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Autore: sweetharry    26/07/2012    19 recensioni
Quest’anno mi ha cambiata, lui mi ha cambiata. Mi ha fatto conoscere l’amore, facendomelo respirare a pieni polmoni. Mi ha insegnato che nella vita si va avanti. Mi ha insegnato quanto si tenga ad una persona a tal punto di fare tutto per lei, anche rischiare la vita. Mi ha insegnato quanto un’amicizia sia forte e duratura anche a distanza di anni, e che questa può tramutarsi in qualcosa di ancora più bello come l’amore.
Se ero felice? Eccome se lo ero.
Se lo amavo? Ogni giorno di più.
Se lo avrei continuato ad amare? Sempre.
Se sarei rimasta con lui per il resto della vita? “Finché morte non ci separi”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Harry sono io… T-Ti prego se senti questo messaggio… chiamami. –
Attaccai il telefono e lo buttai sul letto. Aveva sempre la segreteria, non mi rispondeva mai a nessun messaggio. Sentivo che tra poco tempo sarei scoppiata.
Mi passai una mano sulla faccia e scostai la tenda della finestra, guardando fuori.
- Sam il pranzo è pront… - si fermò sulla porta, sospirando. – Ti prego smettila di guardare fuori da quella finestra! –
- Ha detto che tornava. – dissi ferma, continuando a tenere lo sguardo sull’inizio della via principale.
Sentii Louis avvicinarsi e poggiarmi una mano sulla spalla. Tre giorni, tre fottuti giorni da quando mi ha abbandonata.
- Vedrai che lo farà… -
- No, non lo farà. Mi ha abbandonata. – risposi seria. Non ero pazza, è solo che la sua assenza mi faceva uscire matta.
Lo sentii sospirare ancora, la centesima volta in quei tre giorni. – Perché non vieni a mangiare qualcosa invece? Devo sempre obbligarti a farti mangiare. –
Abbassai lo sguardo ed obbedii. Non lo facevo per me, lo facevo per il bambino, esclusivamente per lui. Se non fossi stata incinta, non so come mi sarei ridotta.
Scendemmo le scale in silenzio, e con altrettanto silenzio mangiammo a tavola. Ogni tanto Louis mi rivolgeva qualche occhiata triste, ma facevo finta di non vederlo e mi limitavo a mangiare il minimo indispensabile.
Sentivo il bisogno di evadere per qualche ora da quella casa, di prendere una boccata d’aria fresca.
- Vado a fare la spesa. – annunciai, alzandomi da tavola una volta finito.
- La spesa? Sam aspetta, ti accompagno! – disse raggiungendomi all’ingresso. Mi girai di scatto e posai lentamente una mano sul suo petto.
- Da sola. –
- Sam… - mi richiamò.
- Louis. – lo guardai negli occhi, convinta che mi avrebbe lasciata andare. Mi guardò per qualche secondo, poi alzò gli occhi al cielo e mi guardò.
- Non sparire. – come volevasi dimostrare.
Annuii e mi lasciai baciare la tempia, dopodiché uscii di casa.
Faceva molto caldo, il sole cuoceva le pietre. Indossavo dei pantaloncini di jeans abbastanza larghi e una canottiera bianca, di quelle fatte quasi a “velo”. Era una delle mie preferite.
Chiusi gli occhi e lasciai che il sole accarezzasse la mia pelle, ed odorai l’aria estiva che a Doncaster si faceva sempre più sentire.
Ero sicura, certa, che Harry fosse ritornato ad Holmes Chapel.
Perché mi aveva abbandonata? E tutti quei ti amo detti a buffo? Un senso di rabbia impadronì per un secondo il mio corpo.
Misi una mano sulla pancia ed incominciai ad accarezzarla, aspettando l’autobus.
Doncaster era troppo conosciuta, volevo andare nel supermercato appena fuori la cittadina. Era più ampio e avrei perso soprattutto più tempo.
Arrivò l’autobus e ci salii sopra, facendomi spazio tra la gente.
Cinque minuti di mezzo pubblico, ed arrivai alla fermata proprio davanti il grande supermercato. Scesi, un po’ impacciatamente, ed entrai.
Dentro faceva fresco, tanto che rabbrividii appena entrai nel grande atrio.
Presi un carrello e andai nel reparto pasta, riempiendolo con qualche busta a caso. Sam, sei un’impedita anche a fare la spesa.
Decisi di andare nel reparto neonati, dove ero sicura che avrei trovato ciò che cercavo.
Appena entrai non potei far altro che sorridere: tutine di tutti i colori, pannolini, giocattoli vari. Dio, quasi avevo gli occhi lucidi. Quattro mesi fa non me ne sarebbe importato nulla, ora mi emoziono quasi.
Entrai nel reparto, osservando ogni minimo dettaglio. Era tutto colorato.
Abbassai la pancia e l’accarezzai, facendomi scappare un sorriso.
- Ti piace piccolino? – iniziai a parlare con la mia pancia, dicono che aiuta. – Si, sono sicura che ti piacciono. Non vedo l’ora di guardarti in faccia. –
