Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: tp naori    26/07/2012    0 recensioni
questa è una piccola storiella, già nel mio cassetto dei racconti già da un'po.
questo, è il mio più grande problema. scrivo tanto, e mai pubblico qualcosa qui. perché principalmente, scrivo storie su storie. mai che io mi concentri, solo su una di queste storie. no ne scrivo mille e di più.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
03\04\2013.        
     
Caro diario, sono io Nicole. Forse l’avevi capito anche dalla calligrafia differente, scrivo perche e l’unica cosa che non mi fa impazzire, per cronaca di dirò quello che e successo dopo, che Mich aveva perso i sensi. Io l’ho seppi, quando tornai a casa e accesi il telegiornale, cosi tanto per vedere qualche notizia. Per rimanere aggiornata, su quello che accadeva in Italia. Vidi il viso di Mich, che lampeggiava in ogni telegiornale, rimbalzando di canale in canale. Inizia a chiamare Mich, incessantemente. Mentre lacrime mi bagnavo il viso, presa dal panico non seppi più che fare. Pensai a cosa fare, andare sotto casa sua sembrava una bella idea. Ma visto che, gli avevano sparato da qualche ora, non seppi se Mich era ancora li, sotto casa sua agonizzante. La sua immagine agonizzante, mi fece accapponare la pelle. Non dovrei pensare a certe cose, cosi presi la macchina dei miei, gli avevo invitati nel loro appartamento per la notte, loro avevano seguito la scena, preoccupati mia madre disse “e quel ragazzo, quel tuo amico, gli hanno sparato? Che razza di persone conosci?” mi disse, la collera, mi accani con mia madre. Lei non capiva niente, meno male che mio padre si mise in mezzo “posso fare qualcosa, ho degli amici che lavorano come giornalisti. Magari loro sanno dove e stato ricoverato” mio padre evito di dire portato, come se pensasse che la possibilità che fosse morto, non fosse una granché di possibilità. Lo ringraziai, ci mise poco. Mich era stato portato, al San Raffaele. Pensai ad un piano di azione, quando senti mio padre che parlava con l’altro tizio “mala vita russa?” ripente mio padre, sorpreso, forse iniziando a credere che quel Mich, non fosse poi tanto una persona raccomandabile a persone di un certo rango sociale “che ti ha detto?” li chiesi io, alzandomi dal divano, come una molla. La paura di perderlo, aveva aumentato il grado di percezione della realtà nel mio corpo “mi ha detto che è stato gambizzato da un mafioso russo” a quelle parole non ci vidi più. Presi la borsa, con mia madre che mi gridava dietro “dove stai andando?”. presi le chiavi della macchina di mio padre, visto che era già fuori, in quanto la mia macchina era nel garage del mio palazzo. Schizzai più veloce che il motore, di quella macchina mi permetteva. Arrivai sotto casa di Mich, poco dopo. Una folla si curiosi e poliziotti, affollava il marciapiede, dove tutto era successo. Mi immaginai di vedere Mich, steso a terra, e non potei fare altrimenti, nel immaginarlo col sorriso che sempre adornava il suo viso “dove sta andando?” mi domando una poliziotta dall’aria severa. Io con le lacrime agli occhi, perche era chiaro che stavo piangendo se no, cosa mi bagnava le guancia “sono la fidanzata di Michelangelo” li dissi. Con tutte le persone che c’erano li. Tra giornalisti che tentavano in tutti modi. Di fare una foto, dove il sangue di Mich aveva creato una pozza di sangue, da dove ero prima non l’avevo vista. Piansi di più, per che capi che Mich aveva perso troppo sangue. La poliziotta mi porto, sull’androne di casa “e stato portato d’emergenza al San Raffaele, camera undici” mi spiego la poliziotta dall’aria dispiaciuta “grazie” dissi, mentre salivo le scale fino all’appartamento di Mich, la poliziotta torno giù