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Autore: Lilyth    13/07/2012    1 recensioni
Il giorno del 17esimo anno è un giorno, importante, forse più del 18esimo;
ognuno di noi ne conserva anche solo un piccolo ricordo dentro al suo cuore; ci si diverte, si cresce, si cambia.
Per Smile, però, questo cambiamento è molto lontano da quello meramente numerico.
Lo scontro con una realtà in parte meravigliosa ed imprevedibile, in parte dura e difficile da accettare accompagneranno la nostra protagonista in un viaggio dentro il suo vero essere per aiutare una stirpe a lei estranea di cui non sapeva di far parte.
Scrivere questa storia all'inizio è stato un gioco, un gioco che piano, piano iniziava ad avere una forma ben definita.
Mi ha emozionato e spero emozioni anche i lettori.
Lo so, sono solo una ragazza di 17 anni, ed è difficile credere che in così tenera età si possa arrivare a metter su un racconto di rilievo.
Però, datemi fiducia.
Buona lettura.
Lilyth.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eternity'
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Il mattino seguente aprii gli occhi al solito orario con la differenza che non ero nel mio letto ne tantomeno nella mia camera.
Avevo addosso quella strana sensazione di ovattato, quella sensazione che si sente il mattino dopo che il tuo mondo è esploso, quando sei ancora presa dal sonno e non ti rendi conto.
Poi mi resi conto, e mi salì la bile.
Di una cosa ero sicura, odiavo Alex. Lo odiavo con tutto il cuore.
E ora stava dormendo, lo sentivo respirare.
Mi alzai facendo il più piano possibile (in realtà avrei fatto correre una carovana di bisonti in quella camera solo per svegliarlo ma dovevo andare via di li senza che lui se ne accorgesse).
Presi i vestiti ed uscii dalla camera per andare in bagno a cambiarmi.
Forse stavo diventando brava; mi ero preparata senza svegliare nessuno ed ero perfino arrivata in salotto senza sentire neanche i miei passi.
mi voltai verso il divano, mi aspettavo di vedere Nicolas, ma lui non c’era.
< che ci fai qui? >
Mi voltai di soprassalto
< Nicolas...ma, cosa stai facendo? >
Mi guardò
< penso quello che stai facendo tu... >
Annuii
< scappare da tutto e da tutti...già, bella prospettiva. >
Sorrise
< tu dove vai? >
< spero a casa mia...a meno che non sia stata distrutta questa notte. >
< ti accompagno, dai andiamo. >
Uscimmo insieme dalla porta senza fare il minimo rumore e una volta fuori scendemmo le scale di corsa.
< perché te ne sei voluta andare così presto? Ieri sera è successo altro? >
Lo guardai
< è una domanda trabocchetto, lo so che si è sentito tutto, le urla e tutto ciò che ci siamo detti. >
Annuii
< sì, effettivamente si è sentito. Ma lui si meritava tutto. >
Annuii senza rispondere.
 
Arrivammo a casa intorno alle 7, sembrava tutto a posto.
Entrai dalla finestra che era rimasta aperta la sera prima e Nicolas mi seguì.
< devo controllare che sia tutto ok e che non ci siano...ma se vuoi tu puoi andare. >
alzò le spalle
< ti do una mano. Meglio in due. >
Attraversammo la casa passo, passo senza trovare niente di niente, e cosa più importante, nessuno.
Ci sedemmo sul divano,sentii Mollica miagolare dalla cucina e mi prese un rimorso da paura.
Nicolas mi guardò
< che è successo? >
< ieri sera, quando siamo andati via, non ho pensato a Molli. >
Mi guardò stranito
< Molli? >
Entrai in cucina e la trovai in un angolo, mi guardò con sguardo riprovevole, si era accorta che c’era qualcosa che non andava.
La presi in braccio ed iniziò a fare le fusa, tornai in salotto.
< lei è Mollica e ieri sera, con il trambusto che c’è stato, ho dimenticato di prenderla con me. >
Mi sedetti sul divano e lasciai che lei andasse a conoscere il nuovo arrivato.
Inizialmente pensai che gli avrebbe soffiato, insomma, era un Bruno; invece iniziò a strusciarsi sulle sue gambe come se lo conoscesse da sempre.
< che bella che è...veramente stupenda, ma come la padrona d’altronde. >
Lo guardai seria
< stai cercando di non farmi credere a ciò che ho letto ieri? >
Alzò le spalle
< in un certo senso, ma sto solo dicendo la verità. >
Mi poggiai di peso sullo schienale del divano
< non lo so, sinceramente non lo so. >
Sentivo che mi stava fissando, mi voltai ed incontrai il suo sguardo
< tu credi a lui? >
Alzai le spalle
< forse sì...insomma, è un parere come un altro. >
scosse la testa
< non è un parere come un altro Smile, è il parere di una persona che a quanto percepisco per te era importante, o quantomeno lo stava diventando. >
Non risposi, diciamo solo che quella affermazione mi colpì.
Sinceramente sì, mi aveva fatto male leggere quelle cose, ma non è che mi ero soffermata a pensare troppo a colui che le aveva scritte; avevo solo pensato ad ucciderlo, non a chiedermi il perché di tanto astio.
 
