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Autore: delilaah    13/07/2012    26 recensioni
Prima vera e autentica storia scritta da me che pubblico su EFP. E coincide anche con la mia prima ff sugli One Direction.
Ognuno di loro sarà protagonista all'interno della storia anche se in maniera molto diversa l'uno dall'altro. Non ci saranno favoritismi per un personaggio in particolare, o almeno è quello che cercherò di evitare, e spero che possiate immedesimarvi il più possibile nella storia, nei dialoghi e soprattutto nei sentimenti descritti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter twentyfour:
I’m the one who makes you laugh when you know you’re about to cry.

 
«Zayn fermati!»
«No!» Esclamò il ragazzo, continuando a procedere con passo spedito e sicuro.
«E’ una cagata enorme, per favore fermati!»
Zayn si fermò di colpo e si voltò, piuttosto sconcertato. Era una parolaccia quella che aveva sentito uscire dalla bocca di Liam?
«Hai detto “cagata”? Tu odi le parolacce!»
«Per lo meno ti sei fermato!» Si giustificò di nuovo Liam, facendo spallucce e gesticolando un poco.
«Mi sono fermato solo perché.. non importa.»
Zayn esitò un istante e poi riprese a camminare velocissimo, come se fosse impazzito. Liam, dal canto suo, l’aveva inseguito per tutto il tragitto rimanendogli comunque ad una debita distanza. Aveva paura che potesse fare o dire qualcosa di troppo estremo, soprattutto dopo quello che gli aveva riferito Candice.
Lui non era una persona impulsiva, anzi, se c’era da riflettere su qualcosa ci rifletteva addirittura il doppio se necessario, ma questa doveva senz’altro essere l’eccezione che conferma la regola.
«Fermati!» Ripeté ancora Liam, annaspando un poco da dietro.
«Ti ho detto di no! Quel brutto coglione deve ripetermelo in faccia se ha il coraggio!»
«Ma perché te la prendi tanto? E’ tutto risolto ormai!»
«Risolto un corno!» Esclamò Zayn, fermandosi all’improvviso e alzando gli occhi verso l’insegna luminosa che identificava il Pleasure.
«E chi ti dice che lo troverai qua? Andiamo!»
«E’ un figlio di papà, viziato e pure coglione, dove vuoi che sia se non qua?»
Liam roteò gli occhi, infastidito dal tono di Zayn. Era vero: lui odiava le parolacce, ma le odiava semplicemente perché, col tempo, si era abituato ad azzerarne l’uso per migliorare l’immagine del gruppo e per dare il buon esempio alle fan. Il fatto che poi queste ultime avessero continuato per anni a chiedergli di rispondere alle domande più insensate e ben più spinte, era irrilevante.
Il ragazzo sospirò, realizzando quanto gli mancasse la vita che facevano prima dell’incidente, con tutti i suoi pro e i suoi contro.
«Allora entri con me?» Incalzò Zayn, completamente estraneo ai suoi ragionamenti nostalgici.
«Ho delle alternative?»
«Se vuoi impedirmi di rompergli l’osso del collo, no. Se invece vuoi fare il finto tonto a riguardo, hai tutte le alternative del mondo.»
«Per favore, non farlo!» Piagnucolò di nuovo Liam, quasi come se lo stesse implorando.
Zayn fece finta di non sentire quello che l’amico gli aveva appena chiesto e si avviò verso l’entrata, più deciso che mai. Le parole amareggiate di Candice riecheggiavano ancora nella sua testa, e questo lo faceva doppiamente imbestialire.
Una volta entrato nel locale scorse un ragazzo alto, piuttosto smilzo e con una pettinata simile alla sua, che sistemava e riassettava alcuni tavoli in fondo alla sala. Tutto era in ombra e confuso e le luci erano a mala pena accese.
Con la coda dell’occhio cercò la figura di Liam dietro di se e, dopo essersi accertato che fosse proprio li, ripartì in silenzio per parlare con il ragazzo poco lontano.
