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Autore: I Biscotti Inflessibili    24/07/2012    6 recensioni
Con la sconfitta di Loki, che ammanettato e munito di museruola è stato rispedito come un pacco ad Asgard, la pace sembra ristabilita. Chiuso in una cella, non può far altro che ricevere le continue visite di Thor, che non può proprio fare a meno di cercare di redimerlo in tutti i modi. Ma la sete di vendetta e di rivincita del Dio dell'Inganno non lo terranno calmo a lungo. Che sia l'inizio di una nuova sfida per gli Avengers?
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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   Note: Secondo rutilante capitolo! Contando che la storia sul nostro pc è bella che conclusa contiamo di darvi aggiornamenti settimanali abbastanza puntuali, salvo drammi o imprevisti, ecco. Ciò detto preparatevi ad un lungo Loki pov! A presto!



Capitolo I




Da quel delizioso episodio d’infanzia era passato così tanto tempo che ormai si stentava a credere che Thor e Loki fossero stati bambini e che avessero giocato più o meno insieme. Diversa era sicuramente la situazione di Loki, imprigionato e strettamente sorvegliato ad Ásgarð, dove il fratello l’aveva riportato dopo la sua disfatta a Miðgarð per quello che era stato definito un giusto processo.
A dirla tutta, Loki si sentiva in punizione come un bambino: rinchiuso in una stanzetta con abbastanza luce e abbastanza aria, poiché Odino insisteva a volerlo considerare suo figlio e a dimostrargli il suo affetto non gradito, ma guardato a vista. Questo era ora il Dio dell’Inganno, colui che era stato re di Ásgarð e che aveva quasi conquistato Miðgarð, quasi appunto.
Una situazione del genere si sarebbe potuta considerare già abbastanza drammatica, ma al destino piace infierire, ed era per questo che il dio gracile, così era stato definito non molto tempo addietro da Hulk, prima che lo sbatacchiasse come un tappeto, continuava a ricevere visite di Thor.
Il Dio del Tuono trovava indispensabile mostrare al fratello quanto amore ancora serbasse per lui, e quanto sperasse in una riconciliazione che a Loki, da parte sua, non poteva che ispirare disgusto.
  “Sono tornato ad Ásgarð in catene e con una museruola, e ancora vieni a parlarmi di redenzione? Di riconciliazione?” i colloqui con Thor diventavano ogni giorno più patetici, e quando il dio entrava nella sua piccola prigione, Loki sentiva che lo spazio a sua disposizione si rimpiccioliva a tal punto da divenire invivibile.
  “Dopo quello che hai scatenato su Miðgarð era il minimo. Dovresti essere felice di essere a casa, Loki”
  “Casa? – erano frasi come quelle a interrompere il suo passeggiare avanti e indietro per la cella. – Casa, tu dici. E dovrei esserne felice, anche. Qual è la mia gioia, ora? L’unica gioia che percepisco è quella che tu provi nel vedermi alla tua mercè”.
  Quando parlava a quel modo, Thor intuiva che il fratello avrebbe desiderato vederlo stramazzare al suolo esanime e certamente morto, e a volte si chiedeva cosa lo trattenesse dall’aggredirlo. Ma la prigione di Loki era mentale, oltre che fisica, e di certo ci avrebbe messo un po’ a riprendersi. Per fortuna.
  “La mia gioia sarebbe vederti in pace con te stesso, fratello. – disse infine Thor, voltandosi per uscire dalla cella. – Ora debbo lasciarti, Miðgarð mi aspetta”.
  Senza sprecarsi a rispondere, Loki diede le spalle all’altro e rimase immobile finché non sentì la serratura della porta scattare.
  “Miðgarð…” sospirò Loki, affranto. Il più insulso di tutti i Nove Regni e quello che gli aveva creato più problemi. Chissà che ci trovava Thor in quello stupido pianeta; certo, ora che il Tesseract era di nuovo nelle mani di Odino, era libero di scorrazzare avanti e indietro per andare a trovare la sua stupida mortale. A quel pensiero, un’insana idea gli si insinuò nella mente: era stato rinchiuso per abbastanza tempo da meritarsi una libera uscita. Perché non seguire il suo detestato non fratello e fargli la festa?
