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Autore: alaisse_amehana    22/07/2012    3 recensioni
C’è qualcosa di strano in me.
L’ho sempre saputo. Non è una cosa di cui si possa parlare. Non che debba vergognarmene, almeno non credo. E’ solo che non posso spiegarlo. Non più di quanto posso spiegare cosa c’è nella mia testa. Per quanto mi sforzi, le parole sono insufficienti.
L’ho sempre saputo.
Quando la gente parla non capisce mai davvero cosa vuole dire l’altro.
Con le parole si possono creare così tante realtà alternative, ma queste realtà non potranno mai superare quelle presenti dentro ciascuno di noi. Io lo capisco bene.
Mi chiedo se sono l’unica.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sì, lo so... avevo detto che avevo finito di lavorare, invece no! (A proposito, sono animatrice in un centro estivo, perciò tremate all'idea che giovani menti vengano affidate alla mia supervisione!). Per fortuna sono stata richiamata sul campo di battaglia, quindi niente pubblicazioni per un po'... sono riuscita a trovare l'energia appena sufficiente per mettere questo nuovo capitolo (Ve lo dovevo, l'ultimo era appena uno scontrino).
Perciò: Buona lettura! Pensate a me mentre sono sotto il sole cocente a far correre bambini urlanti.






Arrivati sul pianerottolo mi accosto lentamente alla porta per sentire i rumori all’interno, inutilmente. La casa è immersa nel silenzio.
Giro la chiave trattenendo il respiro e pregando con tutte le forze che non ci sia mia madre in piedi nel corridoio con una padella in mano da tirarmi in testa. Quando la porta si apre sull’entrata buia e deserta non riesco a credere alla mia fortuna.
< Non c’è nessuno!>.
Blu si guarda attorno circospetto prima di entrare.
< Lo vedo anche io. Ma è normale?> chiede accendendo la luce del salotto e sparendo dalla mia visuale.
Ci devo pensare un attimo, mentre lo seguo e mi chiudo la porta alle spalle.
< Non lo so. Forse avevano un impegno di cui mi sono dimenticata>.
Blu comincia a curiosare nella stanza, ammobiliata in modo più severo rispetto al loro salotto. Qui la tv non è collegata a nessun videogioco e anche i film sugli scaffali sono decisamente più esigui.
Appoggio la giacca sul divano e lascio lo zaino in un angolo, osservando con la coda dell’occhio lo strano ragazzo che cammina sul mio tappeto e guarda i libri sullo scaffale.
< Forse è meglio se vai…> dico incrociando le braccia davanti al petto e senza guardarlo negli occhi.
< E’ meglio che i miei non mi trovino sola in casa con un ragazzo più grande>.
Blu scrolla le spalle senza nemmeno voltarsi.
< Se preferisci posso diventare invisibile>.
Sussulto e per poco non sbatto contro il mobiletto di vetro coi liquori.
< Puoi farlo davvero?> chiedo spalancando gli occhi.
Il sorrisetto di Blu è uno spettacolo di denti candidi e derisione.
< Beh, dipende da cosa intendi per invisibili>.
Si avvicina in due balzi e mi posa un dito sulla fronte, proprio come ha fatto Diego poco fa.
pensi di vedere. La tua mente registra un numero limitato di dettagli, spesso confusi. Siamo per natura influenzabili e noi Saltatori sappiamo come sfruttare tutto questo>.
< In pratica entrate nella testa delle persone per manipolarle> dico storcendo la bocca. Mi sento all’improvviso a disagio.
Blu allarga le braccia come per dire che non ci può far nulla.
< Sono i mezzi di cui disponiamo per combattere contro Occulti e compagnia. Ti ci abituerai anche tu>.
Sbatto le palpebre, per un attimo confusa.
< Che vorresti dire?> chiedo. Un brutto presentimento si è appena affacciato alla mia mente.
Blu sta per rispondere ma una voce alle nostre spalle lo interrompe.
< Ehi, allora anche tu conosci dei ragazzi>.
La voce di mia sorella.
