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Autore: Akarai92    05/02/2007    9 recensioni
Titolo La storia di una ragazza, che si ritroverà invischiata nei cambiamenti e nelle avventure che la porteranno ad essere la compagna del nuovo Cavaliere dei Draghi...
CAPITOLO 4 [E Rae urlò come non aveva mai urlato in vita sua. Un urlo straziante, che venne udito a molti metri di distanza, da Roran e Garrow che lavoravano nei campi. Un urlo terribile che Eragon non avrebbe dimenticato mai.]
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Brom, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Roran
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Dancing Queen Dancing Queen



Il bosco sembrava ancora addormentato, nonostante fosse quasi giorno pieno. Dagli alberi filtrava una sottile luce dorata, che andava ad illuminare il fogliame a terra, rendendolo somigliante all’oro. Eragon camminava lentamente, assaporando ogni secondo di quella camminata nel bosco, in direzione di casa sua. Aveva a tracolla la sua solita borsa, dove teoricamente avrebbe dovuto infilare la selvaggina catturata. Peccato che quella notte lui non avesse preso proprio un bel niente. Ma forse qualcosa lo aveva catturato, o meglio trovato. Una grande pietra blu, liscia al tatto e a quanto pareva vuota. Doveva essere molto preziosa. Anche se ancora non si spiegava come mai fosse apparsa così all’improvviso. Comunque, il macellaio, Sloan, lo avrebbe pagato sicuramente più per una pietra preziosa, che per un fagiano o un cervo. L’arco giaceva inutilizzato sulla sua spalla, poiché il suo possessore era leggermente contrariato per aver perso una preda così facile.
Finalmente, giunse ai margini della boscaglia che copriva la catena della Grande Dorsale e scendeva fino ai bordi del villaggio. Il sentiero si divideva in due: da una parte portava alla fattoria, da una parte al villaggio di Carvahall. Distendendosi i muscoli del collo, optò per la strada che portava a casa sua, giusto per cambiarsi e posare l’arco. Dopo nemmeno dieci minuti, arrivò in vista della fattoria di Garrow. Nel campo non c’era nessuno, nemmeno Roran. “Strano, di solito a quest’ora sta già lavorando!” pensò curioso di sapere per quale motivo suo cugino non fosse al lavoro. “Zio! Sono tornato!” Non lo avrebbe mai ammesso, ma la sua voce era leggermente rotta. In fondo tornare a casa dalla caccia senza aver preso un fico secco non era proprio una cosa onorevole. Garrow apparve dalla stanza adibita a cucina e sala da pranzo. “Finalmente sei tornato! Credevo che ti fossi perso nella foresta!!” lo disse corrucciato, ma era chiaro il lampo di divertimento nei suoi occhi. Subito, i suoi occhi finirono sulla borsa a tracolla di Eragon. “Ah! Cosa hai preso stavolta?! Un cervo? Un fagiano? Una lepre?” “Ehm… ecco… veramente… ci sarebbe un piccolissimo inconveniente… io… NON HO PRESO NIENTE!!” Lo disse tutto di un fiato, tentando di trattenere l’istinto che lo portava ad alzare i tacchi e correre il più lontano possibile, anche nella stanza del re se necessario, se fosse servito ad allontanarlo dalla furia dello zio.
L’uomo lo squadrò per qualche secondo con le sopracciglia aggrottate, poi scoppiò in una grassa risata. Eragon lo guardò sbalordito. “Non preoccupati, ragazzo! Era la tua seconda battuta di caccia! Già è tanto che tu sia riuscito a prendere qualcosa la prima volta!! Non crederai mica che la fortuna non abbia di meglio da fare che stare dietro ad un cacciatore novellino! Ah Ah Ah!!!” Il giovane sospirò: suo zio certe volte aveva la sensibilità di un sasso. “Cambiando discorso zio… come mai Roran non è al lavoro oggi? Il campo è vuoto!” “Ma come, non te lo ricordi? Oggi è giorno di festa al villaggio! Ho lasciato che Roran andasse un po’ a divertirsi! Soprattutto con quello che è successo con Katrina… siete ancora molto giovani, dovete pensare solo a divertirvi! Almeno per oggi!” Garrow sembrava estremamente allegro, e, spintonandolo, obbligò Eragon a dirigersi verso la sua camera, per “mettersi in ordine”. “Mio zio sta cominciando ad avere dei serissimi problemi!” pensò mentre apriva la porta della camera.
