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Autore: screaming_underneath    15/07/2012    3 recensioni
Sono passati tredici lunghi anni dallo scontro coi Volturi.
La piccola Renesmee è cresciuta e, nel migliore spirito Meyeriano, si è sposata con Jacob: tutto sembra andare per il meglio.
- Cosa succede allora se scopri che nulla di ciò su cui è fondata la tua vita è veramente.. reale?
Strani sogni inquietano la giovane Cullen: e mentre teme per un possibile allontanamento di Jake, una nuova minaccia arriva a turbare le visioni di Alice, gettando tutto e tutti ancora una volta sul ciglio del baratro.
_
Parole.
Somme di lettere.
Lingua schiacciata sul palato, corde vocali che vibrano.
In una vita umana, vengono pronunciate all'incirca centosettanta milioni di parole. Se le mettessimo in fila, come tanti piccoli trenini, faremmo all'incirca quattromiladuecentocinquanta volte il giro intorno alla Terra.
Impressionante, vero?

“Il ragazzo che hai sposato e che ami follemente un tempo era innamorato di tua madre.”
Parole. Parole come altre.
[In revisione]
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Quileute, Renesmee Cullen, Seth Clearwater
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The New Twilight Saga '
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°°Cap. IV°°

Orologio

 

I’m a rolling thunder, poutin rain
I’m comin’ down like a hurricane
My lightning’s flashing across the sky
You’re only young but you’re gonna die

I won’t take no prisoners, won’t spare no lives
Nobody’s putting up a fight
I got my bell, I’m gonna take you to hell
I’m gonna get ya, Satan get ya

Hell’s Bells
Yeah, Hell’s Bells
You got me ringin’ Hell’s Bells
My temperature’s high, Hell’s Bells

(Hells Bells – ACDC)

 

 




 

«... Mamma mi darà un sacco di botte. Come faccio a spiegarle questo casino?»

«Ti inventerai qualche scusa, tranquillo. Il Lupo mente volentieri.» risposi laconico, irritato dalle continue domande del novellino. Lui uggiolò, per niente convinto, e l'immagine di una signora dai capelli color del grano e gli occhi segnati da vistose rughe mi riempì la testa, senza che riuscissi a respingerla. Non avevo mai visto il ragazzo da umano – a quanto pare, non viveva a LaPush, ma nei dintorni di Forks, e andava alla scuola che un tempo era stata quella di Bella – ma ipotizzai che fosse la madre, visto che lui si portava in giro un bel manto biondo cenere, che mai si era visto tra i mutaforma Quilieutes. «Non pensarci neanche. Lei non è della riserva.» ringhiai, bloccando sul nascere l'ennesima domanda. Avrebbe mandato a puttane tutto, come se non ci fossimo mai andati vicino. Quante volte avevamo rischiato di farci scoprire?

Con uno scatto secco, allungando il passo ringhiando, respinsi l'attacco mentale dell'altro, rimettendo sotto chiave il ricordo dei baffi a manubrio di Charlie Swan che tremavano sotto un paio di occhi sbarrati dall'orrore, puntati addosso ad un lupo alto tre metri con brandelli di scarpe ovunque. Avevo riso per anni di quella scena, ogni volta che Bella mi ripeteva quanto idiota fossi stato, senza che riuscissi veramente a non darle ragione.

Idiota-idiota-idiota. Era il tormentone della mia esistenza.

Rimaneva da appurare chi mi avesse rivolto numericamente più volte quell'appellativo – se Bells, Nessie oppure me stesso. Anzi, ora che ci pensavo, forse anche Embry e Quil sarebbero dovuti entrare nel conteggio.

E in palio, abbiamo un interessantissimo tour operator di First Beach e un giro sulla groppa di un vero licantropo!”

«Quindi non posso dire nulla. Nulla-nulla? Perché ho visto...» iniziò il ragazzo, timidamente, strappandomi dalle mie elucubrazioni.

Ringhiai di nuovo, risvegliando il timbro dell'Alfa Cattivo, quello che mi rifiutavo di usare ogni volta che potevo. «No! Non si può, anche se sì, io l'ho fatto una volta. Ho rivelato il segreto ad un umano che non faceva parte della riserva... è stato un gesto avventato e piuttosto stupido, ma non si deve ripetere.»

«Ma come...» provò a protestare lui, ma adesso aveva abbassato il tono ad appena lo strisciare di un valletto devoto. Dio, che schifo fare il capo con la voce grossa. Mi sentivo viscido, ma era anche l'unico modo per tenere sotto controllo l'esuberanza dei nuovi arrivati.

«Non è affar mio. Ci siamo riusciti tutti, chi più chi meno.»

«Anche quella “Bells” non doveva sapere, vero? E se mi sfugge come è successo a te?» La domanda era chiesta con tutta l'innocenza e il timore del mondo, ed era più o meno la stessa che avevo rivolto io a Sam la prima volta che mi ero trasformato. A quei tempi, pensare di stare lontano da Bella sarebbe stato come chiedere di smettere di nuotare ad uno squalo. Sarei morto, o forse più semplicemente rimasto in asfissia per il resto della mia vita.

Idiota”. Lo ero sempre stato.

Avevo tormentato Sam per mesi, prima che decidessi che ne valeva la pena comunque. Se la scelta era tra perdere Bells per sempre o vivere in un branco di cagnoni mutanti, l'indecisione non sussisteva nemmeno.

