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Autore: Scream_Out_Loud    23/07/2012    2 recensioni
Le azioni insensate di molte persone possono distruggere il cuore di una semplice ragazza, possono impedirle di amare... Solo una persona però sarà in grado di fare capire a quella ragazza, quello che la vita le pone davanti. Le farà capire Come Si Ama.
"Lascia il passato alle spalle El..." disse lui "vieni con me a Londra..."
"Non posso lasciare tutto così...T-tu non puoi capire...dimentica me...dimentica noi. E' stato bello... Finché è durato..." sussurrò la ragazza, con gli occhi luccicanti, ma non luccicavano di gioia, luccicavano a causa delle lacrime che le inondavano gli zigomi.
Lacrime che segnavano un'altra delusione.
Un'altra, nella sua lunga lista.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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how to love prologo

How To Love

Capitolo 1. 

Il miracolo della Vita.

Avete presente il miracolo della vita? Quando un pulcino viene al mondo… quando la mamma cagna da alla luce i suoi cuccioli… quando un pinguino aspetta impaziente che l’uovo che ha messo al caldo si schiuda…?

Ogni essere vivente viene messo al mondo da qualcuno, i pulcini hanno le ali forti della loro mamma chioccia che li protegge, i cuccioli ciechi hanno i due cagnoloni genitori che gli fanno da guardia e il piccolo pinguino zampettante e barbellante per il freddo polare ha il suo papà pronto a riscaldarlo. Io non avevo nessuno di loro. Ero un piccolo pulcino disperso per la fredda Inghilterra, quell’ottobre, ero un cagnolino cieco che non sapeva ancora reggersi in piedi, ero un piccolo pinguino barbellante per il freddo che quella notte portava con se. Ero stata abbandonata…

Era una fredda notte, anzi, la più fredda notte di ottobre quando la giovane Sarah mi trovò davanti al portone ciliegio dell’orfanotrofio. Sarah e Sandra gestivano l’orfanotrofio di Doncaster, Sarah era solo 21enne quando mi trovò, mentre Sandra era già avanti negli anni. Non si sapeva chi fosse stato a lasciarmi lì. Doncaster non era grande, e quindi pensarono che si trattasse di una ragazza madre, che non era abbastanza matura per poter mantenere una bambina, e per non infangare il nome della famiglia aveva deciso di liberarsene. Una donna vigliacca quanto quello che la mise incinta, mio padre doveva essere un povero morto di fame, uno stupido ragazzino che si divertiva con le ragazze e poi le lasciava, fregandosene di quello che le sue azioni conseguivano. Non li conobbi, e mai avrei voluto farlo.

Un piccolo aquilotto non si separa mai dalla madre finché, con il suo aiuto, non impara a volare alto nel cielo, a spiegare le sue ali, batterle a tempo con il vento e creare dei gioghi magici con quei volteggi delicati e danzanti che danno senso di libertà a chi solo si ritrova a guardare quell’uccello maestoso padroneggiare il cielo.

Anche se non era proprio il sogno di ogni bambino, io stavo bene nell’orfanotrofio insieme agli altri bimbi. Mi accolsero subito, come la loro sorellina. In particolare Annie e Jamie di solo qualche anno più grandi di me che volevano scegliere il mio nome. Sandra riportò l’ordine nella piccola stanza, perché le piccole litigavano con gli altri per sceglierlo.

Uno dei bambini, che in quell’ottobre aveva appena compiuto 9 anni, mi ebbe particolarmente a cuore. Si chiamava Mark. Mi faceva da fratello maggiore, e gliene sono tuttora estremamente grata. Nella culla trovarono un biberon pieno di latte, ben avvolto nelle coperte, e biglietto scritto a mano su una carta rosa. C’era scritto:  ‘Eleanor, 16 luglio 1992’ questo significava che quando mi trovarono avevo già 3 mesi e mezzo. Almeno quella vigliacca di mia madre aveva avuto l’accortezza di allattarmi fino a quando ne avevo avuto il bisogno… Aveva anche già deciso il nome, Annie però insistette per aggiungere anche il secondo nome: Jane.

Ogni maggio, all’orfanotrofio, venivano genitori per accogliere in casa loro alcuni di noi. Io e Annie cercavamo sempre di sfuggire alle presentazioni, scappavamo sulla collinetta per vedere chi veniva preso e chi veniva lasciato. Jamie venne presa subito, non aveva nemmeno 5 anni. Io e Annie decidemmo che non ci saremmo fatte adottare da nessuno, io per prima ero decisa a farlo. L’anno dopo l’adozione di Jamie, fu il turno di Mark. Ero sulla collina quando vidi Mark trascinarsi dietro la sua valigia e andare incontro al suo futuro padre. Da una parte ero felice per lui, si meritava una mamma e un papà, ma dall’altra parte ero triste perché mi avrebbe abbandonata, non avrei avuto più il mio fratellone. Non potevo non salutarlo. Corsi giù per la collina fino al casottino, inciampai in un sasso e caddi, rotolai giù mentre Annie mi rincorreva preoccupata. Non mi fermai, nonostante fossi caduta, arrivai ma troppo tardi, la macchina stava già partendo. Iniziai a rincorrere la macchina, ma sia Sarah che Sandra mi supplicarono a gran voce di fermarmi. Così con gli occhi pieni di lacrime amare tornai indietro. Non avrei mai più potuto rivedere Mark, e non l’avevo nemmeno salutato. Questo mi provocava tanto, tantissimo dolore. Un altro anno all’orfanotrofio volò, io avevo 3 anni mentre Annie 5. Quell’anno fu il suo turno, mi lasciò come avevano fatto prima Jamie e poi Mark.

