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Autore: Eloise_Hawkins    13/07/2012    23 recensioni
Hermione Granger ha appena visto il bacio tra Lavanda e Ron; distrutta dal dolore e in preda alle lacrime, si rifugia nel bagno delle ragazze del terzo piano, disabitato da quando il Troll di Montagna, penetrato nella scuola durante il suo primo anno, l'aveva distrutto.
Draco Malfoy ha solo sedici anni, ma sulle sue spalle grava un peso non indifferente. Oppresso dai pensieri riguardo la missione affidatagli dal Signore Oscuro, cerca conforto nel silenzio del bagno delle ragazze del terzo piano, ignaro del fatto che qualcuno, quella sera, ha già avuto la stessa idea. Pur non conoscendo l'identità l'una dell'altro, e nonostante le iniziali reticenze, i due ragazzi accettano quell'anonima compagnia, un po' per solitudine, un po' per affinità. Parlano a lungo, e tra di loro nasce un rapporto particolare, fatto di confidenze, parole e segreti chiusi a chiave nel loro cuore.
Ma se uno dei due scoprisse l'identità dell'altro? Continuerebbe a rinnovare l'appuntamento o si tirerebbe indietro?
Tra favole dal sapore dolce-amaro e parole che sembrano non bastare mai, tra i due nascerà una relazione destinata a diventare speciale.
Si può uccidere il male seppellendolo di risate?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cenerentola e altre fiabe'
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A tutti i lettori che hanno seguito e amato questa storia;
a tutte le principesse che sognano di trovare il proprio Draco;
a tutti i cattivi che sperano in una Hermione che li salvi;
a chiunque sogni che la fiaba si avveri.



Capitolo 9:
Peter Pan – ovvero di risate e manici di scopa

 
«Quando il primo bambino rise,
la sua risata si infranse in mille e mille pezzi,
che si dispersero scintillando in tutto il mondo:
così nacquero le fate»

 

Se tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, tra il capire e l’agire c’era di mezzo Draco Malfoy e il suo carattere impossibile. Tutto ciò che il Serpeverde era riuscito a fare da quando aveva intuito la verità che si nascondeva dietro i comportamenti di Hermione, era limitare al minimo le risposte aspre e gli atteggiamenti gelidi che l’avevano sempre caratterizzato. Mordersi la lingua ogni volta che lei parlava non era il modo migliore di salvarla – di salvarsi. Tuttavia, considerato che di draghi feroci non c’era traccia, e che i maghi oscuri ormai erano quasi tutti rinchiusi ad Azkaban, Draco decise che la ragazza poteva anche accontentarsi della mezza gentilezza che le riservava – e che lei, in tutta onestà, più che piacevole trovava strana.
 
«Malfoy, sei un arrogante, viziato…»
«… bellissimo Purosangue?»
«Stavo per dire bastardo Serpeverde, a dir la verità»
«Perfida Grifondoro»
«Come?»
«Non ho detto niente»
«Malfoy!»
«Granger»
 
Tutto sommato, era quasi piacevole.
 

***

 
Hagrid non era certo celebre per la sua perspicacia. Non che non fosse intelligente, ma il suo acume era tutto rivolto verso strane creature e orridi mostri, per lui adorabili, per il resto del mondo semplicemente letali; avrebbe saputo distinguere alla prima occhiata un crine di Thestral da un pelo di Porlock, ma in quanto a sentimenti umani era un disastro. Di sicuro cucinava meglio di quanto capiva le persone. Tuttavia, a lungo andare, nemmeno lui poté più ignorare la palese verità che gli si presentava davanti agli occhi.
I primi mesi, quando aveva visto Hermione Granger e Draco Malfoy insieme in giro per la scuola, aveva pensato di rispolverare il suo vecchio ombrello rosa, perché era certo che quel borioso Serpeverde stesse importunando la povera ragazza, troppo buona per respingerlo. Il suo primo istinto, la rabbia, era stato placato da Minerva McGranitt, che poteva anche essere severa e rigida in materia scolastica, ma di sicuro aveva vissuto abbastanza da riuscire a vedere ben oltre la grossa mole del guardiacaccia, e aveva preferito lasciar crescere il bocciolo di quel giovane amore.
Hagrid aveva osservato in silenzio, senza capire. La rabbia si era trasformata in sgomento nel momento in cui Hermione era arrivata a lezione di Cura delle Creature Magiche insieme a Malfoy Junior – e questa volta era lui che sembrava tutto meno che contento della compagnia della ragazza. Il fatto, poi, che i due passassero ogni momento insieme – colazione, pause studio, intervalli, pranzi, lezioni, cene, festività – aveva mutato lo sgomento in confusione.
Per fortuna, Hagrid era un uomo paziente e di buon cuore, pragmatico e, talvolta, persino razionale. Così, non riuscendo a sbrogliare da solo quella matassa inesplicabile di situazioni, aveva chiesto alla diretta interessata di venire a prendere un tè nella sua capanna, “come ai vecchi tempi”. Quando, però, si era visto capitare tra capo e collo nientemeno che Draco Malfoy, aveva dato di matto, e da lì ad avvertire Harry, Ron, i signori Weasley e tutto l’Ordine della Fenice al completo, il passo era stato breve. Insomma, non aveva tazze abbastanza grandi per contenere l’enorme ego del Serpeverde, e nemmeno una pazienza e un buon cuore abbastanza estesi – e lui di dimensioni se ne intendeva.
Ne era conseguito uno scandalo che aveva, per certi versi, ricordato la Seconda Guerra Magica: urla, accuse, incredulità, ancora urla, lacrime, qualche incantesimo.
Hermione aveva sostenuto i suoi amici a testa alta, da brava Grifondoro. Li aveva affrontati, spiegando loro le circostanze che l’avevano legata a Draco Malfoy – Ma proprio quelDraco Malfoy? Hermione, sul serio… non ti avrà fatto qualche incantesimo?. Appurato che, no, Draco Malfoy non aveva fatto nessun incantesimo a Hermione Granger, Harry e Ron si erano rassegnati all’evidenza, e avevano ben pensato di invitare il Serpeverde a passare l’estate insieme a loro – se non possiamo combatterlo, possiamo almeno controllarlo.
 