«Tu chi sei?»
Il ragazzo posò il canovaccio che teneva in mano e aggrottò un sopracciglio, sconcertato da quell’estrema maleducazione.
«Siamo chiusi. E comunque io sono il proprietario. Chi sei tu, piuttosto.»
«Sono Zayn, voglio vedere Seth.»
«Mi dispiace ma non lo troverai qua. Non viene mai al pomeriggio per dare una sistemata al locale, è troppo svogliato anche per fare quello.»
Quel tizio iniziava a piacergli, aveva la giusta considerazione su Seth. Sarebbero potuti diventare grandi amici.
«Posso sapere come ti chiami?»
«Sono Jacob. Ora, per favore, esci da qua. Siamo chiusi.» Ripeté di nuovo, con fare infastidito.
«Dimmi dove lo posso trovare almeno!»
Jacob posò per l’ennesima volta lo straccio che teneva in mano e sbuffò, ulteriormente infastidito. Odiava i ficcanaso a lui sconosciuti, soprattutto se erano così insistenti.
«Senti amico, se ti ha rubato la ragazza ieri sera mentre era ubriaco, o la sera prima o quella prima ancora, mi dispiace, ok? Ti faccio le mie scuse a nome suo, in qualità di fratello maggiore. Ora, gentilmente, te ne puoi andare?»
«Come scusa? Tu sei suo fratello?»
«Si, sono suo fratello. C’è qualche problema?»
Zayn irrigidì e si morse un labbro. Ecco perché Jacob conosceva Seth così bene, ecco perché si era permesso di dargli un certo genere di aggettivi senza alcun ritegno. Erano fratelli, e per Zayn questo significava che avrebbe tranquillamente potuto prendere a pugni lui in sostituzione.  
Liam intervenne da dietro e afferrò il braccio dell’amico, come se volesse impedirgli di fare un altro passo verso Jacob.
«Non è Seth. Avanti, andiamocene.»
«Dammi un secondo..» Gli rispose Zayn, con sguardo gelido e calcolato, «Sentì un po’, Jacob, pensi di riuscire a dare un messaggio a tuo fratello? Testuali parole, ci conto.»
Il ragazzo scrollò le spalle, piuttosto indifferente, e fece un cenno con la testa, in senso affermativo.
«Bene. Allora, per favore, dì al tuo caro fratellino di stare lontano da Candice, da me e dai miei amici, e digli che la prossima volta che cerca di mettere nei casini la mia ragazza parlando merda su di lei o sulle persone che frequenta, giuro sul mio Dio che lo vengo a cercare e gli faccio mangiare tutti i denti che ha. Sono stato chiaro?»
Jacob annuì, leggermente allarmato. Avrebbe tanto voluto sapere che cosa aveva combinato suo fratello, ma in fin dei conti sapeva quanto essere un testa di cazzo fosse la sua più grande qualità, e decise di lasciar correre.
«Ok, glielo dirò. E comunque le mie scuse valgono ancora. Mio fratello pensa che gli sia tutto dovuto, ma prometto che lo terrò d’occhio. Non succederà più.»
«Vorrei tanto picchiare te al posto suo, caro Jacob, ma non lo farò perché il mio amico qua dietro è la persona più civile di questo mondo e mi sta trattenendo dal fare questa cazzata per il mio bene.»
Liam si fece scappare un sorriso piuttosto soddisfatto, dato che era riuscito a fermare l’amico prima che tutto andasse in malora.
Mancavano solo quattro giorni alla partenza, a quello che poteva essere il loro nuovo inizio, e tutti – tranne lui – sembravano avere un buon motivo per rovinare tutto quanto.
«Ehi Jake, l’area 3 l’hai già sistemata tu?»
Una voce da dietro richiamò l’attenzione di tutti i presenti, interrompendo momentaneamente la loro conversazione passivo- aggressiva.
«Alice?»
