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Autore: rekichan    29/01/2007    2 recensioni
«Mamma cos’è quello?»
«Una tazza di latte e zucchero.»
«Posso assaggiare?»
«No, piccola. Tu devi bere il latte e zucchero che ti porterà il ragazzo con cui passerai il resto della tua vita.»
«E come farò a riconoscerlo?»
«Se è la persona giusta, ti porterà una tazza di latte e zucchero.»
Una settimana dopo, Hitomi Hyuuga morì. [Come non detto, inserite coppie shounen ai]
Genere: Romantico, Commedia, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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I denti del pettine scivolarono tra i capelli appena lavati e profumati di pesca.

La ragazza sorrise allo specchio, fissando la propria immagine riflessa con soddisfazione.

Morbidi e soffici fili rosati incorniciavano il volto sottile e ben delineato, su cui facevano bella mostra, sopra un elegante nasino, due grandi occhi color prato.

Tirò sulla nuca la fascia blu scura, intonata all’uniforme che fasciava il corpo snello, forse con qualche curvetta di troppo sui fianchi, croce eterna della ragazza, in modo da scansare le ciocche più corte dal volto.

Osservò pensierosa le pieghe della gonna, assicurandosi che non la ingrossassero troppo.

Speranza vana.

Non era grassa, ma quella gonna, nella sua mente, la faceva apparire una balena!

Sbuffando, uscì dal bagno, percorse la strada che la portava all’ingresso e, messe le scarpe in una busta, infilò i piccoli piedi nella rigida struttura dei rollerblade.

Il tempo di assicurarli attorno ai polpacci e Sakura Haruno, diciassette anni a breve, frequentante il secondo anno del liceo Shitou, sfrecciava lungo il viale, inspirando a fondo l’aria frizzantina.

Le piaceva alzarsi presto e fare sui pattini la lunga strada per andare a scuola.

Il pattinaggio era una delle sue grandi passioni e quel piccolo esercizio mattutino l’aiutava a tenersi in forma.

Destro, sinistro…dava la sensazione di scivolare sulla superficie impalpabile dell’aria.

Socchiuse gli occhi.

Qualche secondo di distrazione, ma bastò perché qualcuno l’afferrasse per la vita, facendola roteare in aria.

«Sasuke-kun!» strillò, serrando le mani sulle spalle del ragazzo «Teme! Mettimi giù!»

Con un sorriso, l’Uchiha posò la fanciulla a terra.

Quando la vedeva sfrecciare così sicura e decisa sui pattini non riusciva a resistere alla tentazione di afferrarla.

Era più forte di lui, le sembrava di catturare il vento.

E Sakura era vento quando pattinava; aria fresca che profumava di rosata pesca.

Frutto di cui aveva l’odore e il sapore.

Ghignò al tentativo di Sakura di fingersi arrabbiata.

I suoi occhi verdi ridevano, tradendo l’espressione forzata del viso.

Alla fine, si lasciò andare ad un sorriso.

Elementari, medie, superiori…avevano frequentato tutte le scuole assieme e la passione per il pattinaggio aveva reso il loro rapporto più profondo che mai.

Conosceva il moro da sempre, ed era abituata alle piccole manie di Sasuke.

Come quella di prendere una ciocca rosata tra le dita e portarsela al viso per assaporare l’odore dello shampoo.

«Ti sei lavata i capelli.» sorrise; le labbra pallide si posarono sui morbidi capelli «Hai un buon odore.»

E come sempre, Sakura arrossì.

Sasuke, Sasuke, Sasuke.

Sempre il solito.

Non sarebbe cambiato mai.

Lasciò scivolare la ciocca dalle dita, aggiustandole la fascia per capelli.

Anche quei piccoli gesti facevano parte della loro quotidianità.

Sakura sapeva quando Sasuke desse importanza alla cura del corpo e della persona.

Odiava la trasandatezza e, per questo, la ragazza si era sempre impegnata ad essere sempre in ordine per piacergli.

«Pesca.» svelò l’odore dello shampoo.

«Intuivo. Andiamo?»

Il braccio del ragazzo si piegò verso di lei, offrendole appoggio.

Sakura lo strinse e, insieme, pattinarono fino alla scuola.