non appena sali il primo gradino. Come se volesse essere sicura, che ero veramente la fidanzata di Mich. Anche se non era vero, io e Mich non abbiamo mai avuto il tempo di definirlo. Il fidanzamento non e un contratto. Mi dissi fra me e me. Per me l’ho era, Mich era il mio fidanzato e lo sentivo dentro di me. Assieme al desiderio di non perderlo. Arrivai sul suo piano, il mio cuore fece un sobbalzo, di tristezza. L’ho davo per spacciato. Mi vergognai di me stessa. Presi a bussare, come se sperassi che dentro ci fosse qualcuno. Riflettendoci, il padre di Mich, non stava da lui per un po’. presi a bussare la porta, lo feci fino a che un uomo barbuto mi apri la porta “tu chi sei?”mi chiese l’uomo, il padre di Mich. Era molto diverso, da Mich. Avevano però gli stessi occhi “sono Nicole, devo prendere tutte le robe di Mich” risposi io, l’uomo mi indico il soffitto “troverai tutto li” mi disse prima di sprofondare nel divano dall’altra parte della stanza. Io feci fatica, ma l’uomo non fece nulla per aiutarmi. Sembrava turbato di qualcosa. Sembrava molto il Mich di poco fa’. arrivai a prendere tutto quello che c’era, in quella strana rientranza del soffitto. Trovai ovviamente questo diario e qualche foto della sua famiglia, ed una catenina in più un mp3 molto usato “arrivederci” dissi a mezza voce, prima di ritornare giù. Su quel marciapiede, ancora il cuore sobbalzo, anzi, per essere preciso si fermo per un istante. Ma mi feci coraggio, ora Mich aveva bisogno di me. Presi la strada più corta, per arrivare al San Raffaele. Tutte le strade, erano vuote.
I corridoi si assomigliava un casino, raggiunsi la camera undici del San Raffaele, non c’era nessuno quando entrai.
Lui era li, come una figura sinistra, la luce della luna bagnava il suo viso tirato dalla sofferenza. Iniziai a chiamarlo, ma lui non rispondeva alla mia voce, mi misi nel suo letto, senza pensare che ogni mia manovra poteva aprili la ferita, pensavo solo a starmene li, accanto a lui. L’importante e che non e morto. Pensai. Dormi assieme lui, ma poi qualcuno mi sposto da Mich. Un infermiere, mi sveglio e mi prese in braccio, posizionandomi su quel sedia poco comoda accanto a Mich. Dove mi addormentai un’altra volta, stanca di tutte quelle emozioni intense di poco prima. E li che ho iniziato a scrivere su questo diario. Utilizzandolo non solo per scrivere ma anche a leggere quello che Mich aveva scritto. Dal mio incontro con lui, fino alle ultime pagine.
I giorni passavano, senza eventi degni di nota “ha perso molto sangue, ma non e in grave pericolo” mi spiego un dottore, che passava per i soliti controlli due volte al giorno. Io intanto speravo che si svegliasse da un  momento all’altro. Smisi di andare a scuola, anche perche non c’era nessuno che veniva a far visita a Mich, in fondo lui e un tipo riservato ed estroverso. Pensai io.  Presi una poltrona dalla sala d’attesa, come se facesse parte di casa mia. Iniziai ad informarmi, sul coma. Iniziai a fare ciò che c’era da fare. Presi l’mp3 che ho portato assieme, a questo diario insieme alle poche foto di Mich ed anche la collanina. Una faccia d’angelo, dietro portava una scritta 24\11\1993. La sua data di nascita. Non ci pensai oltre, presi il collo di Mich, che stranamente non era ne freddo e ne caldo, era tiepido. Li misi al collo, la collanina d’oro. Sembrava proprio un angelo, pronto ad fare il viaggio che l’ho avrebbe portato in paradiso. Rimasi li a contemplare il viso di Mich, li scostai i capelli che li coprivano la fronte. Aveva proprio un’aria dolce, sdraiato su quel lettino. Quando pensai, che Mich non si meritava tutto questo. Era tutta colpa del padre, quel russo l’aveva sparato alle gambe, per colpa di suo padre. Forse aveva ragione