Avrei scelto lei, sempre. Anche se farsi sbranare le carni da un mucchio di lupi incazzati sarebbe stato comunque meno doloroso che continuare a correrle dietro, senza raggiungerla mai veramente.

Mi correggo. Idiota masochista.”

E non era mai cambiato nulla. Lei continuava a scappare, e io cercavo di tenermi stretta almeno sua figlia. Il Lupo aveva deciso, il Lupo guidava quelli che una volta erano brandelli – adesso, forse solo monconi mal risarciti – del mio cuore.

Imprinting”.

Una condanna, un cappio al collo, l'amore della tua vita; eccola qua, la mia esistenza. Riconducibile al puro, semplice desiderio di continuare a respirare, in un modo o nell'altro.

Aria.

Non avevo mai voluto niente di diverso o più costoso, in ventinove anni nei panni di Jacob Black.

Solo aria.

«La ami?»

“La ami. Chi? La ami?” Una piccola parte di me trasformò quella domanda in un'affermazione senza nemmeno volerlo. Che cazzo stavo pensando? Un lampo di capelli fulvi e occhi cioccolato mi accecarono, spazzando via tutto. «No!» ruggii, fermandomi di botto. Stavo rispondendo alla sua domanda o vietandogli di aprire la bocca? Nemmeno ricordavo come si chiamava, ma all'improvviso, il Lupo volle piantare i denti nella gola del novellino, solo per farlo tacere.

Mi dominai costringendomi a respirare a fondo, e fu come respirare cenere e fumo. Tutto quello che rivangava certe cose era come respirare cenere. Mi avrebbe fatto meno male essere gettato nel bel mezzo di un incendio, senza possibilità di scappare, ma questo il ragazzo non poteva saperlo.

L'unica cosa che riuscii a fare fu trovare un tono neutro di voce, che mascherasse quanto invece pronunciare certe parole assieme mi costasse. «Ho avuto l'imprinting. La mia donna si chiama Renesmee, non Bella. Bells er-è...» bloccai l'imperfetto sul nascere, rifiutandomi di usarlo. Perdio, lei era sempre la mia quarantenne in un corpo di adolescente. «... la mia migliore amica. È una vampira, una storia lunga, lascia perdere. Senti, pupo, come hai detto di chiamarti? Sto finendo i nomignoli a mia disposizione.» feci uno scarto tra le mie emozioni degno del migliore guidatore di rally, decidendo che, per quanto giovane e ingenuo, il nuovo arrivato aveva già fatto abbastanza domande scomode. Non mi andava di rivangare a fondo i miei ultimi tredici anni, francamente. Sarebbe stato un po' troppo masochista persino per me.

Hai Nessie, un bel bambino... chi se ne frega se Isabella Cullen quasi non ti parla più?”

«Finn. Finn Thorogood. Senti, ti devo chiamare Capo? Oppure Signore? E... oddio, davvero hai avuto l'imprinting? Deve essere una FIGATA!»

Sì, ciao. Era già partito per la tangente, il tipo. Non c'erano più i ragazzetti spaventati di una volta; questo qua si era fatto consapevolmente una corsa verso il confine tra Canada e Minnesota solo per vedere fin dove il Lupo resisteva e per informarci – una volta che Sam ed io avevamo infine ritrovato le sue tracce – con tutta la calma e la contentezza del mondo che cacciare era ben più divertente che prepararsi un toast.

Un completo cazzone, insomma.

«Senti, chiamami come ti pare, ok? Basta che non fai casini e te ne stai buono. Sam ti ha accollato a me e non voglio problemi. E fidati, l'imprinting non è una figataripresi a correre, più veloce. Volevo solo tornare a casa e accoccolarmi tra le braccia di Renesmee per un po'. Sperai che il malessere che l'aveva colpita quella mattina se ne fosse andato, anche se mi pareva un po' pallida, ultimamente. Forse avrebbe davvero dovuto farsi dare una controllatina da Carlisle.

«Wow, che diavolo ti è successo, Capo? Il tuo non è stato solo un ruzzolone amoroso, piuttosto uno schianto aereo!»

«Finn?»

«Sì, Capo?»

«Zittati.»

 

 

 


 

Corremmo in silenzio per un bel po', con Sam che ci precedeva di molte miglia. Sapevo che aveva lasciato che Finn Thorogood entrasse nel mio branco solo perché non aveva la minima voglia di accollarsi i soliti strepitii e le domande di rito – cosa è successo, cosa sono diventato, con chi posso parlarne, ma sarà per sempre così? – un minestrone riscaldato che io stesso, che ormai potevo contare un branco di nove elementi, avevo già ripetuto abbastanza volte da avere la nausea.

«Non posso dirlo neanche alla mia ragazza, vero?» mi domandò il ragazzo dopo quasi un'ora di silenzio. Lo avevo sentito rimuginare su quella cosa a lungo, in un dialogo un po' buffo e ingenuo con se stesso.

Sorrisi di lui, ma senza cattiveria. «No. Se la ragazza fosse colei che il Lupo ha scelto... sarebbe diverso. Ma non puoi dire niente a nessun altro, se non fa parte della riserva. Mi spiace.» spiegai pazientemente. Lui sospirò, e mi parve opportuno alzare le spalle, come per dire che le regole non le avevo fatte io.

«Non è importante, fa nulla.» borbottò. Non sapevo cos'altro dirgli. Non c'erano svincoli o trucchetti da tirare fuori dalle maniche del prestigiatore, quando ti univi al branco.