Hinata si tolse rapidamente i pattini, infilandoli nell’armadietto.

Indossate le scarpette in stoffa da portare a scuola, scattò in piedi, correndo disperatamente verso la propria classe.

Era in ritardo.

Non aveva sentito la sveglia e sua sorella Hanabi era uscita senza svegliarla.

E fare tardi il secondo giorno, non era proprio il massimo per iniziare una carriera scolastica.

Era quasi arrivata in classe ma, come spesso accade quando si ha fretta, intervenne un elemento esterno ad accentuare il ritardo.

L’imprevisto del giorno, vestiva i panni di Naruto Uzumaki.

Il ragazzo si era alzato puntuale, per una volta.

Mezzo addormentato, aveva inghiottito di malavoglia il pane tostato e il latte preparatogli dalla madre.

Si era fatto una doccia e aveva indossato l’uniforme.

Sembrava che, per una volta, dovesse arrivare puntuale, ma la sua ambizione di raggiungere Sasuke e Sakura sui pattini lo aveva danneggiato.

I due ragazzi abitavano nella zona “in” di Tokyo, in un lungo viale costeggiato da ville tradizionali.

Per raggiungerlo, Naruto doveva percorrere una discreta quantità di strada dalla zona residenziale in cui risiedeva.

Aveva quindi cercato una scorciatoia, ma si era perso tra i vicoli della città.

Di conseguenza, la puntualità era diventata ancora una volta un optional irrilevante.

Arrivato a scuola poco prima del suono della campanella, si stava affrettando a raggiungere la propria classe, la 2° C, quando avvenne il suo scontro-incontro con Hinata.

«Uzumaki-sempai! Mi scusi!» mormorò la ragazza, mortificata.

Il piccolo viso era stato prontamente abbassato, seguito da un inchino fatto più per nascondere il rossore che per altro.

Ci mancava solo quella!

Serrò gli occhi cerulei, profondamente costernata dall’incidente.

Nell’aria, un odore che non riusciva a definire.

Aroma di latte.

«Eh? Ah, tu sei la matricola di ieri! Hinata, giusto?»

La fanciulla alzò lo sguardo, incredula.

Non pensava che si ricordasse il suo nome.

Per rammentare il nome di qualcuno, bisogna ritenerlo quanto meno interessante.

Lei era così…banale.

Annuì debolmente, curandosi di tenere sempre lo sguardo chino.

«Se non sbaglio ti avevo detto di chiamarmi Naruto! E non tenere la testa bassa! Sei una ragazza troppo carina per nasconderti!»

L’Uzumaki sorrise, incurante del rossore che affiorava sempre più sul volto della giovane.

Gli occhi color cielo del biondo ispiravano serenità, sicurezza.

Hinata non poté fare a meno di sorridere a sua volta.

Era contagioso con quella sua allegria spontanea.

Eppure…c’era qualcosa che la oscurava.

Ma troppo poco lo conosceva, ancora, per poter trarre delle conclusioni.

«V…va bene, Naruto-sempai.»

La mano ambrata del biondino strofinò appena i fili corvini della ragazza, con fare rassicurante.

Era così carina con quella timidezza che le ingentiliva il fisico minuto, donandole un aspetto ancora più fragile di quanto non facesse l’ossatura sottile e la pelle eterea.

«Uzumaki!»

Una voce bassa e profonda interruppe l’idillio tra i due ragazzi.

Figura alta e slanciata, fisico asciutto e gli occhi scuri che lanciavano lampi da dietro le lenti sottili, Sasuke, tenendo in mano un numero non indifferente di fotocopie, procedeva irritato verso di loro.

«Sasuke-chan!»

Naruto fece per saltare al collo del ragazzo, che si scansò in tempo, rendendo vano l’assalto portato dal biondino.

«Uzumaki fila in classe. Le lezioni sono cominciate da dieci minuti.» Lo sguardo serio si spostò poi sulla ragazza che si teneva in disparte. «Lo stesso vale per te. Di che classe sei?»

«P…prima C.» balbettò.

«Mh…sei la cugina dello Hyuuga?»

Hinata annuì.

«Vieni. Uzumaki, in classe. Ora!»