Mich, quando diceva che i genitori non si dovrebbe intromettere nella vita dei figli. Se suo padre, non fosse tornato Mich adesso non starebbe li dove è ora. Inutile, mi sentivo inutile. Eppure sapevo che c’era qualcosa da fare. Iniziai a parlare a Mich, sperando che la mia voce l’avrebbe riportato in dietro, lo desideravo più di tutto, non m’importava di perdere l’anno di scuola, per le troppe assenze. Lui valeva più di ogni pezzo di carta. Che certificava cosa poi, che sono abile e arruolabile? Una delle mie tante amiche, venne a farmi visita sia a me che a Mich, lei lo conosceva bene. In fatti, lei conosceva Mich da una vita, erano compagni d’asilo. Cosa che io non sapevo, e credo che neanche Mich lo sapeva. Cosi grazie all’aiuto di Roberta, cosi si chiamava la mia amica. Mi portava i compiti Roberta. E sempre lei, disse della mia situazione hai professori, cosi iniziarono a farmi visita anche loro, per farmi le interrogazioni. Strano come Mich, incuteva negli altri simpatia, anche se non parlava. Mich aveva proprio la faccia gentile ora. Quando non era impegnata, con lo scrivere questo diario e fare l’interrogazioni con i professori. Raccontavo a Mich, tutta la mia vita. Lui ricambiava, non parlandomi ma nel suo diario ho trovato le informazioni che cercavo. Mentre le flebo si sostituivano continuamente, oramai l’avevo visto fare tante volte, tanto che a volte l’ho facevo io. Certo sempre, con lo sguardo di un infermiere attento. Mi faceva sentire bene, almeno aiutavo Mich in qualcosa. Tentavo di risanare, il suo copro stanco. I giorni passarono, fino ad arrivare ad oggi. Nessun, cambiamento fino ad ora, Mich se ne stava in coma sdraiato sul letto dell’ospedale. E sentivo, di essere stata abbandonata. Mi sentivo solo, a far compagnia a Mich. Nessuno che lo conosceva, aveva il coraggio di venire a trovarlo. Si a fatto anche lui, le sue cazzate. Ma infondo chi non le fa?. Stavo per perdere, ormai la speranza quando, sentii il camminare di qualcuno, cosa che mi sorprese, di solito quell’ambiente era privo di qualsiasi rumore. In un primo momento, pensai al giro del solito dottore. Ma quando il padre di Mich, entro nella sua stanza. La cosa mi sconvolse, la prima cosa che feci, li saltai al collo. Perche ormai lo sapevo, aveva veduto suo figlio. Ecco cosa voleva il Russo da Mich, voleva soltanto lui. Il padre di Mich si allontano da me, con l’aria frastornata “non ho fatto niente” fece per scusarsi l’uomo, ma io feci finta di alzare un pungo “ok, volevo solo salutarlo. Parto” rispose l’uomo uscendo dalla stanza. Senza rimpianto per suo figlio, in coma. Avevo fatto, qualcosa che non ero abituata a fare. Ma mi fece sentire bene, la stessa sensazione che Mich aveva provato poco prima, ma ora Mich non era nell’aria di fare quello che ho fatto io. Eppure, lo vidi sorridere a metà bocca, o forse me lo sono immaginato. Probabilmente. Era sera tarda, quando arrischiai di allontanarmi da Mich, solo per bere qualcosa un caffè. Prima me lo portava, o l’infermiera o il dottore delle visite. Ma oggi non si e fatto vedere nessuno. Lasciai il diario, sopra a Mich. Come un trofeo da andarne fieri.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Frastornato. Mi sono svegliato, su di un letto d’ospedale. C’era d’immaginarselo, visto che  avevo perso molto sangue da quella sera. Già, ma quante sere sono passate da quella sera?. Mi domandai, non trovando nessuna risposta. Girai la stanza, con lo sguardo. Visto che facevo fatica ad alzarmi, da posizione sdraiato a posizione seduta. Era proprio un ospedale, intonaci di colore, che non ti dava molta soddisfazione a guardarlo. Quando mi accorsi, che il mio diario era posato sopra le coperte, che trattenevano il caldo. Roba