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Autore: Federico    18/07/2012    1 recensioni
Salve, dopo quasi un anno Federico è tornato per voi! Stavolta vi propongo il seguito della mia vecchia storia Strade d'Oriente, con protagonisti i membri dell'Akatsuki, ambientato molto tempo dopo la prima fic.
1924, Svizzera: Per festeggiare il proprio compleanno, Kakuzu decide di riunire i propri ex compagni di avventure e li invita a casa sua. Tutti accorrono, ma è chiaro che nulla sarà più come prima: la spensieratezza dei vecchi tempi ha lasciato spazio al pessimismo e alla disillusione, che ormai regnano sovrani in Europa squassata dal primo conflitto mondiale e minacciata da povertà, rivoluzioni e dittature. In un modo o nell'altro, tutti e sei i nostri eroi hanno sofferto a causa della guerra, ma finalmente troveranno il coraggio di confidarsi fra loro e dare sfogo ai propri turbamenti, rievocando con nostalgia tempi felici che non torneranno più... Questa fic, a differenza di Strade d'Oriente, non si incentrerà sull'avventura e sull'azione, bensì avrà un taglio introspettivo, dialogico e decisamente malinconico. Leggete e recensite numerosi, spero che vi piaccia!
P.S Quella fic su One Piece che vi avevo annunciato circa un anno fa prima di “sparire” è al momento sospesa a tempo indeterminato.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Travellers'
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Spazio autore

LizWingates: Grazie mille, sì, in effetti si può dire che in questa fic quel che accade durante la mattina e il pomeriggio sia solo una preparazione alla sera, e che il piatto forte della cena saranno i racconti delle esperienze di ciascuno durante la guerra, di cui ho già lasciato intravedere alcuni sprazzi (Deidara, Itachi e Hidan, per esempio). E' vero, forse le descrizioni dei paesaggi svizzeri risultano leggermente idealizzate e “alla Heidi”, ma il mio interesse in ogni caso è semplicemente quello di descrivere un posto piacevole e pacifico in confronto ad esempio alle trincee del fronte occidentale o alle lande innevate della Polonia, per far risaltare il desiderio di tranquillità dei nostri.

Grazie di tutto, alla prossima!

 

Colgo l'occasione per ringraziare Stellarium che ha inserito la fic fra i suoi preferiti. Stasera incomincia la cena, e finalmente le intenzioni di Kakuzu e Pain verranno allo scoperto: ma non tutti gradiranno l'idea...Per sapere cosa accadrà, leggete il capitolo odierno. Ciao a tutti!

 

Les cadeaux

 

Deidara, quanto diavolo ti manca? Qui siamo tutti pronti!” borbottò con voce sorda e irritata Sasori tamburellando con le nocche sulla porta di legno.

Un attimo, un attimo, mijn God! Devo finire di arrotolare questa....Aspettate...Ecco, ci siamo!”.

L'olandese spalancò con veemenza la porta e ansimando indugiò un attimo sulla soglia, la mano poggiata a una parete, studiando con lo sguardo gli amici di fronte a sé.

Un secondo! Dov'è Pain?” chiese guardingo e stupito.

Ha detto che Kakuzu aveva bisogno della sua consulenza per un acerta questione di decorazioni...” rispose evasivamente Hidan con una smorfia e uno svolazzo della mano che potevano significare molte cose.

Ci si sarebbe potuti aspettare che dei portatori di doni assumessero un'aria lieta e gioconda, ma i tre sembravano più che altro tesi e leggermente a disagio: era come se stessero ancora attendendo un evento particolare che sciogliesse definitivamente il ghiaccio.

Il francese fischiettava sommessamente La Marsigliese, come sempre usava quando era contento o cercava di distrarsi, roteando gli occhi in tutte le direzioni come alla ricerca di mosche svolazzanti, e con le mani tratteneva nervosamente un pacchetto di velluto rosso chiuso da un fiocco indaco; Sasori, sbollito il risentimento e riacquistato il consueto pallore, teneva lo sguardo incollato su Deidara senza muovere un muscolo e aveva con sé un pacco giallo con un fiocco verde chiaro; Itachi ora abbassava il volto a contemplare i tappeti, ora lo rialzava e chiudeva gli occhi massaggiandosi la tempia con l'unica mano libera, mentre nell'altra stringeva un pacco arancione infiocchettato di bianco.

