Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Pick    16/07/2012    2 recensioni
Il 20 novembre era arrivato anche quest'anno, portando con sé quel pizzico di tristezza. Ma forse non tutti i 20 novembre sono così negativi. Forse alcuni di questi possono portare delle novità inaspettate.
Piccolo avvertimento: questa è la mia prima Fan Fiction. Secondo avvertimento: in questa storia sono tutti umani (non esistono vampiri, licantropi, ecc). Terzo avvertimento: buona lettura!
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Jasper Hale, Nuovo personaggio | Coppie: Alice/Jasper
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 21.

 

Il rumore assordante di quel martello di legno mi fece sobbalzare per l'ennesima volta. Erano tre giorni che non riuscivo a chiudere occhio, tre giorni da quando Royce se ne era andato per sempre dalla mia vita. Ora ero decisamente sollevato, anche se poteva sembrare un pensiero piuttosto maligno.

Ros ovviamente non sapeva della morte di quel verme. Non tanto perché non desideravo dirglielo, ma perché per quanto fossero passati ben tre giorni, non era ancora in forze per affrontare una conversazione. Il primo giorno di guarigione era stato tremendo: non apriva gli occhi e non rispondeva a nessuno stimolo. Il secondo invece avevamo visto qualche miglioramento: aveva aperto i suoi occhi azzurri e a fatica, era riuscita anche a regalarmi un sorriso che aveva mi aveva scaldato il cuore.

Passavo giorno e notte accanto a quel letto d'ospedale, mentre la madre di Alice, Esme, si era presa l'incarico di curare mia sorella Jenny. Le fui grato, e gliene sarei stato per l'eternità. Ogni tanto, per staccare la spina per qualche ora, andavo a trovarla a casa Cullen, ma dopo quella pausa, prontamente tornavo in ospedale.

Per quanto mi riguardava il mio periodo scolastico era finito. Non avevo intenzione di tornare a scuola, volevo stare soltanto accanto a Ros. Anche Alice sfiorò la mia stessa idea, ma grazie ad una buona dose d'autorità e grazie a tutti quelli che le volevano bene, eravamo riusciti a convincerla a proseguire. Certo, si sarebbe presa qualche giorno di tranquillità, ma non avrebbe mollato e si sarebbe diplomata come da programma.

« Jasper? Tutto bene? »

La mano calda di Carlisle mi scosse leggermente la spalla, facendomi riaprire gli occhi che ad ogni istante, cercavano di chiudersi.

« Sì, sono solo un po' stanco.. »

Risposi abbozzando ad un sorriso, sistemandomi meglio su quella sedia che tutto ad un tratto era diventata di una scomodità assurda.

La stanza dove mi trovavo era piuttosto grande, ma all'interno non vi erano molte persone. Forse una ventina in totale, se non di meno. Al centro di tutto vi erano due uomini che, ad alternanza, parlavano e discutevano a gran voce gesticolando spesso e volentieri. Io ero troppo stanco per capire ogni singola parola, ma sapevo di cosa stavano parlando: dell'omicidio che era accaduto.

Carlisle aveva rintracciato all'istante il suo fedele avvocato, in modo che potesse darmi una mano. Ed io ero devoto nuovamente a quella famiglia che, come un figlio loro, cercava sempre di aiutarmi in qualsiasi cosa.

Passò una mezzora, poi finalmente ci dettero qualche minuto di riposo. Non era stressante solo per me, ma anche per l'avvocato che doveva rimanere ben concentrato. Anzi, forse la pausa era solo per lui dato che io non avevo seguito nemmeno una parola. Non appena il giudice si alzò io feci altrettanto e voltandomi verso Carlisle, gli dissi:

« Vado a chiamare Rosalie per sentire come sta.. »

« Non penso proprio! Dobbiamo discutere della faccenda! »

Sgranai gli occhi voltandomi verso l'avvocato Flynn, cercando di comprendere le sue parole. Se fosse stato per me gli avrei risposto a tono dato l'alto livello del mio stress, ma Carlisle mi precedette.

« Vedi Jasper, la faccenda sta diventando più delicata del previsto.. »

« Non.. Non capisco.. »

Ed era la pura verità. La mancanza di una bella dormita mi faceva capire tutto in maniera rallentata.