Quando Hermione era tornata da Draco per riferirgli la notizia, era scoppiata la Terza Guerra Magica, e tutti i propositi del ragazzo di mordersi la lingua e risparmiarsi asprezza e acidità erano sfumati – per poi tornare solidi al primo accenno di sorriso.
«Andiamo. Ho una favola da raccontarti»L’aveva preso per mano, con dolcezza, e l’aveva portato su per le scale del dormitorio, come una madre amorevole pronta ad accogliere tra le sue braccia forti e rassicuranti ogni protesta – spenta sull’angolo delle sue stesse labbra, con un bacio della buonanotte che aveva anche smorzato la sua rabbia.
«Peter Pan è un bambino che sa volare»cominciò a raccontare Hermione, mentre si stendeva sul letto accanto a Draco.
«Anche io so volare, che c’è di tanto speciale?»protestò il giovane, scoccando alla Grifondoro un’occhiata offesa, come se quello che aveva appena detto fosse un oltraggio alla sua persona.
«Lui non vola su una scopa»spiegò la ragazza con tono paziente, modulando la voce cosicché risultasse priva di quella traccia di divertimento che le parole del Serpeverde avevano destato.
«E come vola allora?»domandò subito Draco, curioso e perplesso al tempo stesso.
«Vola grazie alla polvere di fata»rispose Hermione con pacatezza. I suoi occhi, prima fissi sulle loro mani intrecciate, scivolarono lungo il corpo del giovane, avvolto dalle lenzuola, per poi puntarsi nei suoi occhi grigi, sfumati di dolcezza e palpitanti di sentimenti che lei preferì non interpretare.
«La polvere di fata?»Draco scoppiò a ridere, divertito. La Grifondoro arcuò le labbra in un lieve sorriso, poi riprese.
«Quando il primo bambino rise, la sua risata si infranse in mille pezzi, che si dispersero scintillando in tutto il mondo: così nacquero le fate» citò Hermione, cercando, con quelle parole, di spiegare al ragazzo la concezione babbana di fate. Lui, però, scosse la testa, schioccando le labbra con fare scettico, per nulla convinto da quella spiegazione.
«È ridicolo»dichiarò, ghignando con divertimento. La Grifondoro trasse un lungo respiro, e lo ignorò.
«Peter Pan vive nell’Isola Che Non C’è»continuò piano, lo sguardo addolcito dalla genuina incredulità che brillava negli occhi del Serpeverde.
«Se non c’è come fa a viverci?»chiese, corrugando la fronte e fissandola come se fosse impazzita.
«Perché c’è solo per chi ci crede veramente»spiegò piano Hermione, a bassa voce, come se gli stesse raccontando, più che una fiaba, un segreto.
«Io non ci credo»affermò Draco in tutta sicurezza, arricciando le labbra e inarcando le sopracciglia con fare superbo. La Grifondoro sospirò, e scosse il capo.
«Sei troppo cinico»dichiarò con tono esasperato. Eppure il sorriso non aveva abbandonato il suo viso, né i suoi occhi erano meno luminosi di quanto non fossero quando aveva cominciato a raccontare la sua favola. D’altronde, le lezioni che aveva voluto insegnare a Draco erano state recepite solo dopo molto tempo, e sapere che, ancora una volta, lui faticava a capire cosa si nascondeva dietro quella fiaba non la sorprendeva più di tanto.
«Tu ci credi?»chiese lui dopo qualche minuto di silenzio, guardandola con intensità negli occhi.
«Sì»sussurrò Hermione, annuendo. Vide un muscolo guizzare sul suo viso, e un lampo accendersi nelle sue iridi.
«E l’hai mai vista?»domandò ancora, voltandosi sul fianco sinistro, così da assumere una posizione speculare a quella della ragazza, per poterla guardare meglio negli occhi.
«Solo i bambini possono arrivarci»rispose lei, la voce un mormorio soffice che ricordava la morbidezza delle lenzuola in cui entrambi erano avvolti.
«Perché?»insistette lui, deglutendo piano, per non spezzare quell’atmosfera intima e calda che si era creata.
«Perché solo i bambini hanno abbastanza fantasia»Hermione aveva uno sguardo profondo, appassionato, sincero. Draco aveva gli occhi leggermente sgranati, come un bambino curioso che scopre per la prima volta qualcosa di incredibilmente prezioso. «Peter Pan non può crescere. Ha deciso di rimanere bambino per sempre, perché diventare adulti significa avere troppe responsabilità. Non cambia idea nemmeno quando conosce Wendy». La Grifondoro parlava con una voce che sembrava seta; parlava piano, e con una dolcezza antica che ricordava a Draco il modo in cui sua madre gli si rivolgeva quando doveva rimproverarlo per qualcosa. Inspiegabilmente, fu spontaneo, per lui, sorridere.
«Chi è Wendy?»chiese, e per la prima volta il suo tono era permeato da una sfumatura di emozione.
«Lei gli raccontava le favole»bisbigliò Hermione, osservando con estrema attenzione il modo in cui le pupille di Draco si spalancavano per la sorpresa, senza che un solo muscolo del suo volto si muovesse. Ma lei aveva imparato a cogliere i segni del suo cuore anche da quei piccoli particolari – perché gli occhi e il cuore non mentono mai. «Lui le insegnava a volare»aggiunse con un lieve sorriso compiaciuto sul volto.
Probabilmente, il ragazzo si accorse della sfumatura di soddisfazione che il sorriso di Hermione aveva assunto, perché abbandonò le spalle sul materasso, scostando gli occhi da quelli della Grifondoro così da privarla di quell’accesso diretto alla sua anima. Il fruscio delle lenzuola fu tanto forte da spezzare l’intimità di quel momento.
«E scommetto che Peter Pan e Wendy si sposano e fanno tanti marmocchi»disse Draco ad alta voce, convinto, con l’espediente del volume alto, di scacciare anche la fastidiosa sensazione che lei gli fosse entrata dentro più di quanto fosse disposto ad ammettere.
«Non hai imparato proprio niente in questi mesi?»rispose Hermione, ridendo di gusto.
«No»acconsentì lui, con un ghigno sul volto, solo per avere il piacere di contestare tutto ciò che lei aveva fatto per lui fino a quel momento.
«Wendy decide di diventare grande. Peter Pan fa ritorno sull’Isola Che Non C’è, e sceglie di restare bambino per sempre»raccontò la Grifondoro, osservando il profilo dritto e severo di Draco, tratteggiato dai raggi lunari che penetravano dalle finestre socchiuse.
«Perché non rimane con lui?» domandò il Serpeverde, lanciandogli una breve occhiata. Un lampo di preoccupazione gli illuminò lo sguardo per un attimo – o forse era solo la luce candida della luna a donare alle sue iridi quella sfumature perlacea.
«Perché Wendy ha capito che non si può restare bambini per sempre. Ha capito che crescere non è solo un obbligo temporale, ma anche, e soprattutto, un dovere morale. Ha capito che rimanendo bambina si sarebbe persa la parte più bella della sua vita, e che anche se diventare adulta poteva sembrare difficile, sarebbe stata un’avventura meravigliosa»spiegò Hermione. E Draco la sentì di nuovo, quella sensazione a tratti dimenticata, quel senso di completezza inconsistente che l’aveva tenuto in vita durante il sesto anno: leggerezza.
«Perché ho la sensazione che tu stia cercando di dirmi qualcosa, Granger?»domandò il ragazzo, guardandola torvamente, senza però riuscire a trattenere il sorriso divertito che aveva sulle labbra.
«Perché sei troppo diffidente, Malfoy»replicò con pacatezza la Grifondoro, stringendosi nelle spalle. Però non lo guardava, e questo la diceva lunga sulle sue reali intenzioni.
Mentre le prime luci di un nuovo giorno tinteggiavano di arancio le cortine del letto, Draco soppesò a lungo le parole di Hermione.
Wendy ha capito che non si può restare bambini per sempre.
Hermione aveva capito che non avrebbe potuto rimanere per sempre accanto a Draco.
Ha capito che rimanendo bambina si sarebbe persa la parte più bella della sua vita.
Aveva capito che scontrarsi contro un muro sarebbe stato sempre più doloroso, perché alle cicatrici precedenti si aggiungevano le nuove ferite; e le ossa rotte non si aggiustavano da sole.
E anche se diventare adulta poteva sembrare difficile, sarebbe stata un’avventura meravigliosa.
Draco, invece, non aveva capito che lasciarsi trasportare dalla corrente della vita – dal sorriso di Wendy – non era così letale come pensava. Poteva essere un’avventura meravigliosa.
Draco deglutì, e trasse un respiro profondo.
«Wendy è fin troppo intelligente»annunciò, trovando la sua gola stranamente secca e la sua voce inspiegabilmente roca.
«Come tutte le bambine»acconsentì Hermione, con un sorriso consapevole sul volto.
«Ma è anche un po’ stronza. Parla troppo per enigmi»aggiunse subito il Serpeverde, troppo abituato a vincere per lasciarla trionfare in quel modo.
«Parla attraverso le favole. È un modo dolce di parlare»lo corresse lei con tranquillità. «E Peter Pan?»domandò poi, puntando un gomito sul materasso, e fissando il giovane dritto negli occhi. Draco ricambiò quello sguardo, pulito e privo di aspettativa, con la bocca chiusa e la gola serrata in una morsa a tratti dolorosa.
«Peter Pan è un idiota»dichiarò alla fine, senza che un solo tratto del suo volto lasciasse trapelare quella strana sensazione di ansia che gli aveva artigliato il cuore, spingendolo ai limiti delle sue possibilità.
E a quelle parole, Hermione rise. Rise di quella risata lontana più o meno due anni, una risata che spesso aveva sentito riecheggiare tra i muri umidi e scricchiolanti di un bagno in disuso, nel buio fitto e impenetrabile di una Polvere adatta al caso. Rise di quella risata da spezzare il cuore, per poi ricucirlo con perizia e dolcezza. Rise di quella risata che avrebbe potuto benissimo creare cinque, dieci, centomila fate, perché era così bella, e così vera, che Draco si perse nelle pieghe del suo sorriso, nella morbidezza delle sue labbra, nel suono armonioso di quella gioia, e sorrise di rimando, trascinato dalla sua bellezza.
 

***

 
«Forse io sono come il Capitan Uncino»
«Che intendi?»
«Tu cerchi di volare, ma io continuo a tirarti giù»
«Credo che tu sia più come Peter Pan»
«Come fai a saperlo? »
«Perché io ti ho visto, in quel bagno»
«Era buio»
«Appunto»
«Granger, al buio non si vede»
«Malfoy, a volte sei così stupido» Escoppiò a ridere.
Draco stava per ribattere qualcosa di molto acido, con la solita arroganza di sempre, ma il suono della sua risata gli inchiodò la lingua al palato, e lui, improvvisamente, perse la voglia di dire qualsiasi cosa, perché parlare avrebbe significato interrompere quel suono, e l’unica cosa di cui aveva bisogno in quel momento era sentirla ridere, da quel momento fino alla mattina successiva. E forse anche un po’ di più.
 

