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Autore: Lilyth    13/07/2012    0 recensioni
Si può passare da persona normale in cerca del destino a persona che rischia la vita tutti giorni che del destino non vuole sapere nulla?
Beh, evidentemente sì per Lilyth.
Chi nasce prescelto deve sacrificare la vita per gli altri, anche se questo vuol dire cancellare i propri sentimenti.
Questa è una storia che ho scritto in terza media, diciamo che me ne sono sempre un po' vergognata; però sento il bisogno di mostrarla a qualcuno e ricevere delle belle critiche costruttive.
un Abbraccio.
Lilyth
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mamma tornò al lavoro ed io pregai Caspian di riportarmi a casa.
Appena arrivata nella mia camera, con la speranza di essere sola, mi buttai sul letto e chiusi gli occhi.
Volevo un po’ di pace.
Erano passate poche settimane da quando ero arrivata in quel buco di paese, e ora mi ritrovavo a dover sacrificare un anno intero per la sua vita.
Mi veniva quasi da ridere pensandoci.
Ero vero, avevo incontrato il mio più grande amico, nonché angelo custode, ma avevo anche mille problemi, e fra questi il primo era Liam.
In quel moneto ero in piena tranquillità con me stessa, riflettevo sui pro e i contro di quella situazione quando risentii la sua  voce < …siamo di nuovo soli… > mi tappai le orecchie e risposi silenziosamente < lasciami in pace… > mentre parlava fu come vederlo ridere < dai, vedrà che non sarà male condividere i nostri pensieri per un po’… > strinsi i denti < …questo vale per te… >.
Non rispose, c’era silenzio nella mia testa.
D’un tratto vidi Amos nella mia testa.
Sussultai, potevo vedere quello che lui vedeva…come, come poteva essere < io lo posso fare da sempre, tu ora perché hai ricevuto parte del mio sangue… > pensai  ad una risposta più acida possibile < non mi pare di avertelo chiesto Liam…e ora, per favore lasciami dormire…avrai tempo per capire dove e quando uccidermi! > i suoi pensieri smisero di arrivare nella mia testa.
Chiusi gli occhi e mi addormentai.
Nel mio sogno ebbi un flash della giornata in cui Liam e Caspian si erano scontrati, ma, questa volta, era Caspian a tentare di uccidere Liam.
Poi però Caspian aiutava Liam ad alzarsi, si stringevano la mano, mi guardavano entrambi, poi fu Caspian a gettarsi su di me e a sussurrarmi < addio Lilyth >
< noooooooooooooooooooooooooooo… > ero seduta sul letto, il cuore che batteva a mille…era stato un incubo, solo un incubo…non poteva essere vero.
Mi lasciai cadere di nuovo sul letto, poi sentii una voce corporea provenire dalla finestra < che è successo?!? > era Caspian, seduto sul davanzale.
Scossi la testa < niente, niente…un incubo…mi stanno perseguitando da quando…beh da quando sono “caduta dalle scale” > sul suo viso si formò una smorfia che lontanamente faceva pensare ad un sorriso < allora io torno fuori…non farmi spaventare però… > gli sorrisi < ok…allora ciao… > senza rispondere al sorriso tornò fuori.
Cercai di calmarmi e, se ci riuscivo, di riprendere sonno.
Mi ridistesi sul letto e chiusi gli occhi < quello non manca mai, è?!? > li riaprii nera < cosa vuoi ancora…ti piace così tanto darmi il tormento?!? Potresti darlo a qualcun altro … > la voce rispose < se non sei tu, prova ad immaginare a chi lo darei… > sbarrai gli occhi < non ti azzardare a toccare Caspian…o saranno guai per te…carino… > < grazie dell’avvertimento…allora ci si vede, o meglio ci si sente…bacini…e, giusto per fartelo sapere, la versione del tuo sogno era simpatica, dovremmo provare… > mi sentii male, poteva vedere anche ciò che sognavo.
Non gli risposi, cercai di diventare piccolissima e di chiudere i miei pensieri in una bolla di vetro anti-Liam; forse sarei riuscita a riprendere sonno…tutto dipendeva da lui e dalla sua stupida voce…che tormento.
