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Autore: Malik31011    13/07/2012    13 recensioni
STORIA SOSPESA
Per Beth la vita è sempre stata dura. È nata in una famiglia che non l'accetta, vorrebbero che fosse tutt'altra persona. Ma lei è fatta così, comincia a rubare piccole cose nei negozi. Purtroppo la beccano, così si ritrova chiusa in un collegio. Sarà qui che tutto avrà inizio, perché qui incontrerà Harry.
Harry è sempre stato un bravo ragazzo. Si era ritrovato lì casualmente, per un motivo sconcertante. Si trovava con il suo cuginetto quando..
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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So di aver impiegato due anni a scriverlo, ma ero impegnata a scrivere un'altra storia e ad aggiornarne un'altra.
Se volete passare a dare uno sguardo anche a quei capitoli mi farebbe davvero piacere :)

Darkness and light (2° cap.) : 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1135318&i=1

Vuoi illudermi? Prego, fai pure (1°cap.) : http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1151796&i=1



Spero che questo capitolo vi piaccia :) 
se volete recensire non mi offendo u_u lol

Buona lettura,
Nali xx




 
La visione.





Un'ombra nera che mi risucchiava e in un attimo mi ritrovai su un terreno erboso e umidiccio. Mi alzai in fretta, guardandomi attorno terrorizzata, gli occhi spalancati che ancora non riuscivano ad abituarsi a quel buio. Improvvisamente capii dove mi trovavo. Ero nel bosco, il bosco attorno all'istituto. Gli alberi mi accerchiavano, le foglie sibilavano e i rami mi graffiavano le braccia mentre cercavo disperatamente una via d'uscita da quel labirinto mortale. 
Improvvisamente sentii un urlo, una voce fin troppo famigliare ormai. 
Harry. 
Harry aveva bisogno di aiuto, aveva bisogno di me. Non sapevo il perché, ma lo sentivo fin dentro il sangue che mi scorreva nelle vene. 
Ripresi a correre a perdifiato, i polmoni che bruciavano, implorandomi di fermarmi a riprendere aria, ma non c'era tempo. Se fossi arrivata troppo tardi, per Harry sarebbe stata la fine. 
E io non volevo assolutamente che lui morisse, che lui mi lasciasse. 
Arrivai in una radura al centro del bosco. L'aria attorno a me bruciava di fumo, era denso nell'aria; l'erba bruciacchiata scricchiolava sotto le mie scarpe da ginnastica consumate e macchiate di terra. 
Le lacrime cominciarono a colare sul mio volto. Harry non c'era, non lo vedevo, ma sentivo che lui era lì, riuscivo a sentire il battito del suo cuore che, piano piano, decelerava; stava per morire. 
Ricominciai a correre verso il centro della radura. Finalmente lo trovai. I ricci afflosciati sul viso cadaverico, la pelle che lasciava intravedere le sue ossa, il viso smorto, le palpebre tremolanti e gli occhi lucidi. 
"Harry.." mormorai, reprimendo un pianto isterico. 
"Addio, Bets." mormorò, prima di esalare il suo ultimo respiro. 
 
