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Autore: Fegele    17/07/2012    2 recensioni
[Post-Movie]
Era sempre stato terrorizzato dalla possibilità che la sua bambina gli somigliasse e, al contempo, l'idea di tenere tra le braccia il ritratto in piccolo di suo fratello gli era insopportabile.
"Mi ami?" Eppure, quando aveva visto gli occhi di Thor su quel piccolo viso paffuto tanto simile al proprio, Loki aveva solo pensato che non vi potesse essere niente di più giusto, niente di altrettanto perfetto nell'intero universo. "Sì."
"La ami?" Ma a Thor questo non lo avrebbe mai detto, come non avrebbe mai ammesso che, alla fine, era stato lui l'artefice di quella felicità che non avrebbero mai potuto vivere insieme. Perché era troppo tardi. "Sì"
Come non avrebbe mai ammesso che ogni volta che sentiva sua figlia piangere, gli sembrava quasi di sentire il se stesso bambino.
"Allora portala a casa e dimenticati di me."
[Thor x Loki] [Tony x Steve, secondaria]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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II


Fratellino lo aveva chiamato la mamma e Thor non aveva la minima idea di cosa fosse. Non aveva importanza quanto i suoi genitori cercassero di spiegarglielo nella maniera più semplice possibile, non era possibile che la sua mamma fosse anche la mamma di quella cosina spuntata dal nulla, non era possibile che suo padre fosse anche il padre di quel bambino troppo piccolo per giocarci o farci alcun che.
Fu sua madre a capire che qualcosa non gli andava a genio: per un’intera giornata Thor non fece un capriccio, non cercò di correre via dalle stanze di sua madre, non s’impegnò a far impazzire nessuna delle sue ancelle. Se ne rimase lì, seduto composto davanti a lei a fissare il neonato che aveva tra le braccia come se fosse qualcosa del tutto fuori dalla norma. “Che cosa c’è, tesoro?” Thor le si accucciò vicino docilmente e lei gli posò un bacio tra i capelli biondi, “non hai detto nulla da quando hai visto tuo fratello.”
Di nuovo quella strana parola. “È piccolo…” Fu l’unico commento che Thor riuscì a fare e sua madre dovette annuire: Loki era veramente  piccino in confronto a tutti gli altri neonati che aveva tenuto in braccio. Persino Thor, che le era sembrato tanto piccolo e fragile  la prima volta che lo aveva stretto a sé, non l’aveva spaventata così all’idea di prenderlo in braccio.
Con Loki le era quasi sembrato di non essere mai stata una madre ed era stata una sensazione orribile.
Il modo disperato in cui piangeva nel momento in cui suo marito glielo aveva messo tra le braccia, lo sguardo implorante che le aveva rivolto quando aveva alzato gli occhi verdi sul suo viso. Sapere la vera origine di quel bambino non l’aveva spaventata tanto quanto la possibile incapacità di non farlo sentire al sicuro. Thor non le aveva mai messo una simile soggezione, Thor le si attaccava addosso con possessione quando aveva bisogno di lei. Thor strillava, piangeva, la chiamava a gran voce e sorrideva quando finalmente lo prendeva tra le braccia.
Quella prima notte, Loki non aveva emesso un suono dopo essersi calmato nel suo abbraccio e alle prime luci dell’alba, quando si era alzata per controllare se stesse bene, lo aveva trovato raggomitolato nella culla con il faccino madido di lacrime e il fiato corto, come se non avesse più voce per strillare.
“Sì, è piccolo,” la regina avvolse il braccio libero intorno a Thor per stringerlo a sé più forte, “per questo dobbiamo prenderci cura di lui.”
Thor guardò sua madre e poi Loki che sembrava troppo interessato a cercare di ficcarsi in bocca un pugnetto per curarsi di loro, “anche io?”
“Certo, tesoro mio. Sei suo fratello maggiore, dovrai proteggere Loki quando io e tuo padre non potremmo farlo.”
Thor ci pensò un attimo, “è una cosa da grandi?”
Sua madre rise, “sì, amore mio, è una cosa da grandi!”
E il sorriso orgoglioso che comparve sul viso di Thor fu una delle cose più adorabili che avesse mai visto in vita sua.



“Ora spiegami cosa ne facciamo di questa roba?”
