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Autore: Lady Snape    25/07/2012    2 recensioni
Preston A. Lodge III, il banchiere, il direttore dell'albergo di Colorado Springs, ricco, bello, raffinato... eppure qualcosa non quadra a dovere. Dopo la bancarotta del 1873, bisogna riprendere in mano la situazione, far ripartire gli affari e, possibilmente, liberarsi dai debiti. Ma come? A voi la possibilità di scoprirlo leggendo questa Fanfiction!
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Al solito non ci sono parole per i miei ritardi. Non che abbia mai prefissato dei tempi precisi, ma inizialmente riuscivo ad aggiornare la storia più frequentemente.

Devo ringraziare il fedelissimo ManuBach96: penso che la sua costanza sia qualcosa di imbattibile!

Ringrazio anche SellyLuna, perché i commenti e il supporto è sempre una buona cosa e ammetto che dopo aver riletto le loro due recensioni mi son detta che, almeno per loro, potevo concludere il capitolo iniziato una vita fa. Eccolo qui!

Grazie anche a chi segue!

Buona lettura!

 

 

8 capitolo – TRE GENERAZIONI

 

                Dopo il fallimentare aiuto di Grace, furono in molti a fare proposte ad Eva. Non si capiva se fosse l’idea di un buon lavoro ben pagato a scuotere le persone o semplicemente la voglia di vedere la nuova casa del banchiere. Si era molto parlato della casa costruita da Sully per lui, poi terminata da altri carpentieri, ma che metteva in mostra la sua capacità di costruttore. Ovviamente la gente aveva visto scaricare dai treni un’infinità di merce proveniente da Boston, oggetti mai visti come alcuni divani e tappezzerie di un gusto sconosciuto laggiù, che avevano destato la curiosità di molti.

Anche Hank fece la sua proposta: offrì un paio di ragazze del saloon come cameriere, ma probabilmente voleva solo far arrossire la giovane sposina, cosa che gli riuscì benissimo.

                La fiducia di Eva stava finendo sempre di più sotto le scarpe, come il suo entusiasmo. Nessuno sembrava prendere la cosa sul serio, donne che si stupivano del fatto che dovessero rifare i letti con occhiate che valevano più di mille parole. La guardavano come se fosse un’incapace, e forse avevano ragione, ma Eva non aveva mai dovuto fare niente del genere e, quando la sua famiglia se l’era vista brutta, avevano sempre tenuto a servizio la cuoca e almeno due cameriere: suo padre aveva sempre trovato nuova linfa economica nei nuovi matrimoni.

Era ormai ora di pranzo e, dato che si trovava in città, decise di fare un salto alla banca, sperando di pranzare con la compagnia di suo marito.

Quando giunse alla banca, Preston era a colloquio con una donna di mezz’età; indossava un abito a quadri sui toni del marrone e uno scialle di cotone bianco sulle spalle. Sulla testa portava un cappellino con un fiocco a quadri come il vestito. Il cassiere le chiese di aspettare, dato che suo marito stava trattando un affare. Le trattative durarono poco e la donna uscì di lì salutando tutti.

«Mi cercavi per qualcosa?» chiese l’uomo, alzatosi per far accomodare la moglie, poi tornò dietro la sua scrivania di mogano.

Decisero di pranzare alla banca, per poter parlare tranquillamente. Ultimamente avevano iniziato a passare molto più tempo insieme, riuscivano a discutere abbastanza pacificamente di qualunque argomento, escluso il genitore dell’uomo, dato il troppo rancore di Eva nei suoi confronti.

La scrittrice aveva raccontato dei consigli e delle intrusioni molteplici che c’erano state nella sua ricerca.

«Quindi, finora, non ho trovato nessuno che non mi fissasse come se fossi pazza.» concluse la donna, gettandosi poi nell’insalata davanti a lei.

Preston sorrise: in parte pensava a quanto dovesse essere complicato adattarsi ad una situazione completamente estranea e sapeva che sarebbe durata ancora per un po’. Ricordava bene come si era sentito all’inizio, ma non era così viziato come si potesse pensare. Al momento confidava in cuor suo che Colorado Springs migliorasse la sua condizione a breve, come avere delle strade lastricate e un po’ di viva concorrenza economica, che non sarebbe stato un brutto affare, anzi, una vera conquista.

«Insomma, per farla breve, non so quando riusciremo a trovare qualcuno.» disse sconsolata.