***

 
Hermione aveva gli occhi chiusi, la bocca arcuata in un sorriso appena accennato, e i capelli sparsi sul cuscino, annodati e disordinati. Il suo petto si alzava e si abbassava dolcemente, al ritmo quieto del suo respiro.
Draco era steso accanto a lei, come sempre: voltato su un fianco, con la testa poggiata sul palmo della mano e il gomito affondato nel materasso, le accarezzava piano i capelli, giocando con i riccioli crespi e osservandola con estrema attenzione.
«Dimmi qualcosa di te»sussurrò piano, rompendo il silenzio morbido del dormitorio. Hermione arcuò le labbra in un sorriso appena più evidente, ma non aprì gli occhi.
«Mi piace studiare»rispose rapidamente. Draco sbuffò.
«Dimmi qualcosa di te che non so»si corresse, e nella sua voce c’era una traccia di infastidito divertimento. Le accarezzò il viso con i polpastrelli, percorrendo con la punta delle dita il profilo piccolo del naso, gli zigomi ombreggiati dalle ciglia, la linea morbida della bocca, la curva tenera del collo.
Hermione aprì lentamente le palpebre. Draco la guardò negli occhi, e quando vide il brivido che riverberò nel suo sguardo castano scuro, ritrasse la mano, dandole solo un’ultima carezza.
«Al primo anno avevo una cotta per Harry»sussurrò piano lei, dopo qualche minuto di riflessione.
«Granger, che schifo!» Il Serpeverde spalancò gli occhi, incredulo, corrugando la fronte in un’espressione disgustata.
«Avevo undici anni, era il fascino della celebrità»si giustificò Hermione, per poi scoppiare a ridere, divertita dalla reazione del ragazzo.
«E poi come ti è passata?»domandò lui incuriosito, cercando di riacquistare un contegno. Aveva sulle labbra un sorriso leggero e spensierato, mentre parlava, come se trovasse incredibilmente attraente scoprire qualcosa di lei.
Hermione emise un sospiro che sembrava più uno sbuffo scocciato.
«Ron»borbottò, mentre il suo viso si tingeva di un tenue color porpora. Draco strinse appena le labbra. Qualcosa nel suo stomaco si mosse, una bestia irrequieta, irritata. Lui imputò la colpa al fatto che Hermione avesse appena distolto lo sguardo, privandolo della vista dei suoi occhi. Ora si sentiva meno al sicuro, più agitato.
«Cadi sempre più in basso» disse, con un tono involontariamente più freddo. La Grifondoro non sembrò accorgersi di quel lieve cambiamento. Sollevò il braccio, sferrando un pugno leggero al petto del giovane, che si coprì il torace con le braccia, ridacchiando, divertito.
«Immagino di essermi risollevata un sacco con te, giusto?»lo provocò Hermione, cercando lo sguardo del Serpeverde.
«Plani nei cieli più alti» approvò lui, annuendo e ridacchiando. I suoi occhi vagarono per qualche istante lungo le pareti della stanza, evitando volutamente quelli della ragazza; poi, si posarono delicatamente dentro le due iridi, incatenandole. Quando il castano scuro di lei incontrò il grigio chiaro di lui, entrambi i loro sorrisi scemarono. «Non ho mai creduto al chiodo scaccia chiodo»mormorò piano Draco, con una serietà che spiazzò la Grifondoro.
«Non è stato questo»rispose Hermione, scuotendo il capo. Innervosita, affondò gli incisivi superiori nel labbro, fissando il ragazzo con intensità. Prima di rendersi conto che quello era il primo segno di un’insicurezza da lei mai mostrata, lui abbassò gli occhi, e guardò a lungo le sue labbra. Cercò di nascondere con un sospiro il lampo di desiderio improvvisamente divampato dentro di lui.
«Tu non sei davvero innamorata di me»affermò dolcemente. Allungò una mano verso il suo viso, e la accarezzò con delicatezza. Il cuore di Hermione ebbe un’accelerazione improvvisa: il suo volto si accese di un intenso rosso quando le dita di Draco la sfiorarono.
«Come puoi saperlo?»domandò, con la voce rotta dall’emozione.
«Perché quando... è successa quella cosa, tra di noi… il nostro primo incontro, e tutti quelli a seguire. Eri solo… fragile. Emotivamente instabile» mormorò Draco con esitazione, tremando quanto la ragazza.
«È vero»acconsentì lei. «Ma dopo stavo bene»aggiunse con un filo di voce, come se fosse impaurita.
«C’era la guerra»le ricordò lui, con una nota di rimprovero nella voce. Un sorriso amaro disegnò pennellate scure agli angoli delle labbra di Hermione. I suoi occhi si addolcirono quando lei avvertì quella sfumatura nel tono del giovane.
«Infatti. Ho avuto più di un anno per pensare ai miei sentimenti. E non sono cambiati»proseguì, determinata e ferma nei suoi propositi. Draco emise un respiro spazientito, e scosse il capo.
«Io non sono quello che fa per te»affermò lui. Si lasciò cadere supino, e si coprì il volto con le mani, massaggiandosi gli occhi e sbuffando, irrequieto.
«Perché?»domandò Hermione, osservandolo con attenzione, quasi guardinga, intimorita da quell’improvvisa ed aperta reticenza. A quella domanda, il giovane Serpeverde scattò a sedere e pugnalò la ragazza con il suo sguardo di ghiaccio.
«Perché sono io. Sono un Malfoy. Sono un Mangiamorte, sono quello che per anni ti ha insultato, disprezzato, odiato»Era freddo, era aspro, era cattivo; ma era anche amaro, pentito, implorante. Forse, fu proprio quella traccia di preghiera a convincere Hermione ad insistere; magari, l’avrebbe fatto comunque, perché era testarda, convinta, innamorata.
«E ora mi odi?» domandò a bassa voce, ricambiando quello sguardo con la stessa intensità, ma con un calore del tutto contrastante con il gelo che permeava le iridi del giovane. La sua voce era un pigolio impaurito, e quella sfumatura di incertezza, a tratti ostentata con orgoglio, la rendeva, in qualche modo, ancora più bella, e interessante, e attraente. La rendeva ancora più Hermione. Draco chiuse la bocca, incapace di replicare, e trasse un paio di profondi respiri: aveva il fiato corto, e il cuore gli tamburellava contro il petto a una velocità impensabile, come se avesse corso per chilometri – una fuga interminabile dai suoi sentimenti, ma che, inevitabilmente, finiva lì, davanti a lei, in quello scontro finale senza esclusione di colpi; lì, davanti a quegli occhi che pretendevano sincerità.
«Noi non siamo fatti per stare insieme. Siamo totalmente opposti»La voce di Draco era una carezza lontana e impercettibile, un sussurro permeato da una sincerità disarmante, persino dolorosa, ma reale e tangibile.
«Gli opposti si attraggono»replicò Hermione. Per qualche motivo, il suo tono aveva perso la fermezza e la determinazione che aveva sempre avuto, e persino la dolcezza era stata sfumata da qualcosa che somigliava alla paura.
«Luoghi comuni»ribatté Draco risoluto. La ragazza sbuffò, e alzò gli occhi al cielo, prima di puntarli di nuovo in quelli del giovane Serpeverde.
«Se esistono ci sarà un motivo, no?»Anche lei era seduta sul letto, ora, e stringeva convulsamente le lenzuola, stropicciate dalle sue dita, sottili e bianche a causa della morsa intensa: stava scaricando tutti i suoi timori e le sue lacrime su quel fragile pezzo di stoffa. Draco provò l’impulso irrefrenabile di prenderle la mano e farsi stritolare lui stesso, sentire tutti i suoi turbamenti e le sue paure sulla pelle, accoglierla tra le sue dita fino a farsi male, fino a sanguinare. Invece, tutto ciò che fece fu guardarla, e scuotere il capo, vinto ma non ancora sconfitto.
«Perché?»chiese. Hermione aggrottò le sopracciglia, senza riuscire a capire.
«Perché cosa?»domandò, piuttosto confusa. La presa sulle lenzuola diminuì appena; le sue spalle si rilassarono, e gli occhi si fecero più attenti, ombrosi ma interessati.
«Perché io? Potresti avere… tutto quello che vuoi. Hai il mondo ai tuoi piedi»Draco era esasperato, e incredulo. Non riusciva a capire, e si tormentava per cercare di scostare le ombre che gli impedivano di carpire i segreti racchiusi dentro il cuore della Grifondoro.
«Il mondo non mi interessa»ribatté subito lei, scuotendo il capo. Il ragazzo si alzò in piedi all’improvviso, e cominciò a misurare a grandi passi la stanza, girando attorno al letto come un cacciatore che ha accerchiato la preda e si prepara ad attaccarla.
«Sei così cocciuta» sbottò dopo qualche minuto di silenzio. Si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli, mentre Hermione seguiva ogni suo movimento con lo sguardo.
«Qual è il problema? Non sopporti che una sporca Mezzosangue sia innamorata di te?»Senza rendersene conto, anche lei si era alzata, e aveva sputato quelle parole con tutta la rabbia e il disprezzo di cui era capace.
Draco fece un lungo passo per fronteggiarla, e le si posizionò di fronte, il viso a pochi centimetri da quello della ragazza, contratto da una smorfia di ira – ma sembrava dolore, più che collera.
«Tu - non - sei - innamorata - di - me»scandì lentamente, come se volesse fare in modo che il concetto le entrasse bene in testa. La mascella serrata e gli occhi fiammeggianti, la fissava dall’alto in basso, con il respiro corto e il cuore che batteva tanto velocemente da fargli male.
«Sì, invece»lo contraddisse Hermione, sibilando quelle parole quasi con astio. «Cerco di fartelo capire da anni, ma tu continui a ignorare tutto, ogni segno, ogni parola, ogni sguardo. E continui a negare, a fare finta che non sia così»I suoi occhi brillarono per un attimo; poi, la prima lacrima scivolò sul suo volto. «Ma è così. Io sono innamorata di te»disse con intensità. Aveva lo sguardo fisso in quello di Draco, e nonostante volesse andarsene di lì, nonostante desiderasse mettere quanta più distanza possibile tra lei e lui, sembrava che i suoi occhi fossero incatenati a quelli del ragazzo.
«No»ripeté lui, ostinato. «Al massimo ti concedo una cotta»sussurrò dopo qualche istante di silenzio.
«È già un inizio» replicò Hermione. Draco scosse il capo, e distolse lo sguardo dal viso della ragazza. Tacque a lungo, incapace di replicare, riempiendo il silenzio solo con il suono pesante del suo respiro. I suoi passi irrequieti risuonarono nel silenzio del dormitorio: si muoveva come un animale ferito, in gabbia. Alla fine, vinto dalla stanchezza, o forse da schiaccianti emozioni che non sapeva spiegare nemmeno a se stesso, si abbandonò sul letto e chiuse gli occhi. Dopo pochi minuti, avvertì il materasso abbassarsi dolcemente a causa dell’esile peso che vi si era posato sopra, poco distante da lui. Le molle del letto cigolarono, ma lui non disse niente, né si mosse.
«Ho volato, una volta»La voce di Hermione era tornata soffice e delicata. Non c’era più traccia di rabbia, paura o insicurezza nel suo timbro, e quando Draco aprì gli occhi, per puntarli su di lei, il suo viso era pulito e candido come sempre, e il suo sguardo terso e limpido, come se non avesse mai pianto. Di sicuro, era molto più brava di lui a nascondere i suoi sentimenti.
«Come?»chiese il ragazzo, corrugando la fronte. La confusione e la perplessità erano evidenti nelle sue iridi, torbide e tempestose.
«Qualcosa che non sai di me»ripeté lei, citando le stesse parole che il Serpeverde aveva utilizzato pochi minuti prima – eppure, sembravano passate ore da quella richiesta. Hermione sorrise debolmente, intenzionata a lasciarsi alle spalle il violento scambio di opinioni appena avuto. La tensione era ancora nell’aria, ma sembrava scemare ad ogni sguardo, ad ogni sorriso, ad ogni parola.
Draco dimenticò in fretta il litigio, la rabbia, la paura che gli aveva attanagliato il cuore quando i suoi dubbi erano diventati realtà e lei gli aveva sbattuto in faccia il suo amore; puntò i gomiti sul materasso e alzò un poco il busto.
«Pensavo odiassi volare»considerò con tono incuriosito. La guardava con un nuovo interesse, completamente indifferente a ciò che era successo poco prima.
«Infatti»Hermione annuì, e si stese accanto a lui. Anche lei era più rilassata, adesso: era stato facile lasciarsi scivolare alle spalle quella breve discussione.
«E cosa ti ha portato su una scopa, allora?»domandò Draco, che non riusciva a immaginare un valido motivo per cui lei dovesse superare una paura così grande.