Sembravo una stupida, ma ne avevo bisogno. Era il mio bambino. Sorrisi ancora e lasciai stare la pancia, guardando le varie tutine da neonato. Volevo comprarne una.
Ce ne erano di tutti i colori, forme, e misure. Mi basai su quelle per il primo mese.
Erano davvero tutte belle, avevo l’imbarazzo della scelta. Poi ne notai una che mi colpii particolarmente.
La presi in mano e l’accarezzai: era morbida, ed era bianca candida. La girai davanti ed il mio cuore iniziò a battere un po’ più veloce del solito. Aveva anche una scritta, gialla: “I love dad”.
- Ti piace questa? Si perché tu ami il tuo papà… - mi soffermai un attimo, guardando la scritta e sentendo una stratta allo stomaco. – Lo ami… proprio come lo amo io. –
Abbassai lo sguardo, e mi asciugai un occhio che si era bagnato appena. Tirai su col naso e presi una busta lì vicino, mettendo cautamente dentro la tutina.
Iniziai a camminare per il resto del reparto, guardando giocattoli e robe varie, quando qualcuno mi calpestò il piede con il carrello.
- Ahia! – urlai, abbassandomi e massaggiandomi il piede.
- Oh mi scusi non l’abbiamo vista! – alzai lo sguardo, intenta a sorridere alla coppia di signori, ma quando incrociai i loro sguardi, mi sentii cedere le gambe e feci cadere la busta dove tenevo la tutina.
- Mamma? Papà?! –
Mi riconobbero e cambiarono espressione, un misto fra lo scioccato e il sorpreso.
- S-Samantha… - sussurrò mia madre. Ringraziai il cielo per aver messo la canottiera larga, riusciva a coprire il mio pancione.
Mi ricomposi subito e mi allontanai un poco. Quello che mi avevano fatto era imperdonabile.
- Piccola mia quanto mi sei mancata! – disse mia madre, avvicinandosi per un abbraccio, ma mi scostai.
- Non mi avete cercata, non vi siete minimamente interessati a me. Come faccio a mancarvi? – chiesi con disprezzo.
- Noi non… era tutto nuovo per noi, capiscici. – parlò mio padre, stavolta. – Ma ogni giorno senza di te era una tortura, pensavamo che se ti avessimo lasciata andare avresti messo apposto le idee… -
- Mesi, papà, sono passati mesi. Le idee le ho messe apposto da tempo. – ribattei acida, abbassandomi per prendere la busta.
Mia madre si guardò attorno, guardando il reparto in cui ero. – E quale sarebbe la tua scelta, quindi? – mi chiese con la voce tremante.
Alzai la maglia, mostrando il pancione. Mamma mise una mano sulla bocca, papà abbassò lo sguardo.
- Sono al terzo mese. Ecco qual è la mia scelta. – gli occhi iniziarono a riempirsi di lacrime, e qualche goccia mi rigò il volto.
- Non ci perdoneremo mai il fatto di averti lasciata sola in questo momento… - sussurrò papà, quasi come un rimprovero verso sé stessi.
Sorrisi amara, scuotendo la testa.
Ci furono secondi interminabili di silenzio, poi mia madre posò le buste della spesa e mi venne vicino, torturandosi le mani e mordendosi le labbra.
- Posso… posso sentire? – chiese, indicandomi il pancione. Era mia madre, e anche se mi aveva abbandonata, ne aveva il diritto.
Annuii lievemente e posai nuovamente la busta atterra, alzando di poco la canottiera e lasciando che la mano di mia madre si poggiasse sul mio ventre. Chiuse gli occhi, sospirando.
- Dio… - commentò. – E’ maschio o… femmina? –
- Non lo so. Fra un mese dovremmo fare la prima ecografia… - dissi, quasi in un soffio. Mi sorrise dolcemente, guardandomi negli occhi.
- Sai, quando aspettavo te non vedevo l’ora di vederti, anche se in uno stupido monitor. Avevo solo sedici anni eppure… per me eri la cosa più bella di questo mondo. –
Sorrisi, stavolta davvero, e mi lasciai abbracciare. Quanto mi sono mancati i suoi abbracci.
- Ti voglio bene piccola mia. – disse in lacrime.
- A-Anche io mamma… - chiusi gli occhi, lasciandomi coccolare.
Mio padre ci venne vicino, scostando leggermente mamma.
- Come… Dove vivi adesso? – chiese, rovistando nel suo vecchio portafoglio. Odiavo quel portafoglio, lo sapeva, lo aveva da anni e nonostante i miei tentativi di dargli fuoco, lo aveva ancora.
- Con Louis e… - feci una pausa, sentendo l’ennesima morsa allo stomaco. – Ed Harry.-
Mi sorrise. – Harry è felice? –
Sentii una fitta alla pancia, ma decisi di mentire. – S-Si, lo è… -
- Sono contento. –
Continuai ad osservare la sua mano intenta a cercare qualcosa del portafoglio, ma la mia mente era completamente decollata e persa nel sorriso di Harry, che da quei giorni mi mancava terribilmente come l’aria.
Rimise in tasca il portafoglio e mi diede un bigliettino. C’era scritto sopra un numero.
