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Autore: Firelight_    26/07/2012    15 recensioni
Due popoli e una sanguinaria lotta per il potere che sembra non avere mai fine; quando i loro occhi s'incrociano, Niall e Zayn capiscono all'istante che c'è fra loro qualcosa che è impossibile ignorare, ma che è altrettanto impossibile realizzare.
Potrà un infimo raggio di sole abbattere secoli di astio radicato nei loro animi?
[Zayn/Niall, alternative universe; mini-long]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Atto primo.

 
 



Colore azzurro d’ala d’uccello di dimenticanza,
  il mare ha bagnato le sue piume,  
il suo aspro meno forte, la sua onda di pallido peso
insegue le cose accumulate negli angoli dell’anima,
e il fumo batte invano sulle porte.

(Pablo Neruda)

 
 
 



Da qualche tempo a quella parte, Niall stava all’erta: non era mai stato un tipo particolarmente diffidente, non era nella sua natura, ma aveva una capacità d’osservazione davvero sorprendente.
E, semplicemente, quel nuovo arrivato non lo convinceva affatto. Era troppo disinvolto, troppo sicuro di sé, troppo brusco e freddo perché la sua razionalità si quietasse, perciò era più prudente continuare a tenerlo d’occhio.
Inoltre, avrebbe proprio dovuto ammetterlo con se stesso, colui sul quale spostava le proprie attenzioni era troppo attraente per interrompere quel nuovo compito che si era di recente assegnato.
Niall sperava che il ragazzo non avesse niente da nascondere – in un periodo come quello, durante il quale tutto ciò che si poteva scorgere erano guerra e violenza, un traditore sarebbe stata un’ulteriore batosta – ma, nonostante quella sensazione che avvertiva a pelle, quell’interessamento di ceneri spente e pronte a incendiarsi di nuovo, si ostinava a sospettare di lui.
A dire la verità, non ricordava  neppure quale fosse il suo nome; a giudicare dalla carnagione dolcemente ambrata e dall’accento marcato, comunque, non doveva essere di quelle parti.
 
