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Autore: marguerite_murcielago    26/07/2012    1 recensioni
Revisionato completamente capitolo 10
Il dipinto – numero di catalogo 423B – custodito nei recessi della National Gallery di Edimburgo non è mai stato esposto al pubblico. Per divertimento dei suoi proprietari, i maggiori esperti di arte sono stati convocati in gran segreto nella stanza: il loro verdetto è stato unanime.
La storia celata da questo dipinto va da ricercarsi nell'anno 1561: vi troverete tracce di una guerra subdola e dimenticata nel tempo, gli "Amanti delle Regine", una dama con poteri extrasensoriali, avvenenti soldati e, infine, il contrasto tra due Regine - due tra le più belle e forti Regine della loro epoca: Elizabeth Tudor e Mary Stuart.
Desiderate scoprire il significato del quadro 423B?
Cit./ Questa dunque è la storia del dipinto 423B; è una storia vecchia e pochi la ricordano.
È anche Storia, ma non ci sono scritti o testimonianze di altra natura che possano chiarire eventuali punti oscuri; dopotutto, i fatti sono stati un poco romanzati. Ma che ne è stato di tutti i protagonisti di quel quadro?
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
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Come into my world,
See through my eyes.

(See who I am, Within Temptation)

 

- Co… cosa avete detto? – balbettò Arthur.
Catherine aggrottò la fronte: - Siete il Marchese di Pembroke, non sbaglio.
- Non potete permettervi questo tono confidenziale – osservò, piccato.
- Oh, lady Catherine, è proprio il Marchese di Pembroke… imparerete a conoscerlo anche come il personaggio più scortese della corte – osservò placidamente Elizabeth, prima di uscire assieme alla dama. Arthur rimase a bocca aperta, la sua colorita invettiva troncata sul nascere; benché non fosse né violento né sanguigno come molti altri, bastava molto poco a infastidirlo.

 

 