da non crederci, iniziai a sfiorarlo. E capi tutto, quello che mi era successo. A quanto pare, sono stato in coma per un po’ di tempo, e Nicole e sempre stata qui a farmi guardia, magari aspettando la mia morte. Ma non c’e da crederci, visto che Nicole a picchiato, addirittura, mio padre. Eppure era successo. Ma ancora, non capivo perche ha me. La colpa, di certo era di mio padre. Ma nonostante ciò non riuscivo a spiegarlo; a parte l’intontimento, dovuto anche alle medicine. Tutto non mi sembrava reale, e più lo scrivevo. Più non ci capivo niente. Ecco perche, decisi di provarmi ad alzarmi. Magari avrebbe aiutato, il mio cervello a fare il suo lavoro più in fretta. Cosa che mi risulto, abbastanza difficile, anche perche un paio di costole mi facevano male, al solo movimento. Forse dovuto, a quando sono caduto sul duro marciapiede. Quando mi misi, finalmente seduto. Dalla porta apparse Nicole, così d’improvviso. Ed in quel momento, ricordai tutto quello che mi disse. Miriade di voci di Nicole, nella mia testa che sciamavano, fino al nocciolo centrale. Dove si diffuse in tutto il corpo. Anche la reazione di Nicole fu lenta. In un primo momento, non aveva visto niente. Entrando nella stanza come se nulla fosse, poi in un secondo momento. Il caffè volo a terra, mentre Nicole corse ad abbracciarmi, altalenando tra baci e grida “sei vivo, sei vivo”. quasi mi soffoco, io la respinsi non perche non aveva bisogno di quell’affetto, ma proprio perche non riuscivo a respirare porca puttana. Trattenni il fiato, concedendo a Nicole di calmarsi. Quando lo fece, si sedette sulla poltrona e mi fissava. Pienamente consapevole come me del resto, che tutto questo non era reale. Quasi un gioco, dove se al massimo sbagliavi ripartivi dal via “mi hai fatto prendere un bello spavento” disse Nicole dopo un po’, forse parlare avrebbe reso tutto più reale “almeno non ti sono venuti i capelli grigi” scherzai “ho davvero, t’e lo faccio vedere io capelli grigi” cosi dicendo Nicole, mi salto addosso, anche se ero appena uscito da un coma. Che a proposito: mi successero un sacco di cose, ma quelle che più di tutte mi brillo nella mente, come un ricordo, sotterrato nella mia testa. Il momento dell’abbandono.
Quel giorno, non faceva caldo. Anzi a dirla tutta piovigginava e poi smetteva, il clima altalenante. Assomigliava più ad una percussione ritmica, tanto che inizia a fischiare seguendo il tempo. Subito venni ammonito da mio padre, un bel scappellotto e disse “vai vergogna, stupido ignorante” era stata mia madre a parlare, non c’e mai stato un clima mite tra di noi, sempre rimanendo in chiave tempo. Mi stava accompagnando, dalla preside, un’altra volta. Per ribadire la stessa solfa. Oramai me le ripetevano ogni anno, ed io mi stavo scocciando, non intuendo perche tale odio. Ma come ogni volta piansi. Quando senti la preside “Michelangelo, dovrà migliorare nello studio, anche perche se dovrà collezionare un’altra volta, un voto che non va più in alto di sufficiente sarà bocciato.” a quelle parole mia madre, rivolse l’attenzione su di me. Io non e che non sapevo, e che facevo fatica a seguire tutto. Le maestre, i miei compagni, le lezioni. Tutto anche scrivere dalla lavagna, risultava faticoso ed umiliante. Perche in giro, si diffuse la notizia che scrivevo male. Senza usare la punteggiatura eccetera. Mi estromisero da tutte le attività scolastiche. E se non lo facevo me ne andavo via io. Preferendo sgattaiolare fuori scuola. Per andare a vedere il mondo, che per me a quel età erano i Navigli. Ogni giorno andavo a curiosare tra le bancarelle, quando c’erano. Se no mi nascondevo in qualche museo. Fermandomi a guardare, qualche dipinto o statua. Avevo un debole per l’arte, il