Considerando l’ora, avrebbe quasi sicuramente trovato quella dormigliona di Rae ancora a poltrire nel letto. Ridacchiando, entrò. Soltanto per trovare il letto completamente vuoto. Le coperte erano ancora in disordine e la delicata camicia da notte della ragazza era stata appoggiata di corsa sul materasso. Il ragazzo posò lentamente l’arco in un angolo della stanza, e la tracolla con molta più delicatezza sul letto, poi si avvicinò all’armadio, ne tirò fuori una veste marrone pulita e si cambiò, tanto per accontentare suo zio. Uscì dalla stanza, con la tracolla sulle spalle, e si avvicinò alla “cucina”. “Zio, perché Rae non è ancora a dormire? Dormigliona com’è dovrebbe essere ancora a letto.” Garrow, che stava placidamente facendo la punta ad alcuni coltelli, si voltò verso di lui: “Mi sembra normale. Oggi è giorno di festa e per Rae non c’è giorno più buono! C’è molta gente al villaggio e ormai lei sta diventando famosa…” lasciò la frase a metà, come se volesse aggiungere qualcos’altro, ma non lo fece. “Giusto! Allora io vado al villaggio… credo che tornerò con Roran! A dopo zio!” e detto questo fece per uscire. Ma la voce di Garrow lo raggiunse di nuovo. “…dovresti preoccuparti un po’ di più per Rae…” Eragon si voltò verso l’uomo. Cosa voleva dire? “Cosa vuoi dire?” Ancora non capiva. “Stanotte… Rae si è svegliata urlando… il tuo nome. Roran è corso da lei… era seduta sul letto, completamente sudata… il tatuaggio sulla sua spalla… il tatuaggio degli indovini… brillava e scottava. Ha guardato Roran con degli occhi spauriti da far rabbrividire chiunque, e ha ripetuto il tuo nome… poi è tornata a dormire. Stamattina non ricordava nulla… o almeno così ci ha detto.” Il ragazzo era terrorizzato. Certo, Rae era solita fare strani sogni premonitori, in fondo con un padre come Norvadia era il minimo, ma di così strani e con quegli effetti… era la prima volta. Prese un gran respiro per calmarsi, poi disse: “Credo proprio che al villaggio le parlerò… Ora vado.” Suo zio lo guardò e annuì compiaciuto.

Dopo venti minuti buoni di camminata, Eragon raggiunse il villaggio di Carvahall. In effetti, c’erano molte più persone del solito. Il giorno successivo la notte delle stelle, infatti, era tradizione che Carvahall fosse in festa. Non importava quanto lavoro rimaneva da fare, in quel giorno specifico ogni persona doveva pensare solo a divertirsi. Lungo le strade si potevano trovare cantastorie, banchi di qualsiasi tipo, mercanti, ogni genere di personalità, anche e soprattutto stranieri. Senza mancare di guardarsi intorno, il ragazzo si diresse verso la sua meta: la macelleria di Sloan, il padre di Katrina. Una bottega ordinata, dove aleggiava perennemente un odore di sangue. Il proprietario, Sloan, sembrava più un assassino che un macellaio: oltre ad essere vestito con un grembiule completamente coperto di sangue, aveva tutto l’aspetto di qualcuno che poteva tranquillamente commettere un crimine. Comunque, Eragon si avvicinò al banco e salutò l’uomo. “Buongiorno a te, Eragon.” Gli occhi gli caddero sulla sacca: “Cosa abbiamo catturato di buono stanotte?” Il ragazzo rise amaro. “Niente…”aggiunse il macellaio con un ghigno, tornando al suo macabro lavoro. “Ma posso offrirti comunque qualcosa!” Sloan alzò gli occhi