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Autore: MeliaMalia    07/02/2007    1 recensioni
Sfoderai il migliore dei miei sorrisi saccenti, piegando le labbra in una linea ironica che invitava a prendermi a schiaffi dal mattino alla sera. Dovreste vedermi, quando sorrido così. Vi giuro che, tutte le volte che lo faccio allo specchio, ho una faccia tosta tale che mi verrebbe da prendermi a pugni da solo.
E’ un sorriso adorabile, insomma.
Perciò lo misi sfacciatamente in mostra. Quindi, con voce risoluta, con fare da gran duro, dissi: “E’ ora, signorina, che tu possa tornare ad essere ciò che sei. Ovverosia, un cadavere.”
Sono un tipo dalle frasi d’effetto, io.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO NONO

«Fratellone!» Aria mi svegliò con un trillo allegro, riportandomi brutalmente alla realtà. Confuso ed agitato, mi guardai attorno, non riconoscendo subito le sagome degli “eleganti” interni appartenenti alla Residenza.
Quando, infine, compresi di essere al sicuro in quella vecchia e scricchiolante casa, affondai il viso nel cuscino, con uno sbuffo.
«Che c’è?» mugugnai, non ricevendo risposta.
Alzandomi pigramente a sedere, scostai i miei (ormai troppo) lunghi capelli dal viso, con un gesto nervoso e distratto. Una sensazione di spossatezza mentale mi accolse, facendomi capire che non dovevo aver dormito per molto tempo, e che il mio corpo reclamava altro riposo.
Aria, forse non consapevole di aver destato una persona che avrebbe ucciso pur di tornare a sonnecchiare, ridacchiò, sedendosi a gambe incrociate sul limitare del letto, ammiccando con i grandi occhi verdi ora animati dal divertimento.
«Quanto ho dormito?» volli sapere, sbadigliando come un orso poltrone. Lentamente, le immagini di quel tremendo sogno riaffiorarono alla mia mente, bloccando a metà quello che era partito per essere un ottimo sbadiglio.
Richiusi la bocca di scatto, ricordando ogni stramaledetto particolare di quella visione onirica.
Mio padre e mia madre, in attesa della loro morte. Ed Aria, contessina dalle iridi neri, dalle gote pallide, dai canini sporgenti.
Mi passò immediatamente la voglia di tornare dormire.
Eccome.
D’improvviso, provai un intenso moto di paura. A stento mi trattenei dallo protendermi verso l’esile figura di mia sorella, per afferrarla ed abbracciarla, per legarla a me, in modo che nessuno potesse mai portarmela via.
«Un paio d’ore.» sghignazzò Aria, come sempre all’oscuro dei miei timori, della mia traballante sanità mentale. «Poi continuavi a dire cose stupide, e allora ti ho svegliato. Ho fatto male?»
La scrutai con attenzione, come un medico attento ad ogni cambiamento del suo paziente.
Ora che era una vampira, le sue espressioni facciali erano più chiare e leggibili che mai, quasi che, con il potere oscuro, il suo corpo avesse scoperto nuovi muscoli facciali da muovere con la grazia di un perfetto artista.
E fu proprio grazie a quello, grazie al fatto che ogni sua emozione passasse inevitabilmente per quel dolce viso, che io lessi distintamente nel suo sorriso, nei suoi occhi vivaci, addirittura nelle sue piccole, adorabili, fossette, l’ombra della paura.
Tremai, seppur impercettibilmente.
«Cos’è che ti ha spaventato?» domandai e lei, perdendo all’istante il sorriso e l’atteggiamento spensierato, mi rivolse uno sguardo sorpreso. «E’ venuto qualcuno? Per questo mi hai svegliato? Aria, perché non devi nascondermi nulla, lo sai!»
Abbassò il capo, con aria colpevole, facendomi sentire immediatamente un verme. Non avrei dovuto parlarle in modo tanto aggressivo.
«Mi… non mi piaceva… quello che dicevi nel sonno.» ammise infine, con un bisbiglio terrorizzato, evitando accuratamente di guardarmi negli occhi. «Allora ti ho svegliato. Scusami.»