« L'accusa ha deciso di aprire un fascicolo contro di te e di accusarti per omicidio colposo di primo grado.. »

Questa volta fu Billy Flynn a rispondere alla mia domanda, lasciandomi completamente spiazzato. Io? Un assassino? Non mi vedevo in quella maniera, anche se la morte di Joseph a parer mio era più che giusta. I due al mio fianco cominciarono a parlare fra di loro mentre la mia testa andò completamente in tilt. La stanza cominciò a girarmi, tanto che dovetti sedermi per non perdere completamente i sensi. Appoggiai i gomiti sul tavolo, sorreggendomi la testa con i palmi delle mani. Avrei voluto scomparire tutto ad un tratto, tornare indietro di qualche ora e tornare accanto a mia sorella, mentre con la mano stringevo quella di Alice che mi avrebbe dato maggior coraggio.

I due smisero di parlare tutto ad un tratto, ma fu lo schiarirsi della voce dell'avvocato che catturò la mia attenzione. Carlisle, clemente come al solito, ripeté la domanda che però io non avevo sentito:

« Cosa vuoi fare? »

Scappare?

No, non potevo scappare dai miei problemi. Ma c'era una cosa che volevo fare in quel momento. Volevo stare accanto a mia sorella per vegliarla giorno e notte. Ma c'era un'altra cosa che desideravo: il coraggio e la forza di proseguire ed affrontare il tutto a testa alta. Così alzai il volto verso di loro e raggruppando tutta la lucidità possibile risposi:

« Chiamate Alice.. »

 

 

Odiavo sentirmi gli occhi addosso. Mi mettevano a disagio e se avessi avuto la possibilità di scegliere, avrei preferito rimanermene in un angolo lontano da tutti. Ma quando il giudice pronunciò la parola “imputato”, capì che era arrivato il momento peggiora da quando avevo messo piede in quel tribunale. Il banco dei testimoni era ancora più scomodo rispetto alla sedia su cui ero appoggiato poco prima, e gli occhi della gente sembravano trapanarmi il corpo da quanto sembrava affilati ed attenti. Voglio sparire, voglio sparire.

« Proceda pure avvocato Casley.. »

La voce annoiata del giudice mi fece rialzare il capo dritto davanti a me, verso l'uomo che da lì a qualche minuto, sarebbe diventato il mio peggior nemico di sempre. Con passo deciso si avvicinò a me, inchiodando i miei occhi. Mi sentì un verme.

« Dichiari le sue generalità prego. »

Che bisogno c'era? Sapeva benissimo chi fossi!

Esitai qualche istante finché non risposi.

« Jasper Whitlock Hale, signore.. »

Non avevo mai sentito la mia voce così debole e insicura. Forse era colpa del sonno o semplicemente mi sentivo intimorito da quel luogo?

« Signor Hale, vuole dire alla corte che cosa è accaduto il giorno dell'omicidio? »

E come se avessi premuto nuovamente il tasto play, raccontai le stesse cose che dichiarai il giorno stesso dell'omicidio alla polizia che venne a casa King.

La presi un po' alla lunga, raccontando non solo che trovai mia sorella in una pozza di sangue nella sua stanza da letto, ma che l'ormai morto Royce King era solito abusare di lei, farle del male anche nel peggiore dei modi.

« ..Così quando mi sono assicurato che i medici fossero arrivati, sono corso a casa Royce per guardare con i miei occhi l'uomo che le aveva fatto del male.. »

Provai a proseguire ma l'avvocato m'interruppe ponendomi una domanda.

« E sua sorella che cosa le aveva detto quando l'ha soccorsa? »

E' stupido o cosa?

Sbattei più volte le palpebre degli occhi domandai seriamente se si era fumato qualcosa quell'avvocato. Con la coda dell'occhio vidi Billy serrare la mascella ed io, senza nemmeno pensarci due volte risposi:

« No signore, Rosalie aveva perso coscienza.. »

« Quindi lei mi sta dicendo che è corso a casa King senza nemmeno avere la conferma che fosse lui il colpevole, l'uomo che ha abusato di lei? »

Corrugai la fronte rimanendo con le labbra semiaperte. Riuscì a zittirmi per una manciata di secondi: mi stava imbrogliando con le mie stesse parole.