Quella sera, Niall era davvero stanco. Aveva passato una giornata estenuante, affannandosi di continuo tra i sotterranei bui e umidi del Quartier Generale, le sale riunioni coperte da tappeti di velluto e gli allenamenti senza sosta dell’Accademia.
Sì, tutto ciò che avrebbe voluto fare sarebbe stato sfilarsi la camicia di dosso, nascondersi sotto la coltre d’acqua di un lungo bagno caldo e dimenticare i problemi. Ma come si poteva dimenticare la sanguinaria battaglia che infuriava al di fuori delle mura di Naimhde?
In fin dei conti, Niall James Horan era solamente uno dei tenenti dell’esercito, che svolgeva le sue mansioni con precisione e diligenza. Ciò che tuttavia era sorprendente era la giovane età di quell’efficiente soldato che, malgrado il suo grado piuttosto alto, mai se n’era vantato, il che era probabilmente merito di una modestia innata e inconsapevole che, da sempre, era insita nel cuore di quel ragazzo biondo e dalle iridi limpide esattamente come la sua anima.
Per certi versi, Niall era un guerriero spericolato esattamente come tutti gli altri. Non risparmiava i nemici, si recava sul campo impugnando la spada con coraggio, difendeva i suoi uomini con estrema lealtà e non lesinava di versare sangue avversario; ma mai, neppure una volta nella sua intera vita, aveva gioito nel vedere la morte, non importava di chi essa fosse.
Quel che ogni giorno accadeva nell’ormai storico conflitto fra i due antichi popoli non era nulla del quale avrebbe potuto rallegrarsi. Come avrebbe potuto sorridere allo spegnersi di qualsiasi traccia di luce rimasta al mondo?
Comunque fosse, Niall era deciso a proteggere la propria terra con tutte le forze in suo possesso, ed erano pressappoco quelli i pensieri che gli vorticavano in mente mentre percorreva per l’ennesima volta il passaggio che portava al torrione centrale.
Sapeva di esser quasi certamente l’unico ancora all’interno del Quartier Generale poiché, a quell’ora di notte, tutti gli altri dovevano esser andati via. E allora, perché lui non faceva lo stesso? Perché qualcosa di incomprensibile continuava a trattenerlo lì, con la suola degli alti stivali di cuoio che cozzava contro le pietre grezze del selciato?
Niall si appoggiò al davanzale di una delle numerose finestre, incrociando le braccia e facendo scorrere morbidamente lo sguardo sui folti boschi di pini innevati che svettavano sotto la furiosa tormenta.
Aveva lasciato la sua cavalcatura nelle stalle del Quartiere e sapeva bene che, se solo l’avesse voluto, in meno di un’ora di tempo avrebbe potuto far ritorno a casa, nella sua solitaria dimora ai limitari del territorio.
Ma che senso avrebbe avuto? Chi ci sarebbe stato ad attenderlo, fra quelle mura fredde e deserte?
Un rumore leggero e sordo lo riscosse momentaneamente. Dapprima credette che si fosse trattato soltanto di una delle finestre di vetro levigato che sbatacchiava a causa della bufera ma, quando quel suono fu seguito da uno scalpiccio lieve, si immobilizzò all’istante.
In un gesto istintivo, portò la mano all’elsa intarsiata della spada che teneva allacciata alla cintura, e i suoi occhi guizzarono da una parte all’altra, attenti.
A passi felpati, camminando sulle punte dei piedi, Niall si diresse in silenzio nella direzione dalla quale aveva sentito provenire quei rumori. Quando udì quelle che sembravano essere carte sfogliate frettolosamente, deglutì e proseguì con maggiore determinazione verso l’ufficio del Comandante Supremo.
Era certo che questi fosse partito alla volta delle colline diversi minuti prima, perciò si preparò ad affrontare la presenza di un nemico, essendo inoltre certo di non poter in alcun modo ottenere rinforzi alleati.
Avrebbe dovuto cavarsela da solo ma, al momento, la cosa non lo spaventava. Sapeva che, non appena si fosse trovato davanti a un soldato antagonista, la situazione dentro di lui sarebbe mutata, tuttavia preferiva non pensarci.
Raggiunse finalmente la porta dello studio del Comandante e, sperando che essa non scricchiolasse, spinse appena i battenti, sbirciando dentro la stanza.
La lampada a olio sulla scrivania era accesa e, con quella tipica luce tremolante e giallastra che a Niall ricordava ogni volta le interminabili riunioni con gli Strateghi, illuminava una figura di profilo, che riconobbe subito.
Ringraziò mentalmente il suo – quasi – infallibile istinto, mentre osservava acuto il giovane generale senza nome che tanto gli aveva dato da pensare. Egli era chino sul tavolo e, con una frenesia evidente, scorreva le righe di alcuni documenti scritti a mano, senza muoversi di un millimetro.
Niall rimase a guardarlo per un secondo interminabile, scivolando piacevolmente sulla curva sensuale della mascella e concentrandosi un attimo di troppo sulle labbra carnose e arricciate da quello che pareva disappunto, poi si disse che era per lui ora di agire.
Per quanto l’interesse nei confronti del generale, che adesso sapeva con certezza essere una talpa infiltrata dal nemico, fosse potente, l’amore per la sua patria e la sua gente sormontava qualunque altra cosa.
Tutto ciò che avrebbe dovuto fare era bloccare quello straniero, consegnarlo ai suoi superiori e lavarsene le mani. Ad onor del vero, non era solito comportarsi con tale menefreghismo e velata codardia, ma non se la sarebbe sentita di assistere alla fine di quel suo così ipnotico rivale.
Alla fine, mandando via quelle riflessioni dettate dall’umana debolezza, Niall fece scattare la porta sui cardini e, sguainando la spada dal fodero, puntò l’arma contro la spia, la lama a pochi centimetri dal suo splendido viso.
