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Autore: marguerite_murcielago    25/07/2012    2 recensioni
Revisionato completamente capitolo 10
Il dipinto – numero di catalogo 423B – custodito nei recessi della National Gallery di Edimburgo non è mai stato esposto al pubblico. Per divertimento dei suoi proprietari, i maggiori esperti di arte sono stati convocati in gran segreto nella stanza: il loro verdetto è stato unanime.
La storia celata da questo dipinto va da ricercarsi nell'anno 1561: vi troverete tracce di una guerra subdola e dimenticata nel tempo, gli "Amanti delle Regine", una dama con poteri extrasensoriali, avvenenti soldati e, infine, il contrasto tra due Regine - due tra le più belle e forti Regine della loro epoca: Elizabeth Tudor e Mary Stuart.
Desiderate scoprire il significato del quadro 423B?
Cit./ Questa dunque è la storia del dipinto 423B; è una storia vecchia e pochi la ricordano.
È anche Storia, ma non ci sono scritti o testimonianze di altra natura che possano chiarire eventuali punti oscuri; dopotutto, i fatti sono stati un poco romanzati. Ma che ne è stato di tutti i protagonisti di quel quadro?
Genere: Avventura, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
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Give me strength to face the truth, the doubt within my soul
(The truth beneath the Rose, Within Temptation)

il ventiquattro del mese di Giugno dell’Anno Domini 1561

Vostra Eccellentissima Grazia,
è con il cuore colmo di gratitudine che la vostra umile e sottomessa servitrice si accinge a partire per Londra, ove la Vostra Illustrissima Maestà ha richiesto la mia umile presenza e i miei ancor più umili servigi.
Più di quanto le parole possano esprimere desidero informare Vostra Grazia che ogni notte prego per la Vostra salute, felicità e lungimiranza, per Voi che siete la più grande Regina mai nata sul suolo d’Inghilterra – e con altrettanto ardore saluto il nobile e giusto Marchese di Pembroke, quand’egli leggerà questa missiva.
Che Dio vi abbia sempre in gloria, Vostra Maestà.

La Vostra sottomessa, umilissima

Catherine Fitzjohn

- Che ne pensate, Arthur?
- Io non credo che Vostra Grazia desideri conoscere la mia idea.
- Non vi avrei posto la domanda, se non fossi stata interessata alla risposta.
- Rimango dell’idea che Vostra Grazia desideri vedermi sul fondo del mare da quando ha scoperto il ritratto di sua cugina Mary nei miei appartamenti. Di conseguenza, Vostra Grazia non ascolterebbe una parola di ciò che potrei dire finché un nuovo amore non lenirà il suo orgoglio ferito.
Elizabeth scoccò un’occhiata in tralice al cortigiano, che le dava le spalle per osservare i giardini.
- Io e Leicester potremmo trascorrere un lungo pomeriggio a disquisire su cosa tu possegga di più affilato: la tua spada o la tua lingua? – commentò, abbandonando la forma di cortesia cui era solita.
- Se vostra Grazia smettesse di provocarmi…
- Arthur! – sibilò Elizabeth, zittendolo.
Lui contrasse la bocca, tornando a fissare le aiuole di Hampton Court.
- Allora, che opinione vi siete fatti di Catherine Fitzjohn?
Arthur fece un mezzo sorriso.
- Se nessuno dei cortigiani più vicini a Vostra Grazia le ha rivelato che sono stato investito del titolo di Marchese di Pembroke, sento di poter affermare, in tutta sincerità, che è la prima dama che vi consiglio caldamente di prendere al vostro servizio.
- Non mi interessano i vostri consigli – affermò Elizabeth, scrutando nella tazza di thé.
- Lo so, ma insistevate – rispose Arthur, con sicurezza; abbandonò la sua postazione, ma prima di uscire dalla stanzetta si chinò sulla donna e le sussurrò, con un sorriso mefistofelico dipinto sulle labbra: - Ho il diritto di essere geloso della miniatura di Leicester che portate sul petto?

Wallace si tolse in fretta la camiciola, gettandosela alle spalle come uno straccio qualunque.
Scalciò via anche il kilt, digrignando i denti per la lentezza che stava impiegando; nudo, si tuffò nell’acqua color ferro del loch, emettendo al contempo un ansito a lungo trattenuto. Riemerse.
Nuotava pigramente nell’acqua fredda, studiando con interesse composto la propria epidermide, bianca come il latte; il loch Katrine era un ambiente familiare, in cui nuotava fin da bambino e, se solo avesse potuto, avrebbe passato molto più tempo in quelle acque che in mezzo a quegli odiosi nobili…
Fece un sorriso malevolo: - Dopo scriverò a Caino, per ricordargli la mia esistenza…
Mentre tornava a riva e cercava, imprecando, i vestiti che aveva lanciato in ogni direzione, pensò che non conosceva modo migliore per ritrovare il buon umore che nuotare nel loch e pensare a come infastidire il suo compagno d’oltre confine con i suoi commenti sulla sua sgualdrina.
Mise la camicia senza curarsi di essere ancora bagnato.
Era così personale, il loro rapporto epistolare, che non valeva la pena di farlo diventare uno scandalo.