“Roba? Sono oggetti necessari!”
“Necessari? Tu questo lo chiami necessario?” Chiese Steve agitando un robot giocattolo poco idoneo per qualsiasi neonato al mondo. “È per aiutarla ad abituarsi!” Replicò Tony.
“A cosa? A smontare le armature? Non credo che sarà quello che farà nella vita.”
“Perché? Che ci sarebbe di male?”
“Ragazzi,” li richiamò gentilmente Bruce mentre armeggiava con l’incubatrice, “la state spaventando, abbassate il tono di voce.”
“Ottimo, Capitano!”
“Falla finita, Stark!”
“Ragazzi!” Ripeté Bruce con fare più incisivo e i due compagni tacquero non tanto per il tono di voce usato dal terzo compare, quanto per la possibilità che questi potesse irritarsi ulteriormente e non era auspicabile mentre si trovava nei pressi della figlia prematura di un semidio, “ha fame,” dichiarò il dottor Banner dopo aver scoperto la parte superiore di quel corpicino fragile.
“Ho tutti i biberon che ci servono!” Intervenne Tony frugando in una delle buste di plastica che aveva portato alla base senza destare sospetto alcuno. Se avessero dovuto sospettare di Anthony Stark ogni volta che ce n’era veramente bisogno, probabilmente sarebbero impazziti tutti nel giro di ventiquattro ore. “Compreso quello per i prematuri, che sembra più un contagocce, a parer mio.”
Steve fissava l’incubatrice da debita distanza, come se avesse paura di guardare da vicino cosa vi era contenuto all’interno. “Assomiglia ad una normalissima bambina,” commentò Bruce notando l’indecisione sul volto del biondo, “non ha niente di mostruoso, è solo molto più piccola di quello che dovrebbe essere.”
Tony fece un gesto vago con una mano, “il Capitano è in fase di negazione, il suo marchio di fabbrica anni ’40 gli impedisce di accettare quanto è avvenuto.”
“Penso di aver visto cosa più mostruose di questa,” commentò Bruce sorridendo alla neonata.
“Io sinceramente no,” ammise Tony percorrendo la stanza a grandi passi, lasciando Steve solo nel suo angolo, “ma Bruce ha ragione, Steve, è solo una bambina.”
“Siamo sicuri che abbia bisogno di latte?” Domandò Steve per focalizzare la discussione su un altro punto.
“Se Thor mangia cose umane in quantità che possono eguagliare le tue, non vedo perché una mini semidea non debba nutrirsi di latte.”
“Non è Thor che dovremmo prendere in considerazione, credo.”
“Perché no? È il padre.”
“Smettila una volta per tutte con questa storia!”
“Piuttosto qualcuno sa se Thor è vivo?” Chiese Tony con fare rilassato, “se è rimasto in piedi dopo lo shock, Loki ci metterà un attimo a stenderlo.”
“A me sembrava Loki quello bello che steso,” commentò Steve, “credo che se lo avessimo consegnato senza troppe precauzioni, non avrebbe mosso un dito contro di noi.”
“Sono d’accordo,” Bruce annuì.
“Io una seconda defenestrazione non la rischio, ragazzi, specie dalle vette di quest’enorme cosa antiestetica fluttuante.”
“Preoccupiamoci del latte, ora,” Bruce osservò il minuscolo biberon tra le dita di Tony, “penso che sia ottimo per cominciare. Se avrà più fame, tra qualche ora potremmo anche esagerare un po’.”
Steve scosse la testa, “io non credo che dovremmo farlo noi.”
“Ottimo, Steve! Missione latte!”
“Perché io?”
“Perché se lo faccio io, il primo che mi vede va a riferire a Fury che ho messo incinta qualcuna e non vorrei che le conseguenze delle epiche gesta di Thor ricadessero su di me. Le mie sono già un peso sufficiente.”
“Oh, santo cielo! Thor non è il padre, Stark!”
“Pensaci, Steve! È la cosa meno mostruosa che potremmo venire a sapere, se dietro la principessina c’è qualcosa di peggiore, il prossimo a finire sul pavimento sarai tu.”
“Dammi quell’affare!” Sibilò Steve strappando il piccolo biberon dalla presa di Tony, “io rimango dell’idea che non dovremmo farlo.”