«Sei un bravo Alfa, Jacob. Te l'ho mai detto?»

Mi sorprese sentire la voce di Sam, che se ne era rimasto taciturno fino a quel momento. Grazie alla connessione che ci univa, in quanto entrambi maschi Alfa dei nostri branchi, potevamo parlare tra di noi con una comunicazione esclusiva, piuttosto comoda se dovevamo fronteggiare un'emergenza e piuttosto inutile ormai da molti anni. I Volturi erano i nostri unici nemici, e fatti fuggire loro con le code tra le gambe, non c'era rimasto nessuno. Solo qualche nomade di tanto in tanto, che eliminavamo senza nemmeno consultarci. «E pensare che nemmeno volevo esserlo.» sbuffai.

Ero diventato l'Altro Capo solo perché mi ero rifiutato di ammazzare la donna che amavo, risvegliando quei geni del mio DNA che avevo sempre lasciato sopiti di proposito. Piuttosto accettabile, no?

Non avevo mai desiderato avere un gruppo di lupi tutto mio da tiranneggiare o comandare che dir si voglia. Volevo solo smettere di fare quello che qualcun altro mi impartiva. Che Leah Clearwater e suo fratello avessero deciso di seguirmi, non erano affari miei, almeno fino ad un certo punto.

«Ti sto tendendo una mano, Jake. Un tempo eravamo amici, no?» mi chiese Sam, leggermente irritato. Adesso aveva rallentato il passo, e potei vederlo, molte decine di metri davanti a me, una macchia nera nei grigio della giornata.

I rapporti tra noi due, dopo il mio ammutinamento, erano stati sempre in merito a problemi tecnici riguardanti le nuove reclute o qualche cambio di schieramento e – solo più recentemente – ai turni da spartici per tornare a pattugliare il perimetro della riserva e dei Cullen, come prevenzione dagli invisibili nemici delle visioni di Alice. Null'altro. Non ci odiavamo, ma non eravamo amici. Nessun rancore, solo una distinta indifferenza.

«Forse. Un tempo era diverso, Sam.» sbuffai aria umida dal naso, scuotendomi la neve dal manto. La tempesta che il cielo aveva minacciato per tutta la settimana di riversarci addosso era infine arrivata, ricoprendo tronchi e arbusti di un bel bianco opaco. Anche se non pativo il freddo, sentii lo stesso la voglia di rannicchiarmi a casa, al caldo, con mia moglie vicina.

Ciao vecchi ricordi, ciao novellini agitati e ciao Sam Uley, che provava da anni a recuperare un'amicizia che non c'era mai stata.

«J-jake?» sentii una voce che mi chiamava, agitata, strappandomi da quei pensieri. L'Altro Alfa se ne stava zitto, probabilmente rimuginando su quello che doveva aver colto nella mia mente. Ne fui silenziosamente soddisfatto.

«Dimmi, Finn.»

«No, sono Seth. Dove siete?» l'urgenza della sua domanda mi bloccò, con una zampa a mezz'aria. Sentii Finn tamponarmi, uggiolando una scusa, ma lo ignorai.

«Un'ora da casa, forse meno. Che succede, Seth?» Un miscuglio di sensazioni mi pervase facendomi girare la testa, ma non erano mie.

Paura... ansia... vergogna? Non capivo. “Che cazzo succede?”

«Io... io... Ok. Mi ha chiamato Edward. Sono loro, Jake. Stanno arrivando di nuovo. Alice... Alice non è riuscita a vedere nulla fin'ora, solo una piccola visione, come se qualcuno li schermasse. Non ci capiscono nulla nemmeno i Cullen. Che devo fare?» gemette, totalmente impietrito dalla paura. Gli inviai l'immagine della radura dove avevamo incontrato i Volturi la prima volta, cercando di trasmettergli una calma che non avevo nemmeno io. Avrebbe dovuto fare le mie veci, e anche quelle di Sam contattando Jared, ma non poteva perdere la testa.

«Calmati. Raduna gli altri e aggiorna Jar. Noi cerchiamo di arrivare il prima possibile, ok? E tieniti in contatto con Cullen. Renesmee e mio figlio dove sono?» domandai febbrilmente. Erano gli unici su cui volevo una risposta precisa al momento. Lo sentii ritirarsi dalla mia testa, cercando inutilmente di divincolarsi dalla mia presa. Era a disagio, e non ne capivo il motivo, ma mi agitò ancora di più, e invece dovevo rimanere con la mente lucida.

«Jacob? Cosa ti sta dicendo Seth?» anche Sam si era fermato, con le orecchie ritte nella mia direzione, ma non risposi, decidendo che frugare tra i miei pensieri sarebbe stato più che sufficiente, per il momento. Invece, lanciai un ringhio verso il mio secondo in comando, che continuava a ballettare, prendendo tempo.

«Allora, Seth?»

«Io.. ehm... Jake non volevo... n-non... sul serio. Lei è... uhm...»

«È al sicuro?» la feci corta io, smanioso di avere una conferma. Non capivo cosa cercasse di dirmi – o forse nascondermi? – ma non c'era tempo per balbettare.

Non volevo?”

«Sì. È-è con Esme, a casa Cullen. Se vuoi vado a controllarla, più tardi. Metto Fred o Cole di piantone?»

Ripresi a correre, lanciando un secco comando a Finn, che mi fissava basito e palesemente eccitato da quella situazione. L'avrei spedito a casa, non avevo nessuna intenzione di dover badare ad un pivello alle prime armi in un possibile scontro aperto con i Volturi.