 
Urlai, scattai sul letto e mi ritrovai a terra, con tanto di cuscino e coperte. 
Era solo un fottutissimo incubo. 
Harry. 
Mi alzai in piedi, inciampai nelle lenzuola che avevo trascinato giù con me e caddi nuovamente a terra, ferendomi una mano contro lo spigolo della scrivania. 
"Vaffanculo." borbottai in direzione del mobile. 
Trovai finalmente la maniglia della porta, mi lanciai nel corridoio e mi diressi verso la porta di Harry. Cominciai a battere un pugno contro il legno duro e blu della porta. All'inizio non si sentì niente. Bussai nuovamente, ancora più forte. Sentii un lamento, un borbottio e un rumore; due piedi che strusciano sul pavimento, uno sbadiglio. 
Il riccio spalancò la porta, gli occhi semichiusi, i capelli disordinati e la maglietta tutta stropicciata sul torace. 
"Che diavolo ci fai tu qui?" bofonchiò. 
"Harry." sussurrai, abbracciandolo. Era la prima volta che lo abbracciavo, e l'avevo fatto involontariamente; non era stato il mio cervello ad ordinare alle mie braccia di avvolgere il busto del ragazzo, bensì il mio cuore. Il mio cuore teneva a lui, mentre il mio cervello cercava di disorientarmi, di disilludermi. Continuava a ripetere che provare a stare con uno come lui sarebbe stato soltanto uno spreco di tempo, che lui non era il ragazzo giusto per me, che era soltanto un ragazzino spocchioso e viziato, superficiale. 
"Bets, sicura di stare bene?" chiese, stringendomi forte.
"Sei vivo." singhiozzai. Avevo cominciato a piangere contro il suo petto. Tacque per un secondo. 
"Certo che sono vivo, dovrei essere morto?" chiese, ridendo leggermente con la sua voce roca e impastata dal sonno. 
"Ho fatto un incubo terribile, tu morivi e io non potevo fare niente. Oh Harry, è stato orribile.." raccontai tutto d'un fiato. 
"Bets, sei congelata, stai tremando, piangi e dici cose senza senso. Hai bisogno di riposo, andiamo." disse dolcemente, senza lasciarmi. Mi riaccompagnò in camera, sistemò le coperte e mi fece sdraiare. 
"Riposa, parliamo quando ti svegli." mormorò, tirandomi indietro una ciocca di capelli. Uscì dalla stanza, lo osservai finché non richiuse la porta dietro di sé. Avevo paura, non volevo addormentarmi, avrei ricominciato quell'orribile incubo. 
 
 
 
 
                                                                                                                                                                             *** 
 

Harry.


"Voglio delle risposte, so che mi senti." ringhiai nel silenzio. 
'Sei vivo.' le parole di Bets mi avevano colpito come un pugno. Lei sapeva qualcosa, qualcuno stava cercando di farle capire a cosa andava incontro. Qualcuno stava cercando di mettermi i bastoni tra le ruote. 
"Sei perspicace, ragazzino." ghignò Caroline. 
"Sei tu, non è vero? Stai cercando di rovinare i miei piani." dissi infuriato. 
"Piani? Quali piani? L'amore non si pianifica, ragazzino." questa volta parlò acidamente. 
"Mi piace Bets." mormorai.
"Oh, questo lo so. La tua mente è veramente interessante, mi diverto a curiosare tra i tuoi ricordi e i tuoi sentimenti. Non sei uno sciocco, sei un ragazzo sensibile." disse, ridacchiando perfidamente. 
"Esci dalla mia testa!" urlai imbestialito. 
"Non voglio." disse perfida. "Sei interessante, Harry. Mi piaci, sei un ragazzo intrigante." disse, usando un tono stavolta sdolcinato.
"Pedofila." dissi. 
"Ti stai mettendo contro la persona sbagliata, Styles. Ogni passo che fai ti conduce verso la fine dei tuoi giorni." strillò irritata.
Il silenzio calò nella stanza. Se n'era andata, era tornato il silenzio  e la mia mente mi sembrava tutto ad un tratto più leggera. 
Mi lasciai cadere sul materasso e respirai a fondo. 
 
 
 
                                                                                                                                                                     ***
 

Beth.