Passammo il resto della giornata chiusi in casa.
Ricevetti un paio di telefonate da Laby e Kay; Monica mi aveva scritto circa 20 messaggi solo per accertarsi che fossi io e non qualcun altro e per sapere se sarei tornata li quella sera, domanda a cui ovviamente non risposi.
Nicolas era rimasto con me tutto il giorno e, dal momento che avevo vietato ai miei due migliori amici di venirmi a trovare dal momento che la zona stava diventando troppo pericolosa, la cosa mi fece alquanto piacere.
Stavamo guardando la televisione quando improvvisamente me ne uscii con una domanda assurda
< com’è essere un Bruno? >
Mi guardò stupito
< intendo...come ci si deve comportare? >
Alzò le spalle cercando le parole esatte
< non credo ci sia niente di particolare, a parte che non rimaniamo mai troppo tempo nello stesso posto. Sai, di solito siamo perseguitati da voi. >
Mi sentii terribilmente in imbarazzo
< mi dispiace...io... >
< o, non dispiacerti. Tu rischi la vita ogni minuto che passa. So come ci si sente, fa schifo. >
Annuii
< sì, fa veramente schifo. >
 
Improvvisamente sentii una presenza dietro di me, non feci in tempo a voltarmi che finii a terra sbattendo la testa contro il tavolo.
Mi alzai, con la nausea, ma mi alzai.
Avevo davanti qualcuno che non conoscevo, qualcuno che ora stava fronteggiando Nicolas.
< togliti dai piedi ragazzo, il piano è riuscito, te ne puoi andare. >
Nicolas rimase immobile
< qui non c’era nessun piano...io non sto con voi, dovreste averlo capito ormai. >
Sentii un’altra voce
< Nicolas, vattene! E questo è un ordine. >
Non si mosse e qualche secondo dopo era a terra.
Ok, forse non erano solo due, erano tre e mi fronteggiavano, ed erano cazzi.
< eccola qui, la mediana. Ti hanno lasciata sola ragazza? >
Non risposi
< poco male, sarà una cosa veloce. >
Ecco che cominciava la parte in cui le davo e le prendevo come non mai.
Essendo in tre loro e una io era difficile che io rimanessi illesa.
Presi non so quanti pugni e quanti calci, picchiai duro anche io, ma con scarsi risultati.
Con la coda dell’occhio vidi Nicolas che si stava rialzando; uno dei tre andò verso di lui e lo bloccò, contro di me ne erano rimasti due.
Mi distrassi e diedi il tempo ad uno dei due di prendermi per il collo e sollevarmi da terra.
< preferisci una morte veloce o lenta?? >
Cazzo di domanda era!
< a, ma tranquilla, non importa. Dal momento che sei indecisa e nessuno qui vuole decidere per te, deciderò io. >
Strinse la presa, portai le mani alla gola e cercai di allentare la sua presa.
Sentii Nicolas urlare
< lasciala, ho detto di lasciarla! >
Un colpo mi disse che lo stavano stordendo alquanto pesantemente.
 D’improvviso quello mollò la presa, all’inizio non capii, poi riconobbi di sfuggita lo sguardo di Alex.
< Smiel vattene da qui! >
Lo guardai per due secondi mentre combatteva contro tutti e tre, non ce l’avrebbe mai potuta fare.
Nicolas era ancora a terra, mi avvicinai a lui e poggiai due dita sul suo collo.
Era ancora vivo.
< ehi mediana. >
Mi voltai in tempo per schivare un calcio.
Mi lanciai contro l’aggressore e dopo qualche secondo lo stordii.
Alex era ancora impegnato con gli altri due e non potevo certo dire che stesse in vantaggio.
 