«Il personale dell’hotel potrà venire in tuo aiuto ancora un po’.» la rassicurò il banchiere. Non era un problema quello. Poi la sua espressione si fece seria «Forse ho la soluzione.» e lasciò la banca e la moglie sole.

 

                Non doveva recarsi troppo lontano. La carrozza percorreva la strada in modo spedito, veloce come i pensieri del suo conducente. Era la soluzione giusta, ne era sicuro. Amava particolarmente riuscire a prendere due piccioni con una fava; il suo istinto per gli affari lo aiutava moltissimo in questi casi.

Giunse davanti ad una piccola casetta. Un pollaio, un recinto e un orto. Niente di più.

«Credevo non le interessasse concedermi un prestito.» a parlare era stata la signora incontrata da Eva in banca durante la mattina. Aveva chiesto un prestito per costruire la sua casa, ma non aveva molto da proporre come garanzia: il terreno di sua proprietà, dove Preston era andato a cercarla, era particolarmente inadatto alla coltivazione e il piccolo orto ne dava ogni giorno conferme: le piante erano rachitiche e zapparlo era decisamente faticoso per quanto era abbondante di sassi. Non era possibile nemmeno costruire qualcosa di grande, ma adattarsi alle asperità e alle sue irregolarità era un obbligo che lo rendeva una garanzia non bastevole al suo scopo.

«Per il prestito non ho cambiato idea, ma vi posso fare un’offerta interessante.» rispose alla donna con un sorriso che la diceva lunga sul suo conto «Mrs. Fisher, ho pensato che potremmo risolvere agevolmente i suoi problemi.»

Qualcuno doveva aver detto a Mrs. Fisher di non fidarsi troppo del banchiere, di conseguenza lo fissava non molto convinta di quello che stava per annunciarle. Il suo scetticismo però sembrò pian piano scemare, complici le parole dell’uomo che scivolavano come miele nelle sue orecchie; riusciva a far leva sulle sue paure, su quello che voleva per i suoi figli, la tranquillità che voleva per il suo vecchio padre, ormai quasi zoppo per l’artrite. Non intese in realtà tutto, comprese un elenco di cose che aveva solo sognato: una casa nuova, un orto che fosse un vero orto, un pollaio, dei cavalli, una mucca, uno spazio per sé, la possibilità di trovare un lavoro per la sua figlia più grande e la possibilità per i suoi due più piccoli di andare a scuola regolarmente.

«Spero che l’offerta possa andare bene.» concluse l’uomo fermandosi ad attendere un qualunque cenno. «Immagino vogliate pensarci per bene, magari consultarvi con la vostra famiglia. Io vi aspetto lunedì mattina alle nove nella mia tenuta, se doveste accettare.» detto questo rimontò a cassetta e se ne tornò con un sorriso tronfio in città.

                Erano passati un paio di giorni dalla proposta del banchiere a Mrs. Fisher. Eva non ne sapeva assolutamente nulla. In quei giorni aveva chiesto ripetutamente dove fosse stato, quando l’aveva lasciata sola in banca a terminare il pranzo. Tutto ciò che le fu dato sapere era che il lunedì mattina alle nove si sarebbe dovuta far trovare pronta, ma pronta per cosa Preston non voleva dirlo. La guardava con l’aria di chi la sapeva lunga, con un sorriso beffardo che dava molto da pensare alla scrittrice, ma che, in un certo senso, la tranquillizzava anche. Aveva imparato una cosa di suo marito: se era così sicuro di sé, lo era per una buona ragione, salvo poi essere smentito dalla strana capacità dei villici di sorprenderlo.

Più di una volta aveva assistito al compimento di affari o lo aveva osservato mentre leggeva telegrammi o lettere che portavano belle notizie, finanziariamente parlando. Era in quei momenti che si rilassava un attimo in poltrona, accendeva il suo sigaro e perdeva il suo sguardo nel vuoto, uno sguardo soddisfatto.

                Il lunedì mattina Eva si era svegliata molto prima del solito. I suoi occhi si erano aperti all’improvviso. Si era rigirata nel suo grande letto solitario con la mente proiettata verso l’avvenimento della giornata, un avvenimento che non conosceva. Dopo un tempo relativamente lungo, durante il quale si era crogiolata nei suoi pensieri, aveva deciso che era ora di alzarsi e vestirsi, poco importava se sarebbe restata in salotto ad attendere che Preston scendesse per aspettare la colazione, che sarebbe arrivata dal resort.

