Correre, correre... Correre. Correre veloce, correre contro il tempo, correre per correre. Correvo, ma non scappavo. Correvo per inseguire, per inseguire i miei ideali. Dietro di me, ragazzi e ragazze correvano con me, fucili in spalla e cuori ruggenti.
L'Unificazione. L'Unificazione mi sembrava ogni giorno di più una bugia. Volevo bene a Feliciano, eccome se ne volevo. Ma piangevo. Piangevo perchè mi sentivo tradito dal mio stesso Fratello, dalla sua voce serena e gentile, dai suoi modi allegri che mi parevano sinceri. E la gente soffriva e moriva e veniva uccisa perchè ''sembrava un brigante'', dicevano. Brigante. Brigante è una parola grossa, non eravamo altro che braccianti e contadinelle, soldati borbonici e qualche dissidente. Loro erano un esercito, erano ben organizzati. Noi volevamo soltanto rispetto, il rispetto che veniva a noi negato dalle pallottole dei Piemontesi. Immaginate che un giorno vostro fratello vi chieda di dormire in camera vostra, e ve lo chieda gentilmente. Non ci sarebbe nulla di male. Immaginate che chieda ciò con un fucile in mano. Cosa dovrei fare io? Arrendermi e vedere le lacrime sui volti delle donne stuprate vilmente? Arrendermi e vedere il fallimento sui volti dei contadini emigranti? Oppure cercare anche simbolicamente, anche per me stesso, per la mia dignità, di dare una voce ai poveracci? Ormai ho scelto, e non mi tiro indietro. Questa è la mia terra, è il mio Sud Italia. E' la mia anima, è la mia storia, è l'unica cosa che ho e che nessuno potrà mai sottrarmi. E' la terra dove mille culture si sono unite e tutte quante mi hanno reso migliore.
Mi fermai.
La fanteria era lì, in fila sulla collina, e aspettava la nostra prima mossa. Noi eravamo immobili e aspettavamo loro. Guardai i miei uomini e le mie donne. Erano arrabbiati, feroci, erano così coraggiosi e stavano combattendo con me e per me. Mi avvicinai ad un giovane, un generale piemontese, barba incolta e abiti da brigante. Non mi fidavo molto di lui, ma dovevo ammettere che aveva coraggio: era passato dalla nostra parte per proteggerci a suo rischio e pericolo. Forse... Forse Feliciano mi poteva volere ancora bene, poteva rispettarmi. Forse si accorgerà di aver sbagliato e mi chiederà scusa. Accetterò le sue scuse, ma ora... Ora era tempo di guerra, era tempo di dar voce ai fucili, di ''posare chitarre e tamburi perchè la musica andava cambiata''.
Infiniti attimi di tensione, in cui non udivo, non vedevo, non sentivo nulla. Il sudore grondava dalla mia fronte attraversandomi il volto. Qualcuno dei due fronti doveva partire. Urlai e iniziammo a correre verso di loro. I soldati di Feliciano sparavano su di noi mille pallottole. In molti cadevano, in tanti perivano. Sparavo, continuando a correre, speravo vedendoli colpiti cadere al suolo, finchè una pallottola mi traforò la spalla.
Caddi anche io come loro.
Caddi e temevo di morire.
ATTENZIONE: questa FF parla di una parte della nostra storia spesso dimenticata, interpretata male o addirittura sconosciuta. Ancora oggi le parole ''brigantaggio'' e ''questione meridionale'' hanno un senso. Che cos'è una ''nazione'' se non un popolo avente la stessa lingua, la stessa cultura, gli stessi sogni, perché no? Romano rappresenta tutto ciò in questa FF: i sogni del suo popolo, la stessa materia di cui lui è fatto. Non essere ignavo, approfondisci. E' la nostra storia, è la tua storia. Capitolo dedicato a Carmine Crocco