Vidi Nicolas che si stava alzando da terra, mi avvicinai a lui per sorreggerlo, ma non feci neanche in tempo a raggiungerlo che sentii un tonfo assurdo.
Alex era volato contro il bancone di marmo della cucina e aveva sbattuto la testa.
Uno dei due Bruni era a terra, l’altro però si stava avvicinando a lui con fare minaccioso.
Lo sollevò da terra e lo incollò alla parete premendo il palmo della sua mano sulla sua testa, gliel’avrebbe fracassata nel giro di pochi secondi.
Non ci vidi più.
Ignorai i pensieri che mi stava trasmettendo.
Con un salto quasi felino presi il Bruno alle spalle e gli ruppi l’osso del collo con una botta secca.
Il corpo di quello scivolò a terra e con quello anche Alex.
I due compagni di quello si stavano rialzando barcollanti, mi voltai con sguardo assassino
< se non volete fare la stessa fine prendete il corpo del vostro compagno e andatevene...dite che è un messaggio che manda la mediana. >
Stranamente non se lo fecero ripetere due volte, avevo l’impressione di aver ucciso il capo della spedizione.
Mi inginocchiai vicino ad Alex, era a dir poco distrutto.
Mi stava guardando con un misto di rabbia e tenerezza che non capivo.
In teoria io dovevo essere furiosa con lui, ma in quel momento proprio non mi riusciva.
< hai qualcosa di rotto? >
< fai prima a chiedermi se ho qualcosa di intero. >
Lo aiutai ad alzarsi, Nicolas ci stava guardando dall’altra parte della stanza
< è meglio che tu vada...non sei più al sicuro qui Nicolas. Ci vediamo. >
Annuii
< grazie Smile. Ci vedremo ma mi assicurerò di non metterti nei guai. >
Se ne andò e dentro quella che non sembrava neanche più una casa rimanemmo solo io e Alex.
lo feci sedere sul divano e andai a prendere del ghiaccio e dell’alcol.
Tornai e lo trovai in piedi.
< cosa stai facendo? >
< me ne vado. Non merito tutto questo. >
 
 
Rimasi a guardarlo qualche secondo poi gli diedi una spinta e lo ributtai sul divano
< ma stai zitto... >
Si lasciò disinfettare le ferite più evidenti senza fiatare, però continuava a fissarmi il che alla lunga mi infastidiva
< smettila di fissarmi così... >
Il suo sguardo non cambiò
< così come? >
Lo guardai
< così come stai facendo, mi metti sotto pressione. >
Il fatto che non cambio nulla mi fece sorridere
< niente è, non ci arrivi... >
< non mi sembra che io mi stia comportando in modo molto diverso da ciò che faccio di solito... >
Lo guardai di nuovo, allungai una mano e gli chiusi gli occhi.
< ecco, così va molto meglio. >
A quel punto riuscii a disinfettargli anche il taglio che aveva sull’occhio senza tanti problemi.
Di colpo lo sentii tremare, mi scivolò il batuffolo di cotone.
< fa male? >
Riaprì gli occhi di colpo e mi fissò con sguardo vitreo.
Gli presi il viso tra le mani iniziando ad avere paura
< Alex, Alex che cos’hai...dimmi qualcosa, Alex... >
Ero addirittura sul punto di piangere e continuavo a ripetermi che non era possibile che stesse così, che non c’era spiegazione.
Mi prese le mani e sorrise
< stavo solo scherzando... >
Mi scivolò una lacrima nell’incavo del naso
< sei un coglione. >
 