Riuscii ad addormentarmi, fu un sonno senza sogni.
Dormii tranquilla per tutto il pomeriggio, quando riaprii gli occhi era notte.
Voltai la testa verso la sveglia sul comodino, le 22:30.
Avevo dormito parecchio.
Mamma non mi aveva svegliata, probabilmente gli avevo fatto troppa pena.
Rimasi sdraiata sul letto, la luce della luna filtrava dalla finestra aperta, le tende erano socchiuse.
Sentivo il vento feroce stramazzare gli alberi di fuori.
Una ventata fece alzare le tende, seduta sul davanzale c’era una figura maschile, il buio la rendeva irriconoscibile.
Rimasi ferma sul letto < Caspian…che ci fai qui?!? > si voltò dalla mia parte, la luna gli illuminò metà del viso…non era Caspian…il primo istinto fu di mettermi ad urlare, mai ci pensai bene ed agii con calma.
La sicurezza davanti casa mia era serrata, l’avrebbero visto, sentito, fermato…pensai subito al peggio < non li ho uccisi tutti, tranquilla… > mi ricordai che poteva leggere nella mia mente, mi concentrai sui suoi pensieri…era un libro vuoto…possibile che non pensava?!?
< so controllare la mia mente molto meglio di te, non provare a leggerla… >
< come fai ad essere qui?!? > rise < sono il demone della notte, il mio potere ora è nel pieno delle forze…so rendermi invisibile a occhi umani e a occhi “angelici”…nessuno sa che sono qui… >
avrei dovuto reagire…stavo rischiando la vita, stare lì con lui senza che nessuno sapesse niente…era terribilmente pericoloso…non sapevo che fare < non ti voglio uccidere, o almeno non ora, l’avrei già potuto fare tante di quelle volte che tu nemmeno le immagini… > mi sedetti sul letto < ma allora perché sei qui?!? Cosa vuoi da me Liam?!? > si alzò dal punto in cui era seduto e avanzò lentamente verso di me.
Quando mi fu tanto vicino che io potevo riuscire a vederlo bene anche al buio disse < …volevo solo vedere come stavi, in fondo mi sto affezionando a te…sarà un peccato farti fuori. > rimasi impassibile alle sue botte di spirito < dai, non riesci a capire le battute quando le senti... >
Scoppiò a ridere, non ci trovavo nulla di divertente.
Ero seduta a gambe incrociate sul letto, avevo lui davanti inginocchiato per terra…non sapevo più cosa dire, lui taceva…avrei dovuto fare tante di quelle cose, ma il mio sistema nervoso era andato in tilt.
Si alzò da  terra e si sedette sul letto, il mio cuore batteva a rallentatore, era così vicino…avrebbe potuto uccidermi, ma non lo faceva, cosa ci provava a darmi il tormento?!? Era poi così bello giocare con una povera innocente?!?
Quella domanda risuonava nella mia mente.
Non mi importava più che lui potesse sentire tutto quello che pensavo, non mi interessava la mia sicurezza, mi interessavano i suoi scopi più di ogni altra cosa.
< sai perché lo faccio?!? > scossi la testa, lui si avvicinò al mio viso, mi spostò i capelli da un orecchio e mi sussurrò < lo faccio perché sono un killer che prova simpatia  per la sua vittima > rabbrividii e rimasi in apnea.
Lo sentivo bollente, rimasi ferma, immobile aspettando che il destino facesse il suo corso.
Chiusi gli occhi, se mi doveva uccidere era meglio che si sbrigava.
Quando riaprii gli occhi era sparito.
Quello che era successo era fra il ridicolo e lo spaventoso, stavo infrangendo tutte le regole possibili e immaginabili non dando l’allarme quando mi si presentava davanti.
Nella mia mente arrivò una correzione < stiamo infrangendo, ti avrei già dovuta far fuori… >
Non gli risposi e con quella voce tormentosa nella mente mi addormentai.
< tesoro, svegliati…Arno sta per arrivare per portarti a scuola… > aprii gli occhi, era mamma.
Mi tirai su dal letto, avevo dormito con il polso fratturato sotto il petto, lo mossi indolenzita < come mai sei ancora qui?!? > alzò le spalle < pare che oggi non ci siano urgenze, da qua che te lo fascio… > allungai il polso, lei prese le bende e cominciò a lavorarci.