«Entrambi. Fa in modo che Nessie non esca di casa. Se sono davvero i Volturi, allora sono venuti per lei. O per Ben. Non vedo nessun altro motivo, anche se non capisco come possano essere venuti a sapere della sua nascita. Seth, tu sei il suo migliore amico. Falla ragionare, ok?» lo pregai. Conoscevo troppo bene Renesmee perché sperassi che facesse ciò che le veniva chiesto; non sarebbe mai rimasta immobile ad aspettare in una situazione come questa, soprattutto non se i nostri nemici erano i vampiri italiani.

«O-ok. Vado a chiamare Jared, ti tengo informato. Occhi e orecchie aperti, Jake.»

Di nuovo quel balbettio.

Non volevo?”

«Seth...» iniziai, ma lui si stava già ritrasformando, scomparendo velocemente dalla mia testa, e l'unica cosa che riuscii a percepire fu di nuovo quel senso di disagio e imbarazzo, e uno sprazzo di lacrime che cadevano da guance che conoscevo. Qualunque cosa fosse successa tra lui e Renesmee, stava cercando di tenermela nascosta... ma non era importante, in quel momento.

Liquidai il tutto con uno scatto e raggiunsi Sam, ancora fermo in attesa di una mia spiegazione. Finn cercava di tenere il mio passo, ansimando forte ma stranamente silenzioso. Doveva aver capito che non sarebbe stato d'aiuto.

«Siamo di nuovo in guerra, Sam.» ringhiai, e un brivido mi percorse la schiena.

Guerra, guerra, guerra.”

Non c'era mai stato nient'altro nella mia vita.

Guerra per l'amore, guerra per la vita, guerra per continuare a respirare almeno quel fumo e cenere e non morire del tutto.

Mi ero rialzato un milione di volte, ci eravamo rialzati tutti, sempre, in un modo o nell'altro...

Ma all'improvviso, seppi semplicemente che stavolta non ce l'avremmo fatta.

 

I Volturi ci avrebbero distrutto definitivamente.

 

 



 

***



 

 

 

Strappai l'orologio dalla parete allo scoccare della seconda ora.

 

Tic-tac.

Tac-tic.

Secondi che diventavano minuti, minuti che diventavano un quarto, due quarti, un'ora di nuovo.

Tac-tac.

La punta della penna a sfera contro il tavolo in noce della cucina, stretta tra le dita di mio figlio. Si era calmato, ma aveva preteso un foglio da disegno e degli acquarelli che non poteva avere, scovando infine in un cassetto una biro nera – di quelle con l'apertura a scatto – e mettendosi a disegnare strani personaggi avvolti nel fumo, ombre nella sua mente turbata di bimbo. Non sapevo come altro consolarlo, se non lasciandolo fare ciò in cui era più capace.

Click-click.

Il rumore della neve sui vetri.

Adesso era più forte, tonante assieme al cupo brontolio del vento che attraversava la casa, scuotendola.

Mia nonna continuava a spadellare pancakes: né io né Benjamin avevamo fame, ma era un passatempo come un altro per tenere la mente occupata, e ne avevamo tutti bisogno.

«Vado a portarli a quei poveri ragazzi là fuori, prima che si freddino. Solo fino alla porta di casa, va bene tesoro?» Non avevo mai visto mia nonna in quelle condizioni, né avrei mai detto che ad un vampiro potessero tremare la mani, ma lei stava tremando, tremando tutta. Aveva uno sguardo spaurito che mi faceva venire voglia di piangere.

Senza muovermi, senza aprire bocca, feci solo un lungo cenno affermativo con la testa, ritornando a guardare la neve cadere. Non sapevo neanche il nome dei due lupi che Seth ci aveva messo di guardia. Aveva paura che scappassi? Che raggiungessi la battaglia, se e quando sarebbe cominciata? Doveva essere opera di Jake. Mi conosceva troppo bene, sapeva benissimo che non sarei riuscita a rimanere con le mani in mano.

Continuavo a domandarmi come fosse possibile.

Perché erano tornati? Alice ci aveva avvertiti che nella sua visione – seppur brevissima – aveva visto almeno una dozzina di mantelli grigi circondare casa Cullen, tra la neve alta. Nessun possibile fraintendimento.

La neve era fresca, i mantelli quelli della Guardia dei vampiri italiani.

Erano loro, e stavano arrivando. Forse nel pomeriggio, forse nella sera; non avrebbero tardato. Sarebbero arrivati, forse ci avrebbero fatto parlare... ma avevamo sfidato i Volturi troppe volte perché ci lasciassero vivere ancora. Non sapevo come fossero venuti a saperlo, o come fossero riusciti a bloccare le visioni di Alice con quel largo anticipo, ma ero sicura che il motivo della loro visita fosse Ben.

Se avevamo sperato che non venissero mai a sapere nulla, avevamo preso davvero una bella cantonata. Non ci sarebbe stata pietà nelle loro gesta. La famiglia Cullen aveva già rischiato con la mia nascita di tradire l'intera comunità vampirica... e adesso, senza testimoni a spalleggiarci, eravamo segnati.