Quello rimase pietrificato per qualche secondo, alla fine volse il viso in alto di colpo e le sue iridi si abbatterono su quelle di Niall, affondandole, ancorandole al fondale e in seguito riportandole in superficie.
Le sue dita non abbandonavano quelle carte spiegazzate, quelle carte tanto importanti che sapeva gli avrebbero permesso di dare una svolta decisiva alla guerra, e intanto stava cercando una via di fuga.
Per un brevissimo istante, Zayn ebbe paura.
Era appena stato sorpreso da quel tenente biondo – Horan, si chiamava? – a frugare nell’ufficio privato del Comandante Supremo, il che lo classificava chiaramente come un traditore.
Come avrebbe fatto a sopportare di esser condannato a morte da quel ragazzo che lo affascinava come nessun’altro? Ma, soprattutto, come avrebbe fatto a sottrarsi alla sciabola acuminata che da un momento all’altro avrebbe potuto lacerargli la carne?
Nonostante le circostanze fossero totalmente a suo sfavore, Zayn riuscì a non perdersi d’animo. Era stato addestrato a mantenere il sangue freddo in qualsiasi situazione, anche la più disperata, e il fatto di essere il diretto erede dell’attuale Comandante Supremo della sua nazione aveva il proprio peso.
Non poteva lasciarsi sconfiggere da un tenente venuto dal nulla: non l’avrebbe permesso.
“Non muoverti”.
Quando la voce dell’altro lo sorprese in quei cruciali istanti, Zayn si soffermò inconsciamente a pensare a quanto essa fosse piacevole. Contrariamente al solito, l’inflessione strascicata del popolo di Naimhde non lo infastidì, ma gli cullò i pensieri.
“Non ho intenzione di venire trafitto dalla tua spada” fece presente, adottando subito un tono sarcastico “perciò credo proprio che rimarrò immobile”.
Niall non si era aspettato una risposta talmente ironica e, anche se non lo lasciò vedere, l’avere un degno avversario gli fece tutto sommato piacere. E, per di più, gli confermava l’idea che quel generale gli aveva dato a primo acchito, quella di una persona estremamente sveglia e sottile.
“Chi sei?”
“Che importa?”
Zayn ribatté così velocemente da non accorgersene neppure. Sapeva che, in un modo o nell’altro, il suo vero nome sarebbe venuto fuori, il che sarebbe stata una rovina per tutti.
Se fossero venuti a sapere che era il primogenito del Comandante Malik, di certo l’avrebbero utilizzato come merce di scambio, attuando un ricatto.
Niall strinse la presa sull’elsa della spada, rendendola più salda, preparandosi a un contrattacco da parte del moro, che però non muoveva un muscolo. Cosa stava aspettando?
“Cerca di collaborare, generale. Chi ti manda qui? Sei una spia da Fiender?”
La lama brillava davanti agli occhi di Zayn, il quale stava pensando fervidamente. Il tenente Horan era intelligente e aveva già capito da dove venisse, per cui l’unica via che avrebbe adesso potuto percorrere era quella dell’effetto sorpresa.
Indietreggiò appena, anche se fece in modo che colui che lo fronteggiava lo notasse.
“Non voglio combattere” affermò, sapendo come far sì che tutto ciò che diceva suonasse come la verità “Sono disarmato”.
“Arrenditi e non ti farò del male” promise Niall con durezza, anche se era in fondo parecchio sorpreso.
Aveva pensato che il moro avesse più nerbo, che fosse capace di sopportare un colloquio serrato contro un nemico, ma a quanto pare si era per l’ennesima volta sbagliato.
Zayn annuì lentamente, ponendosi di traverso rispetto al corpo di Niall, in modo che un eventuale colpo non lo raggiungesse in maniera diretta. Mosse le braccia come per tenderle al tenente cosicché egli potesse legarle, ma in realtà collocò un avambraccio a proteggere il ventre, stando ben piantato sulle gambe.
Prima che Niall potesse anche solo accorgersi di quelle velocissime manovre, l’altro ruotò sul piede sinistro sfruttandolo come perno e, con un movimento di fianchi, con la gamba destra gli sferrò un violento calcio, colpendogli il polso e facendo schizzar via la spada dalla sua mano.
Zayn ritrasse subito la gamba per sottrarla alla presa del biondo e, raggiungendogli il viso con due nocche del pugno serrato, riuscì poi con il peso del proprio corpo ad abbattere il tenente al suolo, schiacciandolo a terra.
Con la maggior celerità che gli era concessa da quella posizione, estrasse un pugnale dalla tasca interna della giubba, avvicinandolo alla gola di Niall fino a fargli percepire il gelo del metallo.
Il cuore di Niall gli batteva svelto nel petto, terrorizzato e incredulo di fronte alla inesorabile realtà di essersi fatto abbindolare da quel nemico tanto abile.
“Arrenditi e non ti farò del male” sogghignò Zayn, ricalcando quelle che erano state le parole del biondo, senza lasciare la presa su di lui e tenendo fermo il pugnale.
Il sangue pulsava forte nelle vene di Niall.
“Preferisco morire piuttosto che cedere” ringhiò fieramente in risposta, cercando di tirarsi a sedere con uno scatto di reni che per poco non riuscì a scostare l’altro.
Zayn, preoccupato da quel tentativo sorprendentemente audace, schiacciò il piatto della lama sul collo niveo di Niall, al quale si mozzò il fiato.
“Tenente Horan” disse a voce alta, senza accennare a distogliere gli occhi dai suoi, sforzandosi di non pensare a quanto quell’azzurro fosse puro e meraviglioso “ti propongo un patto”.
Quello grugnì, facendo una smorfia.
“Procedi” concesse, dubbioso.
Zayn ci pensò su qualche secondo. Sapeva che quel che stava per dire non sarebbe stato mai permesso da suo padre né da nessun’altro dei suoi compatrioti, ma come avrebbe potuto porre fine all’esistenza di qualcuno come Niall?