“Annie mi avevi detto che saremmo rimaste qui per sempre, io e te” la implorai, piangendo incessantemente.

“IO VOGLIO UNA MAMMA E UN PAPA’ JANE! NON LO CAPISCI!?” gridò lei esasperata, piangendo quanto me.

“Ma son-”

“No Jane! Tu non sei la mia mamma! Non potrai mai esserlo!” mi spense. Io facevo la mamma e lei la figlia, anche se lei era più grande di me. Io ero quella col carattere forte, lei era debole, piangeva sempre: per un dispetto di Junior, per aver visto una lucertola, per essere stata punta da una zanzara… io dovevo proteggerla. Mi sentivo in dovere. Lei mi chiamava Jane, non Eleanor, e fu così che mi salutò, ondeggiando la mano a destra e a sinistra dai sedili posteriori di quella Rolls Royce grigia che mai più avrei dimenticato.

“Ti vorrò sempre bene Jane, troverai anche tu una mamma e un papà che ti renderanno felice” mi disse.

Mi limitai a scuotere il capo, stropicciandomi il naso e strizzando gli occhi. No non li avrei mai trovati i miei genitori Annie, la mia famiglia eravate voi dell’orfanotrofio e lo sareste sempre stati.

Il maggio successivo, venni scelta io. Tentai di non andarmene ma il signor Calder era deciso più che mai ad adottare me e soltanto me; Nessun’altro bambino dell’orfanotrofio. Sarah mi prese in un angolino e mi supplicò “Eleanor, non potrai rimanere qua in eterno…”

“Si che posso Sarah, prenderò il vostro posto e gestirò l’orfanotrofio, avete bisogno di una mano” ero una bambina sincera, e come tutti i bambini dicevo chiaramente tutto quello che pensavo.

“Tesoro…” iniziò, mentre le si inumidivano gli occhi “vai col signor Calder, è la cosa migliore per te. Non puoi scegliere, è il tuo dovere. E poi il signor Calder desiderava tanto una bambina…Come te. Farai felice una persona, non ti importa di questo?” mi domandò con qualche lacrima solitaria che solcava i lineamenti del suo viso.

“Ma io…” cercai di replicare, ma non sapendo cosa dire, per non deludere nessuno, andai a preparare la valigia col capo chino, mentre tutti i bimbi mi salutavano, contenti per me. Capii che dovevo esserlo anche io. Nonostante quella mia voglia di libertà, sapevo che avrei avuto bisogno di un papà e di una mamma, è un bisogno naturale. Non si può scegliere.

Solo ora capisco il perché di quella lacrima Sarah… Capisco che anche se mi gridavate dietro che ero una bambina pestifera mi volevate bene e me ne avreste sempre voluto. D’altronde è per quello che mi faceste adottare dal signor Calder e non da altri sprovveduti. Sappiate che ve ne vorrò sempre anche io Sarah e Sandra.

Così salii in macchina, dove trovai una donna avvenente e con un viso dolce che mi aspettava; Seduta sul sedile posteriore a braccia aperte. Era la signora Calder.

Arrivammo alla casa dei signori Calder e mi fecero entrare… era veramente bella! Grande e accogliente, mi portarono per mano fino a quella che diventò camera mia. Piccola e tutta azzurra. C’era già il lettino sistemato, la scrivania con su una bella lampadina e la seggiola con le ruote, con la quale mi divertivo a correre per tutta la casa, sbattendo a destra e a manca perché non sapevo andare diritta. La signora Calder avrebbe voluto un maschietto, ma dato che gli altri erano tutti troppo grandi, la bambina che si avvicinava di più a un maschietto ero io, vivace, solare… Il signor Calder passava serate intere a parlarmi di quello che lo aveva colpito di me quando mi vide. Mi elogiava sempre. Era proprio come un vero papà. Harold e Julie, i signori Calder, mi trattavano come se fossi la loro bambina naturale. Mi insegnarono ad andare in bicicletta e mi cantavano le canzoncine per farmi addormentare.

 

 

 

 

 

Cosa ne pensate? :D ecco il primo capitolo è un po noioso lo so, scusatemi ç__ç 
I primi saranno un po' tutti così anzi forse peggio quindi preparatevi xD poi però si risolverà tuuuttooo :D don't worry :) per chi ne avesse voglia può recensire/commentare, mi fa taaaaanto felice :) vanno bene anche le critiche, sono pronta ad accogliere qualsiasi consiglio :)

un bacio

~ xx Gio. ♥

   
 
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