Naruto sbuffò, poi si allontanò con un cenno della mano.

«A presto Hinata-san!»

«C…ciao Naruto-sempai.»

Rimasero soli.

Hinata ebbe improvvisamente freddo.

Gli occhi di Sasuke erano scuri, profondi.

Due pezzi di buio che ti scrutavano, sviscerando ogni tuo più intimo segreto.

Notte nascosta dietro quegli occhiali sottili che il ragazzo frapponeva tra sé e il mondo, rendendosi ancora più distaccato.

La intimoriva.

Così diverso da Naruto, il cui sorriso scaldava il cuore, l’Uchiha sembrava fatto di uno strano ghiaccio che alternava il bianco della neve con il nero della pece.

Ma faceva lo stesso tanto freddo.

«Motivo del ritardo?»

«Io…non ho sentito la sveglia…»

Le iridi scure si proiettarono verso il soffitto, esasperate.

Un breve cenno con la mano, segno che voleva essere seguito, poi la guidò verso la 1° C.

La lezione era, ovviamente, già iniziata.

Tutta la classe presente, solo il suo banco era vuoto.

Hinata entrò a capo chino, il volto rosso.

Lo sguardo della professoressa di giapponese si spostò da Sasuke a lei, per poi soffermarsi nuovamente sul ragazzo.

Yuhi Kurenai tradiva caratterialmente il suo aspetto.

Era una bella donna, dagli occhi color mogano e una fluente chioma corvina.

Un tailleur bordeaux con scollatura generosa le fasciava il corpo prosperoso e ben fatto.

Tutto in lei ispirava femminilità e finezza, perfino malizia.

Ma il volto, su cui faceva appena la sua comparsa un sottile velo di trucco, era severo e non tollerava facilmente i ritardi.

«Hyuuga, siediti. Uchiha, cosa ti serve?»

«Nulla, sono solo venuto ad accompagnare Hyuuga e a scusarmi. Ha dovuto aiutarmi a fare alcune fotocopie per il club di pattinaggio e l’ho fatta ritardare.»

Dal posto, Hinata sgranò gli occhi.

Mai si sarebbe aspettata un’affermazione simile e l’incredulità sconvolgeva il suo viso minuto, incerta non tanto su cosa il ragazzo aveva fatto, bensì sul perché.

«E’ vero, Hyuuga?»

Si riscosse.

Per un attimo incrociò lo sguardo di Sasuke senza proferir parola, quasi a ricercare la conferma della risposta che doveva dare.

Iridi fredde e severe.

Glaciali.

«Sì. Mi scusi professoressa.»

Solo quando ebbe risposto, il ragazzo distolse gli occhi scrutatori da lei.

E mentre se ne andava, Hinata comprese una cosa.

Come il ghiaccio su cui pattinava, Sasuke mostrava solo la superficie dura e compatta.

Ma sotto quella superficie, c’era l’acqua.

«Sasuke-chan!»

Sasuke Uchiha alzò gli occhi al cielo, quando il suo nome rimbombò per la mensa, accompagnato da quel ridicolo suffisso.

Il diciassettenne biondo lo raggiunse in men che non si dica, il cibo traballava sul vassoio.

La figura slanciata e sorridente di Naruto lo fissava gioiosa; una soddisfazione non indifferente splendeva negli occhi color cielo.

«Cosa vuoi, Uzumaki?»

Se Sasuke, nel corso di quella mattinata, avesse avuto qualche sprazzo di buon umore, la presenza del biondo glielo avrebbe fatto perdere del tutto.

La sua semplice esistenza lo infastidiva. Odiava averlo di fronte, detestava vedere i suoi occhi, i suoi capelli, il suo sorriso…

Tutti tratti che richiamavano l’uomo che lo aveva concepito, dannando l’esistenza di Sasuke e della sua famiglia.

«Mangiamo insieme oggi?»

Era un mese, da quando era iniziata la scuola, che chiedeva all’Uchiha di pranzare assieme, di tornare a casa con lui, di insegnargli a pattinare.

Speranzoso.

Ma la speranza, a scapito del proverbio, è molto facile da uccidere.

Basta una parola.

«No.»

Naruto abbassò lo sguardo.

