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Autore: medea nc    24/07/2012    2 recensioni
“È il mio corpo che reagisce alla tua presenza, non farne una questione personale, sei come l’allergia, quando ti avvicini mi viene il prurito alle mani!”
“Anche a me viene il prurito alle mani … senti il mio stesso bisogno?” gli chiese parecchio stizzita adesso.
“Quello di menarti? Di mettere a tacere la tua boccaccia, ti farti collassare per un tempo indefinito? Sì, cazzo!”
Storia ispirata a "I miei giorni migliori"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo 2
 
Accordi presi
 
Il collegio Nothingness era rinomato per i suoi metodi poco anglosassoni e parecchio vecchia scuola classica.
Le classi non si frantumavano e ricomponevano per corsi, ma ognuna aveva un tot di materie uguali per tutti, e chi entrava in una classe … non ne usciva più! (suona inquietante!!! N.d.a.)
Irene e Marc avevano la stessa età che bilanciavano equamente con la stessa scalogna di finire in classe insieme, motivo per il quale in quattro anni di scuola hai voglia ad imparare ad odiarsi a vicenda!
L’antipatia purtroppo era tutta concentrata nella vanità delle loro menti, ed anche nella puerilità, se vogliamo!
Avevano bisogno di fare a gara a chi fosse il migliore, il campione del giorno, ogni giorno, per tutti i giorni di scuola.
Il che aveva portato a tre conseguenze catastrofiche:
1)    L’agonismo si era metamorfosato in odio.
2)    Gli insegnanti non riuscivano a controllare la propria acredine.
3)    I compagni di classe ci avevano rinunciato da parecchio.
In parole povere, Patsteel e Footer insieme erano decisamente insopportabili.
“Sinceramente sono stanco dei vostri continui alterchi! Vi accapigliate anche sulle cose più banali.” disse sfinito il prof. di letteratura antica.
“Non è tanto banale che uno al penultimo anno non conosca nemmeno il rapporto tra volontà e necessità nel pessimismo sofocleo!”sbottò la Patsteel col tipico fare spocchioso che Marc Footer, lei lo sapeva bene, detestava più di ogni altra cosa di lei.
“Fatela smettere, vi prego!” le rispose stremato il ragazzo come ormai annoiato da quella discussione.
“Sì, signorina Patsteel, la smetta!” ne approfittò professor Candyman (è inutile che ve lo traduca JN.d.a.)
“E lei giovanotto, non importuni la scontrosità della signorina, che è già fin troppo bisbetica!”
Irene lo guardò con una punta di fastidio, ma ritornò subito su Marc.
“Non è bisbetica, è semplicemente, genuinamente, smisuratamente … invidiosa di me!”
Patsteel sorrise parecchio ironica come se quelle parole l’avessero quasi messa sopra un piedistallo rispetto alle baggianate di lui.
“Quanto mi fai tenerezza Footer! Davvero non sai più che cacciare pur di avere l’ultima parola!”
Marc divenne paonazzo, detestava quando lo sminuiva, va bene l’odio, ma renderlo ridicolo, abbassarlo ad un gradino, anche ad un solo gradino più in basso di lei,questo no, Irene Patsteel non lo poteva e non lo doveva fare.
Era pronto a risponderle a tono, come si meritava quella smorfiosa, ma il prof. intervenne prima.
“Ora basta! Andrete a continuare i vostri diverbi nei sotterranei della scuola.”
 
I sotterranei sono i migliori antidoti alle bravate degli abitanti di Nothingness. Freschi d’estate (quando la scuola era chiusa) e gelidi d’inverno, fetidi di umidità da rendere l’aria irrespirabile, abitati da teneri sorci, non è esattamente lo sgabuzzino del bidello.
I sotterranei sono la punizione per eccellenza, quella che ogni prof. ha il potere di usare a suo piacimento; a Nothingness andare dal preside è assolutamente marginale.
Pochi alunni potevano vantare di non essere mai scesi nei sotterranei, la maggior parte che c’era stata, fosse anche solo per una volta, non avrebbe di certo preferito tornarci.
Irene Patsteel e Marc Footer ci erano stati insieme più di tutti.
 
