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Autore: Dodici12    23/07/2012    0 recensioni
Salve a tutti, ho iniziato a scrivere questa storia circa due anni fa ed è la prima volta che la pubblico.. Spero che vi piaccia, anche perchè ho fatto molte ricerche per trattare determinati argomenti!
La storia parla di una ragazza che, a causa di una maledizione, è destinata ad essere la "consorte" del figlio di Lucifero.
Buona lettura!
Genere: Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono su una bellissima spiaggia. La Luna si riflette sull’acqua, sembra vicinissima e illumina tutto lo spazio intorno a me. Cammino sulla riva, felice. Non capisco il perché di questa felicità. E’ come se non riesca a controllare il mio corpo. Ad un tratto scorgo un’ombra nella parte opposta della spiaggia e sul mio viso si fa spazio un ampio sorriso.
In quel momento sento una sensazione stranissima. Come la rottura di qualcosa. E mi ritrovo catapultata fuori dal mio corpo.
Mi osservo mentre aspetto l’ombra sorridente. Cerco di scorgere i lineamenti di quel ragazzo.
Ha i capelli neri che ricadono corti sulla fronte e due occhi rossi.
E’ il ragazzo di questa notte! Quello con le ali! Dovrei chiamarlo ragazzo? Che cos’è?
Lo osservo mentre abbraccia la mia me e la saluta con un dolce bacio. Di colpo le sue ali si aprono maestose e lui si innalza in volo, abbracciandomi.
 
Mi sveglio di colpo toccando il mio ciondolo. E’ l’unica cosa dalla quale non mi separerei mai. E’ la collana della mia famiglia. Un cuore di argento con un’incisione che può sembrare semplice, ma che rappresenta tutto per me. Maria: il nome che si tramanda da generazioni nella mia famiglia, ma anche quello macchiato dai peggiori ricordi.
Quel sogno è stato davvero strano. E dire che i miei sogni sono sempre molto strani. La finestra come al solito è aperta. Ho il vizio di lasciarla così in qualsiasi stagione mi trovi.
Mi alzo e combatto con la forza di gravità per stare in piedi. Ma, quando riesco finalmente a mantenermi in equilibrio, noto un foglio poggiato sulla scrivania.
Mia madre non è il tipo che lascia bigliettini, se ne va e basta. Chi può mai essere stato?
Prendo il foglio e leggo scioccata.
Questo è solo l’inizio, Maria…
Accanto al foglio c’è una cosa che non avevo notato prima. Una piuma. Lunga e nera.
Ok, sto decisamente impazzendo.
 Prima il ragazzo sulla spiaggia. Poi il sogno. Ora questo.
La mia mente mi gioca brutti scherzi. O forse qualcun altro.
Ho bisogno di calmarmi e quindi chiamo il mio unico migliore amico, Davide. Lui non mi ha mai abbandonata, nemmeno quando mi sono trasferita qui a Salerno.
<< Mary! Come stai? Cosa fai? Non hai idea di quanto mi manchi!>> urla Davide dal cellulare.
<< Dave! Mi sei mancato tantissimo! Come va lì a Firenze? >>
<< Bene. Ma non è la stessa cosa senza di te. Tu invece? >>
<< Non mi va di ricominciare di nuovo… e poi mi è successa una cosa davvero strana… >>
<< Che cosa? >> mi chiede lui allarmato e, quindi,  gli spiego tutto.
C’è un lungo silenzio e, quando Davide parla, ha una voce terrorizzata.
<< Marianne… quando sei andata precisamente in spiaggia? >>
<< Ehm… questa notte. Perché? >>
<< Avrei dovuto immaginarlo... >> mormorò lui, chiudendo la telefonata.
Resto di fronte alla finestra per molto tempo, confusa e anche un po’ spaventata.
Di sicuro sono solo coincidenze e allucinazioni, ma quelle ali mi sono sembrate così vere.
 
Davide.
Avrei dovuto immaginarlo. I continui spostamenti li hanno disorientati, ma la sua aurea sarà sempre  più luminosa delle altre. Ho bisogno di proteggerla. Ventiquattro ore al giorno. Tutti i giorni.
Devo assolutamente trovare il modo di contattare L’Arcangelo, devo avere il permesso di spostarmi per proteggerla, ma dubito che mi sarà concesso di parlargli prima di una settimana.
Ma io non posso aspettare! Si è già introdotto in casa sua una volta, chi mi assicura che non lo farà di nuovo?
Cerco di contattare mentalmente uno degli arcangeli, ma sono troppo distante e non posso volare con la luce del giorno. Dovrò aspettare fino a stanotte, pregando che non succeda nulla di nuovo.
 
Marianne.
Guardo sconsolata le decine di scatole da sistemare nella mia stanza e con un sospiro mi metto al lavoro.
Mia madre come al solito è andata via e devo solo sperare che ritorni nel pomeriggio per aiutarmi, ma ne dubito.
Mentre sposto le scatole nella mia stanza ne noto una mai vista prima. E’ una grande scatola trasparente ma non ne riconosco il contenuto.
La apro subito, curiosa e ciò che vedo mi toglie il fiato.
All’interno c’è una sciarpa, probabilmente appartenuta a mia nonna, dove è ancora conservato come una reliquia un suo capello nero come la pece e anche una traccia del suo rossetto; i suoi occhiali da sole, che aveva sempre amato ma che purtroppo erano rotti; e, infine, una scatola grigia chiusa da un fiocco rosso.
Apro la scatola ma non riesco a trattenere le lacrime. Dentro ci sono tutte le foto di mia nonna Maria e di mio nonno, durante quel piccolo pezzo di vita passato insieme.
La storia della mia famiglia è triste e complicata.
Mia nonna Maria e mio nonno Attilio si erano sposati, entrambi innamorati follemente, e dal loro matrimonio era nato mio padre. Dopo dieci anni mia nonna era rimasta incinta di mia zia, ma, durante il parto, morì, lasciando mio nonno con due bambini da crescere. Per mantenere vivo il ricordo della moglie aveva chiamato sua figlia Maria.
Disperato, si era risposato non pensando ai suoi sentimenti, ma al bisogno dei figli di crescere con una madre affettuosa.
Purtroppo, la seconda moglie non si era rivelata per niente affettuosa e aveva sempre trattato i due figli acquisiti come schiavi.
Mia zia Maria morì a sedici anni per ragioni ancora sconosciute.
Infine, mia sorella Marisa è morta pochi anni fa, nel pieno della sua vita, lasciandomi con un dolore straziante impossibile da ignorare.
“Sono tristi coincidenze. Purtroppo capitano. Bisogna mantenere vivo il ricordo. “ aveva detto il prete durante il funerale di Marisa, quando io ero talmente sconvolta da non riuscire a lasciare la mano di Davide per tutto il giorno.
Le lacrime mi scorrono limpide sul viso mentre guardo per la prima volta quelle foto, la felicità nei loro occhi e l’amore che traspariva da ogni gesto immortalato, da ogni sguardo rubato.
Ripongo la scatola nel mio armadio e mi rimetto al lavoro. 
  
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