interessato. “Sentiamo…” Circospetto, Eragon tirò fuori dalla bisaccia la grande pietra blu. Il macellaio la prese in mano, soppesandola e esaminandola accuratamente. “L’ho trovata sulla Grande Dorsale… trovata!!” aggiunse, vedendo lo sguardo canzonatorio dell’uomo di fronte a lui. Ma quello sguardo, in una frazione di secondo, cambiò da divertito a terrorizzato. “Dove hai detto che l’hai trovata?!” “Sulla… Grande Dorsale…” Il viso di Sloan si trasformò in una maschera di terrore. “Puoi… puoi tenertela… non… non m’interessa! Non me ne faccio nulla! E adesso… vai via!!” “Ma…!!” “Ti ho detto vai via!!! Forza, fuori!!!” Sospirando, il ragazzo rimise la pietra nella sacca. “Accidenti e adesso?” pensò amareggiato. Ma venne distratto subito da qualcosa. Un gruppo molto folto di persone era raccolto attorno a qualcosa, in mezzo alla piazza del villaggio. Una musica soave ma sostenuta aleggiava nell’aria. Curioso, Eragon si avvicinò. La prima cosa che notò fu che la maggior parte degli astanti era straniera. La seconda fu che tutti erano raccolti attorno ad una figura. Finalmente, raggiunse una posizione favorevole… e rimase a bocca aperta. Una figura completamente vestita di bianco stava danzando in mezzo alla piazza. Una leggerissima tunica corta e senza maniche le copriva il torso e una gonna bianca volteggiava nell’aria, seguendo i suoi movimenti. Era scalza. Portava degli orecchini dorati e una miriade di braccialetti le tintinnava ai polsi, dove erano attaccati due giganteschi pezzi di tessuto lunghi quasi fini a terra, bianchi anch’essi, che le facevano di maniche e seguivano armoniosamente la sua figura. Una cascata di capelli castani le ricadeva sulle spalle, movendosi ad ogni suo minimo spostamento. Un appariscente tatuaggio rosso le copriva la spalla scoperta. Anche se la sua pelle era resa lucida dal sudore, Eragon poté comunque notare la sua bellezza. Ma fu quando si voltò verso di lui, che rimase veramente di sasso: un paio d’occhi colore dei prati, occhi in cui si era perso un milione di volte. Rae.
Anche se sapeva benissimo che Rae, nei suoi momenti liberi, danzava nella piazza del villaggio, non l’aveva mai vista ballare veramente. E sapeva anche benissimo il perché di quella scelta: dopo la morte della madre, lei e suo padre, rimasti da soli, avevano dovuto arrangiarsi, e così Rae, sfruttando la sua passione e il suo talento per la danza, aveva scelto di racimolare qualcosa danzando. Ovviamente non c’era nessuno a suonare, per donarle quella musica meravigliosa. Come minimo suo padre aveva usato la magia e la musica si diffondeva tranquillamente per la piazza. Perso com’era nell’osservarla, Eragon si accorse che la ragazza aveva smesso di ballare solo quando la folla attorno a lui cominciò a scemare, fino a lasciarli da soli. “Non ti avevo mai vista ballare… sei eccezionale!” fu l’unica cosa che il ragazzo riuscì a dire. “Esagerato! Comunque, buongiorno sono felicissima di vederti!” Rae lo baciò su una guancia, facendolo arrossire, esattamente come il giorno prima. “Però, non mi ricordavo che tu avessi quest’ascendente sugli uomini… ti guardavano tutti con delle espressioni indescrivibili!” Disse lui circondandolo le spalle con un braccio. Rae gli diede un leggero buffetto sulla guancia, ridacchiando.
