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Autore: Lilyth    15/07/2012    2 recensioni
Avere diciasette anni è difficile per tutti, gli ormoni danno alla testa e la vita sembra volerti solo prendere violentemente a calci.
Gipsy non è una comune adolescente; una nonna che sembra un generale, due gemelli tremendi, una madre svampita e un padre che sembra estraneo alla sua situazione familiare.
La vita di una strega non è facile, soprattutto se un giovane mago del 700 fa capolino nella confusione più totale.
è una storia che sta ancora prendendo forma, vediamo un po'.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Anche quella mattina arrivai puntualissima, diciamo che d’improvviso mi ritrovai alle spalle della mia migliore amica proprio al suono della campanella.
< Gi che ci fai qui? Non ti avevo vista arrivare. >
Capitava sempre
< ma come non mi hai visto arrivare, ma se abbiamo parlato anche di quello del quarto per cui hai perso la testa. >
Divenne tutta rossa e abbassò lo sguardo
< ti pregherei di non urlare, non è che a tutta scuola interessa è! >
Alzai le spalle ridacchiando
< o scusa, pensavo che già dal modo in cui lo guardi almeno la metà degli alunni dell’ala est avessero captato qualcosa. >
Senti un braccio avvolgermi le spalle
< di chi parlate donzelle? Forse del “Grande, Grande, Grande” amore di Lella? >
Lella tirò fuori uno sguardo assassino e punto i suoi occhi in quelli di Francesco Lori, uno dei pochi con cui riuscivo ad andare d’accordo senza volerlo uccidere un’ora sì e l’altra pure.
< Chicco! Piantala! Non è colpa sua se è basso! >
Ci scambiammo due sguardi complici che la mandarono su tutte le furie, girò sui tacchi e corse via furente per le scale.
< Gi pensi che abbiamo esagerato? >
Tipica domanda di routine
< no...perchè dici questo? >
Scoppio a ridere e mi spinse fino alla rampa di scale.
Novembre era uno dei mesi che odiavo, tutti i professori decidevano che era ora di infilare tre o quattro compiti in classe a materia negli stessi giorni con la scusa che da li a poco sarebbe arrivato Dicembre con le relative vacanze di Natale.
Quel giorno, oltre alle solite pallose sei ore di lezione, avevamo compito in classe di Inglese, Latino e Matematica; e pensare che fino a poco tempo fa ero convinta che fosse illegale mettere più di un compito in classe nello stesso giorno.
Buttai lo zaino a terra e mi sedetti di peso vicino ad una Lella alquanto irritata ma che da li a poco avrebbe ricominciato a parlare del “nano del quarto” senza crearsi alcun problema.
Che giornate che vivevo a scuola! Impossibilitata a sfruttare al meglio i miei poteri, costretta a stare attenta e ad andare bene...ok, non che non usassi proprio i poteri è, sia ben chiaro, ma non potevo usarli come volevo io e questo perché?!?
Ecco una cosa che non avevo ancora detto, come dimenticare che sono controllata ventiquattr’ore su ventiquattro dal caro Michele.
Chi è Michele?
Bene, lo spiegherò subito. È di uso tra noi esserini speciali avere qualcuno che ti controlla almeno nei primi anni di utilizzo dei poteri, ebbene, Michele è il mio grande controllore; grande è un po’ una parola grossa dal momento che ha solo 3 anni più di me, però beh, è abbastanza grande da fare il despota.
