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Autore: alister_    14/07/2012    3 recensioni
Tre mesi passati lì dentro e quell'intrico di corridoi gli è ancora misterioso.
Eddy e la Zaibatsu.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eddy Gordo, Jin Kazama, Nina Williams
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The darkest side of Mishima Zaibatsu'
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N/A: Storia scritta per la community 500themes_ita con prompt 346. L'innocente non può durare e per la Tekken Challenge.
Lo stile è leggermente diverso dal solito, più frammentario e - per così dire - "sperimentale": mi sento di dedicare questa storia a V a l y, perché di solito apprezza queste mie sperimentazioni dai toni un po' dark xD
Pre Tekken 6, all'incirca.



[Set Marrone]
Labyrinth



Il ronzio fastidioso del sistema di areazione rimbalza nella sua testa come una cantilena senza senso che, lentamente, gli corrode le cellule nervose.

Un passo, due passi, tre passi.

Tre mesi passati lì dentro e quell'intrico di corridoi gli è ancora misterioso.

Scale, ascensori, porte su porte: continua a camminare per inerzia.

La luce al neon si spegne per un attimo, si riaccende subito dopo ronzando.

Ronzio su ronzio, cantilena su cantilena.

Dieci passi, undici passi, dodici passi. Svolta, apre una porta, si lascia cadere sulla poltrona di uno dei tanti uffici vuoti.

E' stanco di cercare.



Ha sparato ad un uomo, poi ad un altro, e a un altro ancora.

Ha messo la pistola in mano a soldati così giovani da non aver bisogno di radersi, e ha insegnato loro a premere il grilletto; gli ha mandati a morire e a devastare, ad assecondare i capricci di un padrone troppo giovane per avere senno.

Niente di tutto questo era nelle sue intenzioni. Voleva solo fare del bene.



Una mano fredda sulla fronte gli fa riaprire gli occhi, chissà dopo quanto tempo.

Se non li conoscesse troppo bene, forse si azzarderebbe a scorgere in quegli occhi color ghiaccio un briciolo di preoccupazione.

“Abbiamo una riunione, tra poco”.

Lo sa, non ha bisogno che gli venga ricordato. Annuisce in silenzio.

La mano scivola piano sulla sua spalla.

“Vieni, su”.



La segue senza dire una parola.

Il suo corpo snello, fasciato nel tailleur scuro, lo guida in quel labirinto, i suoi capelli biondi sono la luce che illumina la sua discesa nell'oscurità.

A volte vorrebbe prenderla e sbatterla contro una di quelle pareti, vedere la sua pelle chiara fare contrasto con la sua scura, sentire il suo gelo contro il suo calore ribollente, e penetrarla tanto forte da cancellarle quell'espressione indifferente dal viso. Chissà come reagirebbe, se lo facesse davvero.

Nina è un enigma che non riuscirà mai a sciogliere.



Ci sono momenti in cui sembra essere l'unica a comprenderlo, in quel castello di ordini e sangue.

Lo trapassa con lo sguardo e capisce, semplicemente, quanti pensieri ingarbugliati si nascondano dietro il suo viso.

“Un innocente non dura al lungo, qui dentro”, gli ha detto dopo la prima missione guidata da lui, trovandolo a fissare il pavimento degli spogliatoi con le mani ancora sporche di sangue a reggergli il capo

Il suo cinismo è l'unico conforto che abbia mai ricevuto da quando ha varcato le mura delle Zaibatsu.



Corridoi che si susseguono identici l'uno all'altro.

Dietro alle finestre, c'è un cielo grigio di nuvole pronte ad esplodere in un violento temporale.

E' sempre così: in tre mesi, non ha mai visto un raggio di sole a rischiarare le tenebre, né una goccia di pioggia a lavare via il sangue.

Con una tessera magnetica, Nina apre uno dei tanti ascensori.

“Hai una brutta faccia”, commenta, asettica, fissando il suo riflesso smunto nello specchio: occhiaie scure segnano gli occhi spenti, un'ombra di barba colora la sua mascella decisa.

Sì, ha un brutto aspetto. Lei, al contrario, è impeccabile come sempre, così terribilmente adatta alle mura tetre che la circondano.

“Dovresti dormire di più”, conclude, mentre le porte dell'ascensore si aprono.



Di notte, vede i visi che si celano sotto i caschi dei suoi soldati. Lui li conosce, quei volti; li ha visti distorti dalla paura, e ne ha dissipato i timori con discorsi pieni di false promesse e convinzioni ancor più fallaci, pronunciati da una voce che a stento ha riconosciuto come sua.

I loro occhi si svuotano, i loro corpi si accasciano a terra, e macchiano il pavimento di sangue, mentre lui cerca di tamponare le loro ferite con un panno bianco, ma sono troppi, ed è troppo tardi, così il panno non può far altro che diventare scarlatto.