Io avevo avuto Nahuel, le sue sorelle. La mia nascita non era stato un evento mai accaduto prima, qualcosa di unico, ma quella di mio figlio sì. Non c'era modo di sapere o prevedere cosa sarebbe successo durante la sua crescita, quanto avrebbe vissuto – anche se immaginavo che, essendo figlio di un mutaforma e di una mezzovampira sarebbe stato immortale come i genitori – o come avrebbe inciso la sua vita nel grande mondo nascosto delle creature sovrannaturali.

Era un pericolo? Io non riuscivo a vederlo come tale. Era solo un bambino, molto intelligente e forte per la sua età, ma pur sempre un bambino. Non riuscivo ad immaginare che, una volta cresciuto, Ben potesse diventare una minaccia... ma i Volturi forse sapevano cose che a noi erano oscure, o forse avevano solo paura. Potevo sforzarmi di vedere le cose dal loro punto di vista, anche se non lo condividevo. Anch'io, se non fosse stato sangue del mio sangue, forse avrei reputato una minaccia questa creatura mai vista prima, con sangue di vampiro, mutaforma e umano nelle vene, di cui non erano conosciuti altro che la discendenza dei geni.

«Mamma, Fred e Cole non avranno freddo, là fuori?» Ben mi strappò da quei pensieri di botto e una familiare stretta al cuore, piena di amore e dolcezza, mi trapassò. Mio figlio stava guardando la bufera con apprensione, il visino tutto contratto in una posa pensosa.

Con una smorfia per essermi alzata troppo in fretta – mi capitava sempre più spesso ultimamente, mi ero dimenticata di dirlo a Carlisle – lo raggiunsi all'altro capo del tavolo, stringendomelo al petto. Davanti a lui, assieme alla penna abbandonata, un foglio. Vi potei riconoscere sopra una fedele visione del paesaggio che ci abbracciava dalla finestra: abeti innevati, il vialetto sassoso, i lampioncini vecchio stile che Alice aveva sempre voluto eliminare. Era un bellissimo disegno, come sempre. «Ma no, tranquillo. Ricordi? Anche papà non hai mai freddo. Vieni, ti faccio vedere.» lo tirai per una manica, accompagnandolo fino alla porta, dove Esme adesso provava a fare conversazione con i due lupi, anche se la sola a parlare era lei. Sembrava più tranquilla, come se assieme ai pancakes i due ragazzi si fossero trangugiati anche il suo nervosismo. Vederla di nuovo padrona di se stessa fece bene anche a me.

«Visto? Hanno una pelliccia troppo folta perché la neve o il vento possa dar loro fastidio.» lo rassicurai. Fred – il lupo più piccolo tra i due, dal manto di un grigio chiaro tendente all'argento – alzò la testa dal piatto ormai lucido e ci fece un sorriso lupesco, posando una zampa nell'ingresso per avvicinarsi a mio figlio. Lui, immobile, si lasciò leccare il polso, ridendo soddisfatto. Era un bimbo altruista, che si preoccupava di tutto e di tutti prima che di se stesso. Sarebbe stato capace di chiedere scusa alla roccia contro cui aveva sbattuto, senza curarsi affatto di un taglio al ginocchio o alla tempia.

«Mi fa il solletico!» ridacchiò. Poi tese le orecchie, piegando la testa verso il freddo dell'esterno. Non capii cosa stava ascoltando finché non me ne accorsi anche io.

«Vieni, tesoro, adesso ritorniamo in cucina. Qui c'è troppo vento per te.» proposi. Non avevo nessuna voglia di parlare con Seth in quel momento. Doveva essere venuto solo per vedere se fossi ancora in casa o avessi già attuato il mio piano di evasione, non certo per farci sapere che i Volturi erano arrivati o che Jacob stava tornando a casa. Per quello, sarebbero bastati gli aggiornamenti di Cole, come aveva fatto fino a quel momento.

Si sente in colpa. Lo conosci. Non voleva dirti nulla, lo hai costretto tu! Non puoi tenergli il muso...” Mi morsi le labbra, ma la frase terminò da sola, senza neanche che lo volessi sul serio. “... Magari è l'ultima volta che lo vedi.”

«C'è Seth, tesoro.» mi annunciò però mia nonna, bloccandomi a metà di un passo. Sbuffai, scocciata più dalla me interiore che dalla sua affermazione, fatta con tutta l'innocenza del mondo. Non le avevo raccontato nulla, ovviamente, e le mie lacrime di qualche ora prima, quando le ero piombata in casa come un tornado, non erano state rivangate, entrambe troppo preoccupate per la partenza di Carlisle e la visione di mia zia per pensarci.

«Va bene. Puoi portare dentro Ben, per favore, nonna?» chiesi, rassegnata. Nolente o volente, avrei dovuto parlarci.

Ti prego, Seth. Non dire nulla, eh?”

Ma fu come pregare un muro, o un Dio sordo e cieco.

Seth Clearwater mi apparve davanti come un fantasma, l'aria più miseranda e dispiaciuta del mondo. «Scusa, Nenè.»

«Non dire cazzate, non è il momento. Seth, mi hai fatto solo un favore, ok? Ma adesso non ci pensare, ci sono casini ben peggiori di questo o sbaglio?» borbottai, con un tono più duro di quanto intendessi. Lo vidi stringere le mani forte, poi lanciare uno sguardo ai due lupi che ancora se ne stavano tra me e lui, sulla soglia, aspettando un comando e seguendo interessati il nostro scambio di battute.

«Andate. Per il momento ci sono io, fate un giro del perimetro mentre parlo. Muovete il culo!»