La ragazza uscì dall’ombra e si fece vedere, piacevolmente sorpresa nel sentire la voce di Liam a quell’ora del giorno, in quel posto.
«Ciao! Che ci fate voi qui? Non vi aspettavo! Se mi avessi avvisato mi sarei messa qualcosa di più carino!»
Zayn si voltò verso Liam e lo vide sorridere in maniera complice, con una di quelle solite espressioni da pesce lesso innamorato. Così sospirò e, dopo aver lanciato un’occhiataccia a Jacob, bisbigliò a Liam che l’avrebbe aspettato fuori mentre fumava qualche sigaretta.
«Non era nei nostri piani venire qui oggi, onestamente, ma Zayn aveva un.. un problema da risolvere.»
«Un problema con Jacob? Lo conoscete?» Chiese Alice ancora, sorridendo curiosa.
«No, era un problema con.. Seth.»
«Ok, scusaci un secondo.» Gli rispose la ragazza, dirigendosi verso Jacob e appartandosi con lui qualche istante.
Liam la vide gesticolare, portare le mani ai fianchi e rimproverare il ragazzo per poi tornare da lui, mentre Jacob si dirigeva nella direzione opposta.
«Quanto tempo puoi restare? Dobbiamo parlare.» Concluse Alice, prendendolo per mano e portandolo ad un tavolino poco lontano.
«Posso dire a Zayn di tornare da solo, e poi ho tutto il pomeriggio libero. Perché? C’è qualcosa che non va?»
Alice sospirò, piuttosto abbattuta. Non era mai stata brava in quel genere di cose, quelle in cui confidi alla persona che ti piace i tuoi segreti più profondi, e aveva sempre di gran lunga preferito mantenere un non-so-che di misterioso.
«Jacob mi ha spiegato qualcosa, ma lui non sa assolutamente niente quindi non è servito un granché chiedere a lui. Tu mi puoi dire cosa succede?»
«Ora è tutto a posto, ma qualche giorno fa c’è stato un piccolo dramma, diciamo così.»
La ragazza lo guardò con sguardo teso, impaziente di sentire la versione della storia di qualcuno che, effettivamente, ne sapeva qualcosa.
«Il tuo amico Seth ha fatto delle ricerche e ha scoperto che Zayn è stato un paziente di Candice per qualche mese dopo un incidente. Così è andato da suo padre, che non ho capito bene cosa centri in questa storia, e gli ha riferito tutto quanto. Allora Candice ha chiamato Zayn dicendogli che rischiava di perdere il lavoro se continuavano a vedersi e voleva lasciarlo, ma Zayn le ha detto che tra pochi giorni partiremo per la Svezia per qualche settimana, così le acque si calmeranno e eviteranno di dare troppo nell’occhio, e poi quando sarà tornato potranno pensarci su e decidere cosa fare.»
Alice portò una mano alla fronte e sospirò di nuovo, ulteriormente abbattuta. Avrebbe dovuto dire che era colpa sua, non è vero?
«Ma Zayn si è incazzato come una iena e voleva picchiare Seth a sangue dato che è tutta colpa sua, ma non l’ha trovato per fortuna. E questo è quanto!» Concluse Liam, annuendo con la testa.
«Perché andate in Svezia?»
«Ordini della casa discografica, devono farci provare delle tracce. Tu perché sei così sbattuta?»
«Perché è colpa mia!» Esclamò la ragazza agitandosi un poco, «Ho detto io a Seth di Zayn e Candice, ma non pensavo avrebbe fatto un casino del genere. E’ un coglione, lo odio!»
«Nah, non è colpa tua. Tu gliel’avrai anche detto ma di certo non potevi sapere che si sono conosciuti mentre Zayn faceva terapia. Non lo sapevi!»
«Posso fargli del male fisico? Posso?» Chiese Alice infuriata e pericolosamente seria.
Liam ridacchiò, come suo solito. Era sempre così calmo e rilassato che le persone arrabbiate lo facevano sorridere e divertire, senza un motivo plausibile.