« Non.. Non capisco.. »

« Lei ha commesso un omicidio intenzionato contro un uomo che, secondo le sue supposizioni, doveva essere l'aggressore di un suo familiare, senza prove né nulla. »

Questa volta non era una domanda, ma una frase decisa che mi spiazzò all'istante. Ma non demorsi, e prima che potesse aggiungere qualcosa, alzando un po' il tono della voce ed acquisendo un po' di coraggio dissi:

« Non.. Non volevo ucciderlo.. E' stata legittima difesa.. »

« E quindi lei vorrebbe insinuare che, consapevole di ciò che faceva a sua sorella, non ha mai avuto l'idea di ucciderlo? Di fargli pagare ciò che aveva commesso? Vuol forse dire che non l'ha mai minacciato o semplicemente pensato di farlo fuori? »

Il suono della voce di quell'avvocato spazzò via quel briciolo di coraggio che ero riuscito a guadagnarmi qualche secondo prima. Puntava il dito contro di me, e ad ogni domanda, sembrava di subire una pugnalata nello stomaco. Non sapevo che rispondere o meglio, non avevo la prontezza nei riflessi per poter rispondere in maniera diplomatica. Fortuna che il mio avvocato mi venne in contro:

« L'accusa suggerisce la tesi! »

« Accolta.. »

L'avvocato Casley si allontanò dal bancone da dove. Aveva un sorriso furbo stampato in faccia. Cominciava a farmi paura tutta quella situazione. Si appoggiò al tavolino dietro di lui, quando incrociò le braccia guardandomi in faccia.

« Bene signor Hale, ricominciamo. Dal principio.. »

Feci in tempo soltanto a guardare di sfuggita lo sguardo in pensiero della mia dolce metà che, esattamente come me, non vedeva l'ora di andarsene da quella stanza.

 

 

Il ritorno in macchina fu piuttosto silenzioso. Carlisle guidava l'auto, mentre Alice si trovava dietro di me e, senza dire nulla, semplicemente mi stringeva la mano, lasciandomi addormentare quando le palpebre non riuscivano più a rimanere aperte. Mi svegliò soltanto una volta, quando ci fermammo a trovare Rosalie. Sfortunatamente stava dormendo ed io non ebbi il coraggio di svegliarla. Sicuramente mi avrebbe chiesto dove fossi stato tutto quel tempo, e raccontarle l'orribile discussione che avevo avuto con l'avvocato Casley non era di certo al top della lista delle cose da raccontarle.

Così tornammo a casa, o meglio, quella che da qualche giorno era diventata la nostra nuova casa. Cullen e Hale in una stessa abitazione, fra le stesse mura.

Non appena entrai in casa, una sensazione di sollievo mi pervase facendomi sentire decisamente meglio. Il tutto fu aiutato dal tempestivo arrivo di Jenny che, come se mi stesse aspettando da chissà quanto tempo, mi raggiunse circondando parte del mio corpo con le sue braccia fragili. Con la coda dell'occhio vidi Carlisle e sua moglie congedarsi in cucina, mentre dal salotto sbucò Emmett col suo solito ed immancabile sorriso che sfoderava quando si trovava accanto a mia sorella Jenny.

« Ecco dove t'eri cacciata! »

Esclamò correndole incontro. Lei prontamente scappò via ridendo, fuggendo dalle grinfie del grande orso sempre allegro. Ma la verità era che dietro a quel sorriso, Emmett celava una grande preoccupazione, in primis per mia sorella Ros. Diceva che non voleva far sentire a disagio la piccola, ma non poteva nascondere gli occhi lucidi e la rabbia che lo avvolgevano quando andavo a trovare mia sorella all'ospedale.

Senza dire nulla, abbozzando soltanto ad un sorriso, presi le scale che portavano al piano superiore, dove Esme mi aveva sistemato le mie cose nella camera di Alice. Una volta entrato mi lasciai cadere sul letto ormai distrutto e sfinito.

Passarono un bel po' di minuti prima che Alice aprisse nuovamente quella porta e si avvicinasse a me. Da quanto ero stanco non riuscivo a capire se stavo meglio con o senza di lei. Nemmeno quando avvolse le sue braccia attorno al mio corpo sentì qualche differenza. Quei pochi istanti di silenzio parvero un'eternità. C'era una strana sensazione nell'aria, difficile da comprendere cosa fosse di preciso. Non altrettanto difficile capire che non era una bella sensazione.