Ma quell’allegro quadretto venne bruscamente interrotto. Un soldato che passava da quelle parti si avvicinò lentamente alla ragazza, squadrandola dalla testa ai piedi. Eragon strinse i pugni. Nonostante fosse ormai normale che i soldati del re si avvicinassero al centro del villaggio, e fosse altrettanto normale (se così si può dire) che ci provassero con quasi tutte le donne del villaggio, soprattutto con quelle bellissime come Rae, lui continuava a non sopportarli, come la maggior parte dei cittadini. “Ma guarda cosa abbiamo qui! Una dolce rosellina bianca!” Intanto si avvicinava sempre di più. Quando fu quasi ad un centimetro dalla giovane, Eragon si fece avanti, ma venne bloccato immediatamente da due altre guardie. Sicuramente il seccatore era il loro capitano. Sogghignando, l’uomo protese la mano verso il suo viso, per sfiorarla, quando… “Non ti consiglio di toccarla!!” Una profonda voce maschile era intervenuta. Rae si voltò di scatto. Dietro di lei si ergeva la figura di un uomo, con capelli e barba grigi, profondi occhi neri, e vestito con una tunica segnata dal tempo. “Cantastorie… ti sei già messo abbastanza nei guai, non aggravare la situazione…” il capitano si era però lentamente allontanato dalla ragazza, per fortuna. L’uomo non dava segni di volersi muovere, anzi le mise delicatamente una mano sulla spalla.
Dopo qualche minuto, il capitano si allontanò e con un gesto di stizza fece cenno agli altri due di lasciare Eragon. Quando se ne furono andati, Rae si voltò completamente versò l’uomo: “Grazie mille, Brom! Non so cosa avrei fatto se non fossi arrivato tu!” Brom. Il cantastorie più famoso e misterioso del villaggio. Ogni anno arrivava al villaggio e ci rimaneva per lunghissimo tempo, a volte mesi e mesi. Rae adorava ascoltare le sue storie e lui ne aveva sempre qualcuna speciale per lei. Era anche un grandissimo amico di Norvadia. “Oh è stato un piacere essere il coraggioso difensore di una fanciulla indifesa!” Si inchinò con fare cavalleresco, facendola scoppiare a ridere. “A proposito, cosa voleva dire quel soldato con sei già abbastanza nei guai? Cosa hai fatto?” “Nulla di cui preoccuparsi… un fatto di fagiani e fulmini… troppo complicato!” Sorridendo, le scompigliò affettuosamente i capelli. Eragon li guardava spesso giocare in questa maniera: Brom aveva sempre attenzioni speciali per Rae, sempre una storia pronta, un aneddoto per farla ridere o semplicemente per averla vicino. Certo, era sicuro che non aveva quelle attenzioni per gli altri ragazzi del villaggio. “A proposito,… lo sai che una ragazza non dovrebbe andare in giro vestita così. Soprattutto prenderai freddo…” e detto questo si tolse il mantello e lo chiuse sulle spalle della ragazza. “Cosa mi tocca fare…” sospirò, scotendo la testa. “Forza, allora, andiamo!!” “Dove?” chiese lei curiosa. “Stanotte sono riuscito a ricordarmi una storia molto molto interessante… Tutta per la nostra regina danzante!” Rae sembrava al massimo della felicità. Sorridendo a trentadue denti, batté le mani e fece una piccola piroetta, facendo volteggiare la sua gonna nell’aria. “AH! E ovviamente anche il nostro ragazzo lì è compreso…” Eragon si riscosse improvvisamente, quando vide che Brom gli sorrideva stancamente. Ma non riuscì a rispondere, perché Rae gli gettò le braccia al collo. “Forza, forza, andiamo!! Non vedo l’ora di sentire cosa si è ricordato stavolta!” Sembrava una bambina, eccitata all’idea di sognare di nuovo, cullata dalle parole di Brom, che le narrava di draghi, di cavalieri, di eroi e di principesse. Di viaggi e di avventure, e in Rae aumentava ogni giorno il desiderio di viverle in prima persona, magari assieme ai suoi “fratelli”. Allora non sapeva quanto, successivamente, avrebbe rimpianto quei desideri.