«Che ti ridi?»
«Sei buffa da arrabbiata!» Si giustificò il ragazzo, continuando a ridere, «Ma comunque, spiegami una cosa. Perché odi Seth così tanto?»
«Storia lunga.» Tagliò corto Alice, voltandosi dall’altra parte.
Liam iniziò a giocherellare con il contenitore delle salviettine sopra il tavolo, rendendosi conto che quello era il momento che stava aspettando da tanto tempo. La partenza era vicina, doveva dirle tutto, doveva sapere se al suo ritorno Alice sarebbe stata li ad aspettarlo oppure no.
«Devo parlarti. Seriamente.»
«Mi metti ansia, Liam.»  Dichiarò Alice, cominciando a giocherellare con le dita sotto al tavolo, come se volesse cacciare via l’agitazione.
«Non sono stato onesto con te, e mi dispiace. C’è una cosa che avrei dovuto dirti da subito, e quindi.. insomma, ecco.. c’è una ragazza in America che in questo momento pensa di essere la mia ragazza, ma non so dirti se è vero si o no perché non lo so nemmeno io.»
Alice rimase in silenzio, con lo sguardo perso.
Analizzò nella sua testa le parole una ad una, per cercare di capirne il senso, ma non ci riuscì. In realtà non era arrabbiata, era solo confusa.
«Non capisco.»
«L’avevo lasciata, cioè, ci eravamo lasciati ma qualche mese fa è tornata e siamo stati insieme.» Iniziò Liam, con tono pacato e tranquillo, «Poi lei è tornata in America per lavoro e credo che si sia convinta di essere di nuovo la mia ragazza, ma io non l’ho mai detto. Non so se lo voglio, ad essere sincero. Però non ci siamo sentiti molto e non abbiamo mai chiarito, e poi ho conosciuto te, e mi sei piaciuta, quindi..»
«Va bene, Liam. Ti credo.»
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, incredulo. Cos’aveva detto? Aveva capito bene o stava sognando?
«Tu mi credi? Quindi non sei arrabbiata, e non vorresti nemmeno tirarmi uno schiaffo?»
«Beh, lo schiaffo te lo meriteresti a prescindere, ma no, non sono arrabbiata. Se tu dici di averla lasciata e di non aver mai ammesso che eravate tornati insieme, il problema è suo. Voglio dire, se a lei piace vivere di castelli e supposizioni è affar suo. Se vi siete lasciati c’è un motivo, e ci deve essere anche un motivo che ti sta fermando dal rimetterti con lei, giusto? Quindi a me sta bene, davvero. Mi piace stare con te, non rinuncio così facilmente.»
Era come se l’enorme macigno sopra il suo petto fosse sparito, volatilizzato in un secondo.
In quel momento Liam realizzò quanto Alice fosse una persona speciale e sempre in grado di stupirlo. Aveva la certezza che lei  l’avrebbe aspettato, sapeva che al ritorno dalla Svezia avrebbe ritrovato quel suo sorriso furbo e, ora come ora, era tutto quello che aveva bisogno di sapere.
«Però.. devo dirti qualcosa anche io.»
«Dimmi tutto!» La incoraggiò il ragazzo, sorridente.
Alice prese un lungo e interminabile respiro. Era come se le parole si rifiutassero di uscirle dalla bocca, come se ad un certo punto trovassero un muro che le faceva rimbalzare a ritroso.
«Odio Seth perché molto probabilmente dovrò sposarmi con lui, un giorno.»
Le parole erano uscite sua senza paura, come un treno alla massima velocità, incontrollabili.
Forse era perché se ne vergognava, forse era perché non l’aveva mai detto a nessuno, ma in quel momento sentiva gli occhi di Liam addosso ed era come se la giudicassero nel profondo, senza chiedere il permesso.
«Questa volta sono io a non capire.»