« Fra pochi minuti la cena è pronta.. Se te la senti.. »

Alice allontanò le sue braccia dal mio corpo, alzandosi in piedi ed uscendo soltanto dopo avermi lasciato un bacio sulla guancia. Solo allora capì che quelle braccia calde erano un toccasana e che mi proteggevano dal freddo della sconsolazione.

Senza fiatare né dire nulla seguì Alice, trascinandomi giù dalle scale verso la cucina, dove tutti quanti, compreso Edward era seduto attorno ad un tavolo bandito da una marea di cose. Stuzzichini, contorni, le famose lasagne di Esme,.. c'era ogni bene di Dio.

Durante la cena vi era fin troppo silenzio. Nessuno aveva il coraggio di parlare o di dire qualcosa e forse, grazie a quell'atmosfera oltre che alla situazione, lo stomaco si chiuse ancora di più lasciandomi completamente a stomaco vuoto. Man mano che i minuti passarono, uno ad uno tolsero i propri piatti dal tavolo quando ebbero finito, lasciando la stanza vuota, soltanto con me, Alice, Carlisle ed Esme.

Fatalità.

« Non ci sono giri di parole per dire che non si tratta di una bella situazione.. »

Carlisle parlò subito dopo qualche secondo. Ma non ricevette risposta da nessuno dei tre.

« Billy mi ha detto che farà di tutto per diminuire il più possibile la pena.. »

« Cosa? »

Rialzai lo sguardo di scatto, esclamando quella parola senza nemmeno accorgermene. Sentì la mano di Alice afferrarmi il braccio e stringermelo dolcemente, come a voler sbollire la rabbia che sembrava per esplodere dalle mie vene. Carlisle deglutì a fatica e guardandomi dritto negli occhi proseguì:

« Jasper. Continuano a marcare sul fatto che tu hai commesso un omicidio senza averne la certezza esatta e poi.. Negli ultimi minuti hanno anche cominciato a varcare la soglia del “violazione di domicilio”. »

La testa cominciò a girarmi quando tutto sembrò molto più nitido.

« E.. quanto sarebbe la pena per.. Per la violazione di domicilio? »

Le parole uscirono a fatica e la presenza di Alice sembrò ancora più confortante. Ma non del tutto..

« Da uno a cinque anni.. »

Ora tutto cominciò a girare come se fossi appena sceso da una montagna russa. Mi lasciai sfuggire un gran sospiro che mi tolse tutto l'ossigeno dai polmoni. Caddi all'indietro, appoggiando la schiena allo schienale della sedia su cui ero seduto. Tutto ad un tratto sembravo assente. Sentivo a malapena la voce di Carlisle e di Esme che mi dicevano che mi sarebbero stati vicini sempre e comunque. Che mi avrebbero aiutato sempre e comunque. Tante belle frasi, che però non riuscivano a confortarmi.

Continuarono per un bel po' di minuti ed io rimasi fermo immobile ad ogni parola. Quando sentì nuovamente il silenzio, sfoderai il mio falso sorriso e con tanta finta convinzione, tanto che mi convinsi quasi da solo, risposi:

« Sì, avete ragione. Andrà tutto bene.. »

Andrà tutto bene cosa?

Me ne sarei andato da loro, da Jenny, da Rosalie, da quella donna che era riuscita a farmi perdere la testa. Come e cosa avrei fatto senza di loro? Erano la mia nuova famiglia e l'idea di perdere l'ennesimo pilastro della mia vita mi rendeva sconsolato e disperso in un mare di tristezza.

Ma se tutto questo era conseguenza della morte di quel verme, non potevo non ammettere che lo avrei rifatto un'altra volta se fosse stato necessario. Mio sorella non poteva essere trattata in quella maniera.

« Ora scusatemi, ma sono un po' stanco.. »

E così dicendo, sforzandomi di mantenere quel finto sorriso, mi congedai da loro ritornando in camera.
Passarono i secondi, i minuti e le ore. Ormai era ora di andare a letto per Jenny e come al mio solito, passai da camera sua quando già era caduta nel mondo dei sonni. Dormiva profondamente, con un sorriso da invidia stampato sul volto. Le accarezzai i capelli dorati inebriandomi del suo profumo. Quanto mi sarebbero mancate tutte queste azioni di routine?

