SWITCH
WORLD
Il
mondo era stupendo. Così pensava Phoenix da quando Nellie
era arrivata per un suo desiderio. Era proprio come voleva che fosse la
sua
vita, ed era da quando aveva creato il suo amore che non usava
più i suoi
poteri. Tutto era perfetto ed era veramente felice tanto che non
ricorreva al
suo potere di cambiare il mondo. Quella dimensione gli piaceva e non
l’avrebbe
mai cambiata. Fuori dalla finestra di casa sua si vedeva
l’oceano Pacifico, il
rumore delle auto non si sentiva, i colori del tramonto erano perfetti
ogni
giorno, il tempo atmosferico era ideale per passeggiare. Non poteva
desiderare
altro.
Un caldo pomeriggio Phoenix e Nellie stavano seduti sulla spiaggia ad
aspettare
il tramonto. La ragazza dai lunghi capelli corvini sorrise.
“È davvero
un’atmosfera romantica... L’hai creato con i tuoi
poteri?” Nellie era l’unica
che conosceva i poteri di Phoenix. Le onde erano calme, nel cielo non
c’era una
nuvola, il paesaggio era incontaminato.
“Sì. Non è stupendo? Un vero
paradiso.” Gli occhi chiari del ragazzo si
rivolsero prima al mare e poi alla ragazza.
“Già, qui è stupendo.
Però...” Nellie guardò verso
l’orizzonte. “Non è troppo
perfetto? Voglio dire... Se tutto è sempre bello non si
riesce a vedere la vera
bellezza che c’è in ogni cosa. Sarebbe
più bello un mondo dove si possa
distinguere la tristezza dalla felicità.”
Phoenix guardò Nellie, confuso. “Ma a cosa ti
serve la tristezza?”
“Per trovare la vera felicità!” Phoenix
ci pensò osservando il sole tramontare.
I due abbandonarono la discussione iniziando a parlare
d’altro mentre si
avviavano a casa. Nellie tornò a casa sua e Phoenix
pensò al discorso di Nellie
sul mondo con la tristezza. Per far felice la sua ragazza avrebbe fatto
qualsiasi cosa. Così espresse il desiderio: “Desidero un mondo dove bisogna guardare la
tristezza per trovare la
vera felicità.”
Il
ragazzo dai capelli scuri aspettò che tutto si
avverasse con gli occhi chiusi, come il rito doveva essere. Per
cambiare la
dimensione ci voleva solamente un minuto, ma quasi sembrava infinito.
Phoenix
ascoltò con le orecchie tutti i cambiamenti sonori, visto
che non poteva ancora
aprire gli occhi. Sentì le onde dell’oceano farsi
più forti e una cosa che non
aveva mai sentito prima, almeno di quello che si ricordava. Era uno
strano
fruscio con degli strani colpi sulle finestre. Poi ad un tratto
sentì un rimbombo
fortissimo che gli fece aprire gli occhi, interrompendo il rito. Si
affacciò
alla finestra e vide il suo amato cielo azzurro coperto da nuvole nere e pesanti, come
se dovessero
crollare da un momento all’altro. Un fascio di luce lo
accecò e quando riuscì a
riaprire gli occhi il paesaggio che gli si presentò lo
terrorizzò. Era in
arrivo una tempesta, una di quelle potenti. Non sapeva che cosa fare
siccome
era la sua prima esperienza. Restò lì a guardare
il vortice che si avvicinava
sempre di più a Los Angeles in modo selvaggio. Phoenix se ne
stava lì alla
finestra, immobile ed impaurito. Quel turbine avrebbe spazzato via
l’intera
città! Doveva esprimere subito un altro desiderio e in
fretta.
“Desidero che la città
non venga
distrutta!!” Phoenix era in disperazione e tenendo
gli occhi chiusi, forse
per il terrore o probabilmente per far avverare il desiderio, si
riparò sotto
il tavolo della cucina sperando che quel minuto passasse in fretta.