“Sì, Capitano, lasciamo morire la figlia del male di fame!”
“Non penso che intenda questo, Stark,” intervenne Bruce e Steve annuì, “non mi sembra giusto che ci stiamo vivendo le sue prime ore quando sull’altro livello ci sono i suoi parenti.”
“Genitori…”
“Non ha importanza, ora! Loki non può essere qui e va bene, ma Thor ha diritto di esserci più di chiunque di noi!”
“Tu lo vedi, Capitano?” Chiese Tony mortalmente serio, “io no e la bambina nemmeno. Lei ha fame e ha bisogno di qualcuno che si prenda cura di lei, sfortunatamente non ci sono suoi congiunti presenti ma la priorità ora non sono i sentimentalismi. La priorità è che la signorina ha fame e non brilla certo come peso massimo, quindi ora tu te ne andrai in cucina a fare la tua parte nel prenderti cura di una bambina prematura che, suo malgrado, è figlia dell’ultimo nemico dell’umanità. È abbastanza?”
Steve aprì la bocca per dire qualcosa, qualunque cosa. Peccato che chiudere la bocca altrui fosse una delle cose che a Stark riusciva meglio, armatura a parte.


Ancora poco e Loki avrebbe cominciato a dubitare persino del suo stesso nome.
Non era nemmeno sicuro che il ricordo di quel pianto che continuava a riecheggiare nella sua testa fosse realmente del bambino. Aveva perso i sensi troppo in fretta per poter escludere con sicurezza che non fosse tutto uno scherzetto della sua mente provocato dall’aver oltrepassato abbondantemente il limite di resistenza del suo corpo e della sua psiche. Gli sembrava di aver udito quell’insopportabile uomo di metallo collassare a terra, credeva di aver intravisto quel mostro verde travestito da umano stringere con cautela qualcosa al petto mentre si allontanava con urgenza.
Per assurdo, l’unica cosa che ricordava con estrema nitidezza – oltre a quel dolore lancinante a causa del quale, per degli istanti interminabile, aveva creduto di essere in punto di morte – era la mano di Thor stretta nella sua, era la sua voce che continuava a sussurrargli parole che non si era preoccupato di memorizzare, era il modo disperato in cui aveva urlato il suo nome quando Loki si era arreso all’incoscienza.
Doveva essere ancora abbastanza esausto da addormentarsi senza accorgersene o Thor si era improvvisamente trasformato in una persona posata e silenziosa, se Loki non si era accorto della sua presenza nella stanza per la seconda volta nella stessa giornata.
“Ti ho portato dei vestiti puliti,” dichiarò Thor lasciando cadere in fondo al letto degli indumenti disgustosamente umani, “sono miei.”
Loki era indeciso se scoppiare a ridere o tirargli un calcio da qualche parte. Alla fine, si limitò a lanciargli lo sguardo più velenoso del suo repertorio: solo allora si accorse che il mantello rosso e tutto il completo principesco da idiota era stato sostituito con qualcosa di decisamente più sobrio e anonimo.
La spia rossa della telecamera sopra di loro smise di lampeggiare e Loki avrebbe voluto prendere a calci anche loro per la loro non richiesta discrezione. Tornò a porre attenzione su Thor solo quando questi accidentalmente lo sfiorò per liberarlo delle catene, “siediti, ti aiuto io.”
Che cos’altro doveva fare per farsi odiare da questo maledetto idiota?
“Hai già elaborato gli ultimi avvenimenti o li stai deliberatamente ignorando?” Chiese Loki con voluta acidità, non che Thor si offendesse per così poco, ormai. Era troppo imbecille anche per capire gli insulti!
Per tutta risposta Thor lo afferrò per un braccio e, prima che Loki potesse divincolarsi, lo issò a sedere sul bordo di quella specie di tavolo per cavie da laboratorio.
Probabilmente sarebbe stata la fine che gli umani gli avrebbero fatto fare, rifletté Loki.
“Spogliati.”
Sperò che lo sguardò che seguì non sembrasse troppo esterrefatto, piuttosto gelido.
“Voglio aiutarti, frat…”
“Non ho bisogno del tuo aiuto!” Loki allungò una mano per afferrare i vestiti puliti senza interrompere il contatto visivo con Thor, “voltati,” gli ordinò alla fine. Fu il turno di Thor di essere divertito e non si sforzò nemmeno di nasconderlo, “stai scherzando?”