Suonò la sveglia. 
Mi alzai ancora impaurita dal letto. 
Andai in bagno e mi guardai allo specchio. Due ombre nere sotto le palpebre, le guance ancora umide di lacrime, le labbra aride. 
Mi lavai il viso, i denti, poi decisi di infilarmi direttamente dentro la doccia. 
Uscii dalla cabina piena di vapore caldo, mi infilai nell'accappatoio e andai a tirare fuori una felpa calda e morbida dall'armadio insieme ai miei inseparabili jeans. 
Ogni tanto ripensavo a ciò che era accaduto poche ore prima. Avevo abbracciato Harry, ero andata da lui piangendo e mi ero gettata tra le sue braccia. 
Non mi sarei meravigliata se mi avesse preso per una psicopatica. Del resto, il luogo in cui ci trovavamo spingeva a credermi proprio una maniaca possessiva con duemila paranoie e cinquemila complessi. 
Afferrai la borsa con i libri e uscii fuori per andare a lezione. Fortunatamente non incontrai Harry, avevo paura di imbattermi in lui. Avevo fatto un'enorme cazzata. 
Non lo incontrai nei corridoi, non lo vidi nemmeno in classe. Non c'era, non era venuto. 
E se era solo per colpa mia? 
"Hey, c'è qualche problema?" mi chiese Lily. 
"No, tranquilla L, ho solo dormito male." dissi. Da una parte era vero, non avevo dormito bene, affatto. 
Le ore di lezione passarono lente e micidiali, l'ora di matematica fu quella più leggera. Quella di inglese fu leggermente più pesante, ma solo perché la professoressa parlava così monotonamente che mi veniva sonno. L'ora di storia fu una vera e propria tortura, tutti gli imperatori romani in soli sessanta minuti. Lily ormai non ce la faceva più, continuava a torturare lo smalto già consumato delle sue unghie. Poi cominciò a giocherellare con alcune ciocche dei suoi capelli, per poi allungarsi sconfitta sul banco e picchiettare svogliatamente la punta della penna sul ripiano di legno. 
Io avevo passato l'ora intera a fissare un foglio bianco. Continuavo a ripensare all'incubo, era sembrato così maledettamente reale. 
Suonò la campanella, finalmente era ora di pranzo. Arrivammo nella mensa e presi un sandwich al prosciutto cotto. Lo mangiai velocemente, avevo bisogno di andare in biblioteca per consultare qualche libro.
Salutai Lily e mi diressi verso la mia camera, attraversando molteplici corridoi.
"Pss, Bets." sentii bisbigliare all'improvviso. Mi voltai, ma dietro di me non c'era nessuno. Continuai a camminare, mentre il cuore mi martellava nel petto e la paura cominciava a scorrermi nelle vene.
"Bets, dove vai? Vieni qui!" sentii di nuovo. Il corridoio era deserto. 
"Chi diavolo sei?" chiesi, voltandomi. 
"Calma, sono solo io." disse la voce, usando un tono normale adesso. Harry uscì da dietro una porta che non avevo mai notato prima. Era perfettamente mimetizzata contro la parete, al posto della maniglia c'era soltanto un cerchietto con cui aprire la porta, la carta da parati era appiccicata anche sulla superficie della porta. 
"Avanti, vieni con me." disse, porgendomi una mano. Non la presi, così lui la ritirò. 
"Bets, tutto bene? Ti senti ancora male?" domandò, visibilmente preoccupato. In un attimo mi ritrovai difronte a lui, la sua mano destra che mi premeva sulla fronte e la sinistra che mi teneva la nuca. 
"E io che credevo che avessi la febbre. Sei congelata, perché non ti sei messa qualcosa di più pesante?" chiese. 
"Qualcosa più pesante di questa?" domandai, indicando la mia felpa. 