«Non era una scopa» Il sorriso della Grifondoro si accentuò, e assunse una sfumature di smaliziata soddisfazione che a lui non sfuggì. Inarcò un sopracciglio, e la fissò in attesa che lei continuasse. «Era un Ippogrifo»precisò lei, in risposta alla muta domanda che lesse nei suoi occhi. Draco spalancò la bocca, lasciandosi sfuggire un lieve mugolio di sorpresa.
«Per caso un certo Ippogrifo che dopo aver tentato di staccarmi un braccio si è misteriosamente volatilizzato senza lasciare traccia, prima di poter essere giustiziato?»domandò lui con tono retorico e fortemente sarcastico, arricciando le labbra in una smorfia disgustata e infastidita.
«Per caso, sì» replicò Hermione, con fastidioso compiacimento. Draco sbuffò, e voltò il capo, offeso. «Anche su un Thestral, una volta»riprese allora lei, ottenendo ancora una volta la sua attenzione.
«Quella parte credo di ricordarla»Un sorriso amaro arcuò le labbra del giovane, che scoccò alla Grifondoro un’occhiata triste. Certo che se la ricordava, pensò Hermione: era per questo che suo padre era finito ad Azkaban.
La ragazza trasse un respiro profondo, lasciando cadere nel silenzio quegli spiacevoli ricordi. Poi, dopo aver intrecciato le dita a quelle di Draco, disse: «Dimmi qualcosa che non so di te».
«Ci sono un sacco di cose che non sai di me»rispose lui con tono arrogante, dopo aver emesso un lieve sbuffo irritato.
«Allora comincia subito, perché voglio saperle tutte»affermò Hermione con dolcezza, mentre il suo pollice accarezzava in piccoli cerchi il dorso della mano del ragazzo. Lui tacque per qualche minuto, gli occhi puntati verso il soffitto, ma in realtà persi tra le brume di ricordi lontani e nebulosi, in una ricerca frenetica e, per certi versi, complicata.
«Ho avuto il Marchio a undici anni. Subito dopo aver ricevuto la lettera per Hogwarts»affermò con tono piatto, privo di ogni intonazione o emozione; eppure, nei suoi occhi passò un lampo di timore.
«Undici anni?»ripeté Hermione in un sussurro scandalizzato, aprendo e chiudendo la bocca come un pesce fuor d’acqua. Draco annuì un paio di volte, ma non aggiunse nulla. La sua mano tentò un paio di volte di scivolare via da quella della giovane, durante il silenzio che seguì, ma lei non glielo permise. Indispettito da quella resistenza, il Serpeverde si voltò verso di lei, ma quando incrociò i suoi occhi fu costretto a tacere: c’era una luce intimidita nello sguardo di Hermione, e, per qualche strana ragione, lei era arrossita.
Prima che Draco potesse chiederle il motivo di quel rossore, lei sussurrò: «Sono vergine».
La sorpresa creata da quella confessione del tutto inaspettata e fuori luogo fu ben presto spazzata e sostituita dalla curiosità e dal dubbio.
«Cosa?»domandò Draco, corrugando la fronte in un’espressione perplessa e sospettosa.
«Sembri sorpreso»affermò Hermione, arrossendo in modo ancora più evidente.
«Lo sono»confermò lui. La Grifondoro spalancò la bocca e assunse un’espressione oltraggiata. La presa sulle dita di Draco si fece meno salda, ma non per questo meno intensa.
«Mi reputi una ragazza facile?»domandò con tono offeso, muovendosi irrequieta tra le coperte. Il fruscio provocato dalle lenzuola nascose la leggera risatina del Serpeverde.
«Ti reputo una ragazza che è stata per mesi nella stessa tenda con due… bè, effettivamente non è che Potter e Weasley si possano definire esattamente uomini» rifletté lui ad alta voce, sul volto un ghigno divertito. Hermione gonfiò le guance, come una bambina arrabbiata, e gli diede un forte pugno sul petto.
«Sono i miei migliori amici»precisò con tono deciso e perentorio, certa, in quel modo, di mettere fine a quella discussione, che aveva preso una piega fin troppo intima; lei si sentiva irrequieta, profondamente imbarazzata, ed era certa che il suo volto fosse acceso da un rossore evidente persino nel buio.
«Appunto»annuì Draco, approfittando di quel raro momento di debolezza da lei mostrato.
«Solo amici…» sottolineò Hermione, guardandolo dritto negli occhi e cercando, in tal modo, di convincerlo della totale assenza di sentimenti estranei all’amicizia tra lei, Harry e Ron.
«… niente sesso?» completò Draco, che ormai doveva fare uno sforzo non indifferente per trattenere le risa. Quell’ultima insinuazione, però, gli costò un altro pugno sul petto, più forte del precedente.
Indispettita, Hermione incrociò le braccia sotto al petto e voltò le spalle al Serpeverde. Lui, lentamente, con un sorriso sornione stampato sul volto, le si avvicinò, portando le labbra a pochi centimetri dall’orecchio della ragazza.
«Quand’è che sei nata?»domandò piano. La Grifondoro rabbrividì al tocco tiepido del suo respiro sulla pelle tenera della nuca.
«Come?»balbettò, mentre le sue guance si tingevano di un ancor più acceso color porpora.
«Perché intendevi che il tuo simbolo zobiacale è Vergine, vero? È l’unico che mi ricordo»affermò lui, prima di scoppiare a ridere tanto forte da rischiare di svegliare gli altri studenti.
Hermione sbuffò, roteò gli occhi e poi si voltò verso di lui, esasperata e infastidita.
«Si dice segni zodiacali, Malfoy e poi… perché non mi sorprende che tu ricordi solo quello?» lo provocò, ironica. Sulle sue labbra si disegnò un lievissimo sorriso, che non riuscì tuttavia a sfumare il rosso del suo viso.
«Io sono pieno di sorprese»rispose con tono superbo Draco, tornato improvvisamente serio.
«Infatti ci hai azzeccato»acconsentì Hermione, lanciandogli un’occhiata affettuosa.
«Su cosa?»chiese lui, inarcando un sopracciglio, confuso.
«Il mio segno zodiacale»
«Lo sapevo che mentivi»
«Sono davvero vergine»
«Questo l’ho capito. Volevo sapere…»Il Serpeverde fu interrotto dalla voce esasperata di Hermione che, sbuffando, troncò ogni domanda.
«Non ho mai fatto sesso, né con Harry, né con Ron, né con nessun’altro»precisò con un filo di voce, torcendo la stoffa della vestaglia, il capo chino e il viso di nuovo acceso dall’imbarazzo.
«Krum?»tentò Draco, appellandosi all’ultima risorsa che gli venne in mente.
«Malfoy» lo richiamò lei, lanciandogli un’occhiata torva. Ma lui – naturalmente – fraintese, in modo del tutto involontario.
«No, con me no di sicuro»replicò con compiacimento, un ghigno divertito sul volto.
«Molto divertente, davvero» sbuffò Hermione, scoccandogli uno sguardo omicida. Sembrava sul punto di alzarsi e andarsene, ma all’ultimo momento parve cambiare idea, e anziché sbattere la porta del dormitorio del ragazzo, si voltò verso di lui e, con un sorrisetto soddisfatto, disse: «Ora tocca a te».
Naturalmente, Draco fraintese la domanda, in modo del tutto involontario.
«Io sono conchiglia»affermò con espressione seria, evitando però lo sguardo della Grifondoro. Era evidente che si stesse impegnando per non ridere.
«Conchiglia?»ripeté lei, perplessa, corrugando la fronte e guardandolo con una muta domanda negli occhi.
«Non ci ho preso, eh?» Il giovane emise una breve risata, poi sospirò. «Sono illibato almeno quanto te»affermò a bassa voce, quasi avesse timore di confessarsi proprio con lei.
«Non hai mai fatto sesso?»Gli occhi di Hermione si spalancarono per lo stupore e lo sconcerto; ammutolita da quell’affermazione, che lei proprio non si aspettava, la ragazza rimase immobile a fissare Draco, che ora era infastidito almeno quanto la Grifondoro lo era stata quando era lei l’oggetto della discussione.
«Sembri sorpresa»recitò il giovane, con tono fortemente ironico, con tutta l’intenzione di ripetere il teatrino già precedentemente recitato.
«Lo sono»ammise Hermione, che, tuttavia, non poteva nascondere di aver provato un certo piacere a quella notizia. «Credevo che tu e Pansy Parkinson… »azzardò timidamente. Fu subito interrotta da Draco, che la liquidò con un rapido gesto della mano.
«No»disse con perentorietà, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la finestra.
«Perché?»domandò la ragazza, curiosa.
I candidi raggi della luna baciavano la pelle diafana del giovane Serpeverde, giocando con luci e ombre sul suo viso di porcellana finissima e preziosa, e ornando gli occhi di diamanti brillanti.
«Perché no»ripeté lui, cercando di nascondere il viso, infastidito e ferito al tempo stesso dall’assalto che gli occhi di Hermione continuavano a tentare. Perché era così semplice per lei accedere alla sua anima, al suo cuore? Ai segreti mai confessati a nessuno, a lungo negati, tenuti nascosti in fondo alla mente per impedire che anche il Legilimens più talentuoso accedesse a quella parte di sé?
Hermione osservò a lungo le spalle del ragazzo, ora scosse da un respiro scostante, quasi affannoso. Non poteva vederlo in viso, ma il suo silenzio e il suo desiderio di troncare quella discussione stuzzicarono la sua curiosità, tanto che lei non riuscì a trattenersi.
«Il potente rampollo dei Malfoy ha avuto qualche problema a letto?»domandò con velata ironia.
Vide il corpo di Draco tendersi, tremare e sussultare, nell’udire quell’acceso sarcasmo. Per un attimo, Hermione pensò che lui si sarebbe scagliato contro di lei e l’avrebbe assalita, come un animale ferito, messo alle strette dal cacciatore, che non ha altra via di salvezza se non l’attacco, la strenua difesa della sua libertà. Invece, il ragazzo si voltò, con uno scatto tanto improvviso che la Grifondoro trasalì, spaventata; e piantò gli occhi dritti nelle pupille dilatate della giovane – come lei aveva fatto mesi prima, quando l’unica salvezza dal dolore era guardarlo, appendersi a lui, al suo sguardo che chiedeva senza dare.
«Il potente rampollo dei Malfoy non voleva sprecare la sua prima volta con qualcuna che non amava»sussurrò, a voce così bassa che Hermione riuscì a sentirlo solo perché nella stanza regnava il silenzio più assoluto.
Draco aveva il respiro affannoso, come se avesse corso a lungo; e il suo cuore pompava sangue in modo talmente furioso che lui era certo che si sarebbe fermato da un momento all’altro, provato dal troppo sforzo. Ciononostante, il ragazzo continuò a guardarla dritta negli occhi, il grigio delle sue iridi che si scontrava con il nero delle pupille di Hermione, spalancate per la sorpresa. E dalle pupille – spalancate per lui – entrò direttamente dentro di lei, nella sua anima.
«Oh» boccheggiò lei, colpita. Poi, lentamente, abbassò il capo, ma ciò non impedì a Draco di vedere il rossore che le colorò il volto.
«E ora perché diavolo stai arrossendo?»domandò, sconcertato, fissandola con la fronte corrugata. Lei gli lanciò un’occhiata timida, e le sue labbra si arcuarono in un sorriso appena accennato, ma dolcissimo.
«Hai detto una cosa molto bella»disse piano, e dalla sua voce trasparivano quelle emozioni che lui aveva intravisto dentro la sua anima di diamante – purissima, e resistente agli urti.
«Probabilmente l’avrei fatto comunque»si affrettò a dire Draco, come se volesse proteggersi da quella dolcezza, come se non volesse apparire un ragazzo fragile, instupidito dai sentimenti e indebolito dall’amore; come se avesse bisogno di sentirsi all’altezza, lì, davanti a lei, che era superiore in tante cose – in tutto. «Già al quinto anno molti dei miei compagni l’avevano fatto, e io non volevo essere da meno. Ma poi è arrivata la Guerra, e non ho avuto tempo per pensare a… bè, a quell’aspetto della mia vita»concluse con tono pratico, come se stesse ripetendo una lezione di Storia della Magia.
«Già» sospirò Hermione, abbassando di nuovo il capo. Per qualche istante, non disse niente. Però Draco era certo che avesse qualcosa in mente, perché il sorriso aleggiava ancora sul suo volto, e i suoi occhi brillavano di una domanda che le premeva porgli. Infatti, dopo pochi minuti, lei lo guardò dritto negli occhi, e domandò, con la stessa voce con cui raccontava le favole: «E ora, il tempo ce l’hai?».
Il cuore di Draco si fermò, per poi ripartire a velocità doppia.
 