I due lupi scattarono, con le orecchie appiattite. I loro manti si persero nella bufera in pochi secondi. «Non fare lo stronzo, picchia me se vuoi.» mi sfuggì dalle labbra. Lo vidi sorridere di riflesso, un lampo di denti candidi che sparì in fretta.

«No. Dovrei picchiarmi da solo. Tu non c'entri nulla. Oddio, ho fatto un casino... Jake mi ucciderà quando lo verrà a sapere.»

«Non ci hai parlato?» adesso ero stupita.

Mi rispose in un ghigno. «L'ho nascosto. Ma immagino che prima o poi lo verrà a sapere lo stesso.»

«Certo... prima o poi. Seth, seriamente, non dobbiamo parlarne, ok?»

«Tanto sono io quello che ci rimette la buccia, come sempre. Non riesco a tenere la bocca chiusa, dovrei sigillarmela con lo scotch.»

«Riusciresti a sputtanare tutto lo stesso.» era l'unica offerta di pace che riuscivo a tendergli in quel momento. Non pensarci. Smetterla di ricordarmi che avevo creduto ad un mio mondo di fantasia dove tutti erano felici e contenti per anni, senza intravedere mai la verità.

Lui rise di gola, stavolta più apertamente, ma era un riso acido, stridulo. «Speriamo di non mandare all'aria tutto anche stavolta. Adesso tocca a me, Nenè. Jacob non arriverà che tra un'ora, e i Volturi potrebbero essere qui a momenti. Alice... li ha intravisti di nuovo. Erano... oh no. Questo non posso dirtelo sul serio. Ordini del capo.» scosse la testa, posandosi una mano sulla bocca, per farmi capire che non si sarebbe fatto sfuggire più nulla. Non mi avrebbe mai detto i dettagli, ma ero contenta lo stesso che avesse capito l'antifona, e non volesse parlare di quello che mi aveva rivelato qualche ora prima. Mi sentii in colpa per le brutte parole che gli avevo urlato contro, scappando a capo basso dal vecchio garage.

Jacob non vuole.

Jacob mi vuole al sicuro.”

Come potevo anche solo aver pensato che mi tradisse?

Ero solo una sciocca innamorata, con bel po' di idiozia nel reparto Macchine, lassù. Sospirai, un po' irritata e un po' sollevata di sapere che per mio marito contavo davvero così tanto.

«Non vuole che partecipi. Ma se riguarda me! Riguarda me e Ben, ne sono sicura. Non posso rimanere qui a consolare mia nonna e fare disegnini con mio figlio. Dove vi incontrerete? Se non me lo dici tu, sarò costretta a cavarlo di forza dalla bocca di Cole. Non ci vuole molto, qualche biscotto ed è fatta... risparmiami la fatica di preparare l'impasto, Seth. Dove?» cercai di farlo cedere. Gli piantai gli occhi nei suoi, neri come il carbone ma lui, forse per la prima volta da quando ci conoscevamo, sostenne il mio sguardo, duro e inamovibile come una roccia.

«Bocca cucita. Sul serio, Nenè. Rimani in casa. Ci pensiamo noi.»

«Puoi mettermi alle calcagna anche mezzo branco, vi seguirò lo stesso. Quei due» e feci un segno con il capo, indicando la direzione dove le mie guardie del corpo personalizzate erano scomparse «non riuscirebbero a guardare neanche se stessi. Lasciami venire, Seth, ti prego. Magari se ci parlo io...»

Cosa? Magari se ci parli tu cosa? Pensi che faresti una qualche differenza mettendoti ad urlare e pregare Aro o Caius o Marcus in ginocchio, nel nome di una madre disperata? Ti annienteranno lo stesso.”

«Non se ne parla neanche. Jacob mi ha detto che avresti insistito. Senti, se non lo vuoi fare per Ben, fallo per lui. Sapere che ci sei anche tu, lì, a quattro passi dal nemico, pronta per farti ammazzare, lo manderebbe fuori di testa. E non solo lui. Tu sei importante, Renesmee. Lascia che ci pensi la tua famiglia e il branco, ok? Ti terremo aggiornata, e se le cose precipitano, Cole e Fred vi porteranno via. Magari con un po' d'anticipo potete far perdere le vostre tracce per un po'... sai, se dovesse... andare male. Hai ancora il tuo passaporto fasullo?» Scossi la testa violentemente. Non lo volevo sentir parlare di scappare, non volevo pensare che potesse semplicemente... andare male. Volevo solo scendere in campo, lottare come tutti gli altri. Dovevano smetterla di proteggermi come se fossi ancora una bambina. Mi sentii catapultata all'indietro negli anni, quando ero ancora talmente piccola da scomparire sotto la pancia di Jake, se chinavo la testa, e questa cosa mi fece infuriare più di tutto il resto.

«Sono una cazzo di adulta, Seth. Non potete mettermi da parte sempre, per ogni cosa. Sei i Volturi sono venuti qui per Ben, sono venuti anche per me. Non posso nascondermi e aspettare che voi vi facciate ammazzare al posto mio.» gridai, e sperai che dalla cucina, mio figlio fosse risparmiato delle mie urla. Non volevo agitarlo più del necessario. Seth mi guardava, arrabbiato e un po'... ferito? dal mio attacco. Il vento gli sibilava tra i capelli, ricoprendolo di nevischio, e mai come in quel momento il mio migliore amico mi parve bello. Era un pensiero illogico, del tutto fuori luogo nella discussione che stavamo sostenendo, ma non riuscii a bloccarlo. Ero furiosa, ma la prima cosa che mi era passata per la testa in quella muta prova di sguardi reciproci era proprio che Seth Clearwater era un bel ragazzo.

