me ne vado da questa casa, mentre tu non troverai mai il coraggio di farlo! Sposerai un ricco purosangue, farai tanti bei figli e oserai chiamarla libertà. O far finta che lo sia» concludo ansimante, orgogliosa di me, per aver stoicamente trattenuto tutte le lacrime ancora una volta. Per aver parlato, finalmente.
Mia sorella mi guarda. E la cosa più sconvolgente è vederla annuire.
Si risiede composta sul suo letto e non fa altro.
Annuisce. Quasi l'avessi svuotata di ogni cosa.

Scendo le scale lentamente.
Mi farò strada tra gli invitati e mi dirigerò verso l'ingresso. Aprirò la porta e mi farò investire dalla frescura notturna. Uscirò per strada e il rumore dei miei tacchi sull'acciottolato invaderà i miei sensi. La solida consistenza della via sotto ai piedi. L'odore particolare che hanno le pietre dopo la pioggia. Il colore lugubre e le ombre dei lampioni.
«Andromeda!»
Una mano calda si posa sulla mia spalla, facendomi voltare con gentilezza.
«Una faccia amica, finalmente» commenta Sirius, regalandomi uno dei suoi grandi sorrisi gioviali. «Fossi in te non prenderei le tartine al salmone, credo che qualche buontempone le abbia incantate. La gioventù d'oggi crede d'essere spiritosa e invece...» sospira teatralmente, riuscendo persino a strapparmi una breve risata.
«Mia madre ha già cominciato a bere, che tu sappia? Non vorrei riuscisse a rendersi ridicola agli occhi del parentado senza il mio intervento, sarebbe molto scorretto da parte sua».
«Non lo so, Sirius, non l'ho ancora vista. Ero... di sopra».
Mi lascio condurre docilmente verso il centro della sala, dove mio cugino accenna qualche passo di danza. Sa di non aver bisogno di chiedere.
«Come vanno le cose, dolcezza?»
«Al solito».
Voglio dirlo anche a lui. Voglio sentire il suo sostegno. Sapere che mi aiuterà.
Sirius è un ballerino discreto, ma non bravo. A tratti conduce a tratti si lascia condurre da me, impegnato a cercare con lo sguardo tra gli ospiti, a scrutare ogni angolo del salone.
«Voglio andarmene, Sirius».
Questa volta lo dico sorridendo, quasi con serenità, confortata dal calore che sprigiona dal suo corpo. Dalla morbidezza della sua guancia contro la mia.
«Di casa, intendo. Voglio lasciare per sempre questo posto orribile».
Lui smette la sua ricerca tra gli invitati e mi guarda per la prima volta negli occhi. Non ride, non è arrabbiato o stupito. Non mi giudica, ma continua a farmi ballare tra le sue braccia.
«Anche io» sussurra piano, così flebilmente che per un momento dubito di averlo udito sul serio. Lo sento quando mi stringe di più a sé, gli occhi fiammeggianti di determinazione. «Anche io» ripete, e ho idea che questo sia il momento più felice della mia vita. Mille progetti, in cui mai avevo osato sperare, si affacciano repentini alla mia mente.
Scapperemo insieme. Lo affronteremo insieme. Ci ribelleremo come uno solo.
La paura svanisce in un attimo, mi sento finalmente pronta.
Apro la bocca per dirglielo. Fargli sapere quanto sia importante per me non dover essere sola ancora una volta.
«Aspetta un momento» mi precede però Sirius, gli occhi nuovamente rapiti da qualcosa al di là delle mie spalle.
Le mani che cingevano la mia vita si sciolgono rapide dalla presa.
Mi lascia al centro della sala.
«Questo non ti piacerà» commenta la voce di Regulus.
Sirius esce sulla terrazza e si volta a guardare suo fratello, in piedi al mio fianco, prima di proseguire verso la balaustra.
Io e Regulus lo osserviamo attraverso le vetrate lucide delle finestre.
E poi succede, ed io torno sola.
Ha baciato Bellatrix.
Sirius ha baciato Bellatrix.

   
 
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