L'ultima volta che mi ero allontanato per qualche giorno da lei, fu quando passai qualche giorno ad Aspen con la scuola, con Alice.

Alice.

Ecco l'altra persona che più mi sarebbe mancata. Avevo appena trovato la mia anima gemella, e già dovevo andarmene da lei. Mi sarei allontanato dalla sua voce perfetta, dal suo dolce profumo, dalla sua risata cristallina. E lei? Mi avrebbe aspettato per sempre? Oppure no? Mi sarebbe stata accanto come anima gemella o come amica?

Scossi la testa spazzando via quelle orribili idee che mi si stavano materializzando in testa. Uscì dalla camera dove si trovava Jenny e lentamente tornai nella mia nuova camera. Fu lì che la trovai. Aveva il volto rivolto verso la finestra che dava sul bosco che circondava casa Cullen. Mi dava le spalle e le sue braccia erano incrociate in avanti. Chiusi delicatamente la porta facendo il minimo rumore ed altrettanta attenzione impiegai quando mi mossi verso di lei. Dio solo sapeva quanto mi sarebbe mancata.

Allungai le braccia e con delicatezza le cinsi il corpo stringendolo al mio petto. Fu allora che grazie al riflesso del vetro, scheggiato dalle gocce di pioggia, vidi il volto di Alice bagnato dalle lacrime che le rigavano il volto. Insieme, tirammo un sospiro, come se soltanto quel tocco fosse bastato per creare un piacere in un momento così buio.

Non avevamo passato molto tempo insieme io e lei. Qualche mese, nemmeno un anno, ma una cosa avevo capito: a volte non ci servivano parole per capire ciò che l'altro pensava o ciò che l'altro volevo fare. Era come se quel silenzio che regnò fra di noi, fosse un dialogo di consolazione e di disperazione a volte rivolti nei miei confronti, a volte rivolti nei suoi.

Si voltò soltanto dopo qualche minuto, e come un lampo, alzò le mani sul mio volto ed unì le mie labbra con le sue. Sentivo le sue lacrime bagnare il mio volto e tutto ad un tratto non capì se si trattassero soltanto delle sue.

« Non ti lascerò.. »

Sussurrò quelle parole allontanandosi di qualche millimetro dalle mie labbra. Sorrisi appena, rendendomi conto che grazie a lei, era riuscita a cancellare parte di una mia grande preoccupazione.

« Posso capirti se lo farai.. »

« Non puoi pensarlo sul serio.»

Si allontanò leggermente dalle mie braccia fissandomi negli occhi per qualche secondo. I suoi occhi blu contro i miei, due fari accesi che sembravano analizzare qualcosa di sconosciuto.

« Alice.. »

« Non posso crederci! »

Si allontanò definitivamente dalle mie braccia, portandosi le mani fra i capelli ed esclamando quelle parole con, forse, fin troppa energia dato l'orario. Le lacrime uscirono maggiormente e le sue gambe sembravano non aver sosta. Continuava a camminare avanti e indietro per la stanza come se non avesse tregua.

« Lo hai pensato seriamente! Come hai potuto farlo? Come hai potuto anche solo pensarlo?! »

« Alice ti prego.. »

Mi avvicinai a lei allargando leggermente le braccia, invitandola a placare quella voce fin troppo alta e a finire quella stupida litigata che stava prendendo piede. Ma fu del tutto inutile.

« No Jasper! E' vero! Sarà dura, difficile da superare, ma non credere che non ci proverò e che mi arrenderò al primo ostacolo.. »

Le ultime parole persero un po' il timbro della voce perché sommerse dalla sofferenza del suo pianto. Tentò di nasconderlo portando i palmi delle mani sui suoi occhi, ma non era possibile spazzare vie quelle gocce salate. Fu allora che mi avvicinai a lei e la strinsi fra le mie braccia, accogliendo quel fragile corpo scosso dal pianto che l'avvolgeva. Appoggiai il mento sulla sua spalla, accarezzandole la schiena col palmo della mano.

« Dimmi che vuoi restarmi accanto.. »

« Lo desidero.. »

Non aspettai molto a rispondere a quella sua frase. Era la verità, desideravo che stesse con me anche se io fossi stato dall'altra parte del mondo. Dopo qualche minuto si allontanò definitivamente, asciugandosi le ultime lacrime che le scendevano dal volto.

