Di seta,
carta e caffè
Cap2
Londra
-Quindi
che fai nel tempo
libero?- L’accento inglese era qualcosa capace di
innervosirlo subito, ma
quella giornalista aveva una bella voce, giovane nonostante
l’età. Gli era
sembrata subito una alla mano, e aveva accettato di buon grado
quell’intervista.
Non
era mai stato un patito
delle interviste, era consapevole di essere sempre troppo poco loquace
e dire
cose scontate e ripetitive, eppure non sopportava il dover simulare una
“chiacchierata”
solo per intrattenere donne sin troppo curiose nelle pagine dei
giornali.
-Niente
di troppo esaltante.
Durante le ferie faccio qualche viaggio, mentre nel tempo libero vado
in
piscina, faccio un po’ di jogging, esco con gli
amici…- Alzò le spalle.
-Quello
che fa ogni ragazzo
ventitreenne insomma…- La donna lo guardò con una
scherzosa occhiata maliziosa,
come per fargli
capire che non avrebbe
mai creduto che uno come lui si limitasse a questi passatempi.
-Si.-
-Si
può però dire Davide che
tu non sia un normale ventitreenne, no? Insomma sei diventato in meno
di cinque
anni una delle star delle passerelle e…-
-Sei…
sono stato accettato
nell’agenzia a diciassette anni. Un giorno di Agosto a
Milano.- Lei sorrise
soddisfatta, senza saperlo lui si era leggermente sbottonato. Erano
finalmente
arrivati a un argomento più inedito che lei non si sarebbe
di certo lasciata
sfuggire. Lasciò da parte le solite noiose di rito e diede
sfogo alla sua
curiosità di donna e giornalista.
Aveva
davanti uno dei top
model più giovani, famosi e affascinanti al mondo, era
un’opportunità da non
farsi sfuggire assolutamente.
-Ricordi
ancora quel giorno?-
Lui sorrise leggermente, socchiudendo gli occhi e cercando di riportare
alla
mente quei ricordi un po’ appannati e discontinui.
-Ovviamente
si. Ricordo che
quando quel giorno entrai nell’agenzia e vidi quante persone
facevano i provini
persi le speranze. Non ero il più bello là
dentro, non ero il pi giovane e non
avevo esperienza. Fui sul punto di uscire…- lei sembrava
rapita dalle sue
parole e solo dopo qualche secondo si accorse che lui si era bloccato,
incerto
su come continuare.
-Sei
rimasto suppongo. Cosa
ti ha spinto quel giorno a non mollare?- Lui ci pensò un
attimo, tormentando nervosamente
intanto l’orlo del suo maglione blu.
-Sicuramente
la consapevolezza
di non aver nulla da perdere, la voglia di fare. E sapevo comunque di
avere
stoffa, dovevo solo dimostrare a quelle persone di poter crescere e
dare il
meglio. Dall’altra parte mi ero ripromesso…- non
continuò subito, si ribloccò.
Quella volta però rise sotto i baffi e nei suoi occhi parve
riapparire un
ricordo lontano e spesso dimenticato.
-Poche
ore prima dentro una
libreria avevo incontrato una ragazza… anche lei quel giorno
aveva un colloquio
di lavoro. Lei mi sembra dovesse presentare una bozza a un editore, o
qualcosa
del genere. Quando le dissi dove io sarei andato mi sembrò
poco preoccupata, mi
consigliò però che atteggiamento usare per
colpire e io le diedi
incredibilmente ascolto.-
-Cioè
ti sei fidato
dell’opinione di una ragazza sconosciuta?-
-Si,
e ho fatto bene. Quando
chiamarono il mio nome all’agenzia entrai in una stanza
completamente asettica.
C’era un tavolo bianco e due donne e un uomo. Mi chiesero a
un certo punto di
sfilare davanti a loro. Erano appena pochi metri, ma fu la fine di
quella
camminata a cambiare il mio destino: ho socchiuso gli occhi e dischiuso
gli
occhi.- Allora la donna capì e sorrise. Aveva studiato i
lavori di Davide e
sapeva che in quasi tutte le pubblicità gli veniva richiesta
quell’espressione
da angelo dannato e freddo.
