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Autore: WillowPurple    20/07/2012    3 recensioni
“You aren’t on a plane…you are not going to fly… you aren’t on a plane…and you are not going to fly” continuavo a ripetermi come un mantra da oramai dieci minuti a quella parte, ovvero da quando ero salita su quell’aggeggio infernale, altresì chiamato aereo.
Ecco, il lavoro di dieci minuti andato perso, e dire che ero quasi riuscita a convincermi quella volta! Mi sarebbe toccato di nuovo iniziare tutto da capo!
“You aren’t on a plane…you are not going to-”.
“Excuse me, everything’s ok?”
[..] Ora ci si mettevano pure gli altri ad interrompermi? Non bastavano i pochi neuroni che non se l’erano data a gambe ed erano rimasti nel mio cervello?
[..]“Oh che caratterino, signorina…Elisabetta” ghignò lui, dando una veloce occhiata al cartellino appeso al mio bagaglio a mano, peccato che quello recitasse “E. Carpini”, come diavolo faceva lui a sapere come mi chiamavo??
Prendete un una ragazza che ha paura di volare, un bel ragazzo pronto a risolvere il suo problema, un pilota molto Gaio pronto ad aiutare all'occorrenza, un aereo pronto a decollare, shakerate e VOLATE con l'immaginazione assieme a me!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salii in macchina con Julie, che iniziò a dirmi quanto fosse felice di avermi lì con lei, quanto mi sarei divertita a New York, quanto di qui, quanto di là; a un certo punto mi accorsi di aver scollegato il cervello e di non riuscire più a seguirla: la mia mente era ancora ferma a uno sguardo di ghiaccio, caldo però come il sole, che mi fissava per l'ultima volta, prima di girarsi e sparire dalla mia vita.
Fui colpita da una folgorazione: "Il numero di telefono! Non gli ho chiesto nè mi ha dato il suo numero!" Esclamai all'improvviso, facendo prendere un colpo alla rossa. 
Mi chiese a chi mi stessi riferendo, ma io la ignorai, troppo presa dal mio dramma esistenziale.
Fortunatamente lei era una ragazza forte e risoluta, soprattutto intuitiva, quindi non ci mise molto a fare due più due, ma era anche una tipa che non accettava di essere ignorata, soprattutto per nessun motivo valido, a suo avviso ovviamente.
Era la sola quindi che poteva riportare quel minimo di sanità mentale che mi sarebbe servita per smettere di gridare come una pazza.
"Allora tesoro - mi disse risoluta col tono di chi non ammette repliche - questa cosa mi puzza sempre di più, ringrazia che devo guidare, però a casa sai cosa ti aspetta."
Io mi rassegnai, era meglio godermi ancora quegli ultimi attimi di libertà, prima che mi puntasse un faretto contro come nei migliori polizieschi, ordinandomi di dire tutta la verità, solo la verità, nient'altro che la verità. Ci mancavano solo Colombo e il commissario Rex, assieme a quel gran figo di Brandtner.
Eccomi, partita un'altra volta con i miei soliti trip mentali. Ironia della sorte, avevo paura di volare ma mi facevo più viaggi di una compagnia aerea.
Persa nei miei pensieri non mi ero nemmeno accorta di stare ormai girando per le trafficate, caotiche e meravigliose strade di New York. 
"Ma è pazzesco!" esclamai estasiata con la bocca aperta e lo sguardo imbambolato, mentre costeggiavamo Central Park e ci dirigevamo verso Times Square.
"Oh, finalmente! - esclamò allegra la mia accompagnatrice -ecco la Lizzie che conosco! Non vedevi l'ora di arrivare nella Grande Mela e prima non stavi nemmeno guardando dove stessimo andando!".
Effettivamente mi accorsi che mi ero fatta incantare come una bambina da una bella favola con tanto di principe, non quello azzurro in calzamaglia, è un fatto universalmente noto che sia Gay. Diciamocelo seriamente, quale uomo con un minimo di buon senso si metterebbe un costume e una calzamaglia per conquistare una fanciulla??
Il mio era un principe dagli occhi azzurri se mai, ma qui siamo nella realtà, non in un racconto fantastico. 
Mi rabbuiai, arrabbiata con me stessa per averci fantasticato troppo e aver completamente trascurato la mia amica, la mia migliore amica, quella che desideravo incontrare da due anni a quella parte.
Lily, come la chiamavo anche io, mi vide rattristarmi all'improvviso e mi chiese quale fosse il problema: le risposi dicendo quanto mi dispiacesse non averla salutata a dovere e averla trascurata in quel modo, pensando solamente ai fatti miei.
"Ma non scherzare! - mi rispose lei stupita - mica ti devi scusare, anch'io sarei stata fuori come un balcone se avessi incontrato uno gnocco del genere, è normale, finalmente la piccola Liz ha ritrovato i suoi ormoni, ti davo per spacciata dopo la rottura con Max".
Se c'era una cosa che però mancava a quella mia fantastica amica era il tatto, non riusciva proprio a non dire le cose esattamente come stavano, anche se ti avrebbero fatto male, era un mare di schiettezza.
Glie l'avevo fatto notare un paio di volte, quando mi aveva raccontato dei litigi con alcune sue amiche perchè aveva detto ciò che pensava, senza indorare la pillola come si usa fare di solito per alleviare un po' la brutta notizia.
E lei ogni volta mi aveva risposto alla stessa maniera, citando il suo film d'animazione preferito: "Esistono solo le notizie, non sono nè belle, nè brutte".
E io, come da rito, replicavo sempre allo stesso modo: "Capisco, senti io devo andare, ci sentiamo poi un'altra volta ok?" mentre lei, tutta seria, esclamava: "Questa è una brutta notizia!" e ci mettevamo a ridere come due sceme, finendo col parlare al telefono per altre due ore.
Mi persi in quei ricordi, per evitare che la mia mente indugiasse su altri molto meno piacevoli.
Lei notò il mio sguardo perso e mi disse un po' triste che era una stupida e che non avrebbe dovuto tirare fuori quell'argomento.
Le sorrisi, dicendole di non preoccuparsi, mentre scendeva con la macchina nel parcheggio sotterraneo di casa sua.
Quando uscii dall'auto la avvolsi in un vero abbraccio stritolante, cosa che avrei dovuto fare fin da quando l'avevo vista la prima volta in aereoporto.
"Sono così felice di esse qui, di vederti finalmente! Oddio tra poco ti sposi, non ci posso credere! Devi farmi subito conoscere il futuro marito perchè, se secondo me non va bene, questo matrimonio non s'adda fare!".
Iniziai a saltellarle attorno, proprio come una bambina, rendendomi finalmente conto della meravigliosa situazione in cui mi trovavo: ero dalla mia migliore amica, lei si stava per sposare e avremmo avuto un sacco di tempo da passare insieme a fare shopping per negozi e a sistemare le ultime cose prima del matrimonio, in cima tra tutte il suo vestito da sposa e il mio da testimone di nozze! 
Quasi non mi misi a piangere per la commozione.
 So che potrebbe non sembrare un comportamento da adulta matura e cresciuta, ma non ci potevo fare niente, ero troppo felice per lei, e dovevo pur dimostrarlo in qualche modo!
Vidi la mia stessa gioia riflessa nei suoi occhi, se non amplificata ancora di più, essendo lei la protagonista di quegli eventi, e ciò mi rese ancora più felice.
Salimmo su per le rampe di scale che si trovavano lì vicino e arrivammo davanti al portone di casa sua, una gigantesco grattacielo che non avevo avuto occasione di vedere ancora bene, essendo noi passate dal retro. Meravigliata dall'imponenza di quella costruzione, entrai, seguita da Julie, che stranamente era silenziosa e si limitava solamente a guardarmi. 
Una volta saliti gli scalini del pianerottolo mi precedette, guidandomi all'ascensore che trovammo già pronto ad attenderci.
Arrivammo fino all'undicesimo piano, dove si aprirono le porte e dove, evidentemente, c'era casa di Julie, che stava cercando nella sua borsa le chiavi per aprire.
Una volta entrata dentro la vidi chiudere la porta lentamente, non so perchè, ma mi iniziai a sentire come un animale intrappolato, senza scampo.
La vidi avvicinarsi piano piano, e iniziai ad indietreggiare, ormai certa che il periodo di tranquillità concessomi fosse giunto al termine.