La sola idea gli riusciva insopportabile e, nel frattempo che senza rendersene conto studiava ogni particolare del giovane oppresso sotto di lui, si ritrovò ad odiare la propria compassione.
“Tu mi darai tempo fino all’alba per uscire dalla città senza dare l’allarme e io, in cambio, ti risparmierò la vita e ti lascerò andare”.
Niall attese prima di parlare, soppesando le differenti possibilità. Era consapevole del fatto che, se avesse rifiutato la proposta, il nemico l’avrebbe ucciso senza esitazione, e mai nessuno sarebbe stato avvisato del tradimento. Se invece avesse accettato, questi sarebbe andato via e lui avrebbe avuto salva la vita, oltre a poter mettere in allarme i propri superiori.
Nonostante disprezzasse con tutto se stesso l’idea di esser costretto a scendere a patti con i suoi avversari, Niall sapeva alla perfezione quale fosse la cosa più ragionevole da fare.
“D’accordo”.
Serrò i denti per cercare di digerire l’umiliazione e Zayn, sollevato dal fatto che avesse pensato razionalmente, si alzò in piedi di scatto.
Aveva la bizzarra impressione che il contatto col corpo fin troppo tentatore di Niall potesse provocargli una reazione palese e, senza dubbio, imbarazzante.
Il biondo si mise a sedere, scrollandosi di dosso i capelli chiarissimi, puntando gli occhi alteri sul viso di Zayn, continuando malgrado tutto a sfidarlo.
“Dovrai condurmi fuori dalle mura, facendo in modo che le guardie non mi fermino”spiegò Zayn in fretta “e poi io ti lascerò libero”.
“Che cosa?” sbottò Niall di rimando, sdegnato “Non posso farlo”.
Il moro si piegò sulle ginocchia, accostando nuovamente il coltello intagliato alla sua giugulare, dove risiedeva la vita.
“Invece penso che tu possa riuscirci, Niall”.
Non appena quello udì Zayn pronunciare il suo nome sussultò visibilmente, e sperò che l’altro attribuisse quella sua reazione alla vicinanza col pugnale.
“Mi dispiacerebbe parecchio, ucciderti” proseguì Malik, pensieroso, prendendolo per una spalla e tirandolo su con malagrazia “Non vorrei sprecare quel tuo bel faccino in questo modo”.
Niall si chiese confusamente come potesse quel nemico conoscere il suo punto debole, anche se forse le incessanti chiacchiere cittadine sul bel tenente che respingeva ogni donna, destando non pochi sospetti, erano state sufficienti a fargli capire come stessero le cose.
“Va’ al diavolo!”
La replica infastidita del biondo, sommata al suo viso che aveva assunto una tonalità terrea di certo per la mortificazione, fece sfuggire una risata dalle labbra di Zayn.
Sì, se solo non fossero stati mortali nemici era sicuro che non avrebbe esitato a far suo quel giovane così bello e dal carattere di ferro, ma la questione era un’altra.
Non era lì per decidere se prendere quel biondo tanto seducente, bensì avrebbe dovuto scegliere se troncare o meno la sua vita.
“Hai addosso altre armi?” domandò Zayn, allontanando quelle riflessioni.
Non doveva mai lasciare che la pietà prendesse il sopravvento, però sapeva purtroppo che quell’attrazione che provava era ancora più pericolosa. Come poteva essere interessato a un suo rivale?
“No”mentì Niall, facendo mente locale e cercando un modo per sfoderare un pugnale senza che quello del suo nemico lo squarciasse.
Zayn sbuffò vistosamente, irritato.
“Ti consiglio di non rendere tutto più difficile di quanto già non sia” suggerì, guardandolo di sbieco “Per me non è un problema perquisirti e toglierti i calzoni, ma suppongo che per te potrebbe essere leggermente imbarazzante”.
Una vampata di calore percorse Niall da capo a piedi e il tenente, desiderando solamente che quel soldato sconosciuto sparisse e lo abbandonasse lì, si sfilò il mantello nero e lo gettò sul tavolo poco lontano.
“Non ho più armi addosso” asserì, incrociando le braccia sul petto e lanciando a Zayn un’occhiata in cagnesco, che questi però non colse.
Che fosse troppo impegnato a considerare il modo sensuale in cui la camicia di seta candida fasciava il biondo?
Zayn sapeva che, secondo le normali procedure, a quel punto avrebbe dovuto controllare la veridicità della sua affermazione, così come lo sapeva Niall.
Dunque, perché aveva talmente tanta paura di avvicinarsi a lui? Perché temeva di non riuscire a controllarsi, quando sempre aveva avuto successo nel farlo?
Con un breve passo, Zayn spostò il coltello nella mano sinistra e, con l’altra, tastò rapidamente le maniche della camicia di Niall, al cui interno avrebbero potuto essere cucite delle lame nascoste, scorrendo poi velocemente con le dita le tasche dei pantaloni.
Niall si sentiva morire e, nel profondo, si disdegnava. Perché uno spregevole nativo di Fiender, uno di quegli assassini senza cuore, gli provocava certe sensazioni?
Perché, quando questi lo sfiorava per assicurarsi che non portasse con sé qualcosa di pericoloso, doveva impedire al proprio respiro di accelerare? Non era pertanto capace di trattenersi? O era forse Zayn che, senza alcuna logica, lo stregava lentamente, come il più assuefacente dei veleni?
“Hai detto la verità” commentò infine il moro, scostandosi un poco per poterlo guardare in faccia.
“Naimhde non è un popolo di bugiardi” ribatté Niall tagliente, non rinunciando a una sfumatura arrogante nella voce.
Zayn lo ignorò, cercando di non far caso alle piccole e invitanti increspature delle sue labbra color fragola in netto contrasto col volto cereo, e si tirò su il cappuccio sul capo.
“Non c’è tempo da perdere” tagliò corto “Devi portarmi fuori di qui”.
 