***

 
«Sai qual è la verità, Granger?»
«Quale?»
«Che tutto quell’eroismo ti ha fatto male. Voglio dire, dopo aver affrontato terribili Basilischi, Mangiamorte, maghi oscuri, Lupi Mannari, Ghermidori e tutta quella roba là… questa nullafacenza ti fa star male. Così hai dovuto trovare un altro passatempo»
«E il passatempo saresti tu?»
«Per la precisione, il tuo passatempo è non lasciarmi un attimo di respiro»
«Mi fa piacere sapere che non hai capito proprio niente, Malfoy»
 

***

 
«Èuna serata perfetta»considerò Draco, lo sguardo fisso nel cielo, oltre la finestra, perso tra le luminose stelle che punteggiavano la volta celeste.
Hermione, seduta sulla poltrona accanto al camino con le gambe raccolte sotto di sé, alzò gli occhi dal libro che stava leggendo e fissò il ragazzo con espressione perplessa.
«Perfetta per cosa?»domandò, la curiosità a brillarle nelle iridi scure.
«Guarda…»Il Serpeverde si voltò verso di lei, le rivolse un sorrisetto malizioso e poi indicò fuori dalla finestra «C’è la luna piena».
La Grifondoro inarcò un sopracciglio, sinceramente confusa.
«Perfetta per essere morso da un lupo mannaro?»tentò di indovinare, con aria turbata. Il sorriso di Draco si trasformò in un ghigno sardonico e divertito: il ragazzo lanciò un’ultima occhiata al cielo terso di febbraio, prima di marciare velocemente verso di lei.
«Andiamo»disse, schioccando le labbra; afferrò la mano di Hermione, e trascinò la ragazza verso la porta della Sala Comune. Il libro che lei aveva poggiato sulle gambe cadde a terra con un tonfo secco.
«Andiamo dove?»La Grifondoro quasi rischiò di perdere l’equilibrio e crollare sul pavimento insieme al tomo che stava leggendo. «È contro le regole! Potrebbero espellerci»si lamentò a bassa voce, una volta riacquistato l’equilibrio. Draco le lanciò un’occhiata scettica e offesa.
«Andiamo, Granger, quante volte hai gironzolato per i corridoi della scuola, di notte, con i tuoi amichetti?»la provocò con tono pratico, aprendo piano la porta della Sala Comune e strisciando silenziosamente dietro la rassicurante e protettiva ombra di una statua, la mano della ragazza ben stretta nella sua.
«Era sempre per una buona causa»si giustificò lei in un sussurro, lanciando sguardi preoccupati a destra e a sinistra.
«Tipo?»domandò lui, fissandola con un sopracciglio inarcato.
«Salvare il mondo» replicò senza la minima esitazione Hermione, con un lieve sorriso di soddisfazione sul volto. Draco sbuffò, scosse il capo e la trascinò giù per le scale.
 