Mi volto col volto paonazzo, anche se la situazione in cui ci ha sorpresi lei non è paragonabile a quella in cui l’ho beccata io.
Blu sfodera un sorriso da dieci e lode, mettendo un passo di distanza tra noi due.
< Tu devi essere Serena> dice affabile.
< Tua sorella mi ha parlato di te>.
Mia sorella sfoggia la sua espressione di finto stupore, condita con un tocco di civetteria che sul suo viso non stona mai.
< E tu saresti?> chiede porgendogli la mano.
< Puoi chiamarmi Blu> dice facendole l’occhiolino. Tutta la scena è così strana che vorrei fermare tutto e riguardarla dall’inizio per capire bene cosa sta succedendo.
< Dove sono mamma e papà?>.
Mia sorella mi scocca un’occhiata infastidita. Come se fossi io l’intrusa lì dentro.
< Avevano quella riunione di condominio… tra poco saranno qui> mi liquida per tornare a posare tutta la sua attenzione su Blu, che sembra godersela parecchio.
Forse dovrei lasciarli soli. Non sono sicura di come dovrei comportarmi. Ma un moto di orgoglio mi inchioda al pavimento.
Attorno a Serena vorticano diverse immagini, tra cui una scena molto vivida di lei tra le braccia di Blu. E tanti saluti al povero malcapitato che c’era sul nostro divano. Ma non ci penso proprio a lasciarle campo libero. Anche se Blu non mi interessa… insomma, forse… non è comunque giusto che sia io a farmi da parte.
Per fortuna, o sfortuna, i miei fanno la loro entrata in scena con tanto di cartoni di pizza e aria distrutta.
< Ciao, ragazze…> mio padre si blocca nel notare Blu.
E tanti saluti al potere dell’invisibilità.
< Ciao, non credo che ci siamo mai incontrati. Sei un compagno di Serena?>.
Mia sorella mi dedica un sorrisetto divertito prima di rispondere al mio posto, e quello del diretto interessato.
< No, papi, è un amico di Alice>.
Mia madre si blocca nell’atto di posare la borsa sul tavolo. Socchiude le labbra come per dire qualcosa, ma le parole devono sfuggirle di mente, perché resta in silenzio.
Cioè, avevano perso le speranze che potessi portare a casa un ragazzo?
E’ Blu a venire in mio soccorso.
< Mio fratello va nella stessa scuola di Alice. Si sono fermati per un laboratorio e ho pensato di riaccompagnarla a casa> dice con aria innocente.
Vorrei sapere raccontare bugie come fa lui. Avrei molti problemi in meno.
< Oh, che gentile!> cinguetta mia madre riprendendo a muoversi normalmente.
Mia sorella mi scocca un’occhiata scettica, mentre mio padre va in cucina per prendersi da bere.
< Ti fermi a mangiare con noi?>.
< Vi ringrazio, ma mi aspettano a casa… è stato un piacere conoscervi> dice Blu stringendo la mano ai miei. Se fosse davvero il mio ragazzo avrebbe appena ottenuto la piena approvazione da entrambi.
< Lo accompagno!> dico precedendolo nell’entrata, per evitare che sia Serena a offrirsi.
Mentre apro la porta lo tiro per la manica.
< Non dovevi controllare se c’erano Occulti?> bisbiglio.
Blu mi fa l’occhiolino.
< Già fatto, non ti preoccupare>.
Mi fa vedere l’aperio che aveva in tasca.
< La tua famiglia è pulita… in tutti i sensi>.
Sbuffo e lo lascio andare. La sua battuta non merita commenti.
< Come vanno gli orecchini?>.
Devo pensarci per un secondo prima di rendermi conto che da quando sono arrivata non ho sentito nemmeno un pensiero vagante. Niente di niente.
Le immagini sono rimaste, chiare e sberluccicanti come sempre. Ma suoni? Nada.
< Funzionano!> dico sbigottita.
Blu fa un ghigno difficilmente interpretabile. Potrebbe essere di soddisfazione, ma c’è un po’ troppo scherno.
< Ora te ne vai?> chiedo, dispiaciuta mio malgrado. Anche se sono munita di orecchini-filtro contro i pensieri molesti di mia sorella, restano comunque le immagini che le ondeggiano attorno.