Dopo dieci minuti lo mollò < tieni rocky…il tuo polso… > mi alzai dal letto piegando le dita e scesi a fare colazione.
Alle 7:40 ero davanti casa ad aspettare Arno, vidi arrivare una macchina argento, dal finestrino si affacciò Caspian <  dai, vieni… > corsi verso l’auto ed entrai.
< ciao Arno, Caspian… > Arno mi sorrise dallo specchietto retrovisore, Caspian mi diede un bacio su una guancia.
< come hai passato la notte?!? > mi irrigidii, Caspian mi guardò stranito < intendo, con il polso… > sospirai < bene, bene…l’ho fasciato…dovrebbe andare meglio… > lui annuii e iniziò a guardare fuori dal finestrino.
Feci altrettanto, le case sfrecciavano intorno a noi velocissime, fra pochissimo sarei arrivata a scuola e l’avrei visto…non ne avevo per niente voglia.
< ma come ed io che non vedo l’ora di vederti… > sobbalzai e strinsi con la mano la cintura di sicurezza, Caspian mi prese la mano < Lilyth…che succede? > scossi la testa < niente…pensavo alla prossima lezione di matematica… >.
Arrivammo davanti scuola, scesi dall’auto insieme a Caspian ma quando sentii Liam dire < sto arrivando > allungai il passo.
Caspian mi seguì più lento < tesoro, aspetta…dove corri?!? > mi fermai e lo aspettai, nella mia testa Liam iniziò a commentare < vuoi che lo faccio fuori?!?se vuoi sono pronto … > corrucciai le sopracciglia e pensai nel modo più rimproverevole possibile < se mai è lui che fa fuori te! >
 Caspian mi aveva raggiunta, mi prese per mano e mi condusse verso scuola, Liam nella mia testa intonava una canzone a dir poco tragica < sto preparando un’accetta, un’accetta bella tagliente per tagliare la testa a un pezzente che mi sta sullo stomaco, povero incosciente…uccidiamo i piccioni, uccidiamo…il mondo liberiamo…pane secco gli lanciamo e poi li carbonizziamo… > era straziante, veramente straziante sentirlo anche cantare.
Caspian mi lasciò davanti alla porta della mia classe, mi salutò con la mano e sparì nel corridoio affollato, quel giorno c’era assemblea e a scuola erano venuti numerosi.
Caspian era rappresentante di classe e doveva tenere d’occhio la situazione, tutti gli altri, dopo aver firmato un verbale potevano liberamente uscire e andarsene in giro per il paese.
Entrai nella classe già semi-vuota e mi avvicinai al verbale, lo firmai e riuscii.
Rimasi fuori dalla porta, Manuela mi raggiunse raggiante < che bello! Un giorno di pura libertà… > le sorrisi < e sì…ci voleva proprio…peccato per il freddo… > guardai la finestra, la pioggia aveva incominciato a cadere imperterrita, l’aria di ottobre era pesante e ventosa.
Rabbrividii e tornai a guardare la mia migliore amica < che facciamo oggi?!? > alzò le spalle < mio fratello se ne va un po’ in giro…possiamo andare con lui se vuoi… > annuii.
Raggiungemmo il fratello che stava parlottando fuori scuola con degli amici, appena vide la sorella sbuffò scuotendo la testa < ecco la rovina della mia giornata di libertà…mia sorella Manuela… > lei si fece avanti tranquillamente e annunciò < tesoro, non sono sola…ti ho portato la tua conquista di ieri… > lui sporse la testa da una parte, stavo guardando il display del cell, Caspian mi diceva di stare attenta e mi avvertiva che sarebbe arrivato William da lì a poco.
Michael sorrise < allora sister sei la ben venuta…Lilyth…ci si rivede… > alzai la testa confusamente < eh?!? > sentii una mano tamburellarmi sulla spalla, mi voltai, avevo davanti William.
I capelli biondi scompigliati dal vento, gli occhi verdi brillanti.
Gli sorrisi < ciao William…come va?!? > rispose al sorriso < tutto ok…Caspian ti ha avvertita che sarei venuto a prenderti?!? > annuii.