"No no, non mi scappi cara, è meglio per te se ti siedi e inizi a raccontarmi tutto di tua volontà!" disse lei, mentre io mi mettevo a ridere: "ok, ok, hai vinto, però le conosci le regole no?".
Lei annuì e mi invitò a sedere sul divano.
Iniziai a raccontare, un fiume di parole fuoriuscì dalla mia bocca; oramai ero preda delle emozioni provate durante quel volo.
Tutti gli sbalzi d'umore dovuti alle sensazioni diverse che sentivo dentro di me facevano sì che avessi la stabilità emotiva di una banderuola.
La mia cara "psicologa" mi conosceva, e sapeva il metodo da usare con me.
Nonostante lei fosse una specie di vulcano pronto ad esplodere aveva capito che avevo bisogno di sfogarmi a modo mio, senza che nessuno intervenisse o chiedesse spiegazioni nel bel mezzo del mio racconto.
Avevo bisogno di abbandonarmi completamente in modo da non avere nulla che mi condizionasse, così da assimilare e accettare appieno quanto mi fosse successo. Alla fine avrebbe poi potuto chiedermi spiegazioni o fare commenti e critiche. Mi conosceva come le sue tasche e infatti così fece, e l'adoravo anche per questo.
Fu infatti quando ebbi finito di parlare, rientrando a contatto con il mondo circostante, che mi accorsi dell'espressione che aveva assunto il volto della rossa: era comparso un sorriso che sembrava una paralisi facciale, non tendeva minimamente a spegnersi, anzi, non sapevo come fosse possibile, ma aumentava sempre di più, pareva avesse la bocca di Steven Tyler.
Attesi qualche istante affinchè si riprendesse ed esplodesse quindi con la sua marea di domande, commenti ed esclamazioni euforiche, ma quando vidi che il suo sguardo e il suo sorriso rimanevano sempre tali, senza accennare a riprendere vita, mi preoccupai.
"Julie...Julie mi senti? Stai bene?" non l'avevo mai vista in quello stato.
Si ok, non l'avevo mai vista prima di quel giorno, ma anche per telefono mi sarei accorta se fosse diventata improvvisamente muta.
Già mi stavo preparando ad eseguire una qualche strana manovra di quelle che fanno vedere nei film quando vidi la sua bocca trasformarsi in una "O" ed esalare un minimo e appena accennato "wow".
"Juls mi vuoi dire che ti prende? Possibile che io non sia ancora morta soffocata dalle tue domande?".
"Non ci posso credere" continuò pensierosa lei, come se io non fossi nella sua stessa stanza in quel momento.
"Nemmeno io se è per questo" pensai tra me e me. Oramai avevo rinunciato a dirle qualsiasi cosa.
Ero sul punto di andarmene via per la disperazione, quando improvvisamente si risvegliò; l'avevo detto io che lei era un vulcano: stanno buoni buoni per tanto tempo, sembra che siano spenti, quando d'improvviso, BOOM!
"Oddio! Non ci credo! Non ci credo! Non ci credo! Non pensavo potesse succedere, non ci speravo quasi più! Oddio come sono felice!".
Ecco il vulcano Julie in attività, quasi quasi la preferivo quando era il catalessi.
"Si può sapere di che stai parlando?" sbottai irritata, vista la scarsa considerazione che mi stava riservando.
"La piccola, razionale, Liza atterrata da un colpo di fulmine!".
"Che?!? - strillai io sconvolta - quale colpo di fulmine?".
"Ma quello per il fascinoso, irresistibile, sexy, compagno di viaggio!" rispose lei saccente.
Io arrossii, dicendo che non era vero; potevano darmi il premio alla carriera come arrampicatrice di specchi.
"Ti prego cara, evitati queste figure, lo sappiamo sia tu che io che sei cotta marcia!".
"E se anche fosse? Tutto quello che mi rimarrebbe di lui sarebbe un biglietto, o vuoi forse dirmi che secondo te ho molte probabilità di beccarlo al supermercato mentre fa la spesa?" conclusi scettica.
"Il mondo è piccolo cara, e per le strade di New York passa mezzo mondo, quindi hai ben il 52% delle possibilità di incontrarlo!".
Io la guardai confusa, chiedendole il perchè di quel 2.
"Beh, quelle due siamo tu ed io ovviamente" concluse lei seria, mentre io mi mettevo a ridere, seguita a ruota da lei, mentre l'abbracciavo e la ringraziavo di essere quello che era: la mia bellissima, solare, pazza, migliore amica.
Mentre scioglievo l'abbraccio sentimmo suonare alla porta. Io ero, in quel momento, quella che stava ridendo di meno e Julie, dicendomi tra una risata e l'altra che aveva bisogno di riprendersi un attimo, mi chiese di andare ad aprire mentre lei si ricomponeva.
Quindi mi alzai, e dal salotto mi diressi alla porta, cercando di rendermi presentabile e di non sembrare una pazza.
Suonarono di nuovo il campanello, mentre io gridavo: "Un momento, arrivo".
Mi affrettai e aprii la porta senza nemmeno vedere dallo spioncino chi avesse bussato. Neanche due secondi dopo mi diedi della stupida -che diamine!- poteva essere chiunque, anche un ladro o un serial killer, anche se non mi risultava che questi usassero spesso bussare, ma non si poteva mai dire.
Quando aprii ci rimasi di sasso, non ci potevo credere, avevo bisogno di qualcuno che fosse in grado di rianimarmi perchè sarei collassata da lì a breve.
"Tu...t-tu sei...." Sconvolta cercai di parlare, dimenticandomi di essere in America e balbettando parole sconnesse in italiano.
L'altro tuttavia capì quello che dissi, perchè mi rispose con un forte accento inglese, parlando in un italiano un po' storpiato.
"Ciao, paiacere, tu deve essere la best friend di Ju!".
"Julieeee... ok che l'avevo visto in foto, ma non pensavo che il tuo futuro marito fosse così gnocco!!" gridai, indicando il ragazzo alto, muscoloso, dagli occhi verdi e i capelli castano chiaro.
"Scusame, ma what volere dire exactly niocco?" disse il fusto statuario, rivolgendo uno sguardo interrogativo alla sua bella.
"Niente niente, lascia perdere" gli dissi io, riprendendo a parlare inglese: "Mi chiamo Elisabetta". Gli porsi la mano, cosa che lui ignorò bellamente, per poi abbracciarmi e stamparmi due sonori baci sulle guance: "Piacere di conoscerti Elaizabetta, io sono Alan Gray, ma chiamami Al".
"Certo - risposi affabile - piacere mio Al, chiamami Ely, Lizzie, Liz, Liza, Betty, come ti pare". Non parlavo veloce quando ero nervosa, no.
Lui si mise a ridere: " E' troppo simpatica questa tua amica amore", e si avvicinò a lei, dandole un leggero bacio a fior di labbra.
Decisi che era l'ora di filarmela, quindi borbottai qualcosa sul darmi un rinfrescata e Julie mi indicò il bagno degli ospiti in fondo al corridoio, verso il quale mi diressi subito dopo, lasciando un po' di privacy ai due piccioncini.
Dopo essermi resa presentabile - il viaggio in aereo mi aveva ridotta a un groviglio di capelli  - con tanto di trucco sistemato e tutto il resto, uscii dal bagno, proprio mentre vedevo Julie venire dalla mia parte, dicendomi che mi avrebbe fatto fare il giro della casa, in modo tale che mi potessi sistemare e potessi disfare le valigie nella mia stanza.
La segui felice mentre mi mostrava la nuova casa che si erano comprati lei ed Alan; avevano avuto un gusto impeccabile, non a caso Juls era la migliore arredatrice di New York.
Lo stile era moderno, ma non eccentrico, ogni cosa era ben sistemata nel complesso e la casa aveva delle linee classiche e semplici, ma molto eleganti. Ci fermammo infine di fronte a quella che sarebbe stata la mia futura camera.
Entrai meravigliata: al centro della stanza c'era un grande letto matrimoniale: il copriletto aveva le tonalità dell'acqua marina ed era qualcosa di fantastico. Le pareti erano state dipinte di un azzurro chiaro così tenue che sembrava davvero di essere all'aria aperta sotto un cielo limpido come l'acqua. Una di queste era coperta da un'enorme cabina armadio, avevo gli occhi lucidi solo a guardarla! Feci i complimenti alla mia amica per quella casa, era davvero bellissima!
Lei mi ringraziò e mi lasciò libera di sistemare nell'armadio i vestiti che avevo portato. Liberai dalle valigie gli abiti in modo che non si spiegazzassero troppo e poi mi buttai su quel letto così invitante, addrmentandomi poco dopo.
 