< Devo andare. Ma non ti preoccupare. Più tardi verrà uno di noi a controllare che tutto vada bene…> dice uscendo sulle scale.
< Aspetta! Che vuol dire? Mica posso fare entrare uno sconosciuto in casa la sera tardi. Cosa diranno i miei?> gli urlo dietro, ma lui ha già sceso la prima rampa di scale.
< Mica lo vedranno!> mi risponde Blu dal piano di sotto.
Rientro in casa con l’impressione di essere stata presa in giro per l’ennesima volta.
Quando arrivo in cucina il tavolo è già apparecchiato e mio padre si è servito una grossa fetta di pizza ricoperta di peperoni.
< Ditemi che c’è una pizza commestibile> dico sedendomi al mio posto.
Tengo gli occhi bassi per evitare di vedere le immagini attorno ai miei. E’ più facile non dovendo concentrarmi per non sentire i pensieri.
Non avrei mai creduto che il silenzio potesse essere così riposante.
Mia sorella si mette di impegno per non farmi sentire la mancanza della sua voce. E’ come se avesse intuito che non posso più sentire i suoi pensieri e volesse stordirmi a forza di chiacchiere, per altro insulse.
Persino i miei sembrano caduti in uno stato di trance, concentrati su tutt’altro.
<… quindi ho pensato di darmi fuoco per protesta> conclude mia sorella.
Solo allora mi risveglio dal mio stato di torpore, dovuto in parte alle cinque fette di pizza che ho mangiato. I miei non hanno nemmeno notato cosa ha detto Serena.
< Sì, brava> commenta distrattamente mio padre.
Mi viene da ridere vedendo l’espressione acida sul volto di Serena.
< Sì, anche io penso sia un’ottima idea> dico.
La risposta è immediata e condita di veleno.
< Sta’ zitta tu! Se fossi te a farlo saremmo tutti più contenti> sibila. Giuro, mi ricorda il serpente nel cartone di Robin Hood.
< Serena, che stai dicendo?> chiede mia madre, ritornata dal mondo dei sogni a occhi aperti.
< Mi ha appena invitato a darmi fuoco> ribatto tranquilla. In realtà sento qualcosa di acuminato torcermi le budella. Sono abituata alle battutine acide di mia sorella, ma ogni volta riesce a sorprendermi per l’inventiva.
< Dai, ragazze, smettetela> taglia corto mia madre.
Mi alzo per sparecchiare, evitando così di andare avanti con la discussione. Mio padre non ha neanche commentato, si limita a finire anche le croste della pizza di mia madre.
< Lascia ci penso io!> dice Serena a voce alta, perché la possano sentire tutti. Anche i vicini dal tono che ha usato. Ovvio che voglia mettersi di nuovo in buona luce.
< No, faccio io> dico bruscamente.
Mia madre sospira e guarda mio padre, sperando che sia lui a intervenire questa volta. Ma come al solito non si accorge di nulla, oppure fa finta.
< Non c’è quasi niente da lavare, faccio io> dice mia madre alzandosi e ponendo così fine alla discussione. Penso sia l’unica casa sulla faccia del pianeta dove si litiga per lavare i piatti.
Mi dirigo in camera recuperando lo zaino in salotto e cercando di evitare mia sorella, ma lei mi segue come un segugio.
< Quindi l’hai conosciuto oggi?> mi chiede, marcandomi stretta.
< Chi?> chiedo cadendo dalle nuvole.
Quando mi rivolge il suo sorrisetto di superiorità capisco.
< Ah, Blu. Sì, oggi> rispondo telegraficamente.
Siamo davanti alla mia porta e non ho intenzione di aprirla per farle vedere il disastro che ho combinato. Aspetto che si levi dai piedi, cosa che ovviamente non ha intenzione di fare.
< E come si chiama il fratello?> chiede con aria innocente.