“Sono tornata a casa!… Norvadia?!” La sua casa era deserta, e non si sentiva il minimo rumore. “Sarà uscito…” Rae fece spallucce e salì in camera sua. Appoggiò sul gigantesco letto il mantello di Brom, prima o poi glielo avrebbe ridato, e provvedette a cambiarsi. Dopo qualche minuto, la gonna, la tunica e le maniche finirono sul letto, sostituite da una tunica pesante, stivali e guanti di pelle da combattimento. Infatti la ragazza era intenzionata, dopo essersi estremamente emozionata per la storia di Brom (stavolta era su un cavaliere dei draghi che combatteva per salvare la sua città e la sua famiglia), ad allenarsi con le armi nel grande cortile della casa. Prendendo l’unica arma che suo padre le consentiva di tenere in camera, la spada, scese al piano inferiore, per poi uscire nel cortile. E, come c’era da aspettarsi, non era da sola: suo padre si stava allenando, distruggendo alcuni bersagli per il tiro con l’arco con degli incantesimi, che apparentemente non gli richiedevano il minimo sforzo. “Sei venuta ad allenarti?!” le chiese senza nemmeno guardarla. “Credo proprio di sì…” “Spada, bastone o magia?” Ancora non la guardava. Non che fosse arrabbiato con lei, ma se la avesse accolta dolcemente, poi non sarebbe riuscito ad allenarsi lealmente. “Spada e poi bastone… oggi facciamo seriamente…” Si mise a posto i guanti, poi impugnò saldamente la sua spada. Norvadia si voltò e tirò fuori la sua bellissima spada dalla fodera: una spada lucida, intagliata sulla lama con lettere in oro, e incastonato sull’impugnatura, uno smeraldo lucente. “Bene, allora cominciamo!!” E detto questo, l’uomo si scagliò verso di lei, in un affondo molto veloce. Senza farsi spaventare, Rae si voltò di scatto e, quando fu a pochi centimetri, con un gesto fulmineo, si passò la spada dietro la schiena, tenendola in verticale. Le due spade, non appena si sfiorarono, produssero un mare di scintille. Continuarono a combattere per moltissimo tempo, fino a quando Norvadia non si stancò e decise di passare al bastone. Rinfoderarono le spade e presero due bastoni lavorati, con due lame alle estremità. Anche con i bastoni combatterono a lungo, ma alla fine, Norvadia disarmò Rae. Entrambi con il fiatone, andarono a posare le armi. Era ormai sera inoltrata, ed entrambi rientrarono in casa. “La nostra principessina sta diventando sempre più brava, a quanto pare” Norvadia passò un braccia attorno alle spalle della figlia, stringendola a sé. Rae appoggiò la testa sulla sua spalla, poi arrivata ai piedi delle scale che conducevano alla sua camera, gli schioccò un bacio sulla guancia, e gli augurò la buonanotte. “Buonanotte, … padre!” Prima di voltarsi, vide Norvadia cambiare espressione: i suoi occhi si spensero e il suo viso si rattristò. Chissà per quale motivo?


Erano passati tre giorni dalla notte delle stelle, e nella fattoria di Garrow regnava la pace. Eragon aveva riportato la pietra a casa, nascondendola nella sua camera, per non farla trovare a suo zio o a Roran. Roran continuava a lavorare, senza mancare di stuzzicare Rae ad ogni occasione. Era ormai pomeriggio inoltrato e tutto era tranquillo. O quasi… “Mi dispiace, ma è impossibile battermi!” “Ah sì?! Lo vedremo!!”Un gran cozzare di bastoni di legno proveniva dal cortile davanti al fienile della fattoria: due figure si stavano allenando ferocemente con i bastoni. Una ragazza castana e un ragazzo biondo. Rae ed Eragon. “Allora, stasera dormi qui, non è vero?!” esclamò il ragazzo, colpendola violentemente. “Dipende…” disse lei di rimando, cercando di disarmarlo. “Da cosa?!” “Se vinco io, rimango; se vinci tu, torno a casa!” e dopo quasi venti secondi da questa affermazione, il bastone di Eragon volò via, atterrando qualche metro più in là. “Non vale, mi hai fatto vincere!!” esclamò Rae, tentata di tirargli il bastone. “Io? Nooooo!” detto questo, la abbracciò da dietro, dandole un’infinità di baci sulle guance. “Va bene, va bene!! Ti ho già perdonato!” E ridendo, i due entrarono in casa.