 

Niall, coperto dalla mantella scura, mostrò brevemente il distintivo della Guardia Reale agli uomini che stavano di vedetta sulle imponenti mura di Naimhde e, dopo quel gesto, i cancelli si schiusero, lasciando via libera alle due cavalcature.
Zayn spronò il suo stallone, sperando che la propria ansia non trapelasse dai gesti dal malcelato nervosismo che compieva, e si avvicinò di più al tenente. Egli sapeva che il moro nascondeva sotto le maniche ampie un coltello stretto nella mano che, in caso lui avesse fatto qualcosa per smascherarlo, l’avrebbe senza indugio colpito.
Si diressero con ostentata indifferenza verso un boschetto riparato, sfuggendo agli occhi stanchi dei soldati sulle mura, e si fermarono sotto i rami protettori di un abete.
“Ho fatto quel che ti avevo promesso” affermò Niall, tentando di mantenere la propria voce algida e impassibile.
“Sì, sei stato di parola” convenne Zayn, rigirandosi il pugnale fra le dita e saltando giù da cavallo, subito imitato dall’altro “Hai ragione, Naimhde non è un popolo di bugiardi”.
Niall inarcò le sopracciglia, incredulo.
“A cosa devo questa confessione?”
Zayn fece una risata bassa, che risuonò cupa fra i tronchi scricchiolanti, disperdendosi nei refoli di vento affannati, raggiungendo le orecchie del suo interlocutore e ammaliandolo inesorabilmente.
Il cavaliere di Fiender avanzò di qualche passo, la neve che scricchiolava sotto gli scarponi come frutta acerba spaccata da mani impietose.
Niall rimase a guardarlo muto, mentre quello si fermava di fronte a lui, gli occhi incatenati gli uni agli altri, e un’emozione lo prese in contropiede, stupendolo.
D’improvviso, avrebbe avuto voglia di allungare una mano verso la pelle di Zayn e toccarla, stringerlo a sé per sentire che era reale, sfiorargli il collo, la barba leggera sul mento e i polsi che si intravedevano tra la camicia e i guanti di pelle.
Avrebbe voluto premersi contro di lui e inspirare il suo odore fino a ubriacarsene completamente, perdendo la propria ragione, che già iniziava a divenire più opaca.
Niall avrebbe voluto…
 Zayn, preso dal bisogno irrefrenabile di non abbandonare quel giovane gentiluomo, tremante nel suo cappotto sotto la pioggia di un inverno cieco, fece ruotare l’arma che aveva in mano sotto gli occhi atterriti del tenente.
“Sei stato di parola, Niall, il che ti fa onore” gli rivolse un sorriso stiracchiato, avvertendo un brivido percorrergli la schiena “ma, colpo di scena!, io non rispetterò gli accordi. Non fare movimenti bruschi e non provare a fuggire o ad attirare l’attenzione, altrimenti non esiterò ad attaccarti”.
 