Per un attimo mi vedo chiaramente mentre le do una testata sul naso, rompendoglielo. Se lei fosse in grado di vedere gli schermi ultrapiatti delle persone, come me, sono sicura che si spaventerebbe abbastanza da sparire in camera sua. Ma dato che non ha idea di cosa mi sia appena passato per la testa, aspetta paziente la mia risposta.
< Uhm, lo chiamiamo Gost> dico.
E’ la prima risposta che mi viene in mente. E poi se per caso le saltasse in testa di controllare l’annuario non potrebbe prendersela perché non c’è il suo nome.
< Hai solo quattro ragazzi nella tua classe. Me lo ricorderei …> dice diventando pressante.
< Senza offesa, Sere, ma non ti ho mai parlato abbastanza della mia classe perché tu possa conoscere tutti i miei compagni. Anzi, per essere precisi, non ti ho mai parlato, punto. Cosa che, scusa tanto, mi sta benissimo!> dico entrando nella mia camera e sbattendomi la porta alle spalle.
Ho il fiatone come dopo il riscaldamento durante l’ora di ginnastica. Non riesco a credere di essere riuscita a parlare in quel modo a mia sorella. Ripercorro la scena nella mia mente più e più volte per convincermi di non aver sognato.
No, l’ho fatto davvero. Le ho tenuto testa. Beh, diciamo che non le ho dato il tempo di ribattere.
Accendo la luce e i cumuli di vestiti e oggetti vari mi accolgono con una risata di scherno. Potrei giurare di averli sentiti ridere di me.
Lascio cadere a terra lo zaino e mi rimbocco le maniche. Non vorrei farlo, ma non è che ho molta scelta. Mia madre non se ne starà fuori dalla mia stanza in eterno, e dopo la discussione con mia sorella non mi stupirebbe un’incursione notturna per smascherarmi.
Perché dovrei poi giustificarmi per come tengo la mia stanza? Potrei sempre dire che avevo voglia di cambiare la disposizione dei mobili.
Mi sembra già di poter vedere lo sguardo di mia madre, seguito da una chiamata a uno dei suoi amati dottori.
Comincio a dividere i mucchi di roba secondo un ordine: da una parte i vestiti, dall’altra i libri, poi i soprammobili, infine tutto l’irrecuperabile. Mi toccherà prendere un sacco della spazzatura per buttare i resti di una lampada e altri oggetti finiti in frantumi. Non credevo di aver tante cose.
Ho appena finito di sistemare una fila di libri sulla libreria che sento un movimento alle mie spalle e mi giro col cuore in gola per lo spavento. Un paio di gambe si agitano in mezzo al mucchio dei vestiti. Dopo essere rotolate di lato e aver recuperato la posizione eretta, vedo che si tratta di Morgana.
< Che ci fai qui? E come sei entrata?> sussurro per non farmi sentire dai miei, ma la mia voce ha una traccia di isteria latente difficile da nascondere.
Morgana si scuote di dosso un paio dei miei slip e si guarda intorno come se non fosse sicura di dove è finita.
< Questa è la tua camera?> chiede inarcando un sopracciglio.
Seduta in mezzo a tutto quel caos mi sento improvvisamente molto stupida e spaventata. Aspetto che Morgana mi guardi come farebbero i miei, o Serena. Aspetto di leggere nei suoi occhi l’incertezza e poi la paura di sapere cosa si nasconde nella mia testa. Aspetto l’accusa. Ma non arrivano. Non arriva nulla di ciò che potrei aspettarmi.
Morgana si accuccia al mio fianco. Prende uno dei libri che devo ancora sistemare.
< Diego, Gost e Blu si sono messi a litigare su chi doveva venire a trovarti> dice rigirandosi I tre moschettieri tra le mani.
< Marianna è stata d’accordo con me che non fosse il caso di far passare uno di quegli zoticoni nel tuo universum… perciò sono venuta io>.
Mette il libro sullo scaffale e mi sorride. Le pagliuzze nelle sue iridi luccicano allegre.
< Sai, quando l’ho fatto io…> indica la stanza con un cenno della testa.
< Non ho lasciato integri i mobili>.
Mi fa l’occhiolino e scoppio a ridere, un po’ per la sua smorfia un po’ per il sollievo.