Il biondo si si fece avanti con il proprio dono, una scatoletta azzurra chiusa da un nastro argentato, e sorridendo si pose alla testa del gruppetto, che cominciò ad avanzare per i corridoi: nessuno notò il singolare rigonfiamento degli abiti di Deidara sotto il quale si indovinava un qualche oggetto arrotolato, e se lo notò non ne fece parola.

Fino a quel momento, nonostante le loro curiose insistenze, Kakuzu in persona e i suoi domestici su sua precisa ed esplicita indicazione li avevano energicamente rilegati fuori dalla sala da pranzo, dove a giudicare dai rumori febbrili fervevano i preparativi; inoltre, nonostante la porta del salone fosse dotata di vetri, questi erano molto opachi e impedivano di scorgere alcunchè, come fossero anch'essi gelosi custodi di chissà quale segreto.

Per qualche ora i nostri avevano fantasticato e atteso, speculando tra l'altro con infinite illazioni sullo speciale favoritismo accordato dall'anfitrione a Pain, e non vedevano l'ora di celebrare in maniera finalmente formale e adeguata il compleanno del padrone e la loro riunione tanto sospirata.

La verità era anche che anni di sofferenze e ristrettezze non facevano che aumentare la loro brama di godimento materiale e buona compagnia: sì, ognuno ne era intimamente convinto, quella sera avrebbero esorcizzato in qualche modo la guerra del 1914-18.

Alla fine erano giunti là, nel lugo magico e prestabilito; le grandi ante del portone erano serrate fra di loro come le labbra di una gigantesca bocca, e non accennavano a lasciarli passare, intimorenti com'erano nella lora maestà.

Prima che qualcuno si azzardasse a bussare cortesemente la porta si spalancò, e con grande stupore i quattro si accorsero che erano gli stessi Kakuzu e Pain a spingere in direzioni opposte le possneti ante; dall'interno provenivano luci e un allegro cicaleccio...

Benvenuti a tavola signori. Sono terribilmente desolato di avervi fatto attendere per un periodo così incresciosamente lungo, ma avevamo bisogno di tempo per questo” si scusò con un grazioso inchino lo svizzero, tutto in gingheri con il suo frac migliore.

Vedrete, ne è valsa la pena” soggiunse con aria altrettanto affabile ed enigmatica l'inglese di Alessandria, abbigliato altrettanto elegantemente. “Abbiate la buona volontà di seguirci”.

Mettere piede per la prima volta nella sala da pranzo fu per loro come compiere il primo passo in un mondo nuovo, o meglio ormai remoto nel tempo e dato per definitivamente scomparso.

Gli sguardi dovettero impiegare qualche minuto per abituarsi alla luce accecante e al lusso abbagliante in egual misura, poi si spesero un pari numero di minuti e forse anche più a girovagare meravigliati esplorando l'ambiente.

Se si potesse viaggiare davvero nel tempo, come in quel libro di Wells che ho letto tanti anni fa...” ragionò ancora basito e incredulo Sasori, pizzicandosi numerose volte il dorso della mano per sincerarsi che non fosse solo un sogno fugace “...beh, ora so cosa si proverebbe in tal caso”.

D'altronde, cosa poteva assicurare loro che qualche incredibile magia non li avesse trasportati indietro di un decennio nel tempo?

Tutto in quella stanza, dalla fastosa tovaglia della tavola riccamente imbandita alla tappezzeria, dal mobilio ai lampadari, dalla foggia degli abiti della servitù a qualcosa di indefinibile ma molto concreto che riempiva l'aria, era stato sistemato e acconciato in modo da rispettare mode che a metà degli anni Venti avrebbero fatto sorridere i più per la loro antiquatezza, ma avrebbero fatto furore nell'ultimo decennio dell'Ottocento o nel primo del Novecento, quando regnava incontrastata la Belle Epoque con la sua gioia di vivere, il suo lusso generoso e rifulgente, la sua incondizionata fiducia in un futuro che non avrebbe potuto essere che altrettanto splendido se non di più, un felice dominato dal Bello e dal Progresso.