- Non vogliamo costringerti a ritornare con noi, ma ti prego, dacci tue notizie e sul bambino. Questo è il mio numero, non esitare a chiamarci. –
- D’accordo. – dissi titubante, mettendo il biglietto nello zaino di jeans che avevo sulle spalle. Poi mio padre si abbassò sulla mia pancia, ed iniziò a gesticolare, iniziando a fare quello stupido gioco chiamato “bu bu settete”.
Ridemmo tutti e tre all’unisono. Dio, quanto mi erano mancati.
- Dobbiamo andare adesso… - iniziò mia madre, abbracciandomi. – Ti prego fatti sentire. –
Annuii debolmente e sorrisi ai miei genitori, dopodiché iniziai a vagare per il reparto, mentre loro avevano svoltato strada.
Che impressione, rivedere i miei genitori dopo tre mesi. Non erano cambiati affatto. Io si, e anche tanto.
Uscii dal reparto e andai a pagare alla cassa, per poi uscire e riprendere l’autobus. Non volevo tornare a casa, volevo fare ancora quattro passi.
Mi feci portare davanti al parco di Doncaster, molto diverso da quello di Holmes Chapel: era più grande, e soprattutto con più gente.
Entrai nel parco e notai i bambini giocare sulle giostre, con i genitori un po’ più al lato che aspettavano che scendessero. Notai il bar, con molta gente seduta intenta a chiacchierare o a sorseggiare una bevanda. Era bello vedere gente.
Mi sedetti su una panchina all’ombra, davanti all’enorme fontana al centro del parco. Rimasi a contemplarla quando mi arrivò una telefonata. Pensai subito che fosse Harry, che avesse sentito gli innumerevoli messaggi lasciati in segreteria, per cui risposi senza nemmeno guardare il display.
- Pronto! – urlai con speranza.
- Sam, sono Francesca. – sospirai, non era lui. Ma ero comunque felice di sentire la mia migliore amica.
- Hey Fra, come stai? Stai chiamando dall’Italia? Liam? – chiesi. Liam era andato a passare una settimana da Francesca, in Italia. Sarebbe tornato domani.
- Sto bene. Si, chiamo dall’Italia. Liam è qui con me, ti saluta. Tu come stai? –
- Ricambia. – dissi sorridendo. – Io… Io sto bene. – no, non stavo bene, per niente.
- … Ti sei ripresa? – azzardò a chiedere. Sospirai, e mi incupii.
- Mi manca come l’aria. –
- Dio Sam… vorrei essere lì per abbracciarti e dirti che andrà tutto bene. –
Sorrisi tra me e me, e mi lasciai scappare una piccola lacrima. – Lo sto aspettando, so che ritornerà a momenti. –
La sentii sospirare. – Sam… devi anche guardare in faccia la realtà: può tornare come… come non potrebbe farlo mai più. –
Mi manco il respiro per un secondo. – No, non lo farà. Non… può farlo… -
- La maggior parte dei casi è così. Ma so che Harry non lo farebbe mai, ti ama troppo per lasciarti da sola. –
- Se mi amasse davvero non mi avrebbe lasciata dall’inizio… - sussurrai, ed un ennesima fitta al cuore si fece largo in me.
- Sii forte. Ti chiamo domani, un bacio. Ti voglio bene. –
- Te ne voglio anche io. – dissi in un soffio di voce, attaccando immediatamente il cellulare e riponendolo nello zaino.
Sospirai, iniziando a giocare con le dita della mani, quando sentii qualcuno sedersi affianco a me.
- Ciao Sam. – mi girai di scatto e scorsi quella testa bionda tanto conosciuta.
- Niall, ciao. – abbozzai un finto sorriso.
- Che ci fai da queste parti? –
- Volevo evadere. Mi sento chiusa in una palla di vetro in questi mesi… - abbassai lo sguardo, ed iniziai ad accarezzarmi la pancia. – Tu invece? Che ci fai qui? –
- Sono venuto a prendere una limonata, non riesco a sopportare questo caldo. – sorrise, contagiando anche me.
- Niall… tu lo senti ancora? – chiesi all’improvviso. Niall alzò il volto, aggrottando la fronte e guardandomi strano.
- C-Chi? –
- Harry… - pronunciare quel nome mi fece venire i brividi.
Si grattò la nuca, facendo una smorfia. – Ogni tanto passo da lui, per chiedergli di uscire ma… Non vuole saperne, è distrutto. –
-Ho bisogno di lui. – continuai. – Questi giorni senza di lui sono peggio di una tortura! – iniziai a piangere. Ero debole, ero vulnerabile. Avevo bisogno di lui per sentirmi protetta, ed ora che non c’era, poteva accadermi di tutto.
Lasciai che mi strinse in un abbraccio e che mi accarezzò la spalla. – Manchi tanto anche a lui. –
- E perché non ritorna da me? – chiesi, tra le lacrime.
- Non è facile. Non riesce a perdonarsi per come ti ha trattata. –
- Io lo perdonerei, giuro. – mi scappò un singhiozzo. – Lo perdonerei tutte le volte pur di averlo accanto e sentire la sua voce. –
- Lo so Sam, Lo so. –
E mi lasciai stringere in un abbraccio, passando il resto del pomeriggio con lui.
 