La notte era limpida e serena. Non una sola nuvola macchiava la distesa blu del cielo, punteggiato da placide stelle baluginanti e rischiarato dalla piena bellezza della luna. La neve di dicembre si era sciolta, e il freddo che condensava il fiato nei polmoni aveva lasciato il posto a una tiepida arietta che preannunciava la primavera ormai incipiente.
Mano nella mano, Draco ed Hermione scivolarono tra le ombre dei corridoi, in silenzio, muovendosi con circospezione, e, una volta fuori, accolsero con un sospiro di sollievo la pungente aria della sera. Nonostante fossero ormai al sicuro dalle incursioni notturne dei professori, il Serpeverde non accennò a rallentare: con passo sicuro, procedette in direzione del parco, immerso nel buio.
«Rallenta»disse Hermione, tirandolo verso di sé per frenare la sua veloce camminata. Draco lanciò un’occhiata in alto, verso il castello, e scosse il capo.
«Potrebbero vederci»borbottò con tono poco convinto, accelerando il passo. La Grifondoro aggrottò le sopracciglia, e fece ancora una volta resistenza.
«Andiamo vicino al lago»propose, indicando con un cenno del capo le quiete acque rese scure dalla notte. Il giovane si fermò all’improvviso, e si voltò verso di lei con la fronte corrugata e un’espressione perplessa.
«Perché?»domandò, incerto, fissandola con curiosità.
«Non siamo qui per una romantica passeggiata al chiaro di luna?» pigolò Hermione, arrossendo violentemente e chinando il capo: si sentì improvvisamente molto stupida per averlo anche solo pensato, e profondamente in imbarazzo.
«Granger»Sul volto di Draco si aprì un ghigno divertito «ti sembro il tipo che porta le ragazze a fare passeggiate al chiaro di luna?»domandò, incrociando le braccia al petto e guardandola con profondo sarcasmo.
«No»sussurrò Hermione, senza avere il coraggio di lanciargli nemmeno un’occhiata. Il Serpeverde ridacchiò, e scosse il capo.
«Appunto»confermò. Poi le prese la mano, e la guidò verso il fitto buio che avvolgeva il parco. Lei era cieca, in quell’oscurità, sperduta tra ombre inquietanti e scricchiolii sinistri; procedeva a tentoni, disorientata, senza punti di riferimento, senza sapere dove andare. Ma lui la teneva per mano e, nonostante il freddo, la ragazza sapeva che la sua guida era un punto fermo, e le sue dita un appiglio sicuro; e lei si sarebbe fatta trascinare anche in capo al mondo, se lui continuava a stringerla in quel modo.
Procedettero per quella che sembrò una buona mezz’ora, e nel silenzio della notte ogni respiro, ogni parola, ogni risata, risuonava come un dolce avvertimento, quasi quel viaggio significasse qualcosa di molto più profondo. Ben presto la luce perlacea della luna illuminò il profilo imponente di una costruzione di legno macchiata qua e là da sprazzi di giallo, blu, verde e rosso.
Hermione spalancò gli occhi quando quell’immagine si concretizzò nella sua mente, delineandosi sotto un profilo che lei aveva definitivamente archiviato.
«Il campo di Quidditch?»boccheggiò, quasi senza fiato, guardando il ragazzo con espressione preoccupata.
Draco ghignò debolmente, e la fissò a lungo, senza parlare: osservava i suoi occhi, spalancati per la paura e lo stupore, e il suo viso, illuminato dalla luce candida della luna, e le sue labbra, che in quel momento sembravano più attraenti del solito, così lucide, e morbide, appena socchiuse per la sorpresa.
«Cos’hai in mente?»domandò a bassa voce la Grifondoro. Aveva il timbro traballante, come un equilibrista sull’orlo di un precipizio – e forse lei stava cadendo davvero in un baratro senza fondo.
«Una volta mi hai detto che ti sarebbe piaciuto imparare a volare»rispose lentamente Draco, senza smettere di guardarla. La vide deglutire, e spostare lo sguardo in alto, verso gli anelli posti agli estremi del campo.
«Era un momento di profonda irrazionalità»balbettò Hermione a mo’ di scusa, scuotendo il capo. I riccioli ondeggiarono sul suo capo, senza più trovare sosta. Aveva sul volto un’espressione profondamente irrequieta, quasi impaurita, e lei era certa di star risultando patetica. Ciononostante, non riusciva a controllare il battito cardiaco, sorprendentemente accelerato.
«Granger, seriamente, in quella Stanza delle Necessità volavi da schifo. Hai davvero bisogno di imparare»asserì Draco, prima di scoppiare a ridere a procedere verso il centro del campo, lasciando indietro la ragazza.
Hermione seguì i suoi movimenti con lo sguardo, irrequieta e anche un po’ sorpresa: prima di quel momento non avevano mai parlato del passato che c’era stato tra i loro incontri nel bagno e il rapporto che si era creato una volta tornati ad Hogwarts.
Dopo qualche minuto di pausa, riprese fiato, e raggiunse il ragazzo con qualche passo.
«Io non so volare. Non mi piace volare»annunciò con asciuttezza, trovandosi la bocca fastidiosamente secca.
«Perché?»domandò Draco. Nei suoi occhi brillò una luce di viva curiosità e di sincera perplessità, come se non riuscisse a permeare a fondo il mistero che lei era, o a comprenderne le ragioni.
«È una cosa che non posso controllare»replicò lei senza la minima esitazione, ricambiando con intensità lo sguardo del ragazzo. Lui, inspiegabilmente, sorrise.
«Ti sorprenderà sapere che puoi controllare una scopa meglio del tuo cuore»rispose lui in un sussurro tenero. Hermione, colpita da quella risposta, tacque, non trovando nulla da dire.
Draco la fissò a lungo, aspettando che lei decidesse il da farsi: dal modo in cui le si tormentava il labbro inferiore con gli incisivi, e dal pallore delle nocche, sbiancate dalla stretta in cui stava costringendo i piccoli pugni, lui intuì che la Grifondoro era profondamente combattuta. Dopo interminabili minuti, il suo corpo si rilassò impercettibilmente.
«Va bene»decretò in un sussurro impaurito. Mentre Draco ghignava, soddisfatto, lei trasse un profondo respiro. Poi, aggiunse: «Ma tu vieni su con me».
 