"Si." rispose, guardandomi con un sorriso. "Avanti, ho io quello che fa per te." continuò. Non mi diede nemmeno il tempo per replicare, che mi trovai ad essere trascinata da lui lungo un corridoio sinistro e gocciolante. Il corridoio nascosto dalla porta mimetizzata contro la parete. 
"Vuoi spiegarmi dove mi stai portando?" domandai, cercando di non sbattere contro le pareti umidicce del corridoio basso e stretto. 
"Lo vedrai tra poco, ma non aspettarti chissà che cosa." disse, continuando a stringere forte la mia mano e a trascinarmi dietro di lui. Era una sensazione strana quella che provavo vedendo le mie dita intrecciate alle sue. Era particolarmente.. piacevole. 
"Ci siamo quasi." disse. Ci trovammo davanti un'altra porta, di un semplice giallo scolorito. Harry l'aprì, mi trascinò dentro e la richiuse subito dietro le sue spalle. 
"Benvenuta nel mio nascondiglio segreto." disse, con una voce calda vicino al mio orecchio. Era una stanza circolare, le pareti verde scuro, alcune crepe e la vernice che si staccava; c'era un tavolo ad un lato, due poltrone enormi e, a guardarle, veramente comode, una libreria e una botola sul soffitto. 
"Carino questo posto." commentai. 
"È l'unico posto dove posso stare da solo e in santa pace, senza che uno di quegli psicopatici provi a cavarmi un occhio con un cucchiaio." disse. 
"Come l'hai scoperto?" domandai, avvicinandomi allo scaffale pieno di libri. 
"Era un vecchio ripostiglio, immagino. Era in disuso, senza farmi vedere gli ho dato una ripulita negli ultimi mesi e nessuno si accorge se sono quassù. Non ci sono nemmeno le telecamere." disse soddisfatto. Mi lasciai cadere su una delle poltrone e sprofondai nella pelle che odorava di menta. 
"Caramella?" mi chiese Harry, porgendomi un pacchetto di Haribo. 
"Grazie." dissi, afferrando un orsetto gommoso. "Dove le hai prese?" domandai subito dopo. Lui si ficcò una liquirizia in bocca e masticò a lungo prima di rispondere. 
"Il preside ne va pazzo, quando arrivano riesco sempre a prenderne qualche pacchetto e lui non se ne accorge." disse compiaciuto. Si sedette al mio fianco e rimanemmo per qualche minuto in silenzio, a mangiare le caramelle. 
"Senti Bets, per quello che è successo stanotte.." cominciò a dire, ma lo bloccai. 
"Mi dispiace di essere venuta così da te, non avrei dovuto farlo. Non me ne sono realmente resa conto finché non ci ho riflettuto bene. Ho agito da stupida, perdonami.." dissi tutto d'un fiato, tenendo la testa bassa. 
"Bets, non c'è niente di cui tu ti debba far perdonare. Non è successo niente.." disse dolcemente, osservandomi con quei suoi occhi azzurri come il cielo. "Volevo solo sapere qualcosa di più su ciò che è successo, su ciò che hai visto." disse, stavolta più serio. Gli raccontai il sogno, a bassa voce. Lui mi ascoltava in silenzio, lo sguardo inchiodato sulla moquette color bordeaux impolverata. Finii di raccontare l'incubo. 
"È tutto qua." mormorai alla fine. 
"Hai mai sentito parlare di sogni premonitori?" domandò, sempre serio. 
"Si, ma poco. Cioè, non ne so molto." risposi, con voce debole. 
"Domani andiamo in biblioteca, dobbiamo saperne di più." decretò. 
"Perché ci tieni così tanto?" domandai curiosa. 
"Se ti dicessi che mi rimangono soltanto pochi giorni di vita, come la prenderesti?" domando, con uno strano sorriso sulle labbra sottili. 
"Probabilmente io.. Be', non lo so.. Ma che razza di domanda è? Tu non stai per morire, Harry." dissi, stavolta leggermente incazzata. 
"Non ancora." mormorò, ma arrivò alle mie orecchie. Feci finta di niente ed entrambi continuammo a tacere. 
 