Aprii la bocca, con l'intenzione di ricominciare ad urlare, almeno per cancellare quel buffo apprezzamento dalle mie labbra, ma lui mi precedette. Alzò un dito, guardandomi per un altro lungo secondo, poi mi dette le spalle, uscendo dal riparo della tettoia sopra la porta. Il suo sospiro mi fece più male di quanto volessi.

«No. Ma ci aspettiamo che la cosa per cui lottiamo – la persona che ci è più cara al mondo e per la quale daremmo la vita se bastasse a salvarla – sia ancora viva, una volta deposte le armi. O ogni perdita e sangue saranno stati inutili.»

L'ultima frase era appena mormorata, e l'avevo accolta ad occhi chiusi, devastandomi nel profondo.

Perché, nonostante tutto, volevo ancora partecipare a quella cazzo di battaglia.

«Seth...» Ma se ne era già andato.

In lontananza, l'ululato di un lupo parve rispondermi; ma erano solo Fred e Cole, che tornavano a farmi la guardia.

Con mani che tremavano nuovamente, chiusi la porta e andai a sedermi di nuovo alla grande finestra della cucina, nel silenzio di mia nonna e mio figlio.


 

 

 

 

Tic-tac.

Tac-tic.

L'orologio risuonava ancora, anche se gli tolto le pile.

Confusamente, alzai lo sguardo verso la parete, pensando che l'avrei visto nuovamente al suo posto, ritornato direttamente dalle viscere di un vecchio cassetto dello studio di mio padre; ma non c'era nulla. Solo mia nonna, in piedi da un'eternità, con gli occhi fissi sul lavoro non terminato di Ben, abbandonato sul tavolo.

L'orologio era dentro di me. Ero io.

Mi diceva di muovermi; mi sussurrava di alzarmi, di correre nella foresta, chiamando a gran voce il nemico.

Tic-tac.

Tac-tic.

Muoviti-alzati.

Alzati-muoviti.

Da quanto tempo Seth se ne era andato? Un'ora, due? Forse non erano passati che pochi minuti. Non sapevo.

Cole ci aveva avvertiti che Jake era tornato, e stava parlando con Edward di scudi e schieramenti; Alice, dal canto suo, non vedeva più niente da ore, anche se pensava che ormai fosse questione di pochissimo. Sperai che mia madre riuscisse a proteggere tutti, almeno dagli attacchi mentali della ragazza bionda, Jane.

Non riuscivo più a rimanere ferma. Una parte di me avrebbe voluto semplicemente sfondare la vetrata e catapultarsi tra la neve, diretta verso la foresta. Avrei seguito le tracce di Seth, non sarebbe stato così difficile.

L'altra metà – che avevo affettuosamente chiamato Renesmee la Codarda – avrebbe voluto solo rannicchiarsi accanto a Ben, che riposava al piano di sopra, e chiudere gli occhi fino a quando quell'incredibile giornata non fosse giunta al termine.

Mi sembrava di essermi svegliata un milioni di ore prima, in un'altra dimensione spazio-temporale. Ero davvero io quella che solo otto ore prima avevo vomitato i resti della mia cena accasciata in un bagno, con la mano di Jacob che mi massaggiava il collo?

Mi pareva impossibile.

«Vado a controllare Ben. Magari mi riposo un poco anche io.» proposi a mia nonna, e non la invidiai, rigida e immobile come una statua così come la sua natura di vampira le imponeva. Aveva smesso di respirare già da un po', una cosa che, ben sapendo comunque che l'aria non le era indispensabile, mi metteva i brividi.

«Va pure, tesoro. Io sono qui.» Annuì, e sollevata, mi alzai da quella sedia maledetta, coperta dagli spilli della mia coscienza. Forse una dormita assieme a Ben mi sarebbe davvero servita, anche se non mi ero mai sentita più sveglia in vita mia.

Passai dall'ingresso, lanciando un'occhiata al di fuori della finestra per controllare la posizione delle nostre guardie pelose. Erano distesi a pancia sotto, il muso tra le zampe, e parevano riposare anche loro. Forse speravano di poter essere convocati, sul più bello, ma dovevano sapere anche loro che Jacob non li avrebbe mandati mai; erano troppo giovani, lupi da troppo poco tempo. Sarebbe stato come mandare agnelli al macello. Da quando ogni mia osservazione mi metteva i brividi? Li scacciai, salendo le scale.

Uno scalino... due scalini...

Contare aiutava a distendermi i nervi. Tesi le orecchie, cercando quel palpitare di uccellino che era il cuore del mio bambino, ma non riuscii ad individuarlo. Respiravo troppo pesantemente.

Venti scalini... ventidue...

Arrivai sul pianerottolo, dirigendomi con sicurezza verso la seconda porta da destra, quella che sapevo la camera da letto di mia zia Rose. Ben aveva insistito per dormire lì, dicendo che i letti a baldacchino erano perfetti, per giornate nevose. Lo avevo accontentato con un sorriso, lasciando che si arrampicasse fino al cuscino. Si era addormentato di botto, stremato dalle tensioni della mattina, con un'espressione serena sulle labbra; almeno i suoi sogni, erano felici.