Sentiva il
vento farsi sempre più intenso e in pochissimi secondi il
tornado arrivò in
città, distruggendo tutto. Phoenix da quanto era leggero
volò via assieme alla
sua casa in mezzo alla corrente d’aria. Teneva ancora gli
occhi chiusi, per far
sì che non arrivasse a distruggere tutto avverando il
desiderio. Si proteggeva
con le braccia da tutte le cose che il vortice tirava con
sé. Ad un tratto
tutto si fermò e lui cadde da almeno cento metri, finendo
sulla strada. Malgrado
le ferite si rialzò e si guardò prima a sinistra,
dove tutto era distrutto, poi
a destra, dove tutto era intatto. Sorrise: alla fine ce
l’aveva fatta a salvare
metà città.
Quella nuova dimensione era iniziata col piede sbagliato. Il ragazzo
sperava
che tutto si mettesse a posto. Lo avrebbe fatto lui se non fosse stato
ferito
al petto, quasi squarciandolo a metà. Arrivarono delle
ambulanze dall’altra
parte della città che portarono i feriti
all’ospedale, ancora intatto.
In pochi giorni dimisero Phoenix dall’ospedale che
andò a trovare Nellie a casa
sua, fortunatamente intatta. Quando suonò non rispose
nessuno. Pensò che forse Nellie
non era in casa, per cui aspettò il suo ritorno serale,
visto che era arrivato
ormai il crepuscolo, anche se la barriera di nuvole nere impediva di
vedere il
sole con il magnifico tramonto.
Quella notte Nellie non tornò a casa e Phoenix
iniziò a pensare da chi potesse
essere andata. Di sicuro sapeva benissimo che la casa del suo ragazzo
era stata
distrutta dalla tempesta e che tutte le persone che abitavano da quella
parte
erano all’ospedale. Però Phoenix non aveva visto
da nessuna parte Nellie quando
era in terapia. Ormai temeva il peggio per lei. Andò
all’ospedale e chiese se
tra i pazienti c’era il nome “Nellie
Jackson”. La risposta fu negativa. Così
chiese se avevano identificato il suo corpo morto. E anche
lì la risposta fu la
stessa, un dato positivo, visto che non era né tra i
pazienti né tra i morti.
Il ragazzo rimase seduto sul muretto della casa di Nellie, sperando in
un suo
ritorno, fissando, con i suoi occhi azzurro cielo, i fiori
dell’aiuola della
casa. Erano di tutti i tipi più belli e più
colorati: dalle rose bianche alle
orchidee viola.
Il tempo non trascorreva affatto veloce, anzi, il cielo ancora
più cupo rendeva
l’atmosfera triste e lenta. Caddero delle gocce
d’acqua dal cielo scuro. Le gocce
si moltiplicarono diventando un vero e proprio acquazzone. Phoenix non
capiva
cos’era andato storto nel desiderio. Questa non era per nulla
tristezza. Questa
era una tragedia. Come si può guardare la vera
felicità da una disgrazia? Forse
qualcosa era andato storto, o forse non si era espresso bene. Doveva
tirarsi su
con il morale e sistemare questa grossa faccenda, trovando per prima
cosa Nellie.
Era svanita nel nulla, come se non fosse mai esistita.
“Esistita”, forse era
quella la soluzione. Non aveva completato il desiderio, aprendo gli
occhi, e Nellie
non era stata trasferita nella nuova dimensione. Doveva essere per
forza così.
Quindi, sotto la pioggia espresse un desiderio.
“Desidero che Nellie torni in questa
dimensione con me.” Phoenix aspettò e
circa due minuti dopo, per
assicurarsi che nulla andasse storto, aprì gli occhi.
Suonò il campanello della
casa, Nellie doveva essere lì. Nessuno rispose. Questa volta
non capiva davvero
cosa fosse successo. Eppure sulla targhetta di fronte alla casa
c’era scritto “Jackson
Gregory, Jackson Nellie”. Gregory era il padre della ragazza,
Phoenix non
poteva sbagliarsi.