* * *
 
"Ehy Lizzie, svegliati, Julie mi ha mandato a chiamarti, è pronta la cena".
Mi iniziai a svegliare e, vedendo un paio di occhi verdi sconosciuti poco lontani da me, mi spaventai, battendo la testa contro la testiera del letto.
"Scusami - disse Alan sorridendo - non volevo spaventarti, ho cercato di svegliarti con calma, se fosse venuta Ju probabilmente saresti bagnata fradicia per il secchio di acqua gelata che ti avrebbe tirato addosso!".
Risi, e lo seguii nella sala da pranzo.
Eravamo tutti e tre seduti a tavola a chiacchierare amabilmente - mi ero rilassata molto quando dietro a quel bel ragazzo si era rivelata una persona  buona, gentile e dal carattere allegro - così avevo dato la mia "approvazione" a Julie.
A un certo punto, subito dopo aver finito di mangiare gli antipasti, Alan si alzò, annunciando che sarebbe andato a prendere il primo. Poco dopo lo vidi tornare dalla cucina con una teglia coperta dalla pellicola d'alluminio e sedersi al suo posto.
"Allora Betty-Boop - si era fissato che assomigliavo al personaggio del cartone animato, anche se per certi versi era un complimento - così io sarei uno niocco??" e detto questo tolse la carta argentata, rivelando una teglia di gnocchi al pesto!
Scoppiai a ridere come un'ossessa, seguita subito dopo da Julie, mentre ad entrambe venivano le lacrime agli occhi.
"Cosa c'è? Che ho fatto di male? - chiese Alan - ho cercato su Google e ho letto che gli niocchi sono un tipo di pasta italiano, quindi perchè mi hai chiamato niocco?"
Io risi ancora di più, mentre iniziavo a sentire la pancia farmi male. 
Cercai di smettere di ridere e, quando poco dopo capii di essere in grado di parlare, ma soprattutto di farmi capire, mi apprestai a spiegare il perchè di quelle risa ad Alan, che attendeva paziente.
"Alan, è vero che in Italia gli gnocchi sono un tipo di pasta, molto buona devo dire, ma vengono anche chiamati così i ragazzi, per dire che sono belli e affascinanti fisicamente" gli spiegai ridendo.
Quando anche lui fu al corrente di tutto si mise a ridere, dicendomi che mentre dormivo era andato espressamente in un negozio italiano a comprare gli gnocchi ed il pesto e che aveva cercato su internet come cucinarli.
"Bene allora, assaggiamo questi favolosi gnocchi!".
Lui, da vero gentleman, ci servì nei piatti e, quando fu il mio turno, mi disse con uno sguardo intenso: "Comunque grazie per i complimenti, anche tu sei davvero niocca!".
Io risi imbarazzata - che cavolo - ricevere complimenti da un figo del genere non è mica roba da tutti i giorni! Poi feci a Julie: "La prossima volta gli do del fico, così ci porta pure il dessert!".
E tutte e due giù di nuovo a ridere, mentre Alan sorridendo attendeva paziente che gli spiegassimo la battuta.
La cena passò velocemente tra una battuta e l'altra e, dopo aver continuato a parlare un po' nel soggiorno, salutai la coppia felice e andai in camera mia, per riprendermi dalla giornata intensa e dal fuso orario.
 