- Cosa fate?
Arthur sollevò appena lo sguardo dal libro che stava leggendo.
- Studio – rispose con ovvia semplicità, mettendo da parte Moriae Encomium.
Elizabeth lesse il titolo sulla copertina rilegata e un sorriso delizioso affiorò sulle sue labbra.
- Oh, ricordo che leggevate questo trattato fin da quand’ero bambina - osservò, prendendolo in mano. Fece per aprirlo, ma Arthur glielo strappò dalle mani, mascherando il suo turbamento con un sorriso.
- Cosa nascondete? Consegnatemelo! – esclamò la Regina, allungando la mano.
Reticente, le labbra serrate, il Marchese di Pembroke le riconsegnò il libro e chinò la testa con aria di gran contrizione; Elizabeth osservò la sua espressione, a lungo e con aria sospettosa, dopodichè aprì il libro, strappandolo quasi, e scoppiò in una risata volta a nascondere la sua irritazione.
- A sir Arthur Cecil, il mio più grande e amabile sostenitore in questa terra nemica, Anne Boleyn. È per questo che vi ho accordato fiducia? Per vedervi nascondere come un furfante le tracce di Nan Bullen?
Arthur espirò il fiato dal naso, chiudendo gli occhi.
- Adesso basta, vi farò allontanare da corte una volta per tutte! – strepitò Elizabeth, correndo verso la porta. Aveva già la mano sulla maniglia, quando sospirò e tornò a fronteggiare il cortigiano, che raddrizzò la schiena in vista dell’imminente battaglia.
La regina attraversò di nuovo la camera e si tuffò tra le braccia di Arthur, afferrandogli il collo.
- Preferivate mia madre, Arthur? E adesso desiderate poter stringere tra le braccia la bella nipote di mia zia Margaret, non è così? Ammettete quanto vi piacerebbe vederla sul trono d’Inghilterra, così da averla alla vostra mercè!
Arthur le afferrò i lacci del corpetto, ringhiando qualcosa contro l’orecchio bianco di lei.
- Rispondetemi, Arthur! Lo esigo! Lo esigo, vi dico!
Lo colpì sul petto con i palmi delle mani, poi bussarono.
I due si separarono, furibondi.
- Milord, la nuova dama di compagnia è…
- Fatela entrare, Tennyson – lo interruppe Elizabeth, con voce squillante.
La porta si aprì e, nel riquadro luminoso comparve la ragazza. Lei abbassò subito il capo, inginocchiandosi con aria molto graziosa; le guance erano arrossate dalla fatica della cavalcata.
- Sono giunta non appena mi è stato possibile, Vostra Grazia.
- Vi attendevo con impazienza, lady Fitzjohn. Sono certa che la vostra presenza mi sarà di gran conforto, poiché in questi giorni sulla corte aleggia una certa aria di insubordinazione… - osservò la Regina, perfettamente a suo agio, e lasciò il fianco di Arthur per accogliere la ragazza.
Le osservò entrambe, fingendosi annoiato: la pallida Catherine, con i grandi occhi chiari spalancati e le labbra indecise tra un sorriso consapevole ed un’aria seria e computa; e poi Elizabeth.
Indossava un abito leggero, con ricami floreali rosso scuro su rosso chiaro; e balze, balze color avorio dappertutto. La pesante collana di granati e oro aveva lasciato un segno rosa acceso sul collo, tra i capelli rossicci vedeva file di perle. Riconosceva la bellezza di Mary Stewart, solo uno sciocco non l’avrebbe riconosciuta, ma il suo amore andava tutto a Elizabeth.

Catherine Fitzjohn sembrava una ragazza davvero ammodo, posata e sobria come il vestito che indossava. Era azzurro pallido, nella stessa tinta dei suoi occhi, con una stampa di farfalle.
Gli unici ornamenti era un filo di piccole perle ed un paio di orecchini dello stesso genere.
In effetti, la sua semplicità quasi stonava nell’opulenza propria delle dame e dei cortigiani di Elizabeth.
L’opinione di Arthur nei suoi confronti fu subito positiva, ma venne cancellata l’istante successivo dalla candida osservazione della ragazza: - Marchese di Pembroke, ho già fatto qualcosa per non meritarmi i vostri saluti?!


   
 
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