Erano solo le 9:30 ed entrambi avevamo già rischiato di morire.
La prima cosa che facemmo fu chiamare Monica e farla venire da noi, più eravamo insieme e meglio era.
Appena arrivò ci guardò entrambi in volto
< conciati male, ma almeno avete avuto la meglio...chi ha ucciso? >
Alzai la mano e lei si accigliò
< così presto? >
Alex annuì
< la paura fa fare grandi cose... >
Monica annuì
< sì, la paura... >
Io e Alex ci guardammo senza alcun motivo apparente e Monica guardava noi
< beh, l’importante è che state bene...e il tuo amico Smile? >
Alzai le spalle
< è andato via, l’ha scampata bella. Ma qui non era di certo al sicuro. >
Annuì
< ok...allora, vogliamo rimanere qui o tornare a casa nostra? >
Li guardai entrambi
< se non vi dispiace io vorrei rimanere un po’ qui a rimettere a posto, non voglio che mio padre trovi questo casino quando torna. >
Monica stava per ribattere che non dovevo neanche pensarla una cosa del genere ma Alex intervenne
< rimango io con lei. Insieme sarà più sicuro. >
Non dissi nulla e Monica accettò.
 
Rimanemmo di nuovo soli a rimettere a posto quello che non sembrava neanche un salotto.
C’erano vetri per terra di ogni grandezza e con molte probabilità avevamo azzoppato il tavolo.
< come spiegherai questo a tuo padre? >
Scossi la testa
< la mia idea era pregare affinchè non se ne accorga proprio. >
Sorrise
< provaci, magari riesce. >
Mi lasciai scivolare a terra e mi sdraiai sulla parte già pulita di parquet
< basta, sono stanca. >
Mi si avvicinò
< se è per questo anche io...ma non possiamo mica lasciare tutto così. >
< pausa... >
Si sedette accanto a me
< vada per la pausa. >
Rimanemmo in silenzio qualche minuto; non riuscivo a credere che nel mio salotto era appena stato ucciso un uomo, Bruno, ma sempre un uomo.
Alex di tanto in tanto mi guardava ma io cercavo di non rispondere al suo sguardo, quel giorno mi metteva nervosismo.
Si sdraiò accanto a me ed iniziammo a guardare il soffitto.
< interessante, hai un bel soffitto. >
Sorrisi
< grazie... >
Dopo qualche altro minuto di silenzio Alex se ne uscì con una domanda assurda
< mi ripeti di nuovo perché mi hai salvato la vita? >
Evitai di nuovo di guardarlo
< perché ti voglio bene... >
< allora abbiamo un problema. >
a quel punto mi girai ed incontrai i suoi occhi
< quale sarebbe il problema? >
I suoi occhi erano indecifrabili.
< il problema è che mi sono innamorato di te. >
rimasi sconvolta, non dissi nulla e probabilmente gli lanciai un messaggio più che sbagliato continuando a mantenere il suo sguardo.
Mi si avvicinò e mi baciò.
Ok, non potevo dire di non provare niente, ma oltre al brivido sulla colonna vertebrale ciò che provavo era stranezza, non mi sentivo neanche io.
Anzi, non ero io.
Cazzo, stavo baciano Alex Skorny, quel Alex Skorny.
Si staccò lentamente ricominciando a fissarmi negli occhi. La mia faccia doveva essere alquanto assurda perché cambiò espressione
< che c’è? >
Scossi la testa
< niente...è solo che  >
Annuì guardando il soffitto
< è solo che è strano. >
Annuii anche se lui probabilmente non mi vide.
< ora capisci perché non sopportavo l’idea che tu uscissi con Liam... >
Sorrisi
< non era anche perché non volevi che morisse? >
Scosse la testa
< ma ti pare. >
Rimanemmo un po’ in silenzio, silenzio nel quale io evitai di pensare.
< cosa facciamo ora? >
Alzai le spalle
< direi di ricominciare a pulire... >
Sentii i suoi occhi azzurri che mi fissavano
< no, intendo, cosa facciamo con noi... >
Risposi allo sguardo
< a, quello... >
Vidi la speranza sparire nel suo sguardo a poco a poco
< non lo so Alex. Io... vorrei poterti dire che sono pronta a provare...ma in realtà non lo sono. Potremmo, beh, potremmo vedere come va e basta. >
Annuì
< ok... >
Si alzò da terra pulendosi i pantaloni
< finiamo di mettere a posto e andiamocene, questo continua a non essere un posto sicuro. >
Annuii ed iniziai ad aiutarlo.
   
 
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