 

Fuori, infuriava una tormenta.
I due si erano rifugiati in una grotta, più che altro simile a un anfratto scavato nella roccia tagliente delle montagne a nord di Naimhde, e fra loro ardevano pochi ceppi fiammeggianti.
La notte stava per volgere al termine – fra pochi minuti il cielo avrebbe cominciato a schiarirsi – eppure non accennavano ad assopirsi.
Niall era accucciato in un angolo, stretto nei suoi abiti non abbastanza pesanti per un clima così rigido, che cercava di non dare a vedere quanto battesse i denti, anche se invano.
Zayn camminava avanti e indietro davanti alla soglia della caverna, senza produrre il minimo rumore. Irrazionalmente, tutto in lui gli stava strenuamente ordinando di sedersi al fianco del biondo accovacciato pochi metri più in là, ma stava cercando di non prendere in considerazione quella voce interiore. Per quale ragione, poi, avrebbe dovuto seguire i propri sentimenti contrastanti?
Perché mai avrebbe dovuto sistemarsi accanto a lui, cingergli le spalle con un braccio e attirarselo vicino, per sentire il suo respiro caldo accarezzargli il collo?
Ebbe un moto di fastidio, attirando su di sé un’occhiata azzurra e incerta; a quel punto, Zayn si accorse che le membra del biondo erano scosse da tremiti di freddo e, senza più pensare a niente, gli si avvicinò in pochi secondi, rimanendo piantato in piedi davanti a lui.
“Che cosa c’è?” sibilò Niall, sottovoce, forse per il freddo o per l’ira nei suoi confronti.
Zayn non pensò. Contrariamente al solito, fece ciò che il suo cuore gli chiedeva di fare, senza chiedersene il motivo.
Sciolse i lacci del proprio mantello, infilandosi in tasca le poche armi che vi custodiva, e lo lasciò ai piedi del suo nemico, il quale spalancò gli occhi, incredulo.
“Congelerai, con soltanto quella camicia leggera” commentò infine Niall, sfregando le mani intirizzite contro la stoffa morbida e facendo saettare lo sguardo sulle iniziali ricamate vicino al bordo orlato.
Nella sua mente per un attimo calò il silenzio, poi gli sguardi dei due si incontrarono, dando inizio a una schermaglia inframmezzata da desideri a stento trattenuti.
“Sei Zayn Malik, non è vero?” domandò in un soffio il giovane tenente, con un sorriso mesto e rassegnato.
Quello si strinse nelle spalle, in un gesto che pareva insieme volere schermirsi e scusarsi.
“A quanto pare”.
Niall non sapeva cosa dire e, sopra ogni altra cosa, non sapeva cosa provare. Era tutto talmente confuso e indefinito da dargli alla testa, frastornandolo.
“Potremmo condividerlo” mormorò, così piano che Zayn fece fatica a udirlo. Il biondo scosse leggermente il mantello “Io ho freddo, tu hai freddo. Potremmo condividerlo”.
Zayn, sebbene avesse tentato di evitarlo, si ritrovò a sorridere: un sorriso lieve e ammorbidito, che non gli apparteneva e che insieme era nato con loro.
“Sì” concordò, piegandosi e sedendosi vicino a Niall, fondendo i suoi occhi con quel blu sconfinato “Potremmo condividerlo, ma come credi che andrà a finire?”