  Con aria annoiata Loki si avvicinò alla porta della sua cella; non poteva vedere nulla al di là, ma riusciva lo stesso a percepire la presenza costante di due guardie. Abbassò lo sguardo verso la zona in cui si trovava la serratura. Sapeva, perché l’aveva visto all’epoca della sua incarcerazione, che tutto quello che lo tratteneva lì dentro era un lucchetto. Per un comune mortale sarebbe stato assai difficile far scattare un lucchetto dall’altra parte della porta, ma Loki era innanzitutto un dio, ed era sempre stato particolarmente versato nell’uso della magia. Gli bastò appoggiare la mano sul legno della porta, concentrarsi un attimo e voilà, un rumore metallico lo avvisò della caduta del lucchetto.
  “O pongono molta fiducia nei miei carcerieri o pochissima in me.” disse il dio fra sé e sé, mentre la porta si apriva scricchiolando appena. L’espressione che fecero le due guardie quando lo videro uscire come se niente fosse fu alquanto comica, agli occhi di Loki.
  “Non mi è forse concesso prendere un po’ di aria fresca?” provò a chiedere sorridendo.
  “Non ti è concesso, usurpatore.” rispose uno dei due, sguainando la spada che portava alla cintura e avvicinandosi a lui. Loki trovò il tentativo piuttosto fiacco; non si era mai considerato un usurpatore, ma di certo molti dimenticavano cos’era realmente: un gigante di ghiaccio.
  Lasciò che si avvicinasse a lui abbastanza da poterlo toccare e lo tramutò in un ghiacciolo senza alcuna difficoltà. L’altra guardia, che si era nel frattempo avventata su di lui sperando di coglierlo alle spalle fece la stessa fine.
  A quel punto si poteva definire a piede libero. Non doveva far altro che recuperare un’arma, raggiungere il Tesseract e andare al suo appuntamento speciale. Mentre si allontanava rischiò di scivolare su qualche frammento di ghiaccio che aveva sparso in giro, ma non se ne preoccupò: non sarebbe stato uno scivolone a impedire la sua vendetta.

  Nel frattempo qualcosa di curioso stava accadendo alla Torre Stark, poiché al momento vi si trovava riunito l’intero gruppo degli Avengers. Cosa che, in genere, avrebbe dovuto significare rischi inimmaginabili per la terra, future battaglie e scocciature a non finire; eppure, per una volta, niente di tutto questo si mostrava all’orizzonte ed era proprio per questo che, in effetti, Nick Fury era stato lasciato a casa sua. Non è il genere di ospite indicato per presenziare ad una festa di compleanno.
  “Mi spieghi perché dovrei tenere in testa una cosa simile?” Tony Stark, genio, miliardario, playboy e filantropo stava facendo quello che gli riusciva meglio in tempo di pace: fare i capricci con Pepper mentre cercava di mettergli in testa un cappellino di carta.
  “Avanti, Tony, è per il compleanno di Bruce. Perché non fai qualcosa per lui?” insistette Pepper.
  “Perché credevo che utilizzare l’attico con vista per ospitare la festa fosse un atto di cortesia più che sufficiente.” sbottò.
  “Eppure ti dona, Stark, dovresti metterne uno anche sulla tua armatura nuova.”
  “Sta’ zitto Rogers, o Pepper ne avrà uno anche per te, ahi!”
  Approfittando del momento di distrazione causato dalla battutaccia di Capitan America, Pepper aveva messo il cappellino di carta colorata in testa a Tony, e l’aveva fissato sotto al suo mento con l’elastico in coordinato tirandolo giusto un pochetto più del dovuto.
  “Oh suvvia, non ti sei fatto niente.”
  “Questo lo chiami niente? Mi resterà il segno per almeno un’ora!”