L’espressione di Loki era funerea.
“Passi che non vuoi farti toccare da me,” Thor non era mai stato un tipo paziente, “adesso non sopporti nemmeno che ti guardi?”
Non sopportava nemmeno di sentirlo o di percepire la sua presenza in prossimità della sua persona, se proprio doveva essere sincero.
“Loki, guardami, sono io! Sono Thor! Sono tuo fratello, maledizione!”
Il silenzio era l’unica arma a sua disposizione, era talmente a pezzi che aprire bocca avrebbe voluto dire regalare una vittoria a Thor e si sarebbe decapitato da solo, piuttosto.
Da parte sua, il dio del tuono cominciò a vagare per la stanza a grandi passi sfogando l’irritazione che non poteva scagliare contro il reale destinatario. Loki non si mosse, non lo seguì nemmeno con lo sguardo, si limitò ad aspettare pazientemente che Thor facesse l’ennesimo passo per far male ad entrambi.
“Non è possibile quello che mi hai detto,” commentò dopo poco fermandosi alle spalle del fratello, “i tempi non portano.”
Loki sorrise, una perfetta combinazione di delusione confermata, sarcasmo e amarezza, “perché stai cercando scuse per tirarti fuori da una cosa che non riguarda neanche me?”
Poté quasi sentirgli gli occhi azzurri di suoi fratello che lo fissavano, “sei impazzito?”
“Se è una battuta non fa ridere…”
“Loki!” Thor fece il giro del letto per poterlo nuovamente guardare negli occhi, “non è così che vanno le cose!”
“A no?” Il sarcasmo nella voce del più giovane era più tagliente della lama che gli aveva conficcato nel fianco sulla torre di Stark, “e come va di solito, Thor? La solita vecchia, banale storia di mamma e papà che s’innamorano e, con loro immensa gioia, siamo nati noi? Quante volte ce l’hanno raccontata? Quante volte ci ho creduto prima di capire che l’unico bambino di quel bel lieto fine eri tu, solo tu! Io ero quello delle storie tragiche che nessun genitore racconta!”
“E vuoi che questo bambino sia quello dopo di te?” Domandò Thor esterrefatto.
Il sorrisetto di Loki era quanto di più terribile Thor avesse visto nelle ultime ore e di cose ne aveva viste tante di recente, “almeno io invece di abbandonarlo in una landa ghiaccio ad aspettare la morte, lo metto direttamente a disposizione del primo semi-dio di sangue reale troppo corroso dai sensi di colpa per poterlo lasciare in balia del suo destino.”
“Loki…”
“Gli daresti un fratellino prima o poi, no? Qualcuno con cui condividere tutto, al punto da non saper immaginare la proprio vita senza l’altro, al punto da…” Un risatina isterica, “lo faresti, Thor? Faresti tutto quello che nostro padre ha fatto per me, per quel bambino?”
Thor sospirò stancamente, “devi dirmi chi è il padre.”
“Te l’ho già detto…”
“Voglio la verità!”
“Lo vedi? Non ha senso fare differenza tra menzogna e realtà, alla fine si crede solo a ciò che si vuole credere vero o falso che sia.”
“Non è possibile quello che mi hai detto…”
“Lo so.”
“Allora perché cerchi di convincermi che si tratta della verità?”
“Perché se avessi voluto mentirti, sarei stato perfettamente in grado d’inventare una storiella a cui tu avresti creduto senza battere ciglio invece di scagliarti addosso una verità che non ha senso nemmeno per me!”
Thor non replicò, non poteva.
Se Loki avesse voluto mentire, avrebbe saputo come fare. Era parte della sua natura ancor prima che il mondo dorato in cui erano cresciuti crollasse addosso ad entrambi. Prima che quel giochetto fatale di odio e bugie cominciasse.
“Non lo sapevo.”
Doveva essere la verità, sul serio, doveva.
“L’ho scoperto proprio quando l’hai scoperto anche tu.”
Perché non era possibile che un bugiardo di talento come Loki s’inventasse una trama che faceva acqua da tutte le parti per ingannare la persona che meglio conosceva al mondo.