« E' meglio che vada.. Si è fatto tardi e domani.. Devi svegliarti presto.. »

Tentò di illudermi con un sorriso, che assomigliava tanto a quello che avevo sfoderato io con Carlisle ed Esme. Si alzò sulle punte, lasciandomi un bacio a stampo sulle labbra mentre sussurrò:

« Cerca di dormire il più possibile.. »

Ma tutti e due sapevamo che era impossibile. Non sarei riuscito a dormire nemmeno bevendo un sonnifero. Troppa tensione, troppa rabbia, troppa malinconia. Sarei rimasto per chissà quanto tempo senza di lei, non poteva finire così!

Sentì la porta aprirsi e come un fulmine feci un passo verso di lei afferrandole delicatamente il braccio richiamandola:

« Alice.. »

I suoi occhi ancora umidi mi fissarono come a volermi chiedere che cosa volessi. Appoggiai la mano che le stringeva il braccio sulla porta, chiudendola facendo una lieve pressione. E mentre la mia mano chiuse la porta, il mio corpo si appoggiò dolcemente contro il suo quando le mie labbra si unirono nuovamente alle sue, questa volta con più armonia, con più fluidità, con più passione.

Le sue mani si aggrapparono al mio collo, accarezzando ogni centimetro della mia pelle. Mi allontanai dalle sue labbra soltanto dopo qualche secondo giusto per prendere respiro. I miei occhi si riflettevano contro i suoi da quanto eravamo vicini, uniti.

Sapevo che cosa desiderasse, lo sapevo perché era lo stesso desiderio che sentivo in me. Ma era come se non volesse osare troppo, come se non volesse varcare un confine invalicabile. Ma quel limite non esisteva. Così presi forza e coraggio, ed abbassandomi leggermente sulle gambe, sollevai il suo corpo costringendola ad incrociare le sue gambe attorno ai miei fianchi. I miei occhi, nemmeno per un istante si staccarono da suoi. Soltanto quando mi ritrovai al bordo del suo letto, chiusi nuovamente gli occhi quando le nostre labbra si riunirono come se fossero passati anni dall'ultima volta che si sono incontrate.

Delicatamente adagiai il suo corpo sul materasso, facendo ben attenzione a non staccare l'unione creata dalle nostre labbra. Le sue mani cominciarono a lasciare una scia di calore su ogni tratto della pelle che riuscivano a sfiorare. Il movimento delle sue labbra era come se riuscisse a donarmi un senso di pace, come se riuscisse a completarmi sempre di più, ad ogni spostamento.

Quando meno me l'aspettai, sentì le sue mani scivolare sulle mie spalle fino al mio petto, dove cominciò a sbottonare i bottoni della camicia che indossavo, uno ad uno. Quando anche l'ultimo fu slacciato, le mie mani avevano già cominciato a sfiorarle i fianchi, sfilandole definitivamente la maglia quando le mie mani sembravano due torce di fuoco. Con mio grande stupore, riuscì a sfilarle anche i jeans con estrema facilità. Fui sorpreso, perché mi rendevo conto di quanto stessero tremando le mie mani dall'emozione di essere lì, accanto a lei.

Tutto ad un tratto il suo profumo divenne più intenso e, come se ne avessi bisogno per sopravvivere, ne cercai ancora ed ancora. Fu così che affondai il mio volto nell'incavo del suo collo, inebriandomi completamente di quel dolce profumo, sfiorando con le labbra pelle che prima di allora non avevo mai sfiorato con cotanta convinzione.

Forse per il suo respiro che diventò affannoso esattamente come il mio. Forse il contatto della sua pelle contro la mia. Forse le sue mani che scesero verso il mio bacino per combattere contro i jeans. O più semplicemente l'unione di tutto questo, cominciava a procurarmi brividi di piacere che ogni tanto, mi facevano distogliere la concentrazione da ciò che stavo facendo.

Quando anche questa volta vinse definitivamente la lotta contro i mie pantaloni, il mio voltò si allontanò dal suo collo, incrociando i suoi occhi. Mi parve di perdere qualche respiro nel vedere l'emozione che quel sguardo riusciva a donarmi. Era intenso, più del solito, ricoperto da una patina lucida che, grazie anche alla luce della notte, mi lasciava completamente spiazzato, a bocca aperta, senza parole.