 
                         
                                                                                                                                                                       ***
 
Harry. 
 
 
Cercavo di lanciare alcuni avvertimenti a Bets. 
Le foglie del tatuaggio sul mio braccio continuavano a cadere, era quasi spoglio ormai. Era rimasto solo un ramo fiorito, gli altri rami iniziavano già ad appassire. 
Mancavano più o meno cento giorni. 
Dovevo pur avvisarla se fossi morto così all'improvviso, se non fossi riuscito a spezzare la maledizione, se non fossi riuscito a farla innamorare di me. 
"Bets." la chiamai, aveva cominciato a giocherellare con il suo iPod. 
"Dimmi." disse, alzando la testa e osservandomi con i suoi occhi scuri. 
"Ti va di raccontarmi perché sei qui. So poco e niente su di te." dissi, con un sorriso incoraggiante. Ripose l'iPod nella tasca dei jeans e mi guardò per un secondo. 
"Solo se poi me lo dici anche tu, altrimenti non se ne fa niente." disse, con un sopracciglio alzato. La guardai per un secondo, cercando di imitare la sua espressione. Scoppiò a ridere e si tappò la bocca con una mano, guardandomi con occhi ridenti. 
"Va bene, dai, accetto la tua proposta." dissi, quando smettemmo di ridere. Le porsi la mano e lei l'afferrò energicamente. 
"Perciò, chi inizia?" chiesi. 
"Vado io." disse. Rimase in silenzio per alcuni secondi prima di cominciare a parlare. "Ti sei mai sentito escluso? Nessuno che si prende cura di te, nessuno a cui interessi come stai, cosa ti sta succedendo; nessuno che vuole parlarti, nessuno che vuole condividere con te qualcosa. Tutti che pensano a sé stessi o solo a tua sorella. Perfida ragazzina dai boccoli biondi e gli occhi blu oceano. L'hanno sempre difesa soltanto perché ha cinque anni meno di me e ha quel 'bellissimo faccino di porcellana'. Stronzate, quella ragazzina era un incubo. Correva sempre di qua e di là in casa e faceva cadere un sacco di cose, rubava i soldi dal barattolo nascosto nel mobile della cucina e dava sempre la colpa a me. 
E i nostri genitori a chi davano la colpa? Ovviamente a me. Perché non ero la figlia modello, non ero una cima a scuola, non avevo molti amici. Pochi ma buoni, era ciò che mi ripetevo. 
Sembrava che i miei genitori non sapessero nemmeno della mia esistenza. Non gliene fregava un cazzo di me, gli fregava soltanto quando i poliziotti mi accompagnavano a casa alle due di notte perché ero in giro o rubavo qualche cazzata da poche sterline nei supermercati. Non volevo stare con loro in quella casa, facevano di tutto pur di escludermi. Quando cenavano, apparecchiavano solo per tre. Stessa cosa per la colazione e il pranzo. Io invece dovevo mangiare da sola, quando mangiavo. 
Hanno dato la mia stanza alla piccola riccioli d'oro e io ho ritrovato le mie poche cose nella polverosa soffitta di casa Clarks. 
Qui mi sento quasi a casa. Ho delle persone che almeno sanno che esisto, mangio dei pasti decenti, ho un letto vero e una camera tutta per me. Non sono invisibile agli occhi degli altri." disse, una cascata di parole che mi gettò in faccia. Io l'avevo ascoltata in silenzio, con occhi comprensivi. 
"Mi dispiace Bets." mormorai. 
"Grazie per avermi ascoltata. Sei uno dei pochi che è andato al di là della mia persona in superficie, che è andato a fondo per scoprire cosa mi è successo veramente." disse lei. Aveva gli occhi lucidi, ma non credo avesse intenzione di piangere per delle persone così spregevoli. 
"L'ho fatto con piacere e con vivo interesse, B. Scommetto che sei una persona meravigliosa sotto sotto, solo che le tue ferite non ti permettono di mostrarti per ciò che sei." dissi dolcemente. Le carezzai la mano con la punta delle dita e improvvisamente il mio cuore prese a battere frenetico. Le sue guance diventarono leggermente rosse. Ritrassi la mano e mi guardò con un sorriso. 