 
 
 
 
 
- Sono a casa! – urlai, sbattendo la porta. Nessuno rispose. – Louis? –
Entrai in salotto e non c’era. Andai in camera sua e non c’era. Entrai in cucina e vidi un foglietto sul tavolo.
 
Oggi è il compleanno di Eleanor e siamo andati a cena fuori,
tornerò il più presto possibile! Non ti cacciare nei guai.
Louis xx
 
Cavolo, oggi è il 16 Luglio! Mi portai una mano sulla fronte ed immediatamente andai a rovistare nello zaino, per cercare il cellulare e mandare un messaggio ad Eleanor.
Tanti auguri Eleanor! Ti stai facendo vecchia! Divertitevi tu e Louis e digli che ho letto il biglietto e l’aspetto a casa, un bacio. Sam xx
Una volta mandato poggiai il cellulare sul tavolo e presi un bicchiere d’acqua, mandandolo giù tutto d’un fiato, dopodiché andai in salotto ed accesi la televisione. Mi misi a guardare uno di quei noiosi programmi di cucina che facevano la sera, degustandomi un panino al formaggio preparato proprio all’ultimo minuto, dato che non sapevo cucinare e l’ultima cosa che volevo era dare fuoco alla casa.
Finito il primo tempo del programma, iniziò la pubblicità, per cui mi misi seduta sul divano, guardandomi intorno.
Era così vuota la casa senza di lui, senza le sue risate e i suoi sguardi.
Sospirai, abbassando lo sguardo sul mio ventre. Alzai la maglietta ed iniziai a toccare la pancia.
- Hey, mi senti? – iniziai nuovamente a parlare con la pancia. Oh cavolo, stavo diventando pazza. – Ci sei lì dentro? Sono la tua mamma, lo sai? –
Iniziai a sorridere come un ebete e a giocherellare con le dita sulla mia pancia. Presi la busta che avevo poggiato in precedenza sulla poltrona ed estrassi la tutina, guardandola ancora.
- Sai, il tuo papà è davvero bello. – iniziai, guardando un punto inesistente della parete. – Ha quegli occhi verdi che farebbero invidia allo smeraldo più bello, e quel sorriso che ti fa mancare il respiro. –
Sorrisi fra me e me, abbassando nuovamente lo sguardo e accarezzando il lato della pancia. – E’ convinto di non saper fare il padre, ma io so che sarà il padre più dolce del mondo, e ti amerà come nessun altro mai. –
Sorrisi ancora, finché non sentii un colpo di tosse e mi girai di scatto, impaurita. Era quell’idiota di Louis.
- Mi hai fatto prendere uno spavento! Da quanto sei qui? – chiesi, facendo spazio sul divano perché potesse sedersi. Continuava a sorridere.
- Abbastanza per poterti sentire parlare con tuo figlio. – ecco perché sorrideva. Chiusi gli occhi e mi colorai di rosso.
- Avrai pensato che sono una pazza. – dissi ironicamente.
Ci pensò su, poi scoppiò a ridere. – No, eri solo tanto tenera. –
Sorrisi. – Però è strano, non si muove per niente. – commentai, guardandomi la pancia con una smorfia. Louis si incupì di colpo e mi guardò.
- Come non si muove? –
- No, nel senso… quando gli parlo, o mangio del cioccolato, non sento movimento. Non lo sento mai. –
Feci spallucce. Forse era solo troppo presto per sentire dei movimenti.
Lo sguardo di Louis era terribilmente serio, e scrutava la mia pancia. Avvicinò l’orecchio ad essa, ed iniziò ad accarezzarla.
- Sei sicura che non senti nulla? – chiese, quasi nel panico.
Avevo capito che si stava preoccupando, quindi alzai gli occhi al cielo e sorrisi. – Si, Louis. Ma credo sia ancora troppo presto per sentire qualcosa. –
- No Sam. – disse serio. – C’è qualcosa che non va. –
Persi il sorriso, e la mia faccia si fece tutto d’un tratto seria. – No Louis, ti stai sbagliando. –
- Ho quattro sorelle, ho assistito alla gravidanza di mia madre, credo di saperne qualcosa, non credi? –
Mi alzai dal divano e abbassai la maglia, iniziando a girovagare per il salotto.
- Ma io sento che c’è, anche se non da calci, sento che c’è qualcosa nella mia pancia! – alzai il tono di voce, facendo notare la mia preoccupazione e la mia paura.  – C’è qualcosa che non va nella pancia? –
Louis abbassò lo sguardo. – No Sam, forse c’è qualcosa che non va nel bambino. –
Sgranai gli occhi. Sentii le ginocchia cedermi e mi accasciai a terra. Louis mi prese per le braccia e cercò di farmi sedere in ginocchio. Ero nel panico.
- Domani mattina ti porto in ospedale. – disse, prendendomi in braccio e portandomi in camera mia.
C’è qualcosa che non va nel bambino.Quelle parole mi girarono per la testa tutta la notte.
 