Elizabeth sedette su una seggiola di ebano intagliato, imbottita.
- Dimostratemi che le vostre abilità non sono frutto di mere chiacchiere, milady…
- E se lo fossero? Cosa mi accadrebbe?
- In tal caso, mi rallegrerei all’idea che non sentirete la mancanza della vostra testa, dopo avermi dimostrato che ne eravate priva anche quando respiravate – prese una ciliegia dal piatto lì accanto.
- Cosa devo fare per dimostrarvi che non mento?
Elizabeth aggrottò la fronte.
Catherine attendeva la risposta, eppure sentì l’impulso di volgerle le spalle, nonostante sapesse e desiderasse fare qualsiasi cosa fosse in suo potere per compiacere la sovrana e non attirare la sua ira su di sé. Posò di nuovo gli occhi sulla bellezza tizianesca della donna, gli occhi scintillanti, il respiro affannato: - Vostra Grazia, fra breve entrerà da quella porta un vostro attendente; io non posso forzare il mio potere, poiché arriva solo in momenti di grande tensione e secondo un ordine superiore, ma vi giuro, sul mio onore di vergine, che d’ora in poi vi aiuterò e vi sarò accanto.
Elizabeth cercò di replicare, ma un certo fracasso sulla soglia attirò la sua attenzione.
L’uomo che aveva osato irrompere negli appartamenti reali senza farsi annunciare doveva essere molto preoccupato, o molto arrogante, o molto sciocco; le due donne lo guardarono nello stesso istante, lui non si lasciò confondere e si concentrò solo sulla Regina. Dopo aver deglutito, si piegò.
- Vostra Maestà.
- Perché lo avete lasciato entrare senza preavviso? – disse lei, rivolgendosi a Pembroke.
- Ascoltate ciò che ha da dire, Vostra Grazia – rispose il marchese, uno sguardo durissimo negli occhi.
Elizabeth rimase immobile per qualche secondo, bianca in volto, dopodichè fece un cenno stizzito all’uomo e prese le distanze da tutte le altre persone nella camera.
- Cosa dovete dirmi?
- Vostra Grazia… mi trovavo a nord, praticamente sul confine con la Scozia, quando fermai un uomo che diceva di voler semplicemente far visita ad una vecchia zia. Lo lasciai entrare nella casa indicata con un nostro compagno, consapevoli che nella casupola viveva solo un vecchio contadino… frugando nella bisaccia che portava, trovai questa. So leggere abbastanza bene il francese, ma sono state solo alcune parole ad attrarre la mia attenzione – si schiarì la voce e lesse – Marie, reine des Ecossais e la conception pieuse de Dieu veut le sang de Élisabeth versé et notre reine sur le trône d’Angleterre.
Scese un silenzio attonito.
- No, una sciocca, frivola ragazzetta qual è Mary non salirà mai sul trono che mi spetta – si voltò verso Arthur e gli scoccò un’occhiata indecifrabile – Sarai ben lieto, adesso che anche Mary Stuart potrà scaldare il tuo letto, il letto dell’amante di tutte le Regine d’Inghilterra! – sogghignò, a suo agio.
Arthur la lasciò parlare, avvicinandosi a lei con mosse furtive; Catherine approfittò dell’ira della sovrana per distogliere lo sguardo dalla sua persona; puntò gli occhi sui propri piedi, poi vagarono, senza controllo, sul pavimento di pietra, finché non incontrarono le gambe del soldato.
Risalirono lungo i pantaloni grigi, la casacca azzurra – poi, un paio d’occhi scuri.
Lui le fece un sorriso rapidissimo, dopodichè stornò lo sguardo.
Catherine pensò solo che fosse molto attraente, anche se il viso glabro era fuori moda e quasi infantile.
- Devo fare qualcosa per Vostra Grazia? – domandò il soldato, sfidando l’irritazione di Elizabeth.
- No, non ancora. Arthur, il trattato è stato firmato da nemmeno un anno e già i Francesi tramano contro di me? perché mai?
- Io non considererei colpevoli i Francesi, Vostra Maestà – replicò Arthur, stringendo i pugni.
Elizabeth si arrestò e lo fissò con occhi di brace: - Non penserai che…
- Wallace è cattolico. E non ha mai fatto mistero del suo odio per me e… e per voi.
- Wallace!
Arthur abbassò la testa, tentennò per un poco, poi le prese una mano; fu un gesto talmente intimo che Catherine e il soldato si scambiarono un’altra occhiata perplessa. Stranamente, Elizabeth lo accettò.
- Uscite, tutti e due. Lady Catherine, vi manderò a chiamare qualora la Regina desiderasse la vostra compagnia. Henry, voi portate quella lettera nei miei appartamenti e rimanete là, vi raggiungerò fra non molto – ordinò il marchese; i due si inchinarono e si congedarono.
- Esca pure, milady – la riprese Henry, in tono per metà ironico e per metà angustiato.

 

 

- Avete detto di chiamarvi Catherine?
- L’ha detto il marchese, non io.
- Perdonate la mia sfacciataggine, ma ciò non toglie che vi chiamiate Catherine.
La dama si fermò in mezzo al corridoio.
Henry continuò a camminare.

 

 

- Io…
- Io cosa?
Arthur si morse il labbro inferiore, dopo aver balbettato quella parola.
La mano con cui aveva stretto quella di Elizabeth profumava di lei; la annusò.
La Regina nascose un sorriso dietro la mano.
Sotto le fitte ciglia bionde, i suoi occhi scuri ammiccarono.
- Voi cosa, Arthur?
- Vi amo, mia Signora.
Lei si appoggiò allo schienale della sedia, massaggiandosi la tempia.
- Ditelo ancora, Arthur. Ditelo per me. Rendetemi felice, fatemi dimenticare le congiure.
Fu un lampo fugace, il sorriso di Arthur: - Vi amo, mia Signora, più di quanto abbia mai amato un’altra persona; mai e poi mai vi tradirei, né farei qualcosa per privarmi del vostro amore, Vostra Grazia.
- Come siete puerile, mio caro… ah, stasera desidero danzare a lungo con Leicester – lo provocò.
Arthur era attonito: quella donna era incomprensibile anche per lui, che la conosceva meglio di tutti.


   
 
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