Le sue mani erano risalite verso l'alto ed avevo cominciato ad accarezzarmi il volto. Era come se tutto ad un tratto avessimo interrotto il tempo mettendolo in pausa. Il respiro cominciava a tornare regolare, ma i nostri occhi non avevano intenzione di staccarsi l'uno dall'altro. La sua immagine mi aveva lasciato senza parole o quasi.

Dopo qualche istante il suo volto si riavvicinò al mio, e fu allora che ascoltai ciò che forse avrei dovuto ascoltare tempo fa. La sensazione che avevo quando la incontravo, quando di nascosto, lontano da occhi estranei mi rubava un bacio a fior di labbra. Quando le nostre mani si sfioravano o, meglio ancora, si univano intrecciando le dita come una morsa ben salda.

Quando le sue labbra furono a pochissimi millimetri dalle mie, la voce uscì in un sussurro, tutto ad un tratto, con quel poco ossigeno che avevo nei polmoni:

« Ti amo.. »

Un altro stand by. Alice si bloccò all'istante. I suoi occhi si riaprirono tutto ad un tratto nel momento esatto in cui le sue labbra si socchiusero lasciandole un'espressione di sorpresa stampata in volto. I suoi occhi saettavano da ogni singolo angolo del mio viso, fino a quando non li richiuse nuovamente. Baciò le mie labbra con una dolcezza infinita, come se accarezzasse qualcosa di estremamente fragile. Le nostre labbra si baciavano consapevoli di essere mosse dall'amore.

Quel bacio fu uno dei più dolci che ci fossimo mai scambiati. Quando si allontanò per prendere aria però, non attese molto per dirmi se quel sentimento era ricambiato o meno.

Puntò i suoi occhi contro i miei, ed accarezzandomi dietro il collo disse le mie stesse parole, ma con talmente tanto sentimento che mi fece perdere qualche altro battito del cuore.

« Ti amo Jasper.. »

Il mio nome pronunciato da lei, unito da quelle due parole aveva qualcosa di unico e raro. Avrei voluto sentirlo ancora ed ancora. La sua voce lo rendeva ancora più profondo che mai.

Appoggiò le sue mani sulle mie spalle, e con una lieve spinta, mi costrinse a mettermi in ginocchio mentre il suo corpo si alzò dritto, di fronte a me. Appena i nostri volti tornarono a sfiorarsi, le nostre labbra si riunirono con più passione, mentre le sue mani finirono dietro la sua schiena slacciandolo e poi lasciando scivolare il reggiseno che indossava. Non mi accorsi di nulla occupato com'ero a creare coreografie improvvise con le nostre labbra, ma quando l'intimo toccò il materasso, avvolse le braccia attorno al mio collo, unendo i nostri corpi in un'unica cosa. Sentivo la pelle liscia del suo seno accarezzare il mio petto, creando un contrasto ben evidente fra la mia pelle calda e la sua, leggermente più fredda.

Quel contatto ovviamente, ebbe degli effetti collaterali anche al piacere che giaceva nei miei boxer come non mai. Ma fu una richiesta che ben presto venne soddisfatta. Alice appoggiò nuovamente la schiena contro il materasso, portando con sé anche il mio busto. Le mie labbra si allontanarono dalle sue, valicando un confine che prima di allora era ignoto ma soprattutto, invalicabile.

Le mie labbra calde erano nettamente in contrasto rispetto alla pelle nuda del suo seno. Calibrando per bene dolcezza e decisione, tentai di lambire più pelle possibile, focalizzandomi sui punti che potevano procurarle più piacere. I nostri respiri tornarono ad essere nuovamente affannosi, diventando a volte anche dei mugugni.

Il tutto sfumò quando la mia concentrazione dovette cadere sulle sue mani che, tutto ad un tratto, avevano liberato il gonfiore che premeva contro quell'indumento che tutto ad un tratto era diventato più che inutile. La mia mano accarezzò il suo fianco, scendendo in basso, facendo scivolare via anche l'ultima stoffa che copriva quel corpo perfetto che, tutto ad un tratto, era diventato mio.

Stava accadendo. Stava realmente accadendo un desiderio che avevo tentato di reprimere più di una volta. Un desiderio che entrambi volevamo soddisfare, e che ora, con la consapevolezza di provare un amore profondo nei confronti dell'altro, sembrava essere ancora più perfetto.