 
 
 
 
- Quanto manca ancora? – chiesi spazientita.
- Cinque minuti. – rispose Louis, tendendo lo sguardo fermo sulla strada.
- Lo hai detto esattamente un quarto d’ora fa, e stiamo ancora in macchina. – sbuffai.
Girai la testa e guardai fuori dal finestrino, scorgendo la grande scritta dell’ospedale. Lo indicai a Louis, che girò immediatamente a destra ed entrò nel grande, anzi, gigantesco, piazzale fuori dall’ospedale di Doncaster.
Parcheggiammo l’auto e Louis mi aiutò a scendere, per poi incamminarci dentro l’ospedale. Se da fuori sembrava enorme, dentro lo era mille volte di più.
Rimasi a guardare il soffitto alto e dipinto con tanti angioletti e cose di questo genere, tipo i quadri antichi.
- Dovremmo fare un controllo. – sentii Louis rivolgersi all’infermiera.
- Prego, da questa parte. – le rispose la ragazza, sulla trentina d’anni.
Louis mi richiamò e mi fece distogliere dal contemplare quei disegni magnifici, e mi portò nella sala dove c’era ad aspettarci il ginecologo.
La stanza era gialla chiara, con delle tende bianche e tanti disegni di orsacchiotti e cose varie. Sorrisi a vedere tutta quella tenerezza.
- Buongiorno ragazzi, sono il dottor Hudson! – si presentò, stringendoci la mano.  Ricambiai sorridendo. – Prego, sdraiati su questo lettino. –
Non me lo feci ripetere  due volte e mi sdraiai su quel lettino ricoperto di carta. Il dottor Hudson mi alzò la maglietta ed inizò a massaggiarmi la pancia e a premere sa un po’ tutte le parti.
- Quanti anni hai e come ti chiami? – mi chiese, con un sorriso dolce e rassicurante che ricambiai. Era un uomo sulla cinquantina, con capelli corvini e baffi dello stesso colore.
- Sam, ed ho diciassette anni. – mi vergognai un po’ a dire la mia età. Avrà pensato ad una di quelle ragazze giovani e imprudenti.
- Un po’ troppo giovane, non credi? – mi domandò sorridendo ancora. Sorrisi anche io, anche se in realtà non ne avevo voglia. Abbassai lo sguardo e non risposi, mi limitai a fissare Louis, che stava seduto sulla sedia ed osservava tutta la scena.
- Lui è il padre? – chiese, riferendosi a Louis. Subito Louis scosse la testa, gesticolando con le mani.
- Oh no, sono il migliore amico. – sorrise.
Il dottore guardò prima lui e poi me. – E dov’è il padre? –
Mi incupii prontamente, non rispondendo. Lo fece Louis al posto mio. – Preferiremo non tocare quest’argomento… -
- Oh si, capisco, scusate. – si giustificò. – Bene Sam, la pancia sembra essere apposto, è dura al punto giusto e sembra che la placenta sia ben attaccata e stabile. Ora faremo l’ecografia, sai cos’è? –
Annuii con foga e lasciai che mi spalmasse sulla pancia quel liquido disgustoso. Lo guardai con una smorfia. Che schifo.
Louis rise appena guardando la mia faccia. Lo guardai a sorrisi.
Il dottore prese la macchinetta e me la poggiò sulla pancia, accendendo il monitor. Mi girai a guardare nello schermo, era bianco e nero. Non capivo nulla di questi affari.
Sospirai, perché ero davvero agitata.
- L’ecografia non si dovrebbe fare al quarto mese? – chiesi, per spezzare il silenzio.
- Uhm, si, ma questo è solo un controllo. – non distoglieva lo sguardo dallo schermo, che più guardavo e più ero convinta che non ci fosse niente.
