Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: RiverPhoenix    25/07/2012    0 recensioni
Era tutto ciò che desideravo, tutto ciò che mi dava. Potevo non sopportarlo, certo, ma quella sera non volevo altro che lui, avrei potuto vivere in quell'abbraccio per sempre.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
PEACH.
Erano passati pochi minuti dalla fine della lezione, ed io ero seduta con Lebanie al tavolo della mensa. Lei non aveva smesso per un secondo di assillarmi con il nuovo ragazzo, che avevo scoperto chiamarsi Matt, continuava a sciogliersi parlando dei "suoi stupendi occhi azzurri", fantasticando sul perchè avesse cambiato scuola. Io mi limitavo a guardarla, mangiando una mela, assorta tra i miei pensieri. In altre occasioni mi sarei unita a quelle chiacchiere e ci saremmo divertite per tutto il pranzo con stupide sciocchezze, ma in quel momento non ne avevo alcuna voglia. Oltre a Lebanie sembrava che ogni singola anima non volesse smettere di parlare di quanto fosse figo quel nuovo ragazzo: insomma, era  arrivato da neanche un giorno e aveva già conquistato tutta la scuola? Sembrava piacere pure ai ragazzi. Io invece ne ero solo infastidita, innervosita: lo fissavo, mentre lui scherzava e rideva nel tavolo in fondo alla mensa con i suoi nuovi amiconi, rivolgendo caldi sorrisi alle ragazze che ora gli stavano appiccicate come delle cozze giganti. Lui nemmeno mi aveva notata, non mi guardava neanche, forse non sapeva proprio che esistevo. Era questo che non sopportavo, oltre al suo atteggiamento strafottente. Forse non lo conoscevo, ma già lo odiavo. Così mi alzai dal tavolo, prendendo il mio vassoio del pranzo in mano, e, sotto lo sguardo un po' contraddittorio di Lebanie, che pensava stessi ancora ascoltando le sue storielle, mi diressi verso l'antipatico sconosciuto. Mi fermai davanti all'ammasso di gente che si era creato intorno a lui, cercando di ascoltare cosa diavolo stesse succedendo di tanto eccitante. Il punto era che non stava succedendo proprio nulla: erano tutti lì solo per sentire le stronzate che quello scemo continuava a raccontare, accompagnate da quell'irritante sorriso che sembrava non abbandonare mai la sua faccia. "Oh Mia sei venuta anche tu eh?", si rivolse a me una ragazzina di cui non ricordavo nemmeno il nome. Mi limitai ad annuire, seccata. Finalmente un po' di persone si girarono dalla mia parte, osservandomi come per dire "Perchè non sei venuta prima?". Tra quegli sguardi, in cui amavo perdermi, notai con piacevole sorpresa che c'erano anche due profondi occhi azzurri, due profondi occhi azzurri che finalmente incrociavano i miei. "Ciao" mia limitai a dire, un po' meno innervosita di prima, rivolgendomi a "Matt". Lui sorrise (strano no?) e si rimise a parlare, non calcolandomi affatto. "Ciao" ripetei, adesso quasi con tono arrabbiato. Lui mi guardò nuovamente, questa volta alzando la mano destra in cenno di saluto. La mia rabbia salì alle stelle: così io continuavo a non sopportarlo, lui continuava a non rivolgermi parola, trattandomi come se fossi una stupida? Scelsi di andarmene, dato che l'altra opzione sarebbe stata quella di lanciargli i resti del mio pranzo addosso.

Due ore dopo ero nuovamente immersa nei miei profondi pensieri, fantasticando più che altro sui metodi di tortura che, in un universo parallelo, avrei potuto usare su quello..stronzo. Come primo giorno di scuola era stato un completo disastro. Non ero più al centro dell'attenzione di tutti, ora ero passata in secondo piano.. e odiavo passare in secondo piano. Sprofondando in questi essenziali problemi finii per schiantarmi contro un palo, posto dritto davanti a me. Tre secondi dopo ero rannicchiata a terra, con il naso grondante di sangue e la testa che continuava a girare e a girare. Avrei voluto piangere, ma non per il palo o per quello che era successo a scuola, solo..piangere.
"Ciao" Sentii dopo qualche minuto passato ad osservare il cemento. Alzai la testa, domandandomi chi fosse a salutarmi. "Hai seriamente sbattuto la testa contro un palo?", continuò. Realizzai dopo pochi secondi che il simpaticone che mi stava parlando era proprio quel cafone che non avrei mai più voluto vedere, Matt.  Era lo sconosciuto. Lo stronzo. Il bellissimo nuovo ragazzo. "Non ho sbattuto contro un palo. E vattene." dissi allora arrabbiata, cercando di alzarmi. "Ah no? E cosa hai fatto allora? Una rissa?" continuò a scherzare, come per prendermi in giro. Io non risposi, irritata, e feci per andarmene. Lui mi prese la mano, stringendola, trattenendomi. "Che fai?! Vuoi lasciarmi andare?!" gli urlai contro, arrabbiata. Lui sorrise, non accennando a lasciarmi. "Mi spieghi perchè ce l'hai tanto con me?" mi chiese sempre con la stessa irritante espressione. Io restai ancora una volta zitta, guardandolo negli occhi. Era impossibile non notare quanto fosse bello..e quanto fosse allo stesso tempo così insopportabile.
"Lasciami!" ribattei una seconda volta, forse un po' meno convinta. Lui si avvicinò pericolosamente a me, probabilmente solo per contraddirmi e fare l'opposto di quello che gli avevo chiesto. Deglutii. Le nostre labbra erano talmente e dannatamente troppo vicine. E io ero così stupida da non riuscire a muovermi. Lui stringeva ancora la mia mano, sentivo il suo respiro sulla mia pelle e ora la testa girava ancora di più. Lo guardai, guardai quegli occhi azzurri, e non so dove trovai la forza per tirargli un sonoro schiaffo. "Non. Toccarmi. Più." gli sbraitai contro, andandomene via, convinta di aver esagerato, ma certa di aver fatto benissimo. "Mi hai dato uno schiaffo?!" lo sentii urlare alle mie spalle, questa volta non più tanto divertito. "A te cosa sembra?" risposi io, senza nemmeno girarmi. "Ci si vede stasera!" mi incalzò lui, facendomi ricordare l'esistenza di quella stupida festa di inizio anno.
Arrivai a casa stravolta, rossa per la rabbia ma soprattutto per il sangue che non aveva smesso di colarmi dal naso. Non riuscivo a capire cosa volesse da me quel dannato ragazzo, e mi faceva innervosire, irritare. Mi risciacquai la faccia, sdraiandomi subito dopo sul divano del salotto. Guardai per pochi interminabili secondi il telefono, incerta se chiamare Lebanie e raccontarle tutto o lasciare le cose come stavano. Optai infine per la seconda opzione, decidendo di tenermi tutto per me. Sbuffai, ripensando agli ultimi minuti, al post-palo, e addormentandomi poco dopo.