L’unica cosa che remava a mio favore era che il caro Lele non era più in edificio scolastico da ormai un anno, ciò però non toglieva il fatto che appena sentiva aria di magia compariva come se niente fosse per farmi una paternale che non finiva più. C’era amore e odio tra di noi (e quando dico amore non intendo attrazione fisica o quant’altro, sia ben chiaro) e forse sì, quando tra ben 2 anni sarei riuscita a diventare indipendente mi sarebbe mancato, ovviamente non glielo avrei mai detto però.
< Gi ci sei? Guarda che la prof è entrata in classe da mezz’ora. >
Mi risvegliai dai miei pensieri e guardai il foglio del compito davanti a me.
Ok, mancava mezz’ora ed io non avevo neanche letto le domande, questa volta Lele mi avrebbe perdonata (o almeno sperai che l’avrebbe fatto).
Pochi secondi e sul foglio iniziarono ad apparire le risposte alle domande poste dalla cara prof di inglese, che, come al solito, non si sarebbe mai accorta di niente.
Consegnai per prima, stupendo Lella ma non Chicco.
< tu devi spiegarmi come fai? >
Neanche a ricreazione potevo stare rilassata, dovevo sempre rispondere a domande ambigue
< come faccio a fare cosa? >
< ma come a fare cosa? Sei stata per la prima mezz’ora a guardare per aria e nell’ultima mezz’ora non solo hai finito il compito, ma hai anche consegnato per prima! >
Chicco si avvicinò sornione
< ancora queste domande Lella? Ancora non hai capito che la nostra Gi qui presente è un piccolo genio? >
Dal silenzio improvviso che si creò attorno a noi dedussi che era arrivato, infondo lo stavo aspettando; quanto ci godeva a fare il piacione!
< eccola, la donna più intelligente della terra! Vieni un po’ qui con me così possiamo parlare un po’ di come intendi combattere il buco nell’ozono... >
Venni praticamente rapita sotto gli occhi dell’intero corridoio.
Praticamente mi lanciò nel magazzino del bidello e si richiuse la porta alle spalle
< allora? Com’è andato il compito di inglese Gip? Tutto bene? >
Prima cosa, era l’unico e dico l’unico a chiamarmi Gip, il che mi dava veramente ai nervi (e lui lo sapeva bene)
Seconda cosa, il suo sarcasmo faceva vomitare
< o sì, è andato molto bene! Avevo studiato molto per prepararmi al compito. >
Mi guardò con aria riprovevole
< mi stai prendendo in giro? >
Annuii
< sì, come sei perspicace! >
< quante volte ti ho già detto che non puoi usare i tuoi poteri come se nulla fosse e per futilità del genere? >
< la mia media in inglese sarebbe una futilità? >
Mi prese per le spalle e mi scosse violentemente
< Gip piantala di fare la ragazzina! Mi hai capito benissimo! Non voglio più tornare sull’argomento! >
< va bene, va bene, hai ragione tu anche questa volta. Potrai mai perdonarmi o caro Lele? >
Aprì la porta del ripostiglio ed uscì scuotendo la folta chioma bronzea.
< potresti evitare di venire qui e fare il figo? È un atteggiamento che non sopporto! >
Si girò con un ghigno
< piantala miss “non mi scompongo” rosichi solo perché tu non fai quest’effetto in giro. >
Alzai un sopracciglio
< sinceramente non mi serve, chi è veramente interessato a me lo sarà senza che io vada in giro a sventolare la mia bellezza. >
< sei spudoratamente non modesta! >
Una ragazza gli passo davanti sorridendo, lui la guardò non curante, ma quello sguardo provocò in lei un rossore da far paura; inizio a confabulare con l’amica vicino a lei guardandolo a intermittenza.
< allora, te ne vuoi andare o no? La ramanzina me l’hai fatta, ora puoi abbandonare il campo di battaglia. >
Mi si avvicinò sornione
< ti da solo fastidio non potermi avere tutto per te, dico bene? >
Lo allontanai con una mano
< Lele, vai via. Ci vediamo fuori di qui. >
< certo,soli soletti. >
Mi diede un pizzicotto sul collo e scomparve così com’era arrivato.
 