***

 
«Devi dare una leggera spinta con i piedi»spiegò Draco, maestro paziente dalle mani delicate e sapienti. «E poi piegarti un poco in avanti»aggiunse, mostrando alla ragazza il movimento corretto da eseguire.
Hermione era un’allieva attenta e diligente, ma in materia di manici di scopa la sua conoscenza, sviluppata attraverso le pagine croccanti e profumate dei libri di testo, serviva a ben poco: il volo, si accorse lei con reverenziale timore, era più istinto che ragione, più tecnica che capacità, più esperienza che apprendimento teorico. I limiti del suo cervello, la Grifondoro li scoprì quella sera, quando, per la prima volta dopo sette anni, avvertì il legno liscio della Nimbus 2001 sotto i polpastrelli.
Draco le aveva ceduto il suo manico di scopa perché “era più affidabile dei vecchi catorci della scuola”, ed era certo che avrebbe ascoltato persino un’incapace come lei. D’altronde, lui era un insegnante a dir poco strepitoso, aveva talento, e non sarebbe stato difficile farle imparare le tecniche di base.
Hermione aveva i suoi dubbi. Sentiva vibrare sotto di sé la scopa, e ancora non aveva nemmeno staccato i piedi da terra – era certa che, se ci avesse provato, quell’inaffidabile pezzo di legno l’avrebbe portata ad altezze che lei non aveva mai raggiunto nemmeno con il pensiero.
«La scopa sente che hai paura»disse con un leggero ghigno Draco, osservando la ragazza, aggrappata al legno lucido con disperata ostinazione, tremare e fissare la scopa con le nocche sbiancate. La Grifondoro gli lanciò un’occhiata torva e scettica, e strinse più saldamente, con entrambe le mani: riuscire, per lei, ormai era una questione di principio, un obbligo morale.
«E’ uno stupidissimo pezzo di legno, Malfoy, non può sentire proprio niente» replicò lei con veemenza, e, con sua grande sorpresa, a quelle parole la Nimbus 2001 si mosse bruscamente, come offesa dalle parole della giovane. Il ghigno di Draco si accentuò.
«Non ti ascolterà mai se continui a tremare»disse con estrema tranquillità. «Ora sollevati, piano»ordinò con tono fermo, ma dolce. «Io sono qui, non preoccuparti»aggiunse con un filo di voce, facendosi più vicino a lei. Hermione lo guardò con la coda dell’occhio: cavalcava una delle scope della scuola, ma lo faceva con un’eleganza e una disinvoltura che, in quel momento, lei invidiò moltissimo. Aveva le braccia incrociate al petto, e gli occhi fissi su di lei, in attesa, e il fatto che lui non avesse nemmeno bisogno di tenersi al manico per stare in equilibrio a mezz’aria la indisponeva non poco.
La Grifondoro trasse un respiro profondo, e si concentrò intensamente sul suo obiettivo. Pur tremante e impaurita, rinsaldò la presa sul manico di scopa ed irrobustì i suoi propositi.
Draco aveva detto che la scopa era affidabile. Aveva detto che lui era lì, accanto a lei. Aveva detto che non c’era nulla di cui preoccuparsi. E lei si fidava di lui. Perciò, Hermione deglutì, e poi diede una piccolissima spinta con le punte dei piedi. La scopa vibrò, e lei avvertì la magia pizzicarle le punte delle dita; poi, la Nimbus si sollevò in aria, e rimase sospesa a pochi centimetri dal suolo, docile e quieta.
Gli occhi della Grifondoro, illuminati dalla soddisfazione e dalla felicità, si puntarono, sorpresi ma brillanti di compiacimento, sul Serpeverde. Draco sorrise, ma questa volta non c’era sarcasmo, né beffa, nella sua espressione: il suo era un sorriso dolce, soddisfatto almeno quanto quello della ragazza.
«Ce l’ho fatta»sussurrò Hermione, incredula. Lui annuì piano, poi indicò il cielo con un cenno del capo. La ragazza alzò gli occhi, e quando li abbassò, il Serpeverde li trovò colmi di paura, ma bastò tenderle la mano per dissipare anche quell’ultimo barlume di timore. Insieme, le scope a pochi millimetri l’una dall’altra, la mano di Draco avvolta in quella di Hermione, ancora saldamente stretta attorno al manico della Nimbus, si sollevarono in aria, raggiungendo vette che lei non avrebbe mai immaginato di poter sfiorare con le dita. Nonostante la paura, il cuore in tumulto e la bocca secca, camminare tra le stelle, così vicina alla luna che quasi le sembrava di poterla toccare, era la cosa più bella che la Grifondoro avesse mai fatto. Il fatto, poi, che con lei ci fosse Draco, rendeva quell’esperienza ancora più preziosa.
 
Quando, dopo irrisori attimi di pace al sapore di stelle e frammenti di cielo, Hermione lanciò un’occhiata verso il rassicurante suolo che per anni era stato confortante appoggio e solida base, la paura che la avvolse fu tanto repentina e intensa che le mancò il fiato. La presa sul manico di scopa si fece scivolosa e insidiosa a causa del sudore freddo. La Nimbus, forse avvertendo l’ondata di panico che l’aveva investita, sterzò bruscamente e poi, senza preavviso, si gettò in picchiata verso il suolo.
Se l’urlo di Hermione si fosse concretizzato nella sua gola, probabilmente il suono acuto e straziante avrebbe svegliato l’intero castello; tuttavia, il terrore fu talmente tanto che il grido fu solo un lontano e distante rumore strozzato, spento nelle lacrime che la velocità aveva strappato dagli occhi della ragazza.
La Grifondoro non vedeva più niente: la scopa volava tanto velocemente che le forme attorno a lei erano sfocate, avevano perso spessore e consistenza, e tutto ciò che stava succedendo non le sembrava altro che un pessimo incubo, uno scherzo di cattivo di gusto, un incantesimo andato male o un sogno da cui presto si sarebbe svegliata. L’aria fredda e rarefatta del cielo le frustava il viso, facendole bruciare gli occhi e rendendole difficile persino respirare. E intanto il suolo si avvicinava sempre di più, sempre di più, sempre di più…
Da qualche parte in lontananza, risuonò un grido spaventato. Sembrava quasi un consiglio.
«… comandarla…» le sembrava di sentire, ma probabilmente era solo la sua immaginazione: il suo cervello stava trovando una scappatoia dalla realtà, perché il futuro era già segnato e la prospettiva non era delle migliori. Da un momento all’altro si sarebbe schiantata, e di lei non sarebbero rimaste che briciole, e un cuore pulsante che aveva un solo nome inciso nel suo centro più intimo.
Da un momento all’altro…
Il dolore, però, non arrivò mai, ed Hermione non riuscì a sentire il boato dello schianto. Improvvisamente, l’aria smise di schiaffeggiarle il volto e le riempì i polmoni, come una dolcissima pugnalata. Il suo cuore, che per un lunghissimo istante aveva smesso di battere, riprese a palpitare in modo repentino e doloroso, e il sangue che scorreva nelle vene le punse la pelle rendendo ogni sensazione più acuta e chiara.
Il freddo pungente, una voce, il calore di un respiro, un braccio tiepido che le avvolgeva il corpo, la carezza dell’aria, le lacrime essiccate e pruriginose sulle guance, le labbra secche. Due occhi grigi, un lampo di sollievo. La consapevolezza e il ritorno alla realtà.
«Malfoy»boccheggiò col fiato sospeso, trovando la sua voce nei meandri del suo cervello. «Mi hai salvata» disse, tanto tremante quanto sorpresa, in un sussurro a stento udibile.
Si accorse, con una parte della sua mente che si risvegliò solo in un secondo momento, che era sospesa a un paio di metri da terra, avvolta dalle braccia di Draco, in equilibrio sulla scopa.
«Cosa?»domandò lui, confuso, e concentrato a mantenere l’equilibrio nonostante il peso di entrambi, che faceva vibrare la scopa.
«Mi hai salvata»ripeté Hermione, guardandolo con gli occhi spalancati e lo sconcerto ad illuminarle lo sguardo, ancora ombreggiato da lampi intensi di paura.
«Tu sei pazza»affermò lui, la voce strozzata dallo stesso terrore che bloccava la gola della ragazza. Lei, incredibilmente, sorrise.
«Non era poi così difficile, no?»affermò con una ritrovata allegria, stringendosi di più a lui per paura di cadere – e avvertì il suo profumo prepotente penetrarle le narici, e lei si sentì in bilico tra tutti i suoi vorrei, e in bilico lo era davvero, perché rischiava di cadere di nuovo, ma stavolta non dalla scopa, o, forse, anche dalla scopa.
«Ti sei buttata in picchiata solo per farti salvare?»ringhiò Draco, guardandola con sconcerto e rabbia. La ragazza tacque per qualche istante, pensando intensamente alla risposta.
«Forse»decretò dopo un po’, senza più guardarlo negli occhi. Il suo sguardo vagò nel cielo, e nelle sue iridi si riflessero le prime luci di un sole in risveglio.
«Tu sei pazza. Hai rischiato di morire. Lo sai, vero?»continuò il Serpeverde con tono collerico. Il sorriso di Hermione si accentuò appena.
«Bè, se non ci fosse stato un rischio, il salvataggio non sarebbe stato altrettanto efficace»affermò timidamente, seppellendo il viso nell’incavo del collo di Draco. Lui sbuffò, e scosse il capo, ma la strinse a sé più forte.
«Sei pazza»ripeté ancora una volta, ma stavolta con tono più dolce.
Hermione respirò pesantemente sulla sua pelle, avvertendo, improvvisamente, una stanchezza lancinante impossessarsi del suo corpo.
«Ora possiamo tornare giù»disse con tono flebile. Draco non rispose, ma la ragazza capì che non si erano mossi di un millimetro. Quando alzò il viso verso di lui, lo trovò assorto, pensieroso.
«Hai mai visto Hogwarts all’alba?»domandò il Serpeverde dopo pochi minuti.
«Ogni giorno»rispose subito lei, inarcando un sopracciglio. Il viso di Draco venne illuminato da un sorriso malizioso, che aveva ombreggiature incerte e dolcissime.
«Anche dal cielo?» domandò retorico, prima di inclinare leggermente la scopa così da farla salire in alto nel cielo.
«Malfoy, siamo a circa cento metri d’altezza»strepitò Hermione stringendosi a lui fin quasi a strozzarlo. Lanciò un’occhiata verso il basso e un’ondata di panico più intensa delle precedenti le montò in corpo.
«Centocinque… centodieci… centoquindici»mormorò Draco, che aveva un senso dell’umorismo piuttosto crudele.
«Non è divertente»piagnucolò la Grifondoro, serrando le palpebre e artigliando il braccio del giovane.
«Granger, smettila di razionalizzare tutto e di guardare a terra. Ti stai perdendo lo spettacolo»disse in un sussurro sensuale che accarezzò il collo della ragazza, procurandole un brivido lungo la spina dorsale. Hermione, irrigidita da quella vicinanza, spalancò gli occhi e, in un moto di coraggio, alzò il capo e si trovò davanti lo spettacolo più bello mai visto.
Il sole si stava lentamente alzando, conquistando il cielo con la sua luce calda. Tinte rosa e arancioni disegnavano striature lungo la volta celeste, sfumando le nuvole di violetto. E loro due volavano proprio in mezzo a quella meraviglia naturale, baciati dall’alba, dritti verso il sole, come un’Icaro che ha finalmente trovato il modo di volare vicino al sole senza che le sue ali si sciolgano – perché non c’era pericolo di cadere, non se si stringevano in quel modo.
«Non l’avevo mai visto così da vicino. È bellissimo»sussurrò Hermione, senza fiato. Draco sorrise, e guidò la scopa un po’ più un alto: la sagoma del castello era un puntino lontano, e ormai persino le cime degli alberi non erano che macchie verdastre e distanti, estranee al loro universo.
«Raccontami un’altra favola»disse il ragazzo a bassa voce, le labbra vicinissime all’orecchio della Grifondoro.
«Te le ho già raccontate tutte»rispose lei con un lieve sorriso sul volto.
«Allora raccontamele di nuovo»impose lui. Hermione lo guardò, incerta: aveva negli occhi una luce strana, che non c’entrava nulla con l’alba ormai conclusa.
«Perché non me ne racconti una tu?»propose allora la ragazza, cercando le sue dita. Draco le avvolse la mano con la propria, ma strinse le labbra e scosse il capo.
«Non ne sono capace»dichiarò con un filo di voce, come se fosse imbarazzato da quella sua inadeguatezza.
«Prova»tentò ancora una volta lei. Il viso di Draco si tinse di una leggera preoccupazione; i suoi occhi si spostarono verso il castello, e lui tacque, il volto una maschera imperturbabile, lo sguardo velato da un’ombra inesplicabile, incomprensibile.
Quando ormai Hermione aveva perso ogni speranza, lui parlò.
 