* * *
 
Il mattino dopo mi svegliai più riposata che mai e con Julie avevamo già deciso che entro la fine di quella giornata avremmo trovato sia il suo abito da sposa, sia il mio come testimone.
Iniziammo subito dal suo e andammo per prima cosa nell'atelier che si trovava sulla Quinta strada, gestito da una signora di sua conoscenza.
Era una donna di mezz'età molto simpatica, che scoprimmo vendere non solo abiti da sposa ma anche da cerimonia in generale, però decidemmo lo stesso di dedicarci prima al suo, che era molto più impegnativo e, obiettivamente, più importante. Julie si provò vari abiti, stile impero, altri più sfarzosi e pieni di particolari, ma davanti a nessuno le avevo visto scintillare gli occhi dall'emozione, nessuno che la facesse sentire veramente la protagonista della giornata. Certo, tutti le stavano d'incanto ovviamente, aveva un fisico da favola e tutti le calzavano alla perfezione, ma ogni volta le vedevo lo sguardo rabbuiarsi, non trovando nulla che le piacesse davvero. 
Decisi che il prossimo che si sarebbe provata sarebbe stato quello giusto, non uno scelto dalla signora, che comunque era gentilissima, adesso aveva bisogno del mio aiuto! Mi aggirai decisa per la stanza, guardando con attenzione tutti gli abiti confezionati, quando venni colta da un'ispirazione. Andai verso l'ultimo gruppo di abiti appesi in un angolo e ne tirai fuori uno con decisione, era addirittura coperto da una protezione color panna sporca, l'unica tra quei vestiti, e lo porsi alla mia amica con determinazione: "prova questo!", lei mi guardò stupita: "Ma se non l'hai nemmeno aperto!".
"Fidati di me e provalo" dissi ancora, e lei decise di assecondarmi, prendendolo con attenzione e dirigendosi al camerino.
Ne uscì poco dopo: indossava un lungo abito bianco fatto di mille increspature che ne fasciavano tutta la sua splendida figura, unendosi tutte in un decoro che partiva dal decoltè e si diramava per tutto il fianco sinistro, fino ad arrivare alla vita. Il vestito terminava in un bello strascico, nè troppo lungo, ma neanche quasi inesistente, il giusto.
Vidi il volto della mia amica illuminarsi, sentivo che le sarebbe piaciuto.
"Ma è meraviglioso, come hai fatto a trovarlo? E' semplicemente perfetto, ne troppo elaborato, ma neanche nulla che passi troppo inosservato! Ti adoro!" disse Julie tutta contenta, mentre anche la signora le faceva i complimenti. La mia amica versò l'acconto richiesto per l'acquisto, facendoselo mettere da parte viste le altre spese che ci aspettavano. 
Dato che oramai era ora di pranzo decidemmo di fare una piccola pausa, prima di cercare il mio vestito.
Dopo aver mangiato - alla faccia della dieta - da McDonald, riprendemmo il nostro giro e la mia amica mi propose di andare a cercare il mio abito in un negozio che conosceva lei, anche se era un po' distante da dove ci trovavamo in quel momento. Io la assecondai felice, vista anche la mia quasi nulla conoscenza della città. Chiacchierando e scherzando mi sembrò di arrivare in un attimo di fronte al negozio che, sinceramente, non sembrava proprio uno di quelli adatti a vendere abiti da cerimonia. Io guardai dubbiosa gli abiti esposti in vetrina: "Juls, sei sicura che sia il posto giusto?".
"Fidati di me, so esattamente quello di cui hai bisogno".
Io annuii ed entrammo. In effetti all'interno l'aspetto migliorava molto, sembrava uno di quei negozi di famiglia dove tutti sono cordiali e disponibili con te, anche l'ambiente era familiare e confortevole. Sfortunatamente non si vedeva nessun commesso, quindi mi schiarii la voce, dicendo: "C'è nessuno?".
"Arrivo!" si udì una voce maschile venire ovattata da quello che doveva essere il magazzino. Poco dopo sentimmo un gran fragore e oggetti che cadevano, ci guardammo un istante e poi accorremmo a vedere cosa fosse successo; trovammo un ragazzo sul pavimento, di schiena, con alcuni scatoloni sopra che gli erano caduti addosso.
"Aspetta, ti diamo una mano!" e così dicendo lo liberammo da tutti quei cartoni, spostandoli di lato.
Finalmente lui si potè alzare ma, quando si girò, lo fissai sorpresa.
"Alberto?!?".
"Conosci mio fratello?".
"Tuo fratello?".
"Io!" disse una voce, giungendo dalle nostre spalle; mi girai e vidi la copia esatta del ragazzo che prima mi stava davanti, fatta eccezione per i vestiti.
"Tu?? Non ci credo, ma lavori qui?" chiesi io sbalordita.
"No no, questo è il negozio di mio fatello, sono passato qui solo per un saluto, tu invece? Come mai da queste parti?".
"Le serve un abito da cerimonia - intervenne la mia amica - a proposito, io sono Julie, la futura sposa"
"Piacere di conoscerti, io sono Alberto, e lui è mio fratello gemello, Francesco, ma tutti lo chiamiamo Frank oramai, ovviamente sono io quello che ha preso tutto il fascino".
"Non monopolizzare l'attenzione fratellino, questa splendida signorina è venuta da me!".
Julie ed io ci guardammo sorridendo, sembravano proprio due bambini.
"Allora tesoro - disse il commerciante allegro, dirigendosi di nuovo verso il magazzino - ho pronto il tuo abito".
Io guardai allibita i due che stavano con me, la rossa aveva la mia stessa identica espressione, l'altro invece sorrideva.
"Ma cos-"
"Sta tranquilla, sa esattamente il vestito che fa per te, gli basta dare un'occhiata alle persone per capire quello che vogliono" mi spiego il pilota sorridendo.
"Eccomi, ora zuccherino va a provarti questa meraviglia e poi non ringraziarmi".
Io lo guardai sempre più stranìta, ma il gemello mi rivolse uno sguardo della serie assecondalo-ci-sono-passato-pure-io così mi fidai, dirigendomi verso la  cabina per cambiarmi.
Mi misi il vestito meccanicamente, senza quasi badare a come fosse fatto, così, quando fui pronta, uscii fuori, senza neanche vedere che aspetto avessi.
La mia amica mi guardò sbalordita: "Tesoro, ma sei un incanto!"
"Ha ragione, sei semplicemente FA-VO-LO-SA!" disse lo strano tipo.
"Hanno tutti e due ragione e no, prima che tu me lo chieda, non è gay anche mio fratello, però visto che gli sembra strano ritrovarsi a vendere vestiti eleganti ma, soprattutto, gli sembra strano il fatto che questo lavoro gli piaccia, si diverte a far finta di essere gay, anzi una checca-gay per essere esatti - io non sono mica così! - prendendo in giro i clienti! Qualche volta fa venire dei dubbi pure a me!" disse Alberto, mentre io mi mettevo a ridere, erano delle sagome quei due.
Passato il momento di divertimento decisi che era ora di vedermi allo specchio per vedere il vestito che avevo indossato, cosa che potevo solo fare di sfuggita, guardandone la parte finale, così Frank mi porto di fronte ad uno enorme, dove osservai il mio vestito estasiata.
Era azzurro, tenuto su da una sola spallina fatta da una fila di fiori in pietre celesti, che si concludeva dietro, nel mezzo della schiena. Era fasciato lungo il corpo, delineandole le curve, pieno di mille pighe orizzontali, fino ad arrivare a metà coscia, dove erano racchiuse da un decoro simile a quello sulla spalla,da cui si diramavano una serie di morbide pieghe lungo il fianco sinistro. Corredato, Francesco mi diede da mettere un fantastico bracciale dello stesso colore. Il tutto era qualcosa di semplicemente magnifico.
"Avevi ragione, è splendido, graz-"
"Ah, ti ho detto non ringraziarmi dolcezza, è il mio lavoro" mi riprese scherzando Francesco, mentre ci dirigevamo verso la cassa.
Mentre stavo pagando vidi Julie illuminarsi improvvisamente: "Ragazzi, so che è tardi, ma che ne direste di partecipare al mio matrimonio domenica? Se non avete impegni e se avete voglia ovviamente".
Io la guardai sorpresa, ma lei mi disse: "Tu Alberto lo conosci,e sono felice di invitare Francesco visto il vestito che ti ha trovato e quanto è stato gentile con noi, che ne dite?"
Loro si guardarono un'attimo e sorrisero: "Diciamo che è una splendida idea!".
Julie si fece dare la loro mail, in modo tale da poter mandare l'invito di nozze con tutte le informazioni necessarie e dicendo loro, per scrupolo, che non si facessero venire in mente di farle qualche tipo di regalo di nozze.
Ero sicura che non le avrebbero portato nulla, come no.
Visto che non avevamo niente in programma, tutti e quattro decidemmo di andare a prendere un bel gelato vicino Central Park, così che io potessi fare un giro per i luoghi più caratteristici di New York. Ci trovammo veramente bene con i nostri due nuovi amici, erano un duo fantastico, sempre a ridere e scherzare tra di loro, spesso prendendosi in giro, ma nei cui gesti c'era nascosto tutto il bene che non avrebbero mai ammesso ad alta voce di provare l'uno per l'altro.
Quando erano quasi le sette decidemmo che era meglio andare, vista la cena  di famiglia che Julie aveva organizzato in modo tale da presentarmi la sua famiglia prima delle nozze.
Ci facemmo venire a prendere in macchina da Alan, visto che la casa non era molto distante dal parco e quindi non valeva la pena di tornare indietro.
Quando arrivammo i due coniugi ci salutarono allegri e ci fecero accomodare nel salotto.
Phil Walters era un uomo sulla cinquantina, forse aveva anche qualche anno di meno, ma omunque aveva un aspetto elegante e affascinante: per intenderci, uno gnocco stagionato, ecco. Nonostante la sua figura imponente si rivelò essere un uomo molto alla mano, con cui era facile iniziare un discorso e trascorrere piacevolmente la serata: era molto spiritoso e autoironico, ma soprattutto si divertiva a punzecchiare il suo nuovo genero, il quale stava sempre al gioco, scherzando con lui a sua volta, ma facendo sempre vedere attraverso gesti e parole quanta stima nutrisse nei suoi confronti. E la cosa era reciproca. 
Fui felicissima di fare la sua conoscenza poichè mi riservò, assieme alla moglie, un'accoglienza calorosissima, mettendomi subito a mio agio.
Sua moglie, Karen, non fu da meno; era una donna molto affascinante che sembrava appartenere alle più alte classi della società, ma allo stesso tempo era molto socievole, solare e piena di vita. Mi piacque fin da subito. Anche lei, rossa come Julie, mi trattò come una seconda figlia e non potei desiderare di più da quella cena, contenta di aver fatto buona impressione. L'unica cosa che mi dispiacque fu il fatto di non aver avuto occasione di conoscere Jack, il fratello maggiore di Julie, più grande di un paio di anni.
Quando glie lo dissi mi rassicurò, dicendomi di non preoccuparmi perchè il giorno dopo ci sarebbe stata una sua partita di calcio e che me lo avrebbe fatto conoscere in quell'occasione, così ne avrei anche potuto approfittare per dargli l'autografo del suo calciatore preferito.
Tornammo a casa che era ormai passata la mezzanotte e, quando mi misi a letto pronta per riposare, mi fermai un secondo a chiedermi cosa stesse facendo Roberto in quel momento, e se lo avrei mai più rivisto.
 