-Credi
sia stata quel tuo
modo di fare a convincere gli esaminatori?-
-Certo,
come ho detto io non
ero il più bello e non vantavo né un curriculum
né un buon book. Riuscì però ad
essere il più interessante.-
La donna
ridacchio pensando ai casi della vita.
-Come
si suol dire: prendere
la palla al balzo!-
-In
un certo senso si, ma
quello che ho ottenuto l’ho dovuto comunque sudare. Quando
arrivi a certi
livelli non basta più una bella espressione a farti vincere.
La mia è passione
e se quel giorno non mi avessero preso avrei tentato da altre parti.
Avrei
fatto più gavetta.- lei annuì
d’accordo. Quel ragazzo sembrava nato per sfilare
e per rendere semplici capi di abbigliamento delle opere di alta
sartoria.
Anche in quel momento era vestito in modo semplice: un paio di
pantaloni neri,
delle All Stars e un maglione blu a collo alto. Eppure era certa che se
gli
stessi vestiti li avesse messi suo marito in cinque minuti sarebbero
stati
irriconoscibili.
-Puoi
comunque dire che
quella ragazza ti ha aiutato. Ti ha dato un’ispirazione che
tutt’ora dura!- lui
sorrise a quel pensiero.
-Si.
In un certo senso si. È
anche grazie a lei se sono qui.- La ricordava a malapena, eppure
ricordava quel
suo modi di fare sfacciato e curioso.
-Bene!-
La donna riprese il
blocco degli appunti e lesse le domande successive.
Solo
un’ora più tardi Davide
uscì da quel bar nei pressi di Gostring Road. Aveva parlato
più del solito
durante quella intervista e in un certo senso poteva dire di essersi
anche
lasciato sfuggire troppo. Non era mai stato un ragazzo troppo loquace,
né nella
vita pubblica ne in quella privata. Eppure quella donna aveva toccato
un tasto
particolare.
Era
stata sinceramente
interessata al suo lavoro, e non alla sua vita privata. E chiunque lo
conoscesse sapeva che la sua vita era il suo lavoro.
Continuò
a piedi fino a Soho
per poi rifugiarsi nel suo appartamento.
Roma
-Cazzo!-
-MERDA!-
l’ultima imprecazione fu accompagnata da un forte colpo alla
scrivania di
mogano. Non le
importò del dolore alla
mano o dello sguardo allibito del suo capo, proprietario della suddetta
scrivania.
-Monia…-
L’uomo alzò le mani in segno di resa, forse
pensando in quel modo di poter
parlare pacificamente.
-No
Giorgio… non una singola parola!- lei prese il grosso plico
di fogli che ancora
odoravano di inchiostro e di stampante
e
lo lanciò senza pietà nella spazzatura.
Ovviamente non mirò
perfettamente, riuscendo così a spargere
qualche foglio sul parquet della stanza.
-Non
una singola parola sul tempo perso e sulla perdita di denaro a cui noi
andremo
incontro se non facciamo qualcosa!- Fu
tentata di dare un nuovo pugno alla scrivania, ma visto lo sguardo che
Giorgio
le aveva lanciata poco prima decise di desistere
dall’intento.
-Non
era poi malaccio…- lui cercò di sminuire senza
successo la situazione e fece un
leggero gesto di noncuranza con la mano, cosa che non fce che
peggiorare la
situazione.
-Cosa?-
e difatti il risultato fu il suo scoppio rabbioso e anche piuttosto
ringhiante.
-Non
era malaccio? E ti sembra che “non malaccio” sia
l’aggettivo che la traduzione
inglese dei miei libri debba avere?- Lui non rispose, ben conscio che
se le
avesse dato ragione lei lo avrebbe accusato di cambiare idea per farla
contenta, ma d’altro canto se avesse negato lei sarebbe
diventata una furia.
Decise di stare bene nella parte dell’ignavo.