Per aumentare l'effetto di malinconico ricordo Pain azionò un grammofono e dall'apparecchio cominciò a uscire una soave e acuta voce femminile; in più di qualche paio di occhi, sentendo quella canzone che tanto era stata famosa nel mondo prebellico e credevano ormai dimenticato, spuntarono i primi lucciconi di rimpianto.

Ora vi sentite più a vostro agio, gente?” domandò serafico Kakuzu aggirandosi in mezzo agli ospiti commossi: “Quelli là dateli a me, ce ne occupiamo dopo cena”.

Si riferiva ai pacchi regalo, che si fece consegnare e appoggiò con delicatezza e precisione su un divano appartato: non erano comunque i doni il piatto forte della serata.

Oh, ma che gentili!” esclamò con finto stupore Hidan: “Avete pure preparato dei cartellini per indicare la disposizione dei posti!”.

Carezzò con un fruscio quel foglietto ripiegato di carta bianchissima, dopo campeggiava a grandi lettere corsive e svolazzanti di inchiostro nero il suo nome, accompagnato da una bandiera francese in miniatura.

Tutti presto poterono constatare che sul biglietto accanto al proprio nome c'era la bandiera del proprio paese: ma grande fu lo stupore di Itachi nel riconoscere sul proprio cartellino il tricolore nero, bianco e rosso del defunto Deutsches Kaiserreich anziché quello nero, rosso e giallo della contemporanea Repubblica di Weimar.

Adesso sì che siamo tornati alla vecchia maniera” pensò il tedesco concedendosi un timido accenno di sorriso.

Deidara e Sasori si scambiarono uno sguardo stranito, poi fu il rosso a prendere la parola per entrambi: “Come mai tutto questo, Kakuzu? Dovrebbe essere una rimpatriata fra amici, non un museo delle cere! Ma l'hai controllato di recente il calendario? E' il 1924!”.

Dimmi la verità, la pura verità, Sasori” lo interpellò con fare ammaliante e gentile Pain. “Sei davvero sicuro che, se ti fosse data una possibilità di tornare dieci anni indietro, preferiresti comunque vivere nel '24 che nel '14? Sei più sereno di allora al giorno d'oggi? Ci metteresti la mano sul fuoco? Su, dimmi”.

L'altro britannico assunse un'espressione confusa, quindi confessò con un filo di voce: “Forse starei meglio prima del '12, o anche prima del '10. Perdere centinaia di persone davanti ai tuoi occhi o quello che credevi l'amore della tua vita è altrettanto distruttivo. In ogni caso sì, hai ragione, non sono del tutto soddisfatto di questo presente, ma ormai ci siamo e ci dobbiamo restare”.

Dal canto loro Deidara, Itachi e Hidan annuirono gravemente.

L'elvetico sogghignò sotto i baffi: “Beh, come voi avete fatto dei regali a me, io ne farò uno splendido a voi. Per una notte, solo per questa notte, sarà come essere tornati ai vecchi tempi: godetevi la festa, se serve a rilassarvi. In ogni caso, abbiamo tempo più che sufficiente per trattare questa materia più tardi! Ora tutti a tavola, sto morendo di fame in casa mia!”.

La battuta strappò un coro unanime di sorrisi, e subito inziò la sfilata di camerieri con le loro teglie argentate piene di prelibatezze e di bottiglie con relativi calici di vetro.

Dopo le sue grandi capacità di arredatore e intrattenitore, adesso il padrone di casa dimostrava anche il proprio talento come organizzatore di pranzi e buongustaio: nessuno ebbe nulla da ridire sulla cottura o sul gusto delle pietanze, e anzi apprezzarono la preparazione innovativa e tesa ad esaltare anche i minimi sapori e le combinazioni fantasiose di ingredenti, nonché la presentazione estetica delle portate (anche l'occhio vuole la sua parte).

Non poteva ovviamente mancare il dolce, una meraviglia di puro cioccolato svizzero decorata con ciliegie e panne, e la cerimonia di spegnimento delle candeline; in mezzo ai lazzi e ai frizzi della brigata, felice e spensierata come un tempo, l'anfitrione sospirò contando i ceri: “Quarantadue anni! Questi sì che sono tanti! Ah, il tempo vola e noi con lui!”, quindi soffiò energicamente e ricevette uno scroscio di applausi.