* * *
 
Il mattino seguente venni presentata a Jack, poco prima che iniziasse la sua partita.
Neanche a dirlo era un bel ragazzo pure lui, alto, muscoloso, capelli color del miele e sguardo ipnotico; non proprio il mio tipo però, soprattutto perchè si atteggiava tanto da latin lover, come si dice qui, o da piacione, come direbbe mia nonna, santa donna!
"Hey tu" disse lui, ammiccando nella mia direzione, con la voce bassa e profonda, quando mi vide.
"Hey tu lo dici a un'altra, mi chiamo Elisabetta! Non sono mica una di quelle facilotte che ti porti a letto e delle quali il giorno dopo non ricordi manco il nome!" sbottai irata, era stato odio a prima vista, ma chi si credeva di essere?
"Se vuoi a questo possiamo rimediare facilmente" gnignò lui, mettendomi una mano sul fianco.
Lo scostai violentemente: "Toccami un'altra volta e giuro che ti eviro".
"Uuh, violenta la ragazza! Sei così anche sotto le lenzuola? Mi piace, sai?".
"Ok, ora basta!" Stavo per saltargli addosso - senza pensare male, lo volevo solo uccidere - ma Julie capì le mie intenzioni e, avendo pensato che probabilmente un omicidio da parte della testimone a danni del fratello della sposa non sarebbe stata una buona idea, decise di intervenire.
"Basta Jack, fila in spogliatoio, ora inizia la partita" disse Julie, guardandolo severa.
"La signorina qui accanto è sicura di non volermi accompagnare?".
"La signorina ha un nome! E comunque accomodati se vuoi, sappi però che ti scorterà a calci nel sedere".
"Lo so che non vedi l'ora! Rooaaarrr, a dopo tigre" disse lui ridendo, mentre la sorella faceva quello che avrei fatto io se lo avessi accompagnato.
"Simpatico tuo fratello" le dissi ironica.
"E pensa che sono 24 anni che ci ho a che fare!".
"Ma almeno a te non fa proposte indecenti" .
"Non ne sarei così sicura sai?" disse lei ridendo, mentre mi univo anch'io alla risata, facendole cenno di sederci, visto che  stava per iniziare la partita.
Lo scontro tra le due squadre fu molto acceso, facendoci rimanere col fiato sospeso fino all'ultimo minuto di recupero, per la paura che gli avversari annullassero il goal di vantaggio che avevamo conquistato.
Fortunatamente la partita finì 2 a 1 senza nessuna brutta sorpresa dell'ultimo secondo.
Così, tra gli applausi, aspettammo che il "pallone gonfiato" uscisse fuori dagli spogliatoi.
Quando lo vedemmo congedarsi dai suoi compagni di squadra, gli andammo incontro, mentre lui mi guardava con un sorriso sghembo: "Già ti mancavo, dolcezza?"
"Da morire guarda" sospirai rassegnata: cinque minuti che lo avevo conosciuto e già non lo sopportavo più, un record!
"Visto? siamo fatti per stare insieme".
"Ah ah, volevo solo darti questo" e così misi mano alla mia borsa, per tirare fuori il cartoncino con l'autografo, che gli diedi distratta.
"I wanna fly with you baby" lesse lui, mentre io mi accorgevo della cavolata che avevo fatto.
"Hemm, ho sbagliato, ridammelo" dissi rossa, mentre lui mi ignorava e continuava a leggere in silenzio.
"mmm...Roberto, ma non è-
Julie intervenne: "Non è il biglietto che voleva darti infatti, figuriamoci, ridaglielo" disse con un tono che non ammetteva repliche.
"Ok ok, scusa honey" disse lui, mentre io lo ricacciavo in fretta in borsa per prendere il foglietto giusto e darglielo.
"Non ci credo! L'autografo con dedica di Alex! Sei un angelo, sei venuta fino a New York solo per darmelo!".
"Eh, infatti il matrimonio di tua sorella è stata una pura coincidenza!".
Passammo così la giornata, tra uno sfottò e un altro, una provocazione e un battibecco e, quando arrivai la sera a casa, ero distrutta mentalmente, tanto che mi addormentai sul divano.
Mi svegliai riposata al suono del cellulare che avevo preimpostato, ma non dove mi ero addormentata, bensì nel mio letto, con tanto di pigiama addosso.
Mi vestii e andai in cucina, dove c'era Alan che preparava la colazione fischiettando: "Buongiorno dormigliona!".
Io sbadigliai: "Ciao, dov'è Julie?".
"E' uscita presto, è andata a prendere i vostri vestiti per domenica".
Gli chiesi come mai non fosse andato anche lui con lei e mi disse che Ju aveva minacciato seriamente di strangolarlo se avesse provato ad avvicinarsi al suo abito da sposa, come nelle migliori tradizioni.
Mi fermai a chiacchierare con lui, approfondendo la nostra conoscenza e mettendo le basi di quella che sarebbe diventata sicuramente una bella amicizia. 
Visto che Julie tardava a tornare e si stava avvicinando l'ora di pranzo, quindi sarebbe stato troppo tardi per uscire, Alan ed io decidemmo di prepararle insieme un pranzo speciale, così andammo velocemente al supermercato a comprare il necessario.
Una volta lui l'aveva portata in un ristorante italiano, dove avevano mangiato una deliziosa pasta all'amatriciana che le era piaciuta tantissimo, così avevamo deciso di replicare.
Quando Julie tornò fu felicissima della sorpresa, ma soprattutto fu contenta di vedere il suo futuro marito ed io diventare amici.
Tuttavia durante tutto il pranzo fu un po' strana ma, quando Alan le chiese se ci fosse qualcosa che non andava, lei disse che era tutto ok.
Quando oramai avevamo finito di mangiare, mandammo Julie a riposarsi sul divano visto il lungo giro che si era fatta durante la mattina, mentre Alan mi chiedeva se potevo andare un attimo ad aiutarlo in cucina.
"Senti, hai visto anche tu che Julie è tornata che non stava tanto bene, potreste annullare la vostra uscita di oggi? Non vorrei che peggiorasse" mi chiese Alan preoccupato, mentre lanciava uno sguardo a Julie.
Gli dissi di non preoccuparsi, che non volevo uscire nemmeno io quando Julie non si sentiva molto bene, quindi le proponemmo di vedere tutti e tre un film, cosa che lei approvò molto volentieri.
 
* * *
 
Quasi senza accorgermene arrivo il giorno tanto sperato. 
"Casa Gray" era in fibrillazione ma fortunatamente, vista la meravigliosa capacità organizzativa della sposa, non ci furono crisi e problemi dell'ultimo minuto. Alan venne mandato a casa del suo testimone, nonchè caro amico Michael, mentre la loro fu adibita a sala di preparazione della sposa.
Fu un turbinio di nastri svolazzanti, ombretti rotti, mascara finiti, acconciature per capelli complesse e sistemazione dei vestiti.
Tuttavia tutto filò per i verso giusto, grazie anche all'aiuto di una parrucchiera-barra-truccatrice, amica di Julie, nonchè damigella d'onore.
Vennero organizzate le macchine e si partì, stranamente in orario visto che si trattava pur sempre di una sposa, in direzione della chiesa.
La cerimonia fu una di quelle classiche: fiori, marcia nuziale che faceva commuovere quando non era nemmeno entrata in scena la sposa, petali di rosa sparsi dalle due damigelle piccoline, nipoti di Alan, poche parole pronunciate con grande commozione e gioia da parte di tutti. 
Alan faceva la sua bella figura nel suo elegante abito sulle tonalità del blu, mentre tutti sospirarono estasiati alla vista del vestito di Julie, e di come fosse splendida quella mattina. 
Le promesse che si scambiarono furono semplici ma intense, dentro di esse era racchiuso tutto l'amore che provavano l'un per l'altra.
Al momento del fatidico si, rimasi col fiato sospeso.
E se fosse arrivato un qualche ex fidanzato, ancora innamorato perso della sposa, ad interrompere la cerimonia? E se Julie, non avendo ancora dimenticato quel loro tenero amore, si fosse lasciata prendere dall'emozione e avesse lasciato Alan sull'altare?
Fu questione di un solo istante, giusto il tempo per la sposa di prendere fiato, quello che io avevo trattenuto, e dire tre semplici parole: "Yes, I do".
Una lacrima sfuggì al mio controllo, scendendo leggera sulla mia guancia, mentre sorridevo felice, pensando che la realtà, a volte, era più emozionante di qualsiasi fantasia.
 
* * *
 
La fine della cerimonia fu un commovente scambio di baci e congratulazioni, mentre decidevo di aspettare in disparte che la folla scemasse in attesa di poter offrire le mie congratulazioni ai miei cari amici. 
Subito dopo ci fu l'uscita della sposa dalla chiesa, il riso di certo non poteva mancare, e poi le foto.
I neosposi avevano deciso di farne solo un paio con il fotografo, per lo più scatti singoli o loro due assieme, mentre il resto avevano pensato di farle loro, senza grandi pose o enormi foto di gruppo, solo una marea di scatti, ma quelli veri, senza pose forzate, solo sorrisi genuini e sinceri.
 