Manuela mi tirò per una manica del giubbotto e mi portò distante dal gruppo.
Vedevo William fare conoscenza con quelli del 3°A, Manuela si fermò e mi chiese con occhi spalancati < chi è?!? Dove lo hai conosciuto?!? Quanti anni ha?!? A che scuola va?!? Dimmi ti prego che non è fidanzato… > scoppiai a ridere e  mi preparai a rispondere alla lunga serie di domande < allora…lui è William, un grande amico di Caspian, me lo ha fatto conoscere lui quando sono arrivata, ha 19 anni, ha appena finito le scuole e fa l’università, e, per tua fortuna, non è fidanzato… > sorrise < me lo presenti, vero?!? > la presi per mano < certo…anzi, se venisse con noi… > le si illuminarono gli occhi.
Tornammo dal gruppo, William stava raccontando che l’esame di Maturità era una gran cavolata, paragonabile all’esame di terza media e tutti i ragazzi ascoltavano rapiti.
< ehi…siamo tornate…allora, che si fa?!? > Michael scosse la testa < non so…potremmo andare al lago qui siamo tutti patentati… > guardai William che concesse con lo sguardo < per me va bene…lui sta con noi… > Michael annuì < certo, mi deve ancora raccontare la figuraccia del prof. Loreto durante l’esame di inglese… > William rise e lo seguì verso la macchina.
Eravamo parecchi, io montai in auto con Michael, Manuela, William e un ragazzo di nome Mike; in tutto eravamo tre macchine piene di ragazzi delle superiori diretti al lago di Garda per una giornata di assemblea scolastica.
Dentro la macchina la  musica era a palla, ridevamo e scherzavamo…Mike era simpatico ed in più faceva delle imitazioni fantastiche della Pollurelli.
Io ero seduta vicino al finestrino, al centro c’era Manuela e dall’altra parte William, alla guida c’era Michael e al posto davanti Mike.
Manuela era rossa in volto ogni volta che William le rivolgeva la parola, cercavo in vano di farla smettere di balbettare mentre William mi lanciava frecciatine di disappunto.
Continuai a sorridergli mentre cercavo di calmare Manuela che, alla fine, si volle spostare accanto al finestrino.
Mi trovai in mezzo a loro due, William mi sussurrò all’orecchio < ti pare giusto quello che stai macchinando su di me?!? > feci una faccia innocente e iniziai a parlare con Michael cercando di non arrivare ad argomenti scottanti con William.
La pioggia batteva forte sul vetro, si era alzata una cortina di nebbia che si poteva tagliare a fette. Cercai in vano di guardare fuori dal finestrino, niente, zero assoluto.
Le altre auto con gli amici di Michael non si vedevano più, eravamo soli al centro della strada.
< Michael, forse non è stata una buona idea…il tempo non è dei migliori… > mi guardò dallo specchietto retrovisore < hai paura?!?non ti preoccupare, Michael non perde mai un colpo…tranquilla… > mi strinsi nelle spalle e ricominciai a guardare fuori, il vento fortissimo sbrindellava i grandi pini che costeggiavano la strada facendoli piegare su loro stessi, guardarli aveva un retrogusto inquietante, sembrava che ti dovessero cadere addosso da un momento all’atro.
Ero completamente persa nei miei pensieri quando mi sentii tirata in avanti.
Fu un attimo. Vidi Michael perdere il controllo dell’auto, Mike allungarsi verso il vetro come una molla, Manuela urlare…con un scricchiolio sinistro Mike sfondò il vetro, davanti al posto del guidatore si aprì l’airbag, Michael venne sospinto verso di esso; Manuela venne scaraventata  verso il sedile davanti con un tale forza che lo scontro le fece perdere i sensi.
Sentii la forza del impatto proiettarmi verso il vetro, poi il mio corpo incontrò un ostacolo duro come il ferro che mi bloccò in pieno petto.
Era tutto finito, la macchina era immobile sulle due ruote davanti, nessuno, a parte me e William era cosciente.
William tolse il braccio lentamente e mi tenne ferma per non farmi cadere in avanti, non riuscivo a rendermi conto dell’accaduto.