E, ad un tratto, tra quei corpi riconosce quello ingobbito dagli anni del suo maestro, che rantola un addio a labbra socchiuse mentre lui cerca di scuoterlo.

“Perché?” chiede Christie imbronciando le labbra piene, sorta all'improvviso in quella distesa di corpi con il vestito bianco che usava dopo gli allenamenti.

Lui tende una mano per afferrarla, ma lei si volta in un frusciare di vesti, inghiottita dall'oscurità.

Resta Nina che gli sorride a labbra strette.

“L'innocente non può durare”.



No, a dormire non riesce.

Si chiede se loro riescano a scivolare tranquillamente nel sonno, la notte, lasciandosi alle spalle tutti i crimini commessi di giorno. E, se invece la loro anima è capace di provare rimorso almeno con il favore delle tenebre, quali sono i demoni che animano i loro incubi?

Jin espone i piani per i prossimi attacchi, Nina fa scorrere sul mega schermo slide di grafici e statistiche, diligente e precisa.

Discutono di un nuovo massacro come se stessero pianificando un'asta di beneficenza.

Le loro parole asettiche scivolano contro le sue orecchie senza che riesca a coglierne il senso.

Torna a sopraffarlo il ronzio del sistema d'areazione.



La riunione finisce com'è iniziata, sfuma in un mormorio di voci confuse.

Eddy si ferma sulla soglia della stanza, volta appena il capo all'indietro: Nina si attarda a parlare con Jin, una mano posata sul suo braccio e le labbra vicine al suo orecchio.

Sono di nuovo racchiusi nella loro bolla di intimità e complotti: a lui, estraneo, tocca un percorso a ritroso solitario e confuso.

Ascensore, corridoi, ronzio.

Oltre le finestre, oltre i cancelli, oltre i confini di quella Nazione, da qualche parte giacciono i resti della sua vecchia esistenza. Da qualche parte il suo maestro si spegne ogni giorno di più, consumato dalla malattia, da qualche parte Christie aspetta di giorno in giorno il suo ritorno.

Da qualche parte, là fuori.



“Domattina alle sei”.

Nina gli porge una tazza di caffè fumante, quasi a voler indorare la pillola: profuma di casa.

Siede accanto alla finestra, osserva il buio prendere il sopravvento sul grigiore pomeridiano. Nessun tramonto a sfumare i contorni di giorno e notte: nero oltre il vetro, nero nella sua tazza.

Sprofonda, prende un sorso.

“Pensi mai alle conseguenze delle tue azioni?”, chiede, mentre la bevanda calda allenta il nodo che porta in petto.

Lei inarca le sopracciglia chiare, per un attimo sembra vagamente divertita.

“No”, sentenzia, inespressiva.

Gli prende la tazza dalle mani, beve un sorso di caffè, anche se è nero e lei lo prende sempre con il latte – altri gesti inconsueti che fanno parte dell'enigma. Gliela restituisce con una traccia scarlatta di rossetto sul bordo immacolato.

“E non dovresti farlo neppure tu”.



Domattina alle sei.

Che cosa, non lo sa; dove, neppure. Sa solo che dovrà alzarsi, vestirsi, seguire le direttive di Jin, guidare qualche operazione militare, vedere gente morire e sporcarsi le mani di altro sangue.

Si alza, esce dalla sua stanza.

Con il favore delle tenebre, i corridoi sono anche più spettrali.

Il condotto d'areazione ronza.

Non ricorda altro suono, ormai. C'è mai stato il cinguettio di un uccellino, sui davanzali scarni di quel grattacielo? E' mai risuonata una melodia tra quelle stanze vuote?

I ritmi colorati del suo paese sono una sequenza di note sbiadite tra i suoi ricordi confusi.

Gira l'angolo, e c'è un altro corridoio.

Venti passi, ventidue passi, venticinque passi.

E' uno spettro che vaga nel maniero tra le stanze della fortezza che lo imprigiona. Ha fatto un patto con il diavolo, e ora non può più scioglierlo, perché non si può cancellare il sangue.



L'ascensore lo riporta all'ultimo piano.

Mormorii concitati provengono dall'ufficio di Jin: attraverso la porta socchiusa, vede Nina seduta sul bordo della scrivania, a studiare con lui alcune carte.

Non è lì ciò che cerca.

Di nuovo, il percorso a ritroso, una buia discesa in ascensore fino a un piano scelto premendo a caso uno dei pulsanti.

La luce al neon traballa, crea giochi di luci ed ombre davanti ai suoi occhi arrossati.

Scuote la testa e continua a vagare, ignorando la stanchezza.

E' così faticosa, la sua ricerca.

Eppure ne è certo: la sua umanità l'ha smarrita proprio in quel labirinto di corridoi.

Così continua a cercare, chiedendosi se, quando troverà l'uscita, ci sarà qualcuno ad aspettarlo fuori.




   
 
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