Io e Louis ci scambiavamo strani sguardi, mentre osservavamo il dottore. Ogni tanto aggrottava la fronte, altre volte sospirava e cambiava verso della macchinetta, sempre guardando attentamente il monitor.
- Com’è possibile… - sentii sussurrare, quasi come se lo chiedesse a sé stesso. Iniziò a prendermi il panico.
- Che cosa? – chiesi.
Mi guardò un attimo, poi rivolse lo sguardo al monitor e nuovamente a me.
- Guarda nel monitor. – me lo indicò. – Cosa vedi tu? –
Guardai bene lo schermo, e vedevo solo uno spazietto grigio, che dovrebbe essere la mia pancia, ma niente.
- N-Niente. – azzardai a rispondere. Ma non capivo, nemmeno Louis capiva, tanto che si era alzato ed si era messo vicino a me per guardare meglio.
- Esatto niente. – disse stupito il dottore. – Nella pancia non… non c’è assolutamente niente. –
Panico. Ero nel panico. Non c’era niente? Dannazione, avevo il pancione!
- Cosa?! Si sbaglia, ho la pancia, il bambino deve esserci! – alzai il tono di voce. Il dottore spense il monitor e si tolse gli occhiali, massaggiandosi il punto dove poggiavano.
- Molto spesso capita che alcune donne rimangano incinta e durante il corso diano una brutta botta e… E perdano il bambino. Hai mai dato qualche botta forte? –
Ci ripensai un attimo, e ripensai a quando scivolai dal braccio di Harry e caddi. Una fitta allo stomaco.
- Si ma… ma io non ho avuto perdite di sangue! Stavo benissimo! – piangevo, continuando a sentire il cuore battere all’impazzata.
Il dottore aggrottò la fronte e mi guardò trovo. – Non ne hai avuta nessuna? –
Scossi la testa, mordendomi un labbro. Continuavo a piangere. Louis uscì dalla stanza, infuriato, scompigliandosi i capelli e facendo un grido di rabbia.
- La prego, mi dica che è uno scherzo. Io sento che c’è qualcosa, lo sento! – dissi in preda ad un pianto isterico.
Il dottore sospirò nuovamente. Questi cazzo di sospiri mi stavano facendo innervosire.
- Molto spesso la fecondazione avviene, e la donna ha un abbozzo di pancia per due-tre mesi, poi però si scopre che è un falso allarme. Quasi come una finta, capisci? Come se fosse fecondata ma in realtà… non è nato nulla. A volte dipende dalle condizioni degli spermatozoi, altre volte da quelle dell’ovulo. – Mi spiegò. Mi stava dicendo che ero una finta-incinta?
- Mi dispiace. – disse, rimanendo sull’uscio della porta. – Ho registrato comunque, in questi giorni ci lavorerò su e ti faremo chiamare per darti notizie. – dopodiché abbandonò la sala, ed io mi lasciai andare in un pianto sonoro.
Mi strinsi la pancia tra le braccia, piegandomi su di essa. Piangevo, le lacrime continuavano a scendere incessantemente e i singhiozzi mi impedivano quasi di respirare.
Lui c’era, il bambino c’era, lo sentivo dentro di me. Era impossibile, dannazione!
Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano e scesi dal lettino, stringendo sempre la pancia. Camminai per il corridoio sotto lo sguardo di tutti, tutti vedevano quella diciassettenne con un pancione, piangere ed uscire da un ospedale. Mi sentivo uno schifo.
Non c’era nulla nella mia pancia. Non c’era nulla di vivente.
La scena della caduta passò veloce nella mia mente. La botta, il dolore, il soccorso di Louis… lo sguardo di Harry. Harry.