Ci guardammo un'ultima volta negli occhi, poi le nostre labbra si riunirono nel momento esatto in cui entrai dentro di lei. Il suo profumo diventò ancora più intenso, tanto che per un istante mi parve di perdere la condizione del tempo, come se tutto ad un tratto mi svegliassi da un profondo coma. Le nostre labbra si allontanarono all'istante, alla ricerca di altro ossigeno che sembrava non bastare mai. Respiri profondi si univano nell'aria, mentre i nostri copri uniti in una sola cosa, si univano con armonia, come dettati da una musica a noi silenziosa, ma che i nostri corpi sembravano seguire in sintonia. Entrambi dovemmo soffocare respiri troppo affannosi tappando le nostre labbra sulle spalle dell'uno e dell'altro.

Piano piano anche il suo corpo sembrava riscaldarsi o almeno questo mi parve. Le sue mani mi accarezzavano ovunque, mentre le mie invece, rimanevano ancorate al materasso perché la paura di schiacciarla col mio peso era troppo grande. Sussurrava il mio nome all'orecchio, a volte mordicchiava il lobo del mio orecchio, tanti piccoli dettagli che riuscivano a farmi impazzire. Fu la prima volta che provai seriamente cosa volesse dire amare alla follia una persona e concedersi a lei.

La danza creata dai nostri corpi però aveva una fine. Dopo qualche minuto il corpo di Alice diventò tutto ad un tratto più rigido. Le sue mani si aggrapparono alle mie spalle sollevandosi leggermente. Trattenne per qualche istante il respiro per poi rilasciarlo tutto ad un tratto quando raggiunse l'orgasmo. Il suo corpo fu scosso da piccole scariche elettriche ed il suo respiro continuava ad essere interrotto da esse. Raggiunsi l'apice di piacere qualche secondo più tardi, pochi istanti dopo che uscì dal suo corpo. Le stesse scariche elettriche si diffusero per tutto il corpo e la tensione provocata da quei pochi istanti, fu nettamente cancellata da una sensazione di pace fra di noi.

Rimanemmo immobile per qualche minuto, senza incrociare gli occhi dell'altro. Quando il respiro tornò normale, la mano di Alice mi accarezzò dolcemente, togliendo quei ricci che si erano appiccicati alla mia fronte. I miei occhi tornarono ai suoi ed il suo sguardo, carico di piacere soddisfatto unito alla stanchezza, mi fece sorridere. Allungai il collo verso di lei, lasciandole un bacio sulla fronte. Era scossa da piccoli tremolii, e questa volta non era dovuto al piacere del momento. Mi allontanai dal suo corpo e con cura afferrai il lembo delle coperte, avvolgendo il suo corpo.

Quando mi stesi accanto a lei, il suo esile corpo si avvicinò ulteriormente al mio, e la sua testa si appoggiò contro il mio petto con un movimento che non mi aspettai.

« Dimmelo ancora una volta.. »

La sua voce sussurrata era interrotta da quei piccoli tremolii che ancora una volta, mi fecero sorridere. Avvolsi le braccia attorno al suo corpo e stringendola a me ripetei quelle due parole che, tutto ad un tratto, sembravano più facili da pronunciare:

« Ti amo.. »

E con quelle due parole insieme ci addormentammo, uniti da quell'abbraccio. Mi addormentai consapevole di essere fortunato ad avere al mio fianco la persona che amavo. Ma non ero consapevole che il suo volto aveva ricominciato a bagnarsi di lacrime a me invisibili nella notte.

 

 

 

 

Saaaaaaaaaaalve a tutti!! :)

Penso che questo sia uno dei capitoli più impegnativi che io abbia mai scritto O.O

Ho tentato e.. Bé speriamo ci non aver fatto una pessima figura..

Volevo dare uno sfondo romantico, che sottolineasse l'amore che provano Jazz ed Alice..

Bé se volete, fatemi sapere che cosa ne pensate e se volete darmi dei consigli vi ringrazio molto! Ah e se volete mandarmi a quel paese fate pure xD

Dal prossimo capitolo ovviamente ci sarà una svolta e...

Basta ringrazio chi ha recensito, chi ha letto, chi ha inserito la storia in qualche sezione..

Grazie di cuore a tutti quanti! :)

Un abbraccione!

 

Fra!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Pick