 
 
 
 
 






Angolo autrice:
 
Salve!
Questo è il primo atto di una brevissima Ziall che, lo anticipo già da qui, conterà solamente tre capitoli. Possiamo in un certo senso dire che questa è l’introduzione ai reali fatti, senza la quale non potrei proseguire, tuttavia non ne sono comunque per niente soddisfatta.
Ma cominciamo dall’inizio. L’idea per questa storia mi è venuta in mente alcuni giorni fa, anche se all’inizio l’avevo progettata come originale. Però poi mi sono detta: perché non inserire quei cinque gay (luff ‘em! <3) in un contesto diverso dal solito?
E ne è venuta fuori questa robaccia qui c’: scrivo spesso di questo genere di ambientazioni dalla cornice storica, così ho attinto un po’ da alcuni miei racconti e ho progettato una piccola bromance.
Insomma, ormai sapete che parlo tanto in questi a.a., e che scrivo sempre storie senza senso, quindi è colpa vostra se vi trovate a leggere queste parole u_u
Re: l’atto primo è quasi unicamente introduttivo (per intenderci, il contenuto di Ziall è pressoché sottozero, shame on me), ma necessario (: spero che, comunque sia, non risulti ai vostri occhi pessimo quanto lo è ai miei!
Mi farebbe piacere se mi lasciaste una recensione anche breve, giusto per dirmi se vale la pena di continuare o è meglio che mi dia all’ippica.
Grazie a chiunque abbia letto; non so di preciso quando aggiornerò, causa impegni, ma se tutto va secondo i piani dovrei riuscire a postare una volta a settimana.
Okay, sto blaterando cose stupide, me ne scappo! Spero mi darete un parere :)
 
firelight_
 
ps. se non avete niente di meglio da fare, sul mio account potete trovare diverse one shot… aspettano solo di essere lette u_u
 
ah, quasi dimenticavo. Il titolo della fanfic significa ‘Cavaliere sotto la pioggia’, ed è il nome di una poesia di Neruda. Quella che ho inserito all’inizio, invece, è una parte di Josie Bliss, un altro dei suoi capolavori.
   
 
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