“Non sapevo di aspettare un bambino.”
Thor non disse nulla per un po’, come se quelle parole non lo avessero sfiorato nemmeno, “non ha senso…”
“Per quanto sia umiliante ammetterlo, io ne so quanto te.”
“Non ci si può non accorgere di una cosa del genere!”
“Tu non ti sei accorto di avere un mostro accanto a te per tutta la vita...”
Thor fece un gesto annoiato, “non è la stessa cosa, Loki!”
“A no? E perché?” Gli era sempre piaciuto provocare, gli riusciva bene.
“Era…” Thor sembrava quasi in difficoltà a dirlo, “era dentro di te…”
“Come qualcun altro prima di lui,” l’imbarazzo adolescenziale sul viso di Thor fu una vittoria puerile di cui Loki si sentì particolarmente fiero. Fu l’espressione gelida a seguire che fece perdere a Loki ogni desiderio di fare il sarcastico, “chi era?”
“Chi?”
“Dopo di me…” Fu la risposta sofferta, “chi c’è stato dopo di me?”
Possessivo, capriccioso. Che nessuno osasse toccare ciò che era del principino. Pena: la folgorazione.
E Loki era talmente esausto che non sapeva come prenderla quella domanda, “che risposta vuoi sentire?”
“Di verità ce n’è solo una.”
“Non è vero. Te l’ho già detto, no? Crederai solo quello che vuoi credere.”
“Mettimi alla prova.”
Sembra risoluto, il dio del tuono, ma Loki sapeva che dentro moriva un poco ogni secondo che lui si ostinava a rimanere in silenzio, “quel bambino è tuo, Thor.”
“Voglio sapere perché ne sei così certo?”
E Thor quasi sorrise quando Loki lo guardò con quell’espressione esasperata che sapeva essere per lui, solo per lui. Lo faceva sentire a casa.
“Hai presente quella storiella di cui parlavo prima, riguardo la mamma e il papà che s’innamorano? Bene, forse non lo sai ma una cosa universalmente vera c’è: funziona solo se si è in due!”
“Noi due?”
Perché lo chiedeva con quel fare solenne? Come se lui non avesse passato le ultime due ore a ripeterlo!
“Noi due…”
Per un momento Loki credette che Thor non avesse capito neanche una parola di quelle che si erano detti, perché il sorriso che gli rivolse non aveva alcun senso. Nessuno!
“Solo io?”
Loki inarcò le sopracciglia.
“Ci sono stato solo…?”
“Sì!” Rispose di botto Loki prima che Thor potesse esprimere ad alta voce il motivo di tanta gioia infantile. Poi lo capì, come si capisce qualcosa di banale che si è ignorato nonostante fosse stato sempre lì, davanti agli occhi. Non era il bambino che preoccupava Thor, non era la possibilità che potesse essere suo.
Era tutto il contrario.
Solo tu. Non c’è stato nessun altro, solo tu.
Era tutto quello che aveva bisogno di sentirsi dire e Loki lo aveva fatto senza nemmeno volerlo.
Abbassò lo sguardo come per nascondersi da quegli occhi azzurri che improvvisamente lo guardavano con adorazione. Quando lo sentì prendergli il viso tra le mani, gli sembrò quasi di morire.
Non poteva andare così. Non doveva andare così!
“Abbiamo un bambino?”
E Loki avrebbe voluto negare tutto, ricominciare da capo. Ripartire dal punto in cui era stato ad un passo dal spezzare l’erede di Odino come solo lui poteva fare, perché solo lui aveva un simile potere.
Solo lui poteva fare realmente del male a Thor, perché se così non fosse stato, avrebbe significato che suo fratello aveva smesso di cercarlo. Di volerlo. Di amarlo.
“Abbiamo un bambino…”
Nessuno dei due si accorse che la telecamera aveva ripreso a funzionare.


“Steven! Non far cadere la bambina, Steven!”
Tony Stark accolse il tonfo sordo alle sue spalle con un gran sorriso vittorioso, gli occhi ancora incollati al piccolo schermo dai colori sfocati della telecamera di sorveglianza che spense con un gesto quasi casuale, prima che i due protagonisti della scena del secolo si accorgessero di essere osservati, “io ve l’avevo detto!”
  
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