Scossi il capo, non comprendendo quel discorso. «Ho parlato mentre dormivo? E che ho detto?»
Aria mantenne il capo chino e le labbra serrate, come un prigioniero di guerra disposto a morire tra atroci tormenti, pur di non rivelare alcuna informazioni al nemico.
Quel viso abbassato verso la rozza coperta sotto di lei, quegli occhi tristi e spaventati, simili allo sguardo di un piccolo elfo catturato da qualcosa di tremendo, mi trafissero con una cattiveria impensabile.
«Che cosa ho detto?» ripetei, sentendomi la bocca secca. Mi ero tradito nel sonno? In fondo, avevo rivissuto la notte della metamorfosi di Aria, e forse qualche frase sfuggita alle mie labbra le aveva permesso d’intuire una parte della tremenda verità che io celavo con tanta impetuosità ai suoi occhi. «Che cosa, Aria?»
«Non lo so» lei scosse il capo, facendo ondeggiare i capelli neri come la notte, l’esile fisico abbandonato in una pose molle, trascurata. Mi parve quasi una bambola rotta. Una bambola di legno, bellissima, perfetta, eppure silenziosamente divorata dalle termiti. «Non so nemmeno cosa volessi dire, ma mi hai fatto paura!» tentò di giustificarsi ancora.
Cosa poteva averla spaventata tanto? Forse avevo parlato dell’Antico? Possibile.
O forse mi aveva udito rivolgermi a mamma e papà.
O forse…
«Shahla» sussurrai a fior di labbra, avvertendo i peli del mio corpo rizzarsi dalla paura. Un brivido mi attraversò da capo a piedi, e quasi non sentii più gli arti, bloccato come fui nella morsa del terrore. Un terrore assolutamente ingiustificato. «Dicevo questo? Shahla
Aria si portò le mani alle orecchie, con un gesto atterrito che mi spaventò ulteriormente.
«Non mi piace, Aster! Non dirla più!» implorò, con gli angoli pallide labbra piegati verso il basso. «E’ una brutta parola!»
Mi liberai di scatto dalle coperte e, carponi, la raggiunsi sul fondo del letto, afferrandole le spalle con gentilezza.
La costrinsi a fissarmi, inchiodandola con uno sguardo esigente certamente non da me. «Sai qualcosa di questa parola, Aria?» domandai, forse con un po’ troppa veemenza.
Lei fece segno di no con la testa, chiudendo gli occhi e stringendo la bocca. Come una bambina che, accusata di una marachella, neghi con prepotenza ogni sua responsabilità.
«So solo che non mi piace…» sussurrò.
E poi dovetti lasciarla in pace, perché, come mi fece notare con un mormorio offeso, continuare spaventarla con certe sciocchezze era una cattiveria gratuita.





Rispondendo alle recensioni... ^^
Elychan: Ah ah, sei la prima che me lo dici XD
In effetti, il modo in cui Aster si riferisce a Dio è scanzonato, irrispettoso. Lo tratta come se fosse un suo pari, insultandolo quando lo ritiene giusto.
Mi pongo spesso la domanda su quanto Aster sia credente. Forse, come quel famoso prete tracciato con maestria dal mio Maestro King, non abbastanza per sconfiggere un antico vampiro...
Dada Baggins: Ho già detto che amo il tuo modo di recensire? Sei incredibile, hai usato come ultima citazione la frase che più ho amato in quel capitolo! ^^
Hai ragione, Aria ha il dono della Conoscenza. Che è una Conoscenza diversa da quella del fratello: mentre Aster conosce i fatti, mentre lui si arrampica sugli specchi della realtà, Aria ha un sapere più intimo, essenziale. Ha il dono della bontà, della fiducia. Sa che il Bene è ovunque. Sa che può fidarsi del suo prossimo. Sa che la notte non è poi così buia, se ha qualcuno insieme a lei.
Tutto ciò le da una compostezza diversa da quella di Aster. E' rimasta una piccola duchessa, pur nella polvere.
   
 
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