 
 
 

LOUIS



Uscii dalla camera in fretta e furia. Avevo le lacrime agli occhi, non potevo crederci. La rabbia che avevo in corpo era troppa.
Aprii la porta dell’ospedale ed uscii nel piazzale, tirando fuori il telefono e digitando furiosamente il suo numero.
- Louis? Cos’è successo? – sentii la voce meccanica di Harry dall’altra parte del telefono. Stavo piangendo, dalla rabbia, dal nervosismo, non lo sapevo nemmeno io.
- Sono in ospedale Harry. – dissi, cercando di mantenermi calmo. – Con Sam. –
Sentii il silenzio dall’altro capo. – Cos’è successo a Sam?! –
- Non c’è più Harry! Il bambino non c’è più! – urlai, scaraventando il giubbotto di jeans per terra. – L’ho portata in ospedale perché non sentiva nessun movimento del bambino, e il dottore ha detto che non c’è! La sua pancia è vuota! – continuai ad urlare.
Sentii singhiozzare, Harry stava piangendo. - E’ tutta colpa mia…  - sentii sussurrare, mentre piangeva.
- Sam sta male, per via tua. Te ne sei andato perché l’ho detto io, e va bene, ma non hai nemmeno risposto alle sue chiamate, ignoravi ogni suo messaggio e ogni tentativo che provava per sentire la tua voce. – continuai, stavolta cercando di calmarmi. Sentii una presenza a pochi metri dalle mie spalle, mi girai e vidi Sam, che stringeva la sua pancia tra le mani e mi guardava. Aveva capito che stavo parlando con lui.
- E’ Harry? – si asciugò una lacrima.
Non risposi. Mi limitai ad abbassare lo sguardo.
- C’è Sam lì con te? – parlò Harry, tirando su col naso. Dissi un flebile “Sì”, che valeva come risposta per entrambi.
- Passamelo! – urlò, cercando di prendere il telefono. Non opposi resistenza, glielo diedi. Ne aveva bisogno.
- Harry? Harry? – continuò ripetutamente a chiamare. Si passò una mano tra i capelli. – Harry?! Oh dannazione ha attaccato! – urlò, inginocchiandosi a terra e trattenendosi la testa fra le mani.
Mi avvicinai a lei e la feci alzare, portandola a casa. Aveva bisogno solo ed esclusivamente di riposo.