* * * 
 
Una volta arrivati al ristorante, tutti gli invitati si sedettero ai tavoli assegnati, mentre io scoprivo con piacere che Julie aveva sistemato Alberto, Francesco e me nel suo stesso tavolo, in modo che ci fosse già qualcuno che conoscessero, anche se non credevo che avrebbero avuto nessun problema visto il loro carattere.
Quando tutti si furono sistemati, o almeno, quando credevo che lo avessero fatto, visto che non tutti i tavoli erano visibili dal mio, mi alzai in piedi per fare il discorso di auguri per i due sposi, come da tradizione.
"Salve a tutti, so che la maggior parte di voi mi avranno visto ora per la prima volta anzi, oserei dire praticamente tutti, escluse sette o otto persone.
Mi presento, sono Elisabetta, la migliore amica di Julie, nonchè testimone di nozze, vengo dall'Italia, l'ho conosciuta quasi tre anni fa, ci siamo viste per la prima volta questo martedì e oggi sono qui a farle da testimone. Incredibile vero? Io non sono una gran esperta di matrimoni, ma in teoria dovrei essere qualcuno che testimoni il loro amore e voi direte, come faccio io a farlo se li ho visti appena?
Magari non so nulla dell'amore, anzi, probabilmente è così, ma secondo me amare qualcuno vuol dire rispettarlo e sostenerlo, prendendosi cura di lui. E per prendersi cura di qualcuno devi sapere di cosa ha bisogno, e per saperlo devi conoscerlo perchè, se prendiamo Julie, non verrà mai a chiederti aiuto se ha un raffreddore, può cavarsela anche da sola, ma se Alan la conosce, come credo che sia, capirà quando sta male e le starà accanto pronto ad aiutarla, ma non perchè creda che lei non possa farcela senza il suo aiuto, anzi, ma perchè la ama e quindi le vuole stare vicino e farle sentire la sua presenza e dimostrarle che ci tiene a lei. Giovedì Julie avrà preso un po' di vento perchè il giorno dopo si è svegliata con un lieve raffreddore.
Alan ha dimostrato quanto ci tenesse a lei, preoccupandosi e standole accanto e cercando di farla  stare meglio. Questo è solo un piccolo episodio, magari insignificante, ma che racchiude in un certo senso tutto quello che è stato detto nella cermonia: in ricchezza e in povertà, in salute e malattia." 
Feci una pausa, volgendo lo sguardo a tutta la sala, per poi ritornare sugli sposi.
"E' facile innamorarsi di una persona, vuoi per il suo aspetto, vuoi per i suoi pregi, e nonostante i suoi difetti, magari. Ma il primo traguardo si raggiunge quando si riesce a far innamorare questa persona di noi stessi, permettendole di conoscerci e rispettarci, di amarci grazie alle nostre qualità, al nostro fascino, anche grazie al nostro aspetto, in fondo: Al, sei uno gnocco!" dissi, facendo ridere la coppia, oltre a qualche altra persona che evidentemente veniva dall'Italia.
Quando tornò il silenzio ripresi: "In questi pochi giorni sono riuscita a vedere tutto questo in questa meravigliosa coppia. Ora si sono impegnati a far durare questo amore, finchè morte non li separi, e questo è un altro traguardo da raggiungere ma, francamente, speriamo che avvenga il più tardi possibile! Posso solo augurar loro "buon viaggio" in questa meravigliosa avventura che hanno iniziato insieme!".
Conclusi il discorso, alzando il bicchiere e dicendo "Cheers", mentre Julie commossa mi abbracciava e il resto della sala applaudiva, per sollevare poi a loro volta i calici e dare inizio al banchetto.
I camerieri iniziarono a portare le varie pietanze, mentre per la sala si diffondeva un chiacchiericcio piacevole man mano che si iniziavano a intavolare i discorsi tra i vari invitati.
Il pranzo era assolutamente fantastico, Julie aveva creato un perfetto mix tra le pietanze americane e i cibi italiani, per racchiudere sia le sue origini statunitensi, sia quelle del "Bel Paese", da cui provenivano una buona parte dei suoi parenti.
Il tempo scivolò via velocemente e arrivò il momento del lancio del bouquet, dopo il quale Julie e Alan avrebbero dato inizio alle danze.
La sposa si alzò in piedi e, dopo avermi lanciato un'occhiata, annunciò che ci sarebbe stato il tanto atteso lancio, pregando le ragazze single di radunarsi tutte al centro della sala.
Io mi alzai, seguita da un'altra quindicina di ragazze e mi diressi al centro della stanza. Decisi di mettermi nel bel mezzo del gruppo, non volendo essere in prima fila accanto a tutta quella serie di ragazze che smaniavano dalla voglia di prendere il tanto agognato mazzo. Lo stavo solo facendo perchè la mia cara amica mi aveva minacciata dicendo: "Se non lo fai ti faccio fare la damigella d'onore" al chè, io, inorridita, avevo accettato.
La sposa si mise davanti a noi, girata di schiena, e disse ad alta voce: "Siete pronte?" Uno squittio di "si" eccitati si levò a confermare il tutto.
"Allora tre... due... uno...via!" e lanciò il mazzo di rose arancioni, facendolo volteggiare in aria.
Iniziai a pregare: "non me, non me, non me.." sperando che le mie preghiere venissero esaurite. Quando mai era successo?
Di sicuro non in quel momento, infatti, manco a dirlo, il buquet mi finì dritto  addosso, mentre un coro di "nooo" delusi si levava tra le altre fanciulle.
Io fulminai la mia amica - lo aveva fatto apposta - e mi diressi verso di lei, ma mi cacciò via dicendo: "Te la prenderai con me dopo! Ora è il momento di aprire le danze!" e detto ciò fece sgomberare il centro della pista, mentre faceva un cenno ai musicisti e veniva raggiunta da suo marito.
Osservarli ballare era qualcosa di meraviglioso, erano in sintonia perfetta e tutta la sala li guardava rapita, mentre si concludevano le note del loro lento.
Quando iniziò la canzone successiva molte persone scesero in pista, mentre anche io venivo trascinata da un elegantissimo Alberto.
"Come mai hai invitato me a ballare? - gli chiesi sorridendo mentre volteggiavamo per la sala - pensavo di non essere il tuo tipo".
Lui mi rispose ridendo: "No, infatti, però non mi è concesso chiedere un ballo a una nuova amica?"
"Chi sono io per negartelo, nuovo amico" gli dissi allegra.
"Ti fidi di me?" mi chiese lui ad un tratto, serio.
"Fino ad ora si, perchè?" domandai curiosa.
"Ho una sorpresa per te, però tu devi chiudere gli occhi e continuare a ballare con me, mantenendoli così, qualunque cosa accada, finchè non te lo dirò io, ok?"
"E se poi cado?".
"Tengo su un aereo, vuoi che non ti impedisca di precipitare?"
"Mi sembra giusto" dissi sorridendo.
"Bene, allora inizia a chiudere gli occhi. Ricorda che non devi aprirli mai, nemmeno se viene giù il mondo, a meno che tu non senta la mia voce dirtelo, ok?"
"Signorsì comandante" dissi io ridendo, mentre chiudevo gli occhi.
"E non sfottere, altrimenti niente sorpresa".
"Si, mammina".
"Ah, è così?? Allora niente sorpresa, peggio per te!".
"No no, va bene, sto zitta, non dico più una parola".
"Ecco, fa così va', che è meglio".
Mi trattenni dal dirgli che sembrava il puffo Quattrocchi perchè mi avrebbe ammazzata lì direttamente, al diavolo i 200 testimoni al delitto!
Dopo un po' ci fermammo da qualche parte nella sala, io avevo gia gli occhi chiusi però capii che era vicino ai musicisti, vista l'intensità della musica. Alberto mi si avvicinò e mi disse ad un orecchio, per farsi sentire, di ricordarmi di tenere gli occhi chiusi.
Io annuii e mi sentii di nuovo avvolgere dalle braccia del mio cavaliere, che mi stava riportando (probabilmente) in pista. Infatti poco dopo riprendemmo di nuovo a ballare, sulle note di please don't stop the music di jamie cullum.
Era stranissimo ballare senza vedere dove stessi andando, ma mi rassicurava la presa salda di Alberto che, come promesso, non mi stava facendo finire sul pavimento.
Finì la canzone e ne iniziò un'altra, ma io mi trattenni dal dire qualsiasi cosa, vista la promessa che gli avevo fatto.
Fu solo quando ci fermammo, al termine della seconda canzone, che osai chiedere: "Posso aprirli ora?".
"Si si, aprili". Sentii la voce di Alberto di fronte a me: sembrava...emozionato??
Io attesi un istante, poi mi decisi.
Quando fui in grado di vedere che cosa, o meglio, chi mi stesse di fronte, strillai: "Roberto?? Che cazzo ci fai tu qui??".
Giusto poche persone si girarono dalla mia parte. E vai con la prima figura di legno! Ma poco importava, la questione era, che ci faceva lui lì, di fronte a me, con le mani sui miei fianchi, come se avessimo appena finito di-
"Albertoooo".
"Dimmi tesoro".
"Dove sei stato fino a 5 minuti fa?".
"Qui dolcezza".
"Ah - sospirai sollevata - qui con me".
"No no, qui nell'angolino a vedervi ballare".
Ecco, te pareva.
"Io e..."
"Si, tu ed io Lizzie" disse Roberto, mentre vedevo il mio "amico" dileguarsi.
"Non hai risposto alla mia domanda".
"Hai ragione, qual'era già?".
"Che cazzo ci fai tu qui??".
"Ah si, giusto, che scemo: sono al matrimonio di mia cugina" fece tranquillo.
"Ah ecco! No aspetta, tua cugina..."
"Julie Walters, anzi, Julie Gray oramai" disse lui sorridendo, come se nulla fosse.
La situazione era drastica: il cuore ballava la salsa per quanto ero agitata ad avere rivisto Roberto quando neanche ci speravo più; il cervello ronzava confuso, indeciso se cercare di fare chiarezza in quella situazione o premeditare l'assassinio di Julie Gray e di tutti i suoi complici ma, per sapere quali fossero, dovevo prima fare chiarezza.
Era una questione di priorità: prima capisco, poi ammazzo tutti!
Ah e per ultimo, visto cotanto esemplare di individuo maschile di fronte a me, in abito da sera poi, i miei ormoni avevano deciso di dare una rave party.
Priorità.
"Ok, quindi tu sei cugino di Juls, quindi lei è tua cugina".
"Che intuito Sherlock".
"Zitto e non interrompermi, sto pensando" dissi io, cercando di tenere a bada tutti e tre i miei problemi.
"Bastardo, sapevi come mi chiamavo perchè te l'aveva detto Julie, non mi hai scritto il numero di telefono, facendomi fare mille patemi mentali, perche tanto sapevi che ci saremmo rivisti qui! E Julie è stata tua complice, per questo alla stazione ha fatto finta di non conoscerti, e anche Alberto, perfino Jack, che è stato avvertito di reggere il gioco durante la partita".
Mi stavo arrabbiando sul serio quando mi ero accorta che avevano tutti tramato e complottato alle mie spalle.
"Elementare Watson".
"Non mi sfottere perchè giuro che non rispondo delle mie azioni! Cos'è stato per voi, un bel gioco? Massì dai, organizziamo una messa in scena per la nuova arrivata, tanto che ci importa se quando lo scopre ci rimane di merda?".
"Ascolta, nessuno l'ha fatto per prenderti in giro, figuriamoci!" disse lui sorpreso. 
Si e io ora ti credo, dopo tutte le bugie che mi avete detto!
"Ah no? E per cosa allora, io non vedo altre spiegazioni! Cos'è? Julie ti è venuta a riferire tutto il bel racconto e tutto quello che provavo dopo che glie l'ho detto??".
Lui mi guardò serio, mentre io ero già tutta intenzionata ad andarmene, ci mancava scoprire che il matrimonio era una farsa e sarei stata apposto!