  “Tranquillo Tony, nessuno scatterà fotografie a tradimento.” provò a dire Natasha, subito smentita dal clic di uno scatto. Tutti i presenti si voltarono verso il rumore, notando che Bruce aveva in mano una piccola, tristissima, antelucana macchina fotografica monouso.
  “Be’, è il mio compleanno oggi, un regalo me lo merito.” si giustificò lui, sorridendo.
  “Questo non ti basta?” rispose Stark, allargando le braccia.
  In effetti si trovavano in una parte della torre recentemente rimessa a nuovo, dopo lo sbatacchiamento di Loki ad opera di Hulk. Tony non aveva badato a spese per rimetterla in sesto: era tornato il camino, il piano bar, le grandi vetrate, ma era stata aggiunta una piscina idromassaggio, quel giorno inspiegabilmente riempita di palline come quelle delle vasche per bambini, che Clint Barton osservava con aria famelica, come se volesse tuffarcisi dentro a tutti i costi.
  Thor fece la sua comparsa giusto in quel momento, direttamente dentro alla piscina, lanciando palline colorate più o meno ovunque, in un’esplosione di plastica colorata.
  “Il Tesseract non è sempre preciso quanto vorrei.” furono le prime parole che disse, scusandosi.
  “Ma non mi dire.” Occhio di Falco teneva in mano una pallina rossa che aveva agguantato al volo prima che gli finisse in fronte.
  “Ehi, uomo di metallo, cos’è quella… ?” disse poi Thor, indicando il cappellino di carta che Tony indossava.
  “Uno dei miei regali di compleanno.” rispose con calma Bruce.
  “Insisto nel ritenermi mortalmente offeso. Tutto ciò è oltraggioso. Pepper, diglielo anche tu: sai che ho ragione.”
  “Io invece pensavo di offrire qualcosa da bere ai presenti.” senza scomporsi, Pepper si avviò verso il piano bar, seguita da Vedova Nera, pronta a darle una mano.
  “Ribadisco che è surreale vedervi andare così d’accordo.” insistette Stark.
  “Non vedo perché dovrebbero non andare d’accordo.” Rogers non era a conoscenza delle vecchie gelosie intercorse tra Pepper e Natasha, nel breve periodo in cui avevano contemporaneamente lavorato alle dipendenze di Tony, e in fin dei conti era meglio così.
  “Non ne abbiamo motivo, puntiamo a pesci diversi.” con grazia invidiabile, Vedova Nera prese due drink e andò a sedersi sul bordo della piscina di palline, accanto a Occhio di Falco, che sorrise soddisfatto come un gatto, prima di iniziare a bere.
  “Ad ogni modo mi sono avanzati diversi cappellini, se qualcun altro vuole indossarli per fare compagnia a Tony…”
  “… NO!” fu l’urlo unanime dei presenti.
  “Ma non vale! – tuonò Stark, vedendo che Capitan America ridacchiava. – Perché io sì e lui no?”
  “Eroe della seconda guerra mondiale, mi dà il diritto di vestirmi come voglio.”
  “Mi stai dicendo che scegli di indossare quella divisa? – fece Tony, cominciando a vagare per la stanza, con Pepper dietro al bancone che alzava gli occhi al cielo. – E il Dio del Tuono?”
  “Io ho già un elmo, e mi piace molto.” replicò Thor, con gentilezza.
  “Per quello anche io. Ma almeno Legolas…”
  “Avvicinati con quello e la tua testa farà la fine della mela di Guglielmo Tell.”
  Affranto, il miliardario si voltò verso Banner: “Almeno il festeggiato potrebbe fare uno sforzo…”
  “Non vorrai farmi arrabbiare, Stark.”
  “Immagino che le signore troveranno altrettante scuse…”
  “Esatto!”
  “Benissimo. – fece Tony, con aria di superiorità. – Renderò questo accessorio sofisticato e di moda, e tutti voi risulterete dei retrogradi che non capiscono niente di stile e design. Problema risolto”.




  
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