Riprendo a respirare normalmente. Non mi ero nemmeno accorta di star trattenendo il fiato.
< Così hanno litigato per venire qui?> chiedo ricominciando a sistemare i libri.
Morgana me li passa uno alla volta, leggendo i titoli.
< Beh, Diego non ha aperto bocca, ma quando ti guarda male è come se dicesse un sacco di parole. E’ l’unico al mondo che riesce a farti capire quello che pensa con una semplice scrollata di spalle>.
Mi viene da ridere al pensiero di Diego che comunica scuotendo le spalle e sbuffando, come una specie di gorilla.
< Blu continuava a ripetere che essendo già stato qui poteva orientarsi meglio e Gost insisteva per venire perché è l’unico che non ti ha potuto parlare da solo…>.
Cerco di capire cosa pensa Morgana sbirciando il suo volto, ma senza le immagini rivelatrici intorno a lei è del tutto inutile. Mi sento come se fossi diventata improvvisamente cieca. Per quanto odi gli schermi ultrapiatti, spesso possono essere utili.
< Sembra che siano tutti incuriositi da te> continua Morgana.
Abbiamo finito di mettere a posto la libreria. Abbiamo fatto più in fretta di quanto potessi sperare.
Non so come risponderle.
< Non fraintendermi. Anche io sono curiosa. I tuoi poteri non sono una cosa comune, anzi, direi che sono unici. Nascere possedendo già un livello cinque … non riesco a immaginarlo>.
Si siede sul letto mentre io mi tengo occupata con la biancheria da rimettere nei cassetti.
< Non è una cosa che ho voluto> dico dandole le spalle.
< Nessuno di noi l’ha chiesto> è la flebile risposta di Morgana. Ha parlato così piano che potrei essermelo immaginato.
< Gost ha un sacco di domande. Blu… penso che lui sia semplicemente curioso di sapere cosa sei in grado di fare>.
Mi volto verso di lei. In mano ho una decina di magliette appallottolate che temo di non riuscire mai più a districare.
< Cosa sono in grado di fare?>.
< Forse non ci siamo capiti bene… anche Blu prima parlava di abituarmi a qualcosa. Ma io non voglio farlo. Non voglio essere una Saltatrice o come volete chiamarvi>.
Prendo un bel respiro. Morgana mi guarda senza tradire emozioni. Si limita a lasciarmi parlare. Le sono grata per questo, ma allo stesso tempo mi innervosisce. Capisco che mi sta prendendo sul serio. E capisco anche che sta prendendo in considerazione tutte le mia parole. Non si limita a ascoltarmi per poi tentare di farmi cambiare idea.
< Gabriele ha detto che può trovare un modo per bloccare le immagini che vedo. Gli orecchini che mi ha dato funzionano già. Non desidero altro. Se potete fermare le immagini… io…>.
Morgana inclina la testa di lato, osservandomi.
< Tu cosa? Potrai vivere una vita normale?> non c’è accusa o sarcasmo nella sua voce, ma c’è qualcosa che mi terrorizza. C’è compassione. E’ come se mi stesse dicendo che non importa quanto lo desideri, quello che voglio non potrà mai realizzarsi. Mai.
< Non si tratta solo di vedere e sentire. Si tratta di ciò che puoi fare alle persone. Tu apri brecce nelle coscienze, tra gli universum. Non cambierà solo perché non sarai più in grado di vederlo> dice dolcemente Morgana.
Si alza in piedi guardandosi intorno.
< Beh, sarà meglio che vada>.
Resto così spiazzata che lascio cadere le magliette.
< Ma… di già?>.
< Sì. Qui mi sembra tutto a posto, e forse è meglio che ti lasci da sola a riflettere>.
Vorrei fermarla, ma non so cosa dirle. Ed è vero che ho bisogno di riflettere.
< Buona notte, Alice> dice prima di sparire nel nulla. Non per modo di dire. Un attimo è qui davanti a me, l’attimo dopo ci sono solo io e due quintali di roba da sistemare.
Mi lascio cadere a terra, sul mucchio dei maglioni e delle felpe. Mi aspetta una lunga serata.

  
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