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Autore: Lilith Blake    14/07/2012    0 recensioni
<< Immagino che anche
voi ora sosterrete che non vi
potreste mai innamorare di un essere come me>>.
<< Al contrario,
signorina Royle: io so benissimo che
mi innamorerò di voi. Non so se tra un minuto
verrò travolta dall’impulso
irrefrenabile di posare le mie labbra sulle vostre, o se tra sette
notti
sognerò di vedere i vostri occhi, o se tra un anno
ripenserò a voi, dopo avervi
nascosto in un angolo della mia mente, senza tuttavia avervi mai
eliminato; so
solo che il nostro amore non sarà quello delle stucchevoli
storielle che
compaiono sui settimanali. No, sarà l’amore
fuggevole e sofferto delle grandi
storie>>.
<< Allora potete
compiacervene: il nostro sarà un
amore eterno. Breve in durata, è possibile, ma immenso
nell’intensità>>.
<< La
felicità ha tale prezzo, miss Royle?>>
<< Ogni cosa ha un suo prezzo: il nostro sarà
rimanere impresse nel
firmamento>>.
Miss Trevor sorrise tristemente.
<< Voi ci condannate
all’infelicità, ancor prima di
poter avere compreso cosa possa accadere>>.
<< Non bisogna
realizzare, miss Trevor: quando si
comprende ciò che ci investirà prepotentemente,
si viene sopraffatti, e non si
è più padroni di se stessi. Non si comandano
più le proprie scelte. A mio
avviso, ciò è un errato modo di condurre la
propria esistenza: in fondo, siamo
esseri finiti, destinati a ricercare una risposta che mai
arriverà. Non saremo
mai realmente consapevoli di noi stessi. Secondo voi, miss Trevor,
perché
esistono le persone di religione, quelle che giocano di retorica ed
educano
alla carità? Tutti noi cerchiamo una spiegazione. A mio
parere, non è
necessario affidarsi alla razionalità: la logica uccide,
signorina. Bisogna
ricercare l’illimitato, l’infinito, il brivido
dell’eternità in questo piccolo
squarcio di vita che ci è dato in sorte>>.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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La nebbia di Londra mi avvolge e ogni mio singolo passo è scandito dal suono che echeggia lungo le buie vie. Il mantello che mi svolazza alle caviglie e il cappello di feltro che porto calato sugli occhi danno alla mia figura un’aura misteriosa, quasi fatiscente. Le allegre signorine che si appoggiano svogliatamente al muro mi rivolgono sguardi maliziosi, interessati, che lentamente vengono turbati da un’ombra di perplessità quando scorgono i lineamenti del mio viso: troppo delicati e rotondi. La loro espressione tramuta in sgomento e rasenta quasi la paura quando incrociano i miei occhi che luccicano di riflessi di sfida. Abbassano repentinamente il capo e arricciano le labbra in atteggiamento imbarazzato. Supero quelle povere donnicciole, troppo miserabili per poter incrociare il mio cammino, troppo volgari per poter meritare la mia attenzione. Continuo lungo il mio tragitto, e ritorno nella Londra rispettabile della vittoriosa borghesia, fino ad un appartamento esternamente come tanti altri. Salgo le scale con tranquillità, quasi noia, e mi stendo sulla poltrona.

<< Lady Royle, sono lieto di trovarla di ritorno così presto>>.

Mi tolgo il cappello e volgo l’attenzione al mio maggiordomo: Wymond è una di quelle poche persone a cui la propria voce stona. E’ un uomo alto, slanciato, con una corporatura terribilmente esile, come se dovesse spezzarsi da un momento all’altro, con i capelli pettinati ordinatamente, le mani curate, e il viso sbarbato; eppure, ha una voce da scaricatore di carbone, profonda. Tutte le volte che lo odo parlare, rimango leggermente sorpresa dalla figura che mi si presenta davanti. E’ un individuo curioso, è per questo che ha l’onore di lavorare per me: la sua presenza è impeccabile, rispettabile come ci si aspetti, eppure vedo nei suoi atteggiamenti, anche più banali, come servire il tè o aprirmi la porta della carrozza, qualcosa di misterioso, come se nascondesse una parte oscura e proibita, come se, oltre a quella sua maschera di cera perfettamente intatta, si celassero oscuri e interessanti fantasmi. Poggio le dita al mento e lo guardo divertita: vorrei aprire quel favoloso vaso di Pandora. D’altra parte, penso che anche lui nutra questo desiderio nei miei confronti: anche se, a differenza di altri che l’hanno brevemente preceduto, non ha mai mostrato nessun tipo di sentimento nei miei confronti, immagino che sia incuriosito da una donna come me, che indossa il panciotto e l’arroganza di un comune uomo borghese; e, detto tra noi, un po’ me ne compiaccio. Suscitare qualsiasi tipo di emozione in altri è già di per sé un segno di interessamento; ma poter vantarsi di sbigottire, sorprendere e far nutrire sentimenti di disprezzo è una caratteristica per cui mi complimento con me stessa.

Wymond interpreta correttamente il mio atteggiamento, e precede ogni mia possibile domanda.

<< La signorina Bailey la sta aspettando nelle sue stanze >>.

Sorrido e scatto in piedi. Lentamente mi dirigo nella camera da letto, e apro la porta con lentezza esasperante. La prima immagine che mi si presenta potrebbe benissimo appartenere ad un quadro; anzi, è quasi troppo perfetta per essere reale: in quell’ambiente ricercato, con pesanti tende e tappeti decorati minuziosamente, con la tappezzeria rossa alle pareti e il profumo di incenso che sostituisce l’ossigeno, sull’ampio letto a baldacchino, sommerso da cuscini orientali e lenzuola dai colori caldi e coinvolgenti, è stesa una donna che potrebbe a buon diritto essere considerata l’incarnazione di Afrodite. Gaila Bailey ha i capelli ramati che le incorniciano il viso, tripudio di pura armonia, e le scivolano sensualmente lungo la schiena; ha la pelle diafana e gli occhi castani, caldi, capaci di assoggettarti senza fatica grazie alla loro forma allungata. Contemplo il suo corpo nudo, nascosto senza vero impegno dalle lenzuola color cremisi; il suo seno pieno mi dà una scossa, e il suo sorriso consapevole mette a dura prova il mio autocontrollo.

<< So che apri la porta lentamente per alzare l’aspettativa, ma con me non serve, Haley. Io ti desidero immensamente anche solo grazie ad un tuo sguardo>>

La sua voce melodiosa e soffusa mi fa avvicinare. Mi seggo accanto a lei e le bacio una mano.

<< Sai che non mi piacciono i giochi troppo facili, honey>>.

A queste mie parole, lei prova a ritrarre la mano, ma senza convinzione, tanto che rimane sospesa tra le mie dita.

<< Sono un gioco per te?>>
Come risposta, mi alzo e sciolgo il colletto.

<< La vita è un gioco, honey>>.

Mi sdraio sopra di lei baciandola, e ogni tentativo di resistenza viene abbandonato, come polline al vento.

  
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