Dopo aver cenato assieme a Roran e Garrow, i due si diressero come al solito nella stanza di Eragon, dove Rae di solito dormiva. Non appena entrata, notò qualcosa. “E quella cos’è?” Stava guardando verso la grande pietra blu. “L’ho trovata sulla Grande Dorsale… ho cercato anche di venderla a Sloan, ma non ne ha voluto sapere.” Mentre Eragon, parlava la ragazza si era sempre di più avvicinata alla pietra. “E’ bellissima…” sussurrò, guardandola estasiata. Lentamente, allungò una mano per toccarla… e la ritrasse subito terrorizzata. La pietra si era mossa!!! “Eragon… Eragon…” Eragon si voltò verso di lei, leggermente preoccupato. Dopo quel sogno, si preoccupava ogni volta che sembrava anche leggermente strana. Al villaggio non aveva avuto il coraggio di parlarle, non sapeva da dove cominciare. Così aveva lasciato perdere: se lei avesse voluto, gliene avrebbe parlato. Lentamente, le si avvicinò, e rimase a bocca aperta. La pietra si stava crepando!! “Ma che sta succedendo?!” esclamò lei, incapace di muoversi.
Successe tutto in un attimo. La pietra scoppiò, Rae cadde all’indietro, ed Eragon con lei. Ma quello che li lasciò più sorpresi fu che, quando riaprirono gli occhi, al posto della pietra c’era uno strano esserino violetto, coperto di squame e con due grandissimi occhi da cucciolo. I due ragazzi si accucciarono accanto all’essere. “E tu cosa saresti?” Rae sembrava ora estremamente curiosa, più che spaventata. “La pietra non era una pietra… era un uovo!” esclamò Eragon sorridendo. “Un uccello non è… non ha le piume…” la ragazza ancora rimuginava. “Non è nemmeno un altro… animale, non vedo pelo o roba simile…” Anche il ragazzo ora si era incuriosito. Ma all’improvviso a Rae si illuminarono gli occhi: sembrava aver scoperto qualcosa, che la eccitava parecchio. “Ma certo!!! …E’ UN DRAGO!!!” lo aveva urlato al massimo della felicità. “Un drago… ma dai! A te fa male sentire le storie di Brom!” Poi però osservò meglio l’esserino violetto: in effetti, aveva tutte le caratteristiche del perfetto rettile, e quelle ali… “Un drago…” Eragon sorrise: allora i draghi non erano scomparsi, come diceva Brom. Uno era rimasto. Lentamente, mentre Rae lo osservava, allungò la mano verso il piccolo. Quello si avvicinò a lui, annusandolo diffidente, come farebbe un cucciolo di cane.
Finalmente, dopo averlo annusato, il draghetto si avvicinò per farsi accarezzare. I due si toccarono. Un lampo. Eragon venne scaraventato all’indietro. “Eragon!!” Rae si avvicinò a lui. Sembrava svenuto. “Ma cosa…?!” Si voltò di scatto verso il piccolo drago e incrociò il suo sguardo. Un mare cristallino, dalle sfumature violette, dove perdersi, un mare tranquillo, ma pieno di saggezza, una saggezza inusuale per un essere nato da poco. All’improvviso, i suoi occhi si oscurarono. “Di nuovo?! NO!!!” Di nuovo quelle premonizioni, quei sogni, quelle immagini. Ma cosa stava succedendo? Di nuovo fiamme, di nuovo un drago, ma stavolta le immagini erano veloci, non si riusciva a capire nulla. Tutto bruciava. Poi un’improvvisa fitta alla spalla la scosse. Si scoprì la spalla: il tatuaggio brillava di rosso e scottava, scottava in una maniera terribile. Le immagini continuavano. Rae credeva di impazzire. Alla fine, completamente senza forze, si accasciò a terra, svenuta.

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E anche il terzo capitolo è andato!! WOW!! Mi diverto sempre di più a vedere le vostre supposizioni sulle vicende della piccola Rae!!! Come mi sento potente!! Ah!! GRAZIE MILLE A TUTTE PER LE MERAVIGLIOSE RECENSIONI SIETE GRANDI!!! X3 Ora voglio indire un concorso: indovinate quali sono le canzoni che danno i titoli ai miei capitoli, partendo da questo e vincerete......... assolutamente niente!! AHAHAHA!! Cmq grazie a tutti e, a Piccola: visto il mistero del sogno è risolto!! Siao alla prossima!!

Akarai
  
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