Anche questa volta mi aveva fatto perdere l’intera ricreazione, e all’ora dopo avevo compito di Latino e l’ora dopo ancora compito di matematica.
Volevo morire!
Incontrai Chicco e Lella in corridoio, mi guardarono entrambi in modo ambiguo, come facevano ogni volta che Lele compariva e mi rapiva per tutti e 20 i minuti della ricreazione.
< allora, che hai fatto tutto questo tempo? >
scossi la testa
< niente chicco, niente. >
Lella indicò il mio collo
< che hai qua? Sembra quasi... >
< sì, un pizzicotto di Michele, se n’è andato qualche minuto fa. >
Mi guardò impaziente
< quand’è che mi dirai la verità su quel Michele? Ti sta troppo intorno per essere solo un grande amico d’infanzia... >
O certo, e come spiegarle che era il mio controllore ufficiale, che io ero una strega  e lui uno stregone?
Il solo pensiero era pura follia.
< senti, lui è ciò che ti ho sempre detto. Ora andiamo che abbiamo compito di latino. >
Chicco alzò un sopracciglio
< ma come non lo sai? >
che dovevo sapere? Un’altra novità a turbare quella giornata del cavolo?
< il prof non c’è e noi stiamo per uscire, saltiamo anche matematica. >
Ok, non era una giornata del cavolo, era la più bella giornata della mia vita!
Li abbracciai entrambi
< o gente! Come sono felice! >
Preparammo lo zaino e uscimmo di tutta fretta.
Quel giorno non avevo proprio nulla da fare, me lo sarei goduto dall’inizio alla fine.
Lella volle aspettare le 14 per vedere uscire il “nano del quarto”, Chicco rimase con lei per farle compagnia ed io iniziai a saltellare per tutto il percorso scuola-casa.
Ero quasi arrivata, mancavano giusto due isolati quando davanti a me comparve (e per comparve intendo proprio di botto) un tizio alto due metri.
Non riuscii a fermarmi, gli caddi praticamente addosso trasciandolo a terra.
Mi rialzai alla svelta pulendomi i jeans
< scusa, guarda un po’ dove compari! C’è gente normale che cammina in giro! >
Il tizio mi guardò stranito
< scusa, che hai detto? >
Lo inquadrai, ma come cristo era vestito?
Oltre ad avere uno stile prettamente settecentesco indossava una maschera e un cappello stile veneziano d’altri tempi.
< senti Casanova, ok, hai poteri magici e ci siamo capiti. Ma qui non puoi comparire per strada come se niente fosse, per fortuna hai incontrato solo me! >
Si alzò da terra, mi prese una mano ed inchinandosi mi fece un baciamano
< felice donzella, son Sir Simon Del Vecchi, per servirla. >
Scoppiai a ridere, Sir Simon che?
< scusa, credo di non capire...io sono Gipsie Chini, ma non sono assolutamente una felice donzella come dici tu. >
Ok, era del tutto fuori, l’unica cosa che potevo fare era chiamare chi di competenza.
Mi concentrai il più possibile
“nonna, nonna Zimilda...ho un problema, vieni qui, ora!”
La sentii sbuffare anche per via pensiero, ma me la ritrovai dietro in meno di un secondo.
< Gi che c’è? Sai che ho da fare! Ma cosa ci fai fuori scuola a quest’ora? >
La fermai con una mano
< ti spiegherò tutto dopo, ora abbiamo un problema. >
Spostai lo sguardo sullo stangone che avevo davanti e la nonna mi seguì.
Rimase stranita
< chi è costui? >
Si ripetè il teatrino
< o cara signora, sono Sir Simon Del Vecchi per servirla. >
Mia nonna, come me, scoppiò in una fragorosa risata che forse irritò il “cavaliere”.
< è comparso davanti a me, ma non ho ben capito né chi è, né cosa ci faccia qui, né tantomeno da dove venga questo qui... >
< da dove vengo? O, bastava chiederlo donzella, il qui presente Sir Simon giunge da Venezia, Venezia 1709...dolce epoca, dolcissima... >
Io e mia nonna ci scambiammo uno sguardo allarmato, poi prese in mano lei la situazione
< Sir Simon, ora lei non parla, non fa domande e viene gentilmente con noi. >
Così dicendo lei sparì, io lo presi per un braccio e lo portai con me, presumibilmente a casa mia.
 
 
 
 
 
 
   
 
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