C’era una volta una ragazza, antipatica, saccente e…
Hermione gli lancio un’occhiata torva, e Draco sorrise.
… bellissima. E anche molto anticonformista. Perché in tutte le favole le principesse si innamorano…
«Io non sono una principessa»
«Non interrompermi, Granger. Nella mia favola lo sei»
«Ma…»
«È la mia favola e decido io. Ora taci»
In tutte le favole le principesse si innamorano dell’eroe, lei invece è tanto sciocca da innamorarsi del cattivo. Quello stronzo, che se ne frega di lei e vuole solo gloria e potere. Quella che la disprezza da quando ha undici per partito preso.
«Hai dimenticato di dire una cosa»
«Cosa?»
«Era un cattivo molto buono»
«Piantala, Granger, questa è la mia storia. Se dico che il cattivo è cattivo, è così e basta»disse Draco con tono arrogante, assumendo quell’aria di superiorità a tratti dimenticata e seppellita che l’aveva reso tanto odioso negli anni passati. Eppure, Hermione non potè fare a meno di notare che la sua voce era insicura, tentennante. Perché, in fondo, lui sapeva che con lei trincerarsi dietro luoghi comuni e pregiudizi non serviva, e anzi lei gli aveva spiegato che non era necessario.
«D’accordo, continua. Raccontami come lui si innamora di lei»
«Chi ti dice che lui si innamora?»
«In tutte le favole qualcuno si innamora»
«La principessa è innamorata»
«In tutte le favole la principessa è ricambiata»
«In questa no. Ti ho detto che è la mia favola, no?»
A un certo punto nel loro regno arriva la guerra. La principessa cerca di avvertire il cattivissimo cattivo di non continuare con le sue azioni cattive, ma lui non la ascolta, perché è davvero cattivo. E va a finire che le fa del male. Si rende conto troppo tardi che non voleva ferirla. Ma la principessa è buona, e lo perdona. E anche se lui si comporta da vero stronzo, anche se nessun’altro vuole stare con lui, lei continua ad amarlo. Perché lei è molto più forte di lui; è coraggiosa. Per amare ci vuole coraggio.
«Questa l’ho già sentita»
Lei gli insegna un sacco di cose.
«Tipo?»
Le insegna tutte quelle stronzate come la gentilezza, il perdono, la bontà. Tutta quella roba da fiabe, eroi e principesse, insomma.
«E a lui piace?»
«Non tanto. Ma a volte ci vogliono dei compromessi, nella vita»
«E lui cosa le insegna?»
«Cerca di insegnarle a volare, ma non ci riesce»
«Io credo che ci sia riuscito»
«Odio doverti contraddire»
«A volte si può volare senza staccare i piedi da terra»
Draco stava per continuare a raccontare la sua storia, ma le parole della ragazza bloccarono ogni tentativo di ripresa: si voltò verso di lei, e la guardò a lungo, con occhi nebulosi e voraci. Lei arrossì, ma sostenne lo sguardo, con la fierezza e la determinazione di sempre.
«Come finisce la favola?»domandò Hermione piano, con dolcezza.
«Vissero tutti felici e contenti»disse Draco con sicurezza, anche se sembrava piuttosto scettico su questo finale.
«Mi piace. E la morale qual è?»volle sapere lei. Lui emise una bassa risata, e le accarezzò il viso con delicatezza.
«La morale è semplice: le fiabe sono tutte una stronzata. Nella vita vera è sempre la principessa a salvare l’eroe»affermò in un sussurro intenso almeno quanto il suo sguardo. Hermione sorrise, cercando di ignorare il battito impazzito del suo cuore.
«Io preferisco un’altra morale»disse piano, fissandolo dritto negli occhi. Le iridi di Draco lampeggiarono, assumendo il colore del metallo fuso.
«Quale?»domandò con la gola secca per l’ansia di sapere la risposta.
«Ti amo, Draco».
Così.
Ti amo, Draco.
Lo disse così, Hermione Granger, come se stesse raccontando una favola, con una naturalezza che fece volare Draco Malfoy molto più in alto di quanto non fosse in realtà, con una dolcezza che gli spezzò il cuore, con un’intensità che lo spiazzò e lo fece sentire piccolo, e fragile, e inutile.
«Mi amo anch’io» rispose Draco, ormai senza voce per l’emozione. Poi le avvolse il viso con i palmi delle mani, e la baciò.
Sospesi in un tempo senza durata e in un luogo che non aveva coordinate geografiche, rimasero immersi l’uno nell’altra, scambiandosi sapori, odori, sensazioni, emozioni, intrecciando le loro anime almeno quanto i loro destini, senza curarsi del fatto che, in un tempo e in un luogo lontani, la campanella della prima ora era già suonata da un pezzo, senza preoccuparsi di scendere a terra, perché avrebbero potuto perdere l’equilibrio e cadere – ma in fondo sarebbe stata una morte dolcissima, perché nient’altro importava se erano insieme.
Quando si separarono, avevano ancora le labbra arrossate e lucide, e i loro occhi brillavano di un sentimento identico e profondo.
«Piace di più anche a me quest’ultima morale» sussurrò piano Draco, poggiando la fronte su quella della ragazza e accarezzandole le gote, arrossate per l’emozione. Hermione sorrise, e alzò le braccia lentamente, e sporgendosi verso di lui lo abbracciò, prima con dolcezza, poi stringendosi a lui con una forza senza rimedio, la testa appoggiata sulla sua spalla, e tutto il corpo teso a cercare il suo. Lui ricambiò quella stretta con intensità, senza più timori, senza timidezza, o inutili domande.
«Granger?»la richiamò a bassa voce, il volto acceso da un sorriso.
«Sì?»pigolò lei, gli occhi chiusi e l’espressione serena.
«Credo che tu mi abbia fatto vedere l’Isola Che Non C’è»
Hermione rise, e Draco pensò che quella risata avrebbe fatto nascere come minimo un miliardo di fate.

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Nota dell'autrice:
Questo capitolo mi ha fatto emozionare come pochi, spero che lo stesso valga anche per voi. Vi mando un enorme bacio.
Al prossimo capitolo, l’ultimo di questa storia :)
Citazioni:
- «Hai mai visto Pearl Harbour al tramonto?»
«Ogni giorno»
«Anche dal cielo?» [Dal film: Pearl Harbour]

- In bilico tra tutti i miei vorrei [Da: Estate - Negramaro]

Io sono qui: Eloise.

 
   
 
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