Quando ormai si erano fatte le sette io ero bella che pronta, con lo stomaco vuoto, ma pronta. L'obiettivo, per quella sera, sarebbe stato quello di evitare Matt, per quanto possibile.
Alle sette e mezza la festa era iniziata, Lebanie aveva già cominciato ad ubriacarsi, mentre io andavo a spasso con un bicchiere di gassosa, cercando con lo sguardo il nemico. Però di Matt non c'era traccia..magari non era venuto, pensai un po' sollevata, pochi secondi prima di ritrovarmelo davanti. 
"Non provare a parlarmi, Matt", dissi prima che potesse fiatare. Lui sorrise, e dopo avermi guardata per qualche istante girò le spalle, come per andarsene. Io non volevo bermela: "Cos'è un giochetto psicologico? Credi di andartene così io poi dovrei venirti a cercare? Non hai nessun effetto su di me, Matt. Se lo vuoi sapere ti trovo insopportabile, un insopportabile, arrogante e inutile cafone". Lui si girò, aggrottando la fronte: "Mi hai chiesto di andarmene e me ne sto andando, Mia". Io non lo capivo, non lo capivo davvero: si arrendeva veramente così? Bastava chiedergli di andarsene? Lo guardai cercando di sembrare tranquilla: "E oggi? Tu mi hai quasi baciata..", non sapevo perchè lo stavo dicendo, non volevo tornare a quel pomeriggio, anzi volevo proprio evitare di parlarne. Ero venuta a quella festa con l'intento di evitarlo, eppure ora non volevo lasciarlo andare via. Lui fece un passo verso di me: "Cavolo, mi hai scoperto", sorrise prendendomi in giro. Io buttai a terra il bicchiere di gassosa, sentendomi una sciocca: "Vattene, per favore". Passarono pochi secondi poi lui si girò e questa volta andò via veramente.
Ero arrabbiata, arrabbiata con me stessa per non averlo lasciato andare via subito. Al diavolo la gassosa, mi presi un bicchiere di birra e mi allontanai da tutto quel casino. Non sapevo nemmeno perchè ci ero andata, a quella stupida festa. Restai per una buona mezzora nel buio, seduta sull'erba umida, quando un ragazzo, mezzo ubriaco, con un alito fetido, mi si avvicinò. Al buio non riuscivo a riconoscerlo bene, ma assomigliava a quel cretino ex fidanzato di Elodie, volevo andarmene via. "Lasciami sola, stasera non sono in vena di pomiciare con gli sconosciuti". Il ragazzo mi strinse in vita, ridendo. Cercai di liberarmi dalla sua presa. "Mollami! Ho detto che non mi va, mollami!". Capii che il ragazzo non voleva solo pomiciare, forse. Cercai in vano ancora una volta di liberarmi, chiedendo aiuto. Perchè avevo avuto quella stupida idea di allontanarmi? Speravo che qualcuno mi sentisse, urlavo, mentre il panico mi divorava. "Stai buona" continuava a sussurrarmi il ragazzo, mentre io singhiozzavo tra le lacrime. All'improvviso sentii qualcuno arrivare. "Mollala, stronzo!". Riconobbi subito quella voce che tanto non sopportavo: era Matt.
Il ragazzo mi lasciò andare, correndosene via. Io restai ferma, piangendo, ancora spaventata. Matt mi si avvicinò piano, stringendomi a sè. Mi persi in quell'abbraccio, sentendo le sue labbra calde sui miei capelli, le sue braccia stringermi forte: era tutto ciò che desideravo, tutto ciò che mi dava. Potevo non sopportarlo, certo, ma quella sera non volevo altro che lui, avrei potuto vivere in quell'abbraccio per sempre.


Topaia della scrittrice.
Salve di nuovo a tutti :) questo è il primo capitolo..non so quanto posso piacere ma spero non sia un totale dispiacere. Grazie per aver letto :)
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: RiverPhoenix