La porta era verde acquamarina, molto simile a quelle della nostra casetta tra gli alberi. Sapevo che Esme si era occupata di sceglierle, come tutto del resto in quella imponente abitazione. Il pomello, elegantemente intarsiato, sembrò adattarsi magicamente alle mie mani.

Senza sapere il perché, ne fui all'improvviso allarmata.

Calmati, Renesmee, o farai di nuovo paura al tuo bambino.”

La porta seguì la mia mano con dolcezza, senza cigolare o gemere, e la camera di Rosalie mi accolse, in tutto il suo splendore. Al centro, le cortine del letto a baldacchino erano tirate, e lasciavano intravedere una figura, avvolta dalle coperte. Mi parve profondamente addormentato... anche se qualcosa continuava a turbarmi.

Tic-tac.

Tac-tic.

Ma non era l'orologio. Quello lo sentivo, lo sentivo ancora. Era nella mia mente, e risuonava, frenetico, più forte che mai... ma non era il rumore giusto.

Non quello che avrei dovuto sentire, in quella stanza, risuonare forte e pesante.

Il suo respiro.”

Bum-bum.

Non sentivo battere il cuore di mio figlio.

 

Aprii la bocca per gridare, quasi nello stesso istante in cui le coperte si sollevavano, lasciando che il mio occhio sgranato per l'orrore si posasse sul loro contenuto: una mantella, grigia come la nebbia, mi avvolse lo sguardo.

I Volturi. Sono arrivati.”

«Ben! Ben!» gridai. Mi lanciai su quel grigiore, ringhiando. «Dov'è mio figlio? Dove!» gemetti, e le mie dita arrivarono sino al viso, al bordo di quel cappuccio morbido e caldo. Con un ringhio selvaggio, lo strappai via. Una risata, cristallina e gelida come il ghiaccio, risuonò tra le pareti, ferendomi le orecchie.

 

«Vorrei saperlo anche io.»

Beatamente avvolto nelle coperte, Alec mi fissava, un ghigno feroce sulla faccia angelica.

 

 

 

 

 

 




 

Vi's Corner

Alur.

Questo capitolo è piuttosto di passaggio, di quelli che fanno da collante tra un fatto importante e un altro, ma non per questo dovete prenderlo sottogamba, eh?

Innanzitutto, c'è quel POV Jacob.

Ecco, di quel POV ho una folle paura. Io non sono capace di scrivere dal punto di vista di Jacob, lo rendo un personaggio piatto, senza spessore, e non è giusto, perché è meravigliosissimo e non si merita una fanghèrl incapace come me. Ma ci ho provato lo stesso, giusto per assaporare le offese di voi lettori, ecco ;) No, seriamente. Volevo solo farvi capire com'è che lo vedo io, il Jacob di questa storia: è innamorato, è innamorato del suo imprinting follemente. Renesmee e suo figlio sono la sua vita, adesso... ma c'è e ci sarà sempre questo senso del rimpianto, questo dolore mal riassorbito dei tempi di Bella. Perché ehi! loro si amavano, e sotto sotto si amano ancora. Nessun legame magico può contro l'Amore Vero, mi spiace dirvelo, gente. Comunque, questa non è una JacobxBella. È solo una storia con un Jacob che forse, per quando descritto male, è un pelino più vivo di tutte quelle storie dove non ha occhi solo per Renesmee, e le va dietro come un cagnolino ammaestrato. Qui la ama, e la ama tanto, certo... ma c'è sempre Bella. Ci sarà sempre, in Tutti gli Universi, per citare la mia mogliA. E a proposito di ciò, devo ringraziarla pubblicamente: lei ha letto per prima l'inizio di questo POV Jake, dandomi un sacco di bei consigli e incoraggiandomi come solo una brava consorte può fare. Ti voglio bene, tesoro, e quel discorso su “Bells”, è tutto tuo <3

Per il resto, voi potete lanciarmi tutte le patate e i pomodori marci del mondo *consegna cassette di ortaggi* e magari ditemi dove ho sbagliato e come migliorare: nel frattempo, se volete leggere un Jacob fatto bene per rifarvi la bocca dopo il mio, potete leggere quello di Ania. È una storia bellissima, e io la amo. Fateci un salto, se vi va.

 

Per il resto.

Sì, ancora non siamo arrivati al bello, ma ci siamo vicini.

Il Seth e Nessie della seconda parte sono il Seth e Nessie che amo. Quello che lui fa la parte del sono-solo-il-tuo-migliore-amico-ma-ci-tengo-a-te e Nenè cerca in tutti i modi di tenergli testa, come il suo solito. Io li adoro come coppia, li adoro come amici e ogni momento tra questi due mi fa gongolare <3

… Sì. Dicevo?

Ah! Ed ecco il colpo di scena! Alec si è intrufolato a casa Cullen, in cerca del piccolo di Renesmee.. cosa succederà adesso? Mistero xP Ma lo scoprirete prestissimo, tranquilli! ^_^

Nel frattempo, vi ringrazio, chi legge, chi recensisce (vi rispondo, giuro!) e chi tiene questa storia tra seguite/ricordate/preferite <3

Mi rendete la ragazza più felice del mondo, giuro!

 

Piesse: Se mi volete aggiungere su faccialibro, mi trovate qui: LaViSvampita

 

Piesse2: Tanto per la cronaca, così per dire qualcosa, Finn, Fred e Cole sono proprietà mia. Diffidate dalle imitazioni di novellini u.u

 

Besos!

   
 
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