“Etcì!” starnutì per la seconda volta mentre si avvolgeva di più nella giacca della divisa.
Quello la guardò di sottecchi con le mani ancora nelle tasche.
“Sai eccentrica, disgustosa Patsteel?! Credo che dovremmo smetterla di dare spettacolo di noi stessi in pubblico, o perlomeno davanti ai prof.!”
“Davvero?” gli rispose con sufficienza.
“Io onestamente sono stanco delle vacanze qui sotto! Insomma, c’è gusto a saltare qualche lezione, ma questo posto non è il luogo più idilliaco del mondo!”
“Che te ne frega?! Non stai mica in luna di miele?” lo rimbeccò mantenendo il  contatto sempre freddo e distaccato.
“È proprio questo il punto! Ho sbagliato a prendermela con te per tutti questi anni, avrei dovuto scegliermi una nemica più carina, con tutte le occasioni che ho avuto qui sotto, ce la saremmo spassati!”
“Beh … almeno stai convenendo con me che sei un perfetto idiota!” sorrise compiaciuta di aver preso la palla al balzo.
Quello rimase per qualche secondo interdetto. Avrebbe dovuto offendersi, ma aveva proprio ragione lei, era stato ingenuo a servirle quella battuta proprio regalata, che spreco!
Non aveva mai prestato molta attenzione alle risate della Patsteel, per la verità non aveva mai prestato attenzione a niente che non fossero gli acuti striduli della sua voce che lo ammonivano per qualcosa.
“Sei buffa, lo sai? Quando ridi intendo, sarà che c’hai anche il raffreddore, ma sembri un pagliaccetto che si mette sopra le mensole.”
“Sarai bello tu!”
 “Ah, beh … non sono mica come certa gente che si fa i complimenti da sola …”
Lo ignorò. Non la conosceva affatto.
“Etcì! … Etcì!”
“Vuoi che chiami Pascal, ti faccio riportare su!”
Irene lo guardò per la prima volta parecchio meravigliata. Non era solito vederlo fare il carino con lei; ma prima che potesse rispondere, quello si abbassò alla sua altezza mentre lei ancora se ne stava seduta sul pavimento gelato; aveva il peso del corpo sopra le punta dei piedi e le braccia ciondoloni sulle ginocchia, non era bello, non era affatto bello, era solo… terribilmente affascinante.
“Sai com’è?! Se l’inserviente ti riporta in classe, Barbie scende qui da me e … una parola tira l’altra … faremo qualcosa di molto più interessante di quello che stiamo facendo io e te!” sorrise marpione.
Adesso gli occhi della ragazza erano diventati due fessure indecifrabili, lo stupore aveva lasciato spazio al disprezzo.
“Come sei terra terra, Footer!”
“No terra terra, pratico!”
“Ma pratico in cosa? Pensi a … a … quello …”
“Si chiama Sesso!” precisò lui.
“Esatto! Anche in un momento come questo! Sai che è la settima volta che stiamo qui da quando è cominciato l’anno? E sai a che mese stiamo ancora?”
“Illuminami!”
“A novembre! Novembre. Che vogliamo fare? Ci vogliamo organizzare qui sotto per i prossimi mesi o ci diamo una regolata?”
“Vada per la regolata!” esordì alzandosi in piedi.
“Perfetto, comincia tu!”
“Eh, no bella! Qui le cose o si fanno in due o niente!”
“Io non so proprio cosa ti abbia fatto? Da sempre … sempre … chi è quello refrattario? “
“Lo siamo entrambi!” la rimbrottò.
“Ti ricordo che all’inizio io ho cercato di fare amicizia con te!”
“All’inizio? All’inizio quando?”
“Al primo anno, appena conosciuti!”
“Ah, in pratica nella preistoria?”
“Preistoria o no, io ho cercato di esserti amica e tu non hai collaborato, anzi hai posto i paletti da subito.”
“È il mio corpo che reagisce alla tua presenza, non farne una questione personale, sei come l’allergia, quando ti avvicini mi viene il prurito alle mani!”
“Anche a me viene il prurito alle mani … senti il mio stesso bisogno?” gli chiese parecchio stizzita adesso.
“Quello di menarti? Di mettere a tacere la tua boccaccia, ti farti collassare per un tempo indefinito? Sì, cazzo!”
Irene soffiò esasperata.
Ci furono parecchi minuti di silenzio.
“Forse … dovremmo … evitarci?” disse poi quasi sottovoce.
Messa così sembrava una specie di bestemmia, come se entrambi tutto avessero potuto accettare tranne quella, quella no, l’indifferenza no.
Alzò gli occhi e se lo ritrovò a fissarla un po’ incantato.
“Chiarisci quell’”evitarci”!” le ordinò.
“Beh … io per i fatti miei, tu per i tuoi, io senza interferire nel tuo percorso scolastico, tu senza interferire nel mio. Magari all’inizio sarà difficile non battibeccarci, ma col tempo credo che ce la potremo fare.”
Altri minuti d’interessante silenzio.
“Si potrebbe provare … ma non ti prometto niente.” le rispose.
“Anch’io.”
 
 
 
 

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