fascino di sapersi esprimere. Poi però, mi sgamarono. Era un giovedì, tre settimane dopo quel lunedì. La maestra, si accorse che nell’ultima fila c’era un banco vuoto. Ed dopo che chiese hai compagni “dove Michelangelo”. ed i miei compagni, li risposero unanime con una scrollata di spalle. La maestra andrò nell’ufficio della preside. Risultato, che i miei mi aspettarono fuori casa, con una valigia piccola. Si poteva definirlo mini Trolley. Mia madre non ebbe il coraggio di guardarmi, in quanto a mio padre. Mi diede un altro scappellotto. E mi butto in macchina. Io avevo paura a quel tempo, poi mio padre disse “non avrò per famiglia, una disgrazia” e cosi dicendo mi butto, davanti ad un palazzo, per poi ripartire a tutta velocità. Mollai tutto li, zaino e mini-trolley. Per rincorrere quell’auto, ma al primo semaforo non li stessi più dietro. Cosi passai mesi, a cercare cibo per strada. Smisi di andare hai Navigli, hai musei. Ormai l’arte non mi interessava più, come una volta. Inizia a lavorare in nero, i soldi poi li nascondevo in un di quei vicoli di quella zona. Dove un mattone si spostava, ad occhi nudo era difficile vederlo. Li nascosi li, fino a quando non raggiunsi l’età necessaria per acquistare una casa. La trovai poco distane a quel vicolo, cosi per rimanere in tema. In fondo, quella era diventata la mia casa negli anni a venire. Dove pativo la fame, ed ero ridotto a ossa e qualche pizzico di carne attaccata. Per via del tanto lavoro, ed del poco cibo. Mi pagavano una miseria. Il resto lo sapete.
Nicole  era li che mi fissava, i pungi al volto. Come se nulla, di cosi stupendo non esistesse al mondo “non sono cosi stupendo come pensi” le risposi, a quello sguardo “amo, vederti pensare” disse in risposta Nicole “se sapessi a che pensavo, non ti piacerà di sicuro” risposi “comunque come è andato l’esame di scienza della società” le domandai. Nicole rispose con un ghigno “immagino, che non ho più una scusa per non farlo” “no immagino no di no. Se vuoi mi ammazzo, cosi almeno avrai soldi a vita” risposi io sogghignando “oppure facciamo un’assicurazione sulla tua di vita e poi ti ammazzo” aggiunsi io. A quelle parole? Il putiferio. Anche se le costole non mi facevano poi cosi tanto male, il nostro in fondo era solo un gioco. Pugni, quasi fossero carezze. Dalla mia parte, perche dalla parte di Nicole ci andò giù pesante con me “ahi ahi, le costole” dissi in fini io, facendo praticamente finta. L’unica cosa che mi faceva male in quel momento, era l’addome per via del continuo ridere a crepapelle “davvero?” domando dispiaciuta “no non e vero” la presi di sorpresa, iniziando a farle il solletico sul collo, mano a mano scendevo fino alla pancia. Fu la volta di Nicole, a sorprendermi. Mi desse, un bacio di quelli che ti fanno venire la pelle d’oca, da tanto sentivi l’emozione afrodisiaca perdersi il controllo di te. Le nostre labbra, non la finivano di toccarsi, non sentivo nulla al di fuori di quel bacio e Nicole. Il suo profumo e il resto. E fu inutile dirlo, forse il ricordo di una vita intera. Conservo ancora, nel mia cassettiera dei ricordi, quel ricordo, chiuso a chiave con lucchetto in aggiunta. Cosi da non potermelo scordare mai. E se non bastasse, costringevo la mia mente a riviverlo per pochi istanti, in ogni giorno. Cosi che ogni dettaglio, ne risaltasse l’armonia di quel momento. Perche finalmente, trovai la pace al di là di tutto. Nicole si ritrasse,  estasiata. Come me del resto. Ma, non si sposto da dov’era “promettimi, che non mi farai uno scherzo del genere” disse dolcemente Nicole “prometto, ho un’altra scelta?” domandai io, Nicole scosse la testa. Tante, persone affollavano il corridoio. Dove la mia stanza stava, era come se tutto il