22
Il giorno seguente non osai
alzarmi dal letto. Mi sentivo come se tutto mi fosse improvvisamente crollato
addosso, come se tutta la mia vita fosse appena terminata e io dovessi
ricominciare tutto da capo.
E io sapevo che non ce
l’avrei fatta.
Eppure dovevo reagire, poiché
non potevo abbandonare i Faithless ora che la data del nostro primo favoloso
concerto si avvicinava. Avremmo suonato con i Metallica e questo doveva bastare
per darmi la spinta necessaria a scuotermi da quell’agonia.
Avevo baciato Matt.
Era inutile negarlo, dire che
lui aveva baciato me e io ero stata impassibile. Non era vero. Avevo
ricambiato, lo avevo voluto e non riuscivo a pentirmene, nonostante i sensi di
colpa nei confronti di Michele crescessero inesorabilmente. Cosa dovevo fare?
Come avrei potuto guardare nuovamente il bassista negli occhi senza sentirmi
morire? Come avrei potuto continuare a vedere Matt senza rivivere all’infinito
il nostro contatto all’Hard Rock Cafe?
Era paradossale. Avrei dovuto
saperlo, avrei dovuto dire al mio amico che non sarei uscita con lui, avrei
dovuto evitare che si avvicinasse troppo, avrei…
Ma ormai era tardi per
parlare al condizionale, ormai il peggio era successo e io dovevo assolutamente
capire perché. Cosa mi aveva spinto
tra le braccia del chitarrista? Non c’era sicuramente amore tra noi, almeno non
da parte mia. Era fuori questione. Io amavo Michele.
Ma se fosse stato vero, non
avrei mai permesso a Matt di farmi girare la testa con quel bacio.
Ma io non lo amavo.
Mi ero soltanto sentita
attratta, trascinata, forse a causa del momento, del luogo, delle luci, della
musica.
Sì, doveva essere quello il
motivo.
Eppure, più cercavo di
scacciare quei pensieri, più desideravo che Matt mi stringesse a sé, che le sue
labbra tornassero sulle mie, che…
Inorridii e mi misi a sedere,
mentre il mio cellulare prendeva a squillare dentro la borsa.
Borbottando un’imprecazione,
lo racattai e risposi senza guardare chi fosse.
“Pronto?”
Silenzio.
“Pronto?” gridai,
spazientita.
Ancora nessuna risposta.
Mi portai il display davanti
agli occhi e rimasi immobile a fissare le quattro lettere che componevano il
nome del mittente della chiamata. Feci per premere il tasto rosso del telefono,
poi mi fermai.
“Liz” mormorò Matt.
Mi portai l’apparecchio
all’orecchio e il cuore prese a battermi forte nel petto.
“Liz, so che forse è…
inopportuno chiamarti, ma volevo…” S’interruppe.
Il mio cuore pregò che
proseguisse, che la sua voce lo facesse battere ancora più freneticamente,
mentre il mio cervello ordinava con decisione che dovevo sbattergli il telefono
in faccia.
“Matt” sussurrai, affranta,
mentre le lacrime spingevano per riversarsi sul mio viso.
“Mi dispiace” disse.
“Non mentire” lo pregai.
“Non mento. Mi dispiace di
aver tradito un amico come Mick e di aver rovinato tutto con te. La verità è
che non riesco ad esserti soltanto amico. Ieri ho perso la ragione.”
Assorbii quelle parole e mi ritrovai
a sorridere.
Poi scoppiai a piangere.
Ero confusa, tremendamente
confusa. Possibile che da quando lo conoscevo, non avessi mai pensato che Matt
potesse rappresentare qualcosa di più per me? Possibile che non mi fossi mai
accorta di quanto tenessi a lui? Ci tenevo così tanto che non riuscii ad arrabbiarmi
con lui.
“Capisco.”
“Non piangere, Liz… ti
prego.”
“N-non… ci riesc-co”
balbettai tra i singhiozzi.
Matt sospirò.
Avrei voluto che mi
abbracciasse e mi rassicurasse. Lo avrei voluto davvero.
Stavo deliberatamente
tradendo il mio ragazzo, fisicamente e mentalmente. Non dovevo farlo. Non
potevo.
Tutto per colpa di un bacio.
No, non avrei gettato
all’aria la relazione con Michele per questo.
“Matt, è meglio se non
parliamo per un po’.”
“Va bene.”
Rimasi in silenzio. Sapevo
che non aspirava a perdermi, però non aveva altre alternative.
“Liz, non dirò niente a
Michele.”
“Nemmeno io.”
Non seppi più cosa dire e
nemmeno lui.
Trascorsero almeno due minuti
prima che uno dei due decidesse di parlare.
“Ti desidero da morire, Matt”
dissi, ricominciando a piangere.
Era vero.
Lo desideravo, ma avrei
represso, avrei dimenticato, avrei scacciato quei sentimenti così sbagliati e
orridi nei confronti di Matt.
“Oh, Liz.”
“Dimentichiamo tutto”
proposi.
“Almeno proviamoci” mi
corresse.
“Sì.”
“Ciao Liz.”
“C-ciao.”
Matt riagganciò.
Dopodiché spensi il
cellulare, chiusi a chiave la porta della camera e mi infilai le cuffie del
lettore mp3, accucciandomi sotto le coperte.
Volevo rimanere sola, sola
con il mio dolore, sola con il mio desiderio, sola con un miliardo di sensi di
colpa.