Mi guardavo intorno sconcertata davanti ad uno sfondo di terrore; Mike aveva sfondato il vetro e ora giaceva primo di sensi in un mare di sangue  mezzo dentro e mezzo fuori l’auto; Michael era svenuto  appoggiato all’airbag; Manuela aveva sbattuto la testa sul poggia testa del sedile davanti e ora era caduta in mezzo ai due sedili.
Mi voltai verso William terrorizzata < Will, Will…cosa è successo…William?!? >  mi posò una mano sulla spalla < ora calmati, scendo dall’auto e controllò l’entità dei danni… > aprì lentamente lo sportello e scese con un salto.
Mi affacciai e vidi che l’auto era andata fuori strada e si era scontrata con una parete rocciosa.
William mi fece cenno di scendere, lo raggiunsi fra la pioggia < Lilyth, devo andare a cercare aiuto…devi rimanere qui…non ci metterò molto, stai attenta… > annuii e lo guardai alzarsi fra la nebbia e poi sparire fra le nubi.
Guardai l’auto, da fuori lo spettacolo era peggio che da dentro, l’auto era accartocciata contro il fianco della montagna ed era impennata in avanti.
Le girai intorno e raggiunsi lo sportello di Mike, era completamente ricoperto di sangue.
Cercai di tirarlo fuori, ma pesava troppo…non potevo farcela.
Non riuscivo più a respirare, mi poggiai contro la roccia, la pioggia continuava a cadere fitta; i lampi all’orizzonte squarciavano il cielo nero come la pece.
Avevo l’impressione che nei polmoni non circolasse più ossigeno, mi accasciai lungo la parete rocciosa, strinsi i ciuffi d’erba pieni d’acqua e cercai di farmi forza; sarebbe arrivato William, forse insieme a Caspian…guardai di nuovo la scena davanti a me, poi chiusi gli occhi.
Sentivo il vento intorno a me smuovere i rami degli alberi, la pioggia era tagliente come un coltello, avevo freddo, paura…lì insieme a me non c’era nessuno…non sarebbe arrivato nessuno, lo sentivo dentro.
Ero confusa e infreddolita, mi sentivo intrappolata in un corpo di ghiaccio che non era mio; non riuscivo ad aprire gli occhi per la stanchezza, stavo per addormentarmi e lasciarmi catturare dal buio, quando sentii un calore immenso riscaldarmi tutto il corpo.
Mossi una mano e toccai la fonte di calore vicino a me < stai tranquilla…ora ci sono io… > socchiusi gli occhi, vedere quello sguardo fu come aver acceso un falò nel mio petto,le mie labbra tremarono mentre pronunciavo quel nome  tabù < …Liam.. > sentii la sua mano sul viso < tranquilla…ti porto via da qui… > tornai abbastanza lucida da capire che non dovevo permettere che mi portasse via < NO! Liam, io devo stare qui…non posso lasciarli… > lo vidi spostare lo sguardo sulla macchina, sentii il pensiero che non mi aveva voluto rivelare < stupida…preferiresti morire pur di non lasciare i tuoi amici… > a labbra contratte gli risposi < sì…preferirei morire…perché gli voglio bene…non li lascio qui da soli… > mi guardò serio < ma io non lascio te, questo non puoi impedirmi di farlo, se proprio devi morire, sarò io ad ucciderti… > non ebbi la forza di dirgli che da lì a poco sarebbero arrivati i “piccioni”, ma lui lo lesse nella mia mente senza tanti problemi < lo so…non mi interessa, non ti lascio sola… >
Iniziai a tremare per il freddo, intorno a noi c’era una bufera di pioggia e vento, il cielo nero non prometteva nulla di buono.
Mi strinse a se, sentii la mia schiena a contatto con il suo petto, il mio corpo si scaldò di un calore nuovo, smisi di tremare.
Ormai ne ero certa, la mia vita era legata alla sua con un doppio filo, non potevo negare a me stessa la verità, oramai era inutile cercare di imporre una volontà non mia ad un destino che avevo scelto da sola.
Sentii la sua mano stringere la mia, appena sentii la sua stretta caddi addormentata, la guerra contro il mio destino era cominciata.  
   
 
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