piano. Attratto dalle nostri voci e risa, si fosse accalcato affianco la porta d’entrata della mia camera. Che ha proposito, aveva solo un letto. Ora che mi ricordo. Qualche infermiera sorrise, quando Nicole dopo aver intuito che oramai non la seguivo più, se n’era accorta. Altri mostravano gioia a tutti gli effetti. Un po’ come se vedi, un bambino per strada scherzoso e gioioso, con una sola caramella in mano. Ne dedussi, che la felicità a un prezzo, ad ogni età cambia però. Apparse il dottore, si fece strada con una sorprendente facilità e disse “si forse, ora non e il momento giusto”. imbarazzo. Nicole scese delicatamente da sopra me, particolarmente imbarazza, si ritrasse nella sua felpa. Vidi il suo rossore della pelle “potremmo chiudere la porta” sussurrai al dottore “infermiere le porte, devo visitare il paziente” rispose subito il dottore, che davvero sembrava simpatico “come se li ci fosse qualcosa da controllare” sospiro un’infermiera, dall’aria di andare in pensione a breve. Nicole, ancora sprofondo nell’imbarazzo. Che a dirla tutta, era ormai diventato generale. Tra me e Nicole, ed anche il dottore “questo e il suo ultimo anno” sembrava più una benedizione agognata, che solo un dato di fatto. Il dottore, prese a visitarmi. Con dita abili ed esperte. Mi tocco le costole, quelle che mi facevano male “sono solo un po’ incrinate. Ma nel giro di qualche, giorno saranno apposto” rispose il dottore rassicurante. Quando mi, scosto le lenzuola. Notai che portavo un bendaggio alla gamba destra. Un notevole bendaggio, devo dire. Cosa che mi riporto, alla storia di essere gambizzato su di un marciapiede. Per via del furore di poco prima. Quando il dottore, inizio a sciogliermi il bendaggio. Sentivo uno strano odore, provenire dal bendaggio stesso. Man a mano che, il bendaggio si smollava, perche effettivamente era molto stretto, attorno alla mia gamba. Senti un leggero dolore, mano a mano che la benda veniva via. Quando la benda fini. Notai che i tre quarti della benda, erano bagnate di sangue fresco. Forse dovuto, per il gioco di prima ed a quello che ne segui. Nicole si senti in colpa, la notai ritornare al colorito di sempre, dietro ancora la sua felpa “e tutto ok non ti preoccupare” tentai di rassicurarla “si meno male che i punti hanno tenuto” aggiunse il dottore, con fare giovale “ho proprio fatto un buon lavoro” scherzo ancora il dottore. A quelle parole, panico assoluto. Neanche pensavo lontanamente, di guardare giù. Infatti non lo feci. Ma quando il dottore inizio a  bendarmi aggiungendo beta dine. Lo notai un buco, sulla mia gamba destra. Rosso e gonfio. Tenuto chiuso da due semplici punti, di millimetrica distanza tra l’uno e l’altro. Non mi faceva male, cosa che mi fece sospettare “prendo, antidolorifici?” chiesi al dottore d’istinto. Quasi temessi, dell’imminente fine di tale dose “no non le prendi” rispose il dottore. Tutto sommato, e andata bene. Pensai, la mia vita continua ad essere sfortunata da una parte, dall’altra posso solo esserne felice. Quando il dottore se ne andò “ah un’altra cosa, c’e tempo prima di…. Avete capito no” disse il dottore a metà strada tra il corridoio e la mia stanza. Imbarazzo, ancora “sono molto simpatici” commentai io. Nicole non rispose. Ma inizio ad sfiorarmi il braccio, con la sua mano. Stemmo, li per ore ed ore. Parlando, io le chiesi di quante cose mi ero perso, in quei mesi. E Nicole mi fece il resoconto dettagliato, pieno anche di suoi pareri. Cosa che non mi stancherei di ascoltare.
 
Sono passati molti, anni. E ancora non c’e storia d’amore, vissuta da parte mia. Che non abbia toccato quei livelli. Mi manchi Nicole. Tanto.
 
Michelangelo.  
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: tp naori