"È il mio turno." dissi. "Sai Bets, il motivo per cui mi trovo qui non è poi così grave. 
Una notte ero con mio cugino più piccolo. Diciamo che gli facevo da babysitter, ma ad entrambi piaceva passare del tempo insieme, così spesso ci ritrovavamo a girovagare insieme.
Una notte mi propose di andare al cimitero perché sosteneva che lì ci fosse la tomba di un'antica strega. Io non ci credevo, ma comunque volevo accompagnarlo giusto per dimostrarglielo che non era vero niente. Siamo andati, armati di pala e abbiamo cominciato a scavare. Non si sa come, siamo svenuti entrambi. I nostri genitori erano preoccupatissimi, ci ritrovarono soltanto il pomeriggio seguente. Il giorno dopo i miei genitori mi hanno sbattuto qui dentro, sostenendo che ero stato io a portare mio cugino lì. Lui stesso mi dava la colpa, dicendo che ce lo avevo trascinato con la forza.
Ritenevano che ero impazzito completamente e che credevo alla magia e robe simili." raccontai, una fiamma di pura rabbia si era accesa dentro di me.
"Mi dispiace tanto Harry." disse Bets, visibilmente dispiaciuta. 
"Se mi comporto bene quest'anno mi lasceranno tornare a casa." dissi. 
"I miei mi lasceranno a marcire qui dentro." mormorò distrutta. 
"Bets." la chiamai, ma non alzò la testa. "Bets, guardami." dissi. Incrociò il mio sguardo. "Uscirai da qui, te lo prometto." dissi. 
"Tutte le promesse che mi hanno fatto non sono mai state mantenute." ribatté debolmente. 
"Qualcuno dovrà pur mantenerle, no?" dissi, sorridendole incoraggiante. Non rispose, mi rivolse solo un sorriso appena accennato. 
"Ma che ore sono?" chiese all'improvviso. Controllò sul suo iPod. "Sono le sei?!" urlò, alzandosi in piedi. 
"C'è qualche problema?" domandai. 
"Si! Ho da fare un mucchio di compiti. Perché il tempo è passato così velocemente?" disse disperata. 
"Andiamo, dai." dissi. Presi la sua borsa e le poggiai una mano sulla schiena per condurla fuori dal nascondiglio. Quando tornammo nel corridoio, chiusi bene la porta nascosta nella parete e ci dirigemmo verso le nostre camere. Arrivammo davanti alla sua porta e le porsi la sua borsa. 
"Grazie Harry." disse, abbassando lo sguardo e sorridendo. 
"Mi è piaciuto passare del tempo con te, B. Dovremmo farlo più spesso." dissi sincero. Si alzò sulle punte dei piedi e mi diede un bacio veloce e leggero sulla guancia. 
"Ci vediamo domani." disse, gli occhi che le brillavano. Rientrò nella sua camera senza permettermi di risponderle. Rimasi a fissare la sua porta per qualche secondo, mentre mi passavo la mano sulla guancia dove mi aveva appena dato un bacio. 
Un bacio.
 
 
 
                                                                                                                                                             ***
 


Beth.


Avevo dato un bacio sulla guancia di Harry.
Ancora non ci credevo.
Da dove era uscito tutto quel coraggio? 
Oddio. 
Mi piaceva Harry, mi stava iniziando a piacere sul serio. Era una delle poche volte che mi prendevo una cotta per un ragazzo. 
Guardai le pagine del libro di scienze, ma non riuscivo a vedere nient'altro che il volto di Harry. 
I suoi occhi.
Non riuscivo a studiare, non riuscivo a concentrarmi. Il profumo di Harry mi era rimasto impresso sui vestiti, nelle narici. E il tocco delicato delle sue dita sulla mia mano. E la sua guancia morbida sulle mie labbra. 
Il cuore aveva ricominciato a battere come una locomotiva in corsa. 
Era possibile che mi stessi prendendo una cotta micidiale per lui? 


 
    
   
 
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