"Ti prego, aspetta un attimo e ascoltami, permettimi di dirti come stanno davvero le cose".
"Ah e quindi ora il coraggio lo trovi per parlarmi in faccia? Non è che te ne andrai e mi lascerai con un cavolo di bigliettino come la scorsa volta? Anche quello faceva parte del tuo teatrino! - mi ricordai in un attimo della nostra prima conversazione sull'aereo - visto? l'avevo detto io fin dal principio che avevi messo su un teatrino per nulla, solo per prenderti gioco di me!".
"Elisabetta ascoltami, so che probabilmente l'unica cosa che hai voglia di fare ora è picchiarmi, ma devi ascoltarmi per 5 minuti, fammi almeno provare a dirti quello che penso io poi, se dopo vorrai, mi potrai picchiare, te lo prometto".
Io presi un respiro profondo, l'amarezza che provavo era troppa e mi stava soffocando.
Tutte quelle bugie, o verità omesse se preferite, mi facevano male, non pensavo che ci fosse una bella messa in scena dietro tutto quello.
L'unica cosa che volevo era andarmene via, tornare in Italia e mandare a quel paese Roberto e tutti gli altri, ma sapevo che poi, passato il momento di rabbia, avrei rimpianto la decisione di non ascoltare almeno quello che avesse avuto da dire.
"Parla - gli dissi fredda - e spiega tutto fin dal principio".
"Certo" disse lui sorridendo appena. Figuriamoci, non bastava di certo un sorriso a calmarmi, neanche uno dei suoi.
"Julie ed io siamo stati molto uniti, fin da bambini, quando ancora abitavamo tutti e due a Milano. Quando purtroppo suo padre perse il lavoro, si ritrovarono in grave crisi economica. Phil era originario degli Stati Uniti e lì aveva ancora molti parenti che lo avrebbero potuto aiutare, così decisero di lasciare l'Italia e partire. Noi ci salutammo tristi, capendo che non avremmo potuto più passare molto tempo insieme, ma i nostri genitori ci promisero che ci saremmo visti spesso: a turno, se volevamo ovviamente, avremmo passato le vacanze, o a casa mia o da lei. Fortunatamente fu così e quindi il nostro legame rimase forte. La stessa cosa vale per Jack: è come se fossimo tre fratelli. Comunque ti racconto tutto questo per spiegare quello che sto per dirti ora. Una volta cresciuti continuammo a vederci, ora capaci di viaggiare da soli ed essere completamente indipendenti. Un giorno, quando venni a trovare Julie, poco meno di tre anni fa, mi raccontò di te, di come ti avesse conosciuto e di quanto si fosse affezionata. Io ero felice per lei perchè finalmente aveva trovato una vera amica, non come quelle che spesso mi presentava, anche per farci mettere insieme a volte, ma che si rivelavano spesso vuote e superficiali. Con qualcuna ero stato, ma nulla che sarebbe potuta diventare una storia seria. Nel frattempo il vostro legame cresceva e spesso Julie mi parlava di te, di come fossi e di quanto ti fossi rivelata una persona speciale durante le vostre telefonate. All'inizio ero felice, ma nulla di particolare, fino a quando non seppi di quello che facesti per lei quando aveva litigato violentemente con Jack".
Fece una pausa e io mi soffermai un'attimo a pensare a quell'imbecille, era per quello che non ero riuscita a sopportarlo fin da subito, ma lui proseguì e io cancellai quei pensieri dalla mia mente.
"In quel momento ti adorai e da allora iniziai a chiedere io tue notizie, prima ancora che fosse Julie a parlarmi di te".
Io lo guardai meravigliata, non pensavo conoscesse così tanto del mio rapporto con Julie, ma aspettai che continuasse, mentre dentro di me era iniziato uno scontro, che si sarebbe potuto risolvere solo quando mi avesse raccontato tutto.
"Scoprii man mano che Julie aveva ragione, che eri una ragazza speciale, avevi un carattere forte ma eri al tempo stesso una persona dolce e mi interessava sempre di più conoscerti. Mia cugina se ne accorse e disse che non mi aveva mai visto nè sentito dire cose del genere. Quando seppi che saresti venuta anche tu al matrimonio ne fui molto felice, finalmente avrei potuto conoscerti di persona, anche per scoprire quanto fossi veramente speciale. In tutto quel tempo pensavo di aver scoperto molte cose di te, nulla di privato ovviamente, solo le tue reazioni e il tuo modo di essere che mi riferiva Julie, sapevo che ti aveva detto di aver parlato di te a suo cugino, vero?"
"Si si, infatti, mi aveva parlato anche lei di te tempo fa, non avevo neanche pensato che ovviamente saresti stato presente al suo matrimonio" confermai, mentre ero ansiosa di conoscere il resto della storia.
"Ok bene. Ora arriva la parte recente, ossia il volo in aereo. Julie per caso mi disse un giorno che tu avresti preso il volo del 25 delle 10:40 da Torino. Solo in quel momento mi resi conto che abitavamo nella stessa città. 
Allora pensai che magari avrei potuto conoscerti prima di arrivare a New York, ma non volevo venire da te e presentarmi così dal nulla, perchè avresti dovuto darmi retta?
Così decisi di prenotare un posto sul tuo stesso aereo, accanto a te, in modo da avere la possibilità di conoscerti, ma non come il cugino di Julie, cosa che magari avrebbe potuto influenzarti e farmi riservare un trattamento di favore, volevo che fossi gentile con me non pensando di dovermelo, essendo il cugino della tua migliore amica, ma per come ero davvero. Ha senso per te questo?"
Ci pensai su: "Direi di si, volevi che ti apprezzassi per com'eri veramente, giusto?".
"Esattamente, comunque sappi che tutto quello che ho fatto non aveva secondi fini o era premeditato; quello che dicevo e facevo non l'ho fatto cercando di piacerti ad ogni costo, volevo farmi conoscere davvero. Spero che tu non pensi questo di me. Mia cugina non ha colpa, l'ho avvisata tramite messaggio quando ero sull'aereo e ha deciso di assecondarmi".
Mi ricordai di quando l'avevo osservato scrivere SMS e annuii.
"E Alberto non lo conoscevo, sono stato molto sorpreso di ritrovarlo qui al matrimonio, devo dirti che è stato lui a venire da me, in versione doppia, assieme al gemello, uno strano tipo, ma comunque, era sorpreso di trovarmi lì, mi ha raccontato della vostra nuova amicizia e mi ha proposto quest'idea del ballo. Io sarei venuto a salutarti non appena fosse finito il lancio del bouquet, quindi se vuoi per quello prenditela con lui!" disse sorridendo.
"E Jack ha quasi rischiato di svelare tutto, sono io che dovrei essere arrabbiato con lui, fortuna che Julie è una sempre pronta a intervenire!
Non so cos'altro potrei dirti, tocca a te dirmi ora che ne pensi di tutto questo casino, e di questo povero idiota" concluse, abbozzando un sorriso.
"Io non capisco perchè tu abbia voluto conoscermi dopo che, a quello che hai detto prima, Julie ti ha asfissiato parlandoti di me per quasi tre anni, dovresti già averne le scatole piene di me e delle mie fesserie" dissi confusa, di sicuro non avevo più voglia di picchiarlo dopo quello che aveva detto, ma avevo ancora paura della conclusione a cui saremmo arrivati, non sapendo neanche io cosa volessi in quel momento.
"Non ti sembra notevole il fatto che io ti voglia conoscere ancora, anche se sono anni che mi parlano di te e di quello che fai o pensi? Vuole dire che evidentemente non mi è bastato. Conoscendomi è notevole, puoi chiedere anche a mia cugina se vuoi, considerato che spesso, quando mi parlava delle sue amiche, dopo due minuti non l'ascoltavo neanche più. Erano tutte sciocche e banali, mentre dietro ogni tuo gesto o frase si nasconde sempre qualcosa, sei una donna speciale e intrigante. Ne è un esempio il discorso che hai fatto prima, che mi ha rivelato molto della tua personalità. Ti ho detto che di solito capisco bene le persone, e tu sei davvero particolare e speciale, e poi sei amica di Juls, e questo è già un punto a favore visto che è una di quelle che non le manda a dire, e tu lo sai bene, quindi se ha parlato così bene di te, e fidati, lo ha fatto, allora dovevi avere qualcosa di particolare, e così è stato".
Aspettai che continuasse, mentre cercavo di fare ordine in quella marmaglia di emozioni e sensazioni che sentivo ma, quando non disse più nulla, capii che aspettava una mia mossa per sapere cosa volevo anch'io, se solo lo avessi saputo!
"Io non so che dire" borbottai indecisa.
"Allora non dire niente e lascia parlare me. Come ti ho detto Julie mi ha parlato così tanto di te, che mi è venuta voglia di conoscerti. Mi sei piaciuta subito, come ho già detto, magari posso essere ripetitivo o banale però è quello che sento, sia per il tuo carattere forte, sia per la tua testardaggine a voler difendere quello a cui tieni, sia per il buon cuore che hai dimostrato nei confronti di mia cugina. Ho capito che non mi bastava che mi riferissero quello che facevi o pensavi, volevo che lo dicessi tu stessa a me, vivendoti, standoti accanto quando ti comportavi in modo strano o buffo, quando ridevi, quando avevi paura, com'è successo. Non devi avere però paura adesso che io voglia chissà cosa ora, voglio solo avere la possibilità di conoscerti e di farmi conoscere a mia volta, se vorrai".
Io lo guardai commossa, capendo che si stesse chiaramente riferendo al mio discorso prima del pranzo.
Roberto era una persona speciale, lo si capiva dal bene che emergeva ogni volta che parlava dei cugini. 
Era determinato, lo era stato nel volermi conoscere. 
Era gentile e disponibile, lo aveva dimostrato quando ero in difficoltà sull'aereo.
Era brillante e simpatico, ogni frase che diceva ne evidenziava la maturità e il suo carisma.
Era uno gnocco da paura, ogni tratto del suo aspetto era affascinante, partendo dagli occhi blu cobalto e dal suo volto gentile per arrivare al suo fisico scolpito; anche lo sguardo voleva la sua parte, diciamolo.
E infine era particolarmente in ansia, questo per colpa mia, in attesa della mia risposta, che tardava ad arrivare perchè mi ero persa in una contemplazione della sua persona, rendendosi in questo modo ancora più attraente ai miei occhi, così diverso dal fratello di Julie; era anche lui, come me, timoroso di non essere accettato, apprezzato e di essere rifiutato.
Fu questo che mi diede la spinta finale, unita a tutto il resto, per avvicinarmi a lui, più di quanto non lo fossi già, visto che non ci eravamo mossi molto da quando avevamo smesso di ballare. 
Lo fissai intensamente, magari i miei occhi non erano belli come i suoi, ma speravo di riuscire lo stesso ad esprimere qualcosa. Di preciso non sapevo cosa, sta di fatto che mi avvicinai sempre di più, finchè non entrai in contatto col suo corpo, ponendo fine alle distanze tra noi, ma dando inizio a un "qualcosa", che poteva diventare niente oppure invece tutto, ma di quello sinceramente, in quel momento poi, non me ne fregava proprio niente! L'unica cosa che mi importava, infatti, era un sorriso faceva capolino dalle sue labbra, così soffici e impazienti, quando le baciai dolcemente. 