Peccato che la colazione fosse in ritardo e Preston se la stesse prendendo comoda. Eva lanciò un ultimo sguardo all’orologio appeso in salotto. Erano quasi le nove. Sbuffò.

«Pronta?» la voce di suo marito la fece sobbalzare.

Eccolo lì, mentre scendeva le scale con calma e sistemava l’orologio nel panciotto. Il suo sorriso illuminava la stanza e la sua sicurezza si era fatta palpabile. Aleggiava nella stanza quasi fosse stata una presenza.

Quel suo modo di fare strappò un sorriso alle labbra rosse della donna, cosa che non sfuggì a Preston.

«Ridi di me?» chiese, infatti, fingendosi piccato.

«Non sto ridendo di te, solo mi sembra che tu davvero sicuro che accadrà qualcosa.» ammise, guardandolo con sospetto, ma sorridendo a sua volta.

«Sarà così. Qualche minuto e scoprirai cos’è.»

Non finì nemmeno la frase che si sentirono gli zoccoli di un animale da tiro e delle ruote scivolare sulla ghiaia del vialetto. Preston si diresse alla porta d’ingresso, invitando Eva a seguirlo. Davanti ai loro occhi era comparso un carro carico fino all’inverosimile di sacchi, scatole, pacchi e cumuli di oggetti di ogni sorta. A cassetta del carro era un uomo con una lunga barba bianca e un cappello di paglia in testa. Accanto a lui c’era la donna che Eva aveva intravisto in banca. Non la riconobbe subito con gli abiti da lavoro che aveva: evidentemente per andare a colloquio con suo marito aveva indossato quelli che dovevano essere gli abiti migliori. Dietro di loro c’erano una ragazza di circa quindici anni e due bambini con gli occhi spalancati di fronte allo spettacolo rappresentato dalla grande casa padronale di Preston Lodge.

«Benvenuta Mrs. Fisher!» disse il banchiere avvicinandosi al carro e dando indicazioni di girare intorno alla casa per spostarsi sul retro.

Era certo che sarebbe arrivata. In quel posto sperduto un’offerta come la sua era come vincere alla lotteria, anzi, un paio di lotterie insieme.

E furono esattamente cinque facce stupite quelle che fissarono la piccola casa sul retro. Eva aveva raggiunto il marito e si erano incamminati dietro al carro. Il vecchio aveva fermato il mezzo, quando era comparsa la casa, e i bambini si erano lasciati andare in un verso di stupore.

Mrs. Fish scese dal carro e si avvicinò alla coppia.

«E’ sicuro che non dovrò pagare un affitto? Una cosa del genere non potrei permettermela nemmeno tra …» e si fermò per provare a quantificare un periodo di tempo approssimativamente esatto, ma non riuscì  a finire di calcolare che Preston confermò la sua offerta.

«Nessun affitto, le chiedo di lavorare per me, quanto alla casa possiamo dire che fa parte della paga. Non mi fraintenda, vi pagherò, ma l’alloggio è compreso.»

“Nessun problema” sembrava dire l’espressione della donna e anche quella del padre.

Preston lasciò loro qualche ora per sistemare le proprie cose, i propri strumenti e valutare se tenere alcune delle sedie che avevano portato con loro; avevano certamente visto tempi migliori e alcuni, pensò Eva, dovevano appartenere all’infanzia di quell’uomo anziano che aveva guidato il carro.

Non fu difficile preferire i mobili nuovi che si trovavano all’interno della casa e, seduti al tavolo della cucina, Mrs Fisher firmò il contratto di lavoro, vitto e alloggio preparato da Preston.

                Quella mattina Preston era di ottimo umore e pieno di slancio, tanto che propose ad Eva di vedersi per pranzo: avrebbe chiuso la banca prima e sarebbero andati a fare un pic-nic nel boschetto di noci vicino al Resort.

Eva accettò immediatamente e quello che si ritrovò a constatare era che quel marito che le era stato appioppato per forza si stava rivelando migliore di quanto avesse immaginato. La parentela così stretta con il vecchio leone non le faceva fare salti di gioia, certo, ma c’era qualcosa di diverso che stava emergendo con prepotenza negli ultimi tempi. Preston Lodge III era diverso, amabile, con i suoi difetti, ma non era così terribile essere lì, dall’altra parte dell’America, con lui.

   
 
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