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Autore: Lilyth    14/07/2012    2 recensioni
Il giorno del 17esimo anno è un giorno, importante, forse più del 18esimo;
ognuno di noi ne conserva anche solo un piccolo ricordo dentro al suo cuore; ci si diverte, si cresce, si cambia.
Per Smile, però, questo cambiamento è molto lontano da quello meramente numerico.
Lo scontro con una realtà in parte meravigliosa ed imprevedibile, in parte dura e difficile da accettare accompagneranno la nostra protagonista in un viaggio dentro il suo vero essere per aiutare una stirpe a lei estranea di cui non sapeva di far parte.
Scrivere questa storia all'inizio è stato un gioco, un gioco che piano, piano iniziava ad avere una forma ben definita.
Mi ha emozionato e spero emozioni anche i lettori.
Lo so, sono solo una ragazza di 17 anni, ed è difficile credere che in così tenera età si possa arrivare a metter su un racconto di rilievo.
Però, datemi fiducia.
Buona lettura.
Lilyth.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eternity'
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Odiavo non sapere dov’era, odiavo essere impotente, odiavo il fatto che mi avessero rimosso dall’incarico, odiavo tutto.
Ed erano già quasi tre settimane che non sapevo che fine avesse fatto.
Avevo paura, non lo dicevo in giro, ma cavolo se avevo paura...avevo paura di non vederla mai più, di dovermi rimproverare per sempre di non averla protetta abbastanza.
Con Monica non parlavo quasi per niente, forse per colpa di quella mia reazione contro quel cretino di suo fratello.
Laby e Kay...niente, come se non mi conoscessero.
Ma qui i problemi erano altri, il problema era trovarla e salvarla (se era ancora viva).
Lo stomaco mi strinse in una morsa.
Quel pensiero mi tormentava, se ne andava e poi tornava insidioso nella mia mente malata.
Ancora vedevo lo sguardo di suo padre nei miei occhi, quello sguardo che mi chiedeva perché, perché proprio la sua bambina, l’unica ragione della sua vita.
Mi odiavo, mi odiavo anche per questo.
Quel giorno avevo preso coscienza di quanto facessi schifo, quanto facessi profondamente schifo.
Aveva  (forse)  fatto bene Adam a mandare me a comunicare a quel povero padre perché sua figlia non era a casa e perché non avrebbe dovuto chiamare la polizia.
Ancora vedevo l’incredulità, poi l’incertezza e la paura farsi strada in quel viso stanco e quasi invecchiato di colpo.
La cosa per cui stavo più male però era stata l’umanità di quel padre che nonostante quella notizia di merda, nonostante avesse davanti quello che aveva toppato, che aveva aiutato i Bruni a rapire sua figlia, si era preoccupato di come stavo...di come stavo io...
Mi girai verso il muro e scaricai un destro sulla parete facendomi un male cane.
< non serve prendere a pugni il muro, non è così che la ritroveremo... >
mi voltai verso la porta, era Monica, non risposi
< Alex so che ti senti colpevole ma, infondo, è un po’ colpa di tutti noi...non era solo tuo questo compito... >
abbassai lo sguardo
< sì...ma io... >
Mi si avvicinò poggiandomi una mano su una spalla, non meritavo quella solidarietà
< io... >
Alzai gli occhi ed incontrai i suoi. No, non mi vergognavo di piangere, per quanto in passato potessi pensare che fosse solo un’umiliazione; non mi vergognavo di versare quelle lacrime, quelle lacrime per lei.
< ...tu sei innamorato di lei, lo so. >
Mi allontanai da lei, sedendomi sul letto, feci sprofondare la testa tra le mani lasciando che le lacrime mi scivolassero lungo il naso.
Urlai, urlai con tutto il fiato che avevo in gola, tra i singhiozzi
< è una merda! È tutto una merda! >
Mi si sedette vicino senza toccarmi, gli fui grato per questo
< anche questa passerà e forse un giorno sarà solo un ricordo...per ora, non perdiamo le speranze. Lei è li, da qualche parte e aspetta noi. >
   
 
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