 
 
 
 
 

SAM

 
- E le hanno detto che non c’è niente. – Louis finì di raccontare la storia, seduto sulla poltrona, massaggiandosi le tempie. Io mi stavo facendo coccolare da Tiffany, che aveva messo la testa sulla mia spalla e mi accarezzava i capelli.
- E’ impossibile che non c’è niente! Cavolo, guarda, ha la pancia! – disse Zayn, indicandomi.
- Secondo me sono tutte cavolate… - commentò Niall, con in mano il solito pacchetto di patatine.
- Lo ha detto il dottore, non ne ho idea. – rispose Louis, sospirando. – Ha detto che comunque ci faceva sapere fra qualche giorno. –
Mi lasciai scappare un singhiozzo.
Tiffany mi accarezzò una guancia, lasciandomi un bacio su di essa. – Tranquilla… -
- Lui lo sa? – chiese Liam. Stamattina era tornato dall’Italia, e appena saputo la notizia si precipitò subito in casa.
Louis annuì. – Lo ha saputo il giorno stesso. –
- E che cos’ha detto? – continuò a chiedere. Louis si limitò a fare spallucce, senza rispondere.
Zayn si alzò in piedi ed iniziò a girare per la stanza, dopodiché di fermò e mise le mani sui fianchi.
- Questo è un bel cazzo di casino. –

 
 
 
 
 
 
 
 
Lo avevo promesso, no?
Ecco postato il capitolo :3
La fine mi piace lol Scusate la volgarità ahah!
Allora, Sam non ha il bambino.
LOL. L’idea me l’ha fatta venire una ragazza che ha recensito lo scorso capitolo c: (ringrazio quindi marrymeharrystyles_)
Mi sono basata sulla mia storia. Si perché quando mia madre era incinta di me, verso il 3-4 mese è andata a fare l’ecografia e le avevano detto che io non c’ero.
Ahah povera si è disperata, poi però sono riapparsa ed eccomi qua (?)
Questo capitolo mi piace. Non fatevi illusioni, Harry ritornerà fra qualche capitolo ma ci saranno alcune sorpresine.
Comunque, spero vi piaccia il capitolo!
Abbiamo superato le DUECENTO recensioni *-* Aww ma quanto vi amo?!
Questo capitolo voglio che arriva a 20.
Chiedi troppo? Dai, 20 recensioni e continuo. Vi prego, vi prego, vi prego. :’)
Credo in voi.
Ok ora vado, un bacio. xx 


AH, UNA RAGAZZA IERI MI HA CHIESTO DI FAR VEDERE I VOLTI DI TIFFANY, FRANCESCA E SAM! QUINDI ECCO A VOI DELLE IMMAGINI :)

 


                         questa è Tiffany.                                                                                             

                   questa è Francesca.



                ed ecco a voi... SAM!
    solo che Sam ha i boccoli, quindi vedete
la foto dopo di questa per capire come ha i capelli :3

(e scendete ancora giù che ho messo anche la foto di lei incinta, aww.)


 questi sono i capelli di Sam invece, quindi immaginateglieli così lol


E QUESTA E' LA NOSTRA SAM INCINTA. NON E' JUYHGTRFED? *-*

  
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