Sin da piccolo, aveva tentato di avvicinarsi al moro, ma questi lo aveva sempre rifiutato.

Non solo non aveva potuto mai occupare il ruolo che desiderava nel cuore di Sasuke, ma non veniva accettato neanche come amico.

Era Sakura ad impedire che l’Uchiha prendesse a male parole il biondino.

Sakura era stata compagna di classe di Naruto sin dalle elementari.

Da piccoli, loro tre giocavano assieme e la ragazza riusciva, sfruttando l’affetto che il moro provava per lei, a far andare d’accordo i suoi amici, ma l’Uchiha non risparmiava neanche allora le battute velenose e cattive, come solo i bambini sanno fare.

E quando questo succedeva, Naruto gonfiava le guance e sbuffava, poi faceva lo spaccone e lo provocava, o tentava di mostrargli un’indifferenza palesemente forzata.

«Beh, tanto non mi andava di mangiare con te! Era solo perché mi fai pena sempre da solo!»

E ancora una volta se ne andò ferito e col cuore sanguinante, ma il sorriso sempre sulle labbra.

In fondo qualcuno aveva detto: “si ride per non piangere”.

Ma erano lacrime quelle che scivolavano lente sulle gote del ragazzo perdendosi tra le labbra morbide che, imperterrite, continuavano a sorridere.

«Hinata-chan, hai deciso a quale club iscriverti?»

La piccola Hyuuga annu’, mordendo con gusto il proprio onigiri.

Qualche chicco di riso le cadde sul bavero della divisa.

Li scansò con un gesto aggraziato, fissando con un sorriso l’amica nei grandi occhi castani.

Era passato un mese dall’inizio della scuola e Tenten, con la sua allegria, era riuscita a stringere un sottile rapporto con la taciturna Hinata.

Era carina, Tenten.

Molto alta per essere una ragazza di sedici anni, il corpo tonico e svettante risultava aggraziato nei movimenti grazie ai duri allenamenti di ginnastica artistica a cui, a volte, si univa anche Hinata.

Solitamente portava i lunghi capelli castani stretti in due crocchie ai lati della testa e gli occhi nocciola, luminosi e vivaci, si posavano frequentemente con aria da sognatrice sul cugino della Hyuuga.

«Quale?»

domandò, scansando le verdure dal riso con le bacchette.

«Pattinaggio artistico.»

Tenten la fissò stralunata.

«Pattinaggio?»

«Mhmh.»

«TI piace l’Uchiha, per caso?»

Stavolta toccò ad Hinata sconcertarsi.

«Cosa c’entra, questo?»

«Beh, è lui il presidente del club. Pensavo che…ma non importa! Lui e l’Haruno fanno coppia da quando sono alle medie nelle gare scolastiche! Hanno vinto anche dei premi a livello nazionale. Stanno sempre insieme, pensa che…»

Tenten si guardò intorno, furtiva, facendo cenno all’amica di avvicinarsi.

Quando il suo orecchio a portata di mano, vi sussurrò:

«…si dice che l’Haruno e l’Uchiha…l’abbiano fatto!»

Purpureo rossore colorò le guance di Hinata.

Sebbene adesso i giovani fossero molto più emancipati sessualmente, rispetto agli anni precedenti, perdere la verginità fuori dalle nozze era considerato tutt’ora un disonore.

Specie nelle classi più agiate, dove ancora era in uso il matrimonio combinato, i genitori sorvegliavano attentamente i figli.

E sia gli Haruno che gli Uchiha, come anche gli Hyuug, erano famiglie dai costumi antichi e severi.

Il più grande timore di Hinata era sempre stato di non trovare il suo latte e zucchero e di essere costretta a sposare qualcuno scelto da suo padre.

Ma era ancora giovane e, nell’età dell’adolescenza, i pensieri vanno e vengono lasciando solo strascichi di vane preoccupazioni.

Pertanto, le due ragazze continuarono a ridere e a scherzare fino a quando, terminato il pranzo, non fu per Hinata il momento di consegnare il modulo d’iscrizione.

E questo significava trovarsi faccia a faccia con la persona che più la intimoriva della scuola.

Sasuke Uchiha.

   
 
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