Nello sconforto il ragazzo continuava ad esprimere desideri, sperando
che uno
di quelli si avverasse e che Nellie venisse liberata dalle precedenti
dimensioni. In uno espresse addirittura che si annullassero tutti i
desideri
espressi dalla notte del 21 Maggio, il primo desiderio che espresse
dopo molto
tempo.
Ma non cambiava nulla, era sempre così: pioggia, cielo
coperto, città mezza
distrutta. Phoenix decise di tornare a casa sua. Ormai non
c’era più ragione di
aspettare una persona che non sarebbe arrivata mai.
Avevano costruito degli ostelli dove le persone colpite dalla raffica
potevano
stare. Di certo i letti non erano dei più comodi, ma almeno
la gente aveva un
riparo e del cibo.
Erano
passati tre mesi dalla catastrofe che aveva
spazzato via mezza città. La vita era tornata tranquilla e
la gente aveva
ripreso il suo normale corso della vita. Phoenix non si era ancora
ripreso
dalla scomparsa di Nellie. Ormai i suoi desideri non si avveravano e
alle volte
si trasformavano addirittura in peggio, che cambiando continuamente
dimensione,
ogni volta l’atmosfera diventava sempre più
negativa e si vedeva in faccia alle
persone un notevole stress.
In un salotto accogliente di una modesta casa sembrava svolgersi un
meeting di
persone famose, o almeno così appariva alla gente estranea
che passava di lì.
Infatti non era un meeting, era un incontro
dell’organizzazione segreta Alliance
versus New Dimension, abbreviato AND. Questa si occupava di trovare la
persona
che creava tutte quelle catastrofi per la città. Alcune
persone
dell’organizzazione, sostenevano che qualcuno si stava
divertendo a decidere il
destino degli altri, si sentivano trattati come dei burattini. Infatti
alcuni
membri non ricordavano di essere venuti al mondo e quindi sostenevano
la teoria
della creazione di nuove persone.
Il capo dell’organizzazione, Damon Jupiter, un uomo sulla
trentina vestito
completamente di nero senza separarsi mai dal suo cappello abbinato al
suo
cappotto nero, voleva che il vile uomo che si celava dietro il creatore
di
tutti quei fatti che accomunavano i membri
dell’organizzazione, venisse trovato
e ucciso, così che ogni uomo sulla Terra facesse il corso
della sua vita.
Era il 10 Agosto e il cielo era nuvoloso, sembrava che volesse piovere
da un
momento all’altro. Era un peccato non poter vedere le stelle
cadenti nella
notte di San Lorenzo per esprimere un desiderio. Phoenix
uscì sulla spiaggia,
non poteva fare a meno di sentire la mancanza della sua ragazza
perfetta. Un
anno prima su quella stessa spiaggia avevano espresso dei desideri
tutti e due
assieme. Il ragazzo non era solo sulla spiaggia, gli si
avvicinò un uomo con un
cappotto nero, anche se era Agosto, e un cappello del medesimo colore.
“Sei qui
per esprimere dei desideri?”
Phoenix cercò di intravedere il viso
dell’interlocutore, ma l’oscurità di
quella notte e i vestiti scuri dell’uomo ne impedivano la
vista. “Beh sì. Anche
se il cielo è nascosto per me i desideri si avverano lo
stesso.” Il ragazzo
guardò verso le nuvole.
L’uomo, che era alla ricerca del creatore delle dimensioni,
aveva trovato
finalmente qualcuno a cui parlare, qualcuno che credeva costantemente
ai
desideri, un certo Phoenix Evans. “Tu sei Phoenix Evans,
giusto?” L’uomo non
aveva dubbi. Chi mai potrebbe credere che tutti i desideri si avverino
tranne i
bambini?
“Sì. Perché?” Phoenix
cercò di vedere in faccia quella strana persona.
“Bene. Ormai non ho più nessun dubbio. Ti ho
scoperto, creatore delle
dimensioni.” L’uomo estrasse una pistola
dall’interno del cappotto.