 

Spazio autrice:
Sono davvero felice se siete giunti fino alla fine, personalmente ho amato questa storia, con tutti i suoi personaggi. Ho amato ognuno di loro, dalla forte e determinata Julie alla dolce ma tosta Elisabetta, passando per quel mattacchione di Alberto e l'affascinante Roberto. Ognuno mi ha dato qualcosa, anche quelli che ho accennato solamente, come i genitori.
Ora, io ho fatto una ricerca e ho trovato dei profili che corrispondono quasi alla perfezione a come me li sono immaginata.
Grazie al suggerimento di un
grande amico, ho deciso di metterli alla fine e non come intestazione all'inizio, in modo tale che ognuno, leggendo, potesse crearsi nella propria mente ciascuno di loro, senza che venisse influenzato da parte mia, però ora mi sembra giussto farvi sapere la mia idea, e magari sapere se coincide con la vostra, sarei lieta se mi proponeste anche voi a chi avete pensato!! :)
Voglio ringraziarlo anche per avermi spronato a scrivere questa storia, insistendo a farmi scrivere e aiutandomi con i suoi suggerimenti sui vestiti e i personaggi :) 

ATTENZIONE (è figo scriverlo evidenziato!! ahah)
ecco i personaggi e dopo i vestiti e tutto quanto fosse più assomigliante a quello che avevo in mente! :)



 l'abito di Roberto alla cerimonia

 il vestito di Elisabetta

 quello di Alan

 il padre della sposa in smoking


 (questa è una chicca che non ho citato, ma è il regalo di nozze di Alberto e Francesco! :) )

 questo potete immaginare di chi sia :)

 e questo è di Karen Walters :)

 infine il bouquet della sposa :)


Un saluto a tutti e se RECENSIRETE ve ne sarò molto grata ! ^_^

Besos <3
Sa.

 
  
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