-Io
dò a questi rincoglioniti il mio libro da tradurre e questi
fanno questa…
cagata colossale?!- indicò
il plico di
fogli in bilico sulla spazzatura.
-No
dico.. hai letto? Quello non era il mio libro, non era il mio stile.- E
a
quelle parole sembrarono cambiare entrambi: l’uomo
abbassò lo sguardo pensoso,
dandole tacitamente ragione, mentre lei sprofondò nella
poltroncina e guardò
con insistenza la lunga vetrata di fronte. Era sostanzialmente una
ragazza
tranquilla, ma vi erano dei tasti che davvero erano il suo punto
debole, e
sempre lo sarebbero stati.
-Sai
quanto io ci tenga a questo libro. È la mia migliore opera,
ci ho pianto e
sudato sopra per mesi e non ho intenzione di scendere a compromessi.
Nemmeno per
il mercato inglese.- Lui annuì leggermente, anche se
comunque il problema
rimaneva.
-Non
possiamo certo cambiare ora casa editrice. Avevo fiducia nella
Wekkerback, ha
sempre fatto una traduzione più che esaustiva di tutti gli
autori e non riesco
veramente a capire come mai abbiano fatto questo lavoro mediocre.-
Entrambi
però sapevano perfettamente che cosa aveva influito nel
pessimo risultato: lo
stile di Monia aveva conquistato una fetta dei lettori italiani
abituati a
leggere mattoni ancora pi contorti dei suoi.
Forse semplicemente gli
inglesi non si erano
nemmeno resi conto del lavoro pessimo fatto. Avevano semplicemente
tradotto
anche il suo stile, e questo lei non poteva accettarlo.
Aveva
lavorato sodo per tutta la stesura di quel libro, da quando aveva
osservato una
pagina vuota su Word al momento in cui aveva messo le mani sulla prima
copia
definitiva. Era il suo lavoro migliore, e non si sarebbe certo
inchinata a
quello stile inglese!
-Dovrò
andare personalmente a Londra.- Giorgio la guardò sorpreso.
Era consapevole di
quanto a Monia piacessero poco i viaggi e le trasferte. Aveva dovuto
fare il
diavolo a quattro per convincerla a trasferirsi a Roma. Da lei
perciò non si
sarebbe di certo mai aspettato un’auscita del genere.
-Insomma
potremo aspettare una versione più rassomigliante alla
tua…-
-No
quella della Wekkerback sanno come si traduce dall’italiano
all’inglese, e se
hanno fatto quello…- indicò la spazzatura
–devono avere i loro buoni motivi, e
indovina un pò? Voglio conoscerli.- Guardò
l’uomo con un leggero ghigno
stampato sul viso.
-Ma
non parli poi così bene l’Inglese, non sapresti
dove abitare e…scusa ma
quando avresti intenzione di partire?- Ormai,
dato il fatto che convincerla sarebbe stato impossibile, era meglio
cercare di
capire quanto quell’idea del trasferimento fosse radicata nel
cervellino
rachitico della ragazza.
-Beh
il tempo di andare su internet, prenotare il primo volo, preparare le
valigia e
andare in Aereoporto!- Guardò
l’orologio
sul polso: erano appena le undici di mattina.
-Entro
stanotte sono a Londra!-
-Monia
tu stai scherzando vero?- La
guardò
attento e si rese conto che la ragazza non stava affatto scherzando,
tutt’altro.
-Affatto,
anzi per provarti le mie intenzioni comincio a chiederti le chiavi del
tuo
appartamento a Soho, dove io abiterò!-
Gli sorrise solare e allungò la mano.
Salve
cari lettori!
Scusate
il ritardo nell’aggiornamento, ma gli ultimi esami hanno
ristretto
incredibilmente il mio tempo davanti a Word!
Che
dire… capitolo di passaggio, ma dal prossimo le
novità saranno tante e
succulente. Perché si… Davide e Monia si
incontrano per la prima volta dopo sei
anni!
Spero
che questo capitolo per quanto piccolo possa esservi piaciuto!
Un
bacio!