La torta, che era già stata divisa almeno dodici volte da altrettanti occhi affamati, fu spartita in porzioni uguali e in poco tempo non rimasero che briciole e pezzetti.

Direi” intervenne d'un tratto Deidara masticando rumorosamente un'altra fetta di cioccolato, “che ormai i tempi sono maturi per aprire i tuoi doni. Non è così, Kakuzu?”.

Lo svizzero si limitò ad annuire sogghignando e battè le mani; al suo comando alcuni domestici recuperarono dal divano i pacchi degli ospiti e li posarono diligentemente sul tavolo.

Subito tutti e cinque gli invitati si alzarono da quella tavola lunga ma stretta e si posero in piedi accanto al padrone di casa, attorniandolo con un capanello di sguardi e lingue curiose.

Allora, vediamo un po chi è il primo...” borbottò felice Kakuzu scartando un pacco e aprendo una delle scatolette: “Oh! Ma è bellissimo! Aspetta, qua c'è un foglietto... “Da Pain con affetto per ricordarti sempre del magico Oriente”...Grazie, grazie mille! Davvero!”.

Nah, figurati, non mi è costato quasi niente! Tanti auguri piuttosto!” si schermì divertito il britannico rimirando la tabacchiera cinese che, se non serviva a contenere tabacco dato che Kakuzu non ne faceva uso, almeno avrebbe fatto bella mostra di sé come soprammobile esotico.

Nel frattempo l'anfitrione proseguiva imperterrito nell'aprire doni: “Allora... “Da Sasori con amicizia casomai ti si stancassero gli occhi”...Grazie mille, mi fai sentire già pronto per l'ospizio dei vecchi! “Da Deidara, sperando che tu finalmente capisca qualcosa di arte”...Non temere, mi acculturerò! E oh, cosa abbiamo qui... “Da Hidan un bel regalo per tenere i tuoi conti, avaraccio!”...Quanta premura, vecchio mio! “Da Itachi un bel capo elegante da indossare per le passeggiate mondane”...Ah, se non fossimo in casa me lo proverei già ora! Grazie amici, vi siete dannati anche troppo per questo stupido vecchio svizzero testardo...Potrò mai sdebitarmi?”.

Cosa vuoi che sia per chi si è salvato la vita a vicenda centinaia di volte spendere un po' di franchi, sterline o marchi in più una volta all'anno?” replicò ironico il francese, mentre lui e gli altri osservavano estasiati gli oggetti che loro stessi avevano comprato e ora sembravano così irragiungibili e desiderabili: la tabacchiera, un paio di occhiali con costosi ornamenti in guscio di tartaruga, un libro sulla pittura attraverso i secoli, un taccuino foderato in cuoio e un cappello all'ultima moda.

Fra altre considerazioni e battutine, si erano fatte quasi le dieci e i nostri avrebbero dovuto escogitarsi di nuovo qualche passatempo per una serata presumibilmente ancora lunga.

Avrei un'idea” esordì all'improvviso Pain, scambiandosi un occhiolino con Kakuzu; era evidente che quello era il momento migliore per portare avanti il loro piano.

Siccome troppo a lungo non ci siamo visti, abbiamo anni di storie e pettegolezzi in arretrato da recuperare! Ma soprattutto, sarebbe interessante sapere come ognuno di noi ha trascorso questi tredici anni. Ci state? Io sono abbastanza curioso...”.

Deidara scosse nervosamente la lunga chioma: “Non è successo nulla di piacevole in questi anni, né a noi né al mondo, questo lo posso dire” e cercava conforto nei volti degli altri fattisi improvvisamente ostili e contratti a quelle parole.

Già...La guerra, e non solo...” proseguì l'inglese pronunciando la parola tabù. “Tutti bene o male ne siamo stati colpiti, però non è nascondendoli che si risolvono i problemi. Facevamo forse così ai vecchi tempi? Coraggio, oramai è tutto finito: pensate a quei poveretti che sono ancora sottoterra o sono tornati a casa senza gambe, e ringraziate il cielo di esservela cavata. Gli amici non dovrebbero mai tenersi segreto nulla, ed è proprio questo che siamo: amici”.

Apparentemente freddo, in realtà in preda a sentimenti contrastanti, Sasori aprì la bocca per parlare.

  
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