Phoenix capì di essere nei pasticci. Iniziò ad
agitarsi e quello confermò la
tesi dell’uomo misterioso. “Che vuoi fare con
quella?!” Phoenix lo guardò
terrorizzato. Innanzitutto non capiva come quell’uomo era
riuscito a
smascherarlo. E in secondo piano voleva sapere chi era.
“Ucciderti è il mio obiettivo.”
L’uomo con il cappotto puntò la pistola al
ragazzo, pronto a sparare, per mettere, una buona volta, la parola fine
a tutta
quella confusione.
Phoenix iniziò a capire. Era solamente tutta colpa sua. Se
non avesse aperto
gli occhi prima che il minuto passasse, probabilmente tutto
ciò non sarebbe
successo, e i suoi poteri sarebbero rimasti invariati. Ma infondo, lui
voleva
un mondo migliore, all’inizio per accontentare Nellie, ma da
quando lei non
c’era più lo iniziò a fare solo per se
stesso. Capì di essere diventato egoista
e che aveva creato un destino che nessuno avrebbe potuto cambiare,
nemmeno il
creatore di nuove dimensioni. Ormai era troppo tardi per fermare tutte
quelle
calamità, perché i suoi poteri erano ormai
inefficaci. Aveva creato tutto ciò
da solo, e da solo avrebbe messo a tacere tutto, con l’ultimo
desiderio,
sperando che si avveri. Phoenix capì che non tutto
può essere desiderato.
Quelle persone hanno sofferto per colpa sua ed era giusto che lui
morisse. Solo
così si sarebbe fermato tutta questa follia.
L’uomo sparò.
“Io... Desidero un mondo senza la
mia
esistenza.” Chiuse gli occhi e aspettò.
Quell’ultimo desiderio ci mise
pochissimi istanti a realizzarsi. Phoenix svanì nel nulla,
proprio quando il
proiettile era a meno di cinque centimetri da lui. Sussurrò
qualcosa prima di
sparire per sempre. “Lo sapevo che saresti tornata,
Nellie.”
L’uomo restò sbalordito quando non vide il corpo
del ragazzo. Non aveva ben
capito cosa fosse successo, ma aveva sentito bene le ultime parole del
ragazzo,
quelle che disse mentre aveva gli occhi chiusi. C’erano solo
loro due sulla
spiaggia, quindi non poteva riferirsi a nessun altro. Cosa voleva dire?
L’uomo
rimase un po’ sconvolto ma infondo era riuscito a svolgere la
sua missione.
~~~
Phoenix
guardò verso il
mare, in quel crepuscolo autunnale. La pioggia lo stava bagnando tutto.
“...Non
mi sono immaginato tutto, vero?” Stava parlando da solo, ma
era quasi come se
avesse di fianco qualcuno. “No, era tutto reale. Ne sono
certo.”
Il ragazzo abbandonò la spiaggia di corsa e
attraversò la città arrivando
dall’altra parte, esattamente in un punto preciso: una casa
con un muretto di
pietra e con l’aiuole di rose e orchidee. Lesse la targa
davanti alla casa:
“Isaac Dian, Miria Harvent”.
“Lei non c’è. Ora sono ritornato solo.
Non posso raggiungerla. Non posso
morire, nemmeno se lo desiderassi.
Continuo
a rinascere, come una fenice”.
Le lacrime del ragazzo scorrevano sulle sue guance, mescolate alle
gocce della
pioggia.
FINE
Note dell'autore:
Salve! Questa è una one-shot che ho scritto come tema per le vacanze del 25 Aprile e il 1° Maggio. Spero vi piaccia ♥
Se la leggete fatemi sapere che ve ne pare.
Ho partecipato ad un concorso organizzato nella mia scuola con questo racconto. Ho partecipato con una versione più corta di questa siccome richiedeva un brano più corto. Sono stata premiata con una segnalazione. Sono felice che la mia storia sia piaciuta ai giudici!