«Ti ricordi quando ti ho detto che non poteva vederci nessuno, quella sera nello scantinato? E’ questo il motivo. La mia famiglia e la sua famiglia hanno un accordo, e non posso permettermi di farlo saltare. Se te lo stai chiedendo: si, è un matrimonio programmato, e lo so che fa tanto anni cinquecento, ma se te lo spiegassi non capiresti. Non l’ho capito nemmeno io.»
Liam non rispose. Non sapeva se buttarla sul ridere, dato che aveva davvero tutta l’aria di essere una barzelletta, o se disperarsi. Era una cosa così stupida, ipocrita, sbagliata.
«Quindi non possiamo stare insieme?»
«No, non hai capito. Noi dobbiamo stare insieme, perché io non voglio stare con lui.»
«Ma è una cosa stupida! Se non vuoi stare con lui perché hai accettato?»
«Non avevo altra scelta, non ti pare? E poi te l’ho già detto, se te lo spiegassi non capiresti comunque.»
Liam si alzò di scatto dalla sedia e si avviò verso l’uscita, lasciando Alice dietro di se.
Non aveva voglia di parlare, non aveva voglia di stare a sentire e in quel momento gli era persino passata la voglia di partire. Non aveva più voglia di niente. Non sapeva nemmeno spiegare perché se la fosse presa così tanto, insomma, non poteva sapere se un giorno avrebbe sposato Alice. Anzi, molto probabilmente non l’avrebbe fatto, ma la cosa gli dava tremendamente fastidio comunque.
«Quanto starai via?» Gli chiese Alice in lontananza, senza raggiungerlo.
«Non lo so, non ce l’hanno detto.» Le rispose di nuovo, continuando a camminare, «Tu sarai qui ad aspettarmi?»
La ragazza fece qualche passo in avanti ma lasciò comunque che parecchi metri di distanza li dividessero. Liam aveva reagito in maniera plausibile, non c’era da stupirsi. Non poteva pretendere che andasse tutto bene, era ben cosciente di quanto quella cosa fosse stupida.
«Si, certo. Ci sarò sempre.» Gli rispose poi, mentre lo vedeva uscire dalla porta del Pleasure rammaricato e un po’ sconvolto.
 
 
«Mio fratello è partito?»
Leah annuì, mentre gli porgeva una tazza di the e si sedeva sulla poltroncina poco lontana. Niall prese la tazza e iniziò a soffiarci dentro, per raffreddare la bevanda.
«Ha preso l’aereo questa mattina, avresti potuto accompagnarlo all’aeroporto anche tu.»
«Non mi andava. E poi non volevo essere d’impiccio.»
La ragazza esitò qualche istante e poi rispose tranquillamente, trattenendo un poco il suo nervosismo.
«Si ma è comunque tuo fratello, ci è rimasto male.»
«Gli passerà, non è un problema. Con tutte quelle volte che sono partito io senza che lui mi accompagnasse, figuriamoci.»
«E poi mi ha chiesto di te. Avrebbe voluto passare del tempo con te.»
«Se quando torno dalla Svezia siamo al punto di partenza avrò tutto il tempo del mondo. Se non ci fanno lavorare torno in Irlanda, ho deciso.»
Leah bevve un sorso del suo the e poi lasciò che il discorso cadesse in un silenzio. Sapeva bene che stava temporeggiando, non era una stupida.
«Avanti, chiedimelo.»
«Chiederti cosa?»
«Chiedimi cos’è venuto a dirmi Greg di così urgente. Tanto so che lo vuoi sapere.»
Niall imprecò nella sua testa, fin troppo infastidito da quel modo strafottente con cui si stava ponendo nei suoi confronti. Non era la prima volta che la vedeva fare così.
«Ok, come ti pare. Cosa ti ha detto?»
«Mi ha detto che non vuole che ci lasciamo. Vuole aspettare fino alla fine del mio semestre, e mi ha chiesto se per l’estate posso tornare a casa e sistemare le cose. Sa benissimo che c’è qualcosa che non va, se n’era accorto anche lui.»
«E tu cosa gli hai detto?»
«Che dovevo pensarci.»
Niall posò la tazza vuota sopra il mobile dietro di lui e portò la gamba destra sopra il ginocchio della sinistra. Si stava innervosendo anche lui, il che era una cosa piuttosto grave.
«E perché gli hai detto così? Pensavo che ti fossi chiarita le idee.»
«Lo pensavo anche io, ma evidentemente sei tu che hai le idee confuse.»
«Piano, rallenta! Di cosa stai parlando?»
«Skylar.»
Il tono di voce della ragazza si era improvvisamente fatto cupo e freddo. Era come se la gelosia la stesse divorando dentro. Gelosia per un ragazzo che non era nemmeno suo e che non aveva mai voluto definire come tale.
«E’ solo un’amica!» Si giustificò Niall, aprendo le braccia.
«Ma non avete esitato un secondo a fare quello stupido teatrino, non è vero?»
In quel preciso istante Niall sentì una vampata di rabbia esplodergli dentro. Doveva liberarsi, aveva tenuto tutto dentro per troppo tempo.
«Sai cosa sei, Leah? Sei un’ipocrita. Io e Skylar l’abbiamo fatto solo per salvare la situazione, dato che tu non hai mai avuto il coraggio di ammettere a mio fratello che era finita! E per tua informazione è stata una sua idea, perché lei è tua amica, non una rivale! Se la cosa ti ha infastidito sono problemi tuoi, lasciatelo dire!»
Anche la ragazza posò la tazza sul mobile e si alzò in piedi, portando le mani ai fianchi.
«Un problema mio, davvero? Non te l’ha chiesto nessuno di prenderla per mano o di vederla girare per casa in mutande, sai? Avresti benissimo potuto evitare!»
«Come scusa, cos’hai detto? Avrei potuto evitare? Ma non lo capisci che l’ho fatto sempre e solo per te? Non ci arrivi proprio a capire che in questi ultimi mesi sono stato zitto e buono solo perché passare anche uno stupidissimo minuto con te mi faceva felice? Evidentemente no, non è vero? Quindi indovina un po’? Io ho chiuso.»
Leah rimase immobile e lasciò cadere le braccia lungo il corpo, amareggiata. Dove aveva sbagliato questa volta? Non riusciva proprio a capirlo.
«Che significa?»
«Significa che tu e i tuoi libri di legge potete andare a quel paese, sono stanco. Stanco di starci male, stanco di assecondarti, stanco di essere la tua perenne ruota di scorta. Quando non sapevi di me era una cosa plausibile, ma poi quando te l’ho confessato hai perso ogni scusa valida. Avresti dovuto prendere una decisione, e invece tutto quello che hai continuato a fare è stato tenere il piede in due staffe. Quindi basta, come non detto, dimenticati di me.» Le rispose di nuovo Niall, con una decisione e una fermezza mai viste prima.
In realtà a lui stava costando tanto, forse troppo, ma sapeva che era la cosa giusta da fare. Continuare a credere nelle sue illusioni e vivere con un perenne paraocchi non era la sua opzione migliore, e non avrebbe mai dovuto esserlo. L’aveva semplicemente capito troppo tardi.
Così raccattò la sua felpa e uscì dal salotto senza aggiungere nient’altro, sotto lo sguardo incredulo di Leah che non osava replicare.
Era un taglio netto, una nuova vita, un nuovo capitolo da scrivere.
Non appena chiuse la porta dell’appartamento dietro di se, si sentì subito amareggiato e tutto quel coraggio che aveva sfoggiato sembrava essere sparito in un secondo.
Con calma, passo dopo passo, scese le scale per raggiungere il piano terra e allontanarsi da lei una volta per tutte. Gli veniva quasi da piangere, riusciva a percepire i suoi occhi che si stavano appannando ogni secondo di più.
Quando poi alzò lo sguardo, realizzò di essere sul marciapiede fuori dal palazzo e in un secondo fu assalito dai rumori della vita al di fuori della sua testa e al di fuori di quel piccolo appartamento che si era lasciato alle spalle.
C’era un fattorino che scaricava delle casse, una macchina della polizia che sorvegliava il quartiere, uno spazzino che raccattava delle cartacce da terra, e..
«Ehi bel biondino, che ci fai li in mezzo al marciapiede come un salame?»
Un rumore fra tutti, una voce fra tutte. La sua. L’unica giusta al momento giusto.
Niall si passò il dorso della mano su un occhio e poi lo stropicciò, prima di voltarsi. L’espressione divertita di Skylar gli strappò un sorriso, come sempre.
«Niente, me ne stavo andando.»
«Come mai?»
Il ragazzo tirò su col naso e poi si grattò la testa, visibilmente imbarazzato. Pensò che se riusciva a dirlo ad alta voce tutto sarebbe stato reale e non avrebbe più potuto tornare indietro.
«Ho chiuso con Leah. Definitivamente.»
Skylar gli si avvicinò e lo strinse in un abbraccio, chiedendosi da quando in qua lui fosse così alto, e soprattutto, molto più alto di lei.  
«Mi dispiace. Ti va di parlarne?»
Niall scosse la testa e infilò le mani in tasca, come era sua abitudine.
«No, ma mi andrebbe un giro con te. Sei libera?»
«Non posso negarti un caffè dopo quello che ti è appena successo. Sarei una persona senza cuore! Certo che sono libera, pasticcino.»
Per l’ennesima volta Niall sorrise. Era quel suo modo di essere così buffa ma allo stesso tempo socievole, un po’ troppo sfacciata ma comunque educata. Era lei, era Skylar.
«Io..»
«Tu cosa, Niall?»
Il ragazzo si grattò di nuovo la testa e giocherellò con un piede, poi alzò lo sguardo verso di lei.
«Mi dispiace.»
«Perché? Non hai fatto niente di sbagliato, anzi. Se hai detto la verità a Leah vuol dire che in realtà lo pensavi da un po’ e finalmente l’hai ammesso. Non ci trovo niente di sbagliato!»
«Veramente non stavo parlando di quello.»
Skylar sbatté più volte le palpebre degli occhi, un po’ confusa. Le stava sfuggendo il punto della conversazione, su questo non c’era dubbio.
«Ah no? E di cosa stavi parlando?»
Il ragazzo si guardò intorno, piuttosto irrequieto, e continuò a giocherellare con un piede. Il fatto che Skylar avesse appena ammesso che la decisione che aveva preso era quella giusta lo rendeva speranzoso, confidente.
Così le fece cenno di avvicinarsi, come se volesse bisbigliarle qualcosa all’orecchio, e proprio mentre lei si avvicinava senza nessun tipo di sospetto, Niall la baciò. 














Buonasera a tutte! Ecco il capitolo 24 pronto e postato, per voi. Come al solito farò il punto della situazione con il mio usuale elenco, ma siate fiduciose, ho poche note d'autore questa sera!

Odio darvi questa notizia ma odio altrettanto le false speranze, quindi ve lo dirò senza mezzi termini: dopo questo capitolo conto che ce ne saranno altri tre, epilogo compreso. Questo ovviamente è quanto ho deciso dopo aver valutato le mie possibilità, e non me la sento di continuare l'ff più di così. Mi dispiace ma spero vi godrete la fine della storia!

♪ Il capitolo di oggi non è di transizione, qualcosa succede, ma è emotivamente meno carico dei precedenti.  

♪ La situazione di Liam/Alice potrebbe sembrarvi irrisolta o rovinata, ma in realtà non lo è. Confidate in questo e alla fine vedrete che non c'è mai stato nulla per cui preoccuparsi, promesso!

E con questo credo di aver finito. (Se avete voglia mettete la storia nelle preferite